N. 88 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 novembre 1988
N. 88 Ordinanza emessa il 22 novembre 1988 dal tribunale di sorveglianza di Brescia nel procedimento di sorveglianza relativo a Poli Oliviero Ordinamento penitenziario - Permesso premiale per i detenuti Mancata previsione della ricorribilita' in cassazione avverso il provvedimento del giudice di sorveglianza - Natura decisoria e giurisdizionale di tale provvedimento, con conseguenti esigenze di garanzie di procedura, necessita' di riscontri probatori, obbligo di motivazione, contraddittorio, possibilita' di gravame Violazione dei principi: a) di uguaglianza, per la diversita' di trattamento rispetto alle altre misure alternative; b) della funzione rieducativa della pena; c) della impugnabilita' in cassazione dei provvedimenti giurisdizionali concernenti la liberta' personale. (Legge 26 luglio 1975, n. 354, artt. 30-bis-ter, 70, primo comma, e 71-ter). (Cost., artt. 3, 27 e 111).(GU n.10 del 8-3-1989 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento relativo al ricorso per Cassazione proposto il 29 ottobre 1988 da Poli Oliviero, nato a Brescia il 1 settembre 1958 detenuto nella Casa di Brescia avverso l'ordinanza di questo tribunale n. 39/88 in data 18 ottobre 1988 che ha respinto il reclamo avverso la reiezione della domanza di permesso premiale di cui al decreto in data 8 settembre 1988 del magistrato di sorveglianza di Brescia nonche' nel procedimento con cui il suddetto chiede che questo tribunale, ai sensi del combinato disposto dagli artt. 71- ter ord. penit. e 631, ultimo comma, del c.p.p., disponga la sospensione dell'ordinanza impugnata, ha pronunciato la seguente ORDINANZA Per ormai consolidata giurisprudenza della suprema Corte (si vedano fra le ultime le sentenze: sez. 1a, 11 gennaio 1985, n. 2750 (CED 167388), sez. 4a, 3 agosto 1985, n. 1531 (CED 170219), sez. 4a, 16 agosto 1985, n. 1618 (CED 170442), sez. 1a, 29 aprile 1986, n. 1920 (CED 172836), sez. 1a, 29 aprile 1987, n. 1012 (CED 175814), sez. 1a, 5 dicembre 1987, n. 4898 (CED 177219), sez. 1a, 18 febbraio 1988, n. 23 (CED 177625), sez. 4a, 30 gennaio 1988, n. 3192 (CED 177494), e' inammissibile il ricorso per Cassazione avverso il provvedimento adottato dal tribunale di sorveglianza (o dalla corte d'appello) ai sensi dell'art. 30- bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (cosi' come introdotta dalla legge 20 luglio 1977, n. 450), su reclamo del pubblico ministero o dell'interessato, in tema di permesso, perche' il provvedimento ha natura ed efficacia di atto amministrativo, attiene alle modalita' del trattamento penitenziario, ed e' diretto ad attenuare il rigore del regime custodiale. Pertanto, non puo' essere sussunto nella categoria dei provvedimenti giurisdizionali, ordinari o speciali, in tema di "liberta' personale", contro i quali, a norma dell'art. 111 della Costituzione e' sempre possibile il ricorso per Cassazione per violazione di legge. Per il vero l'attuale normativa processuale, introdotta anche in tema di permessi premiali (art. 30- ter di cui alla legge 10 ottobre 1986, n. 633), sembra giustificare, almeno in parte, l'interpretazione suddetta perche' e' stato totalmente confermato (art. 30-ter, settimo comma) l'istituto del "reclamo" varato con la legge 20 luglio 1977, n. 550, quale rimedio avverso il "provvedimento motivato di concessione (o negazione)" del permesso (oggi l'art. 69, settimo comma, ord. penit. precisa che si tratta di "decreto motivato"). La suddetta procedura e' strutturata autonomamente: e quanto ai termini che sono ridotti a ventiquattro ore ed alle forme della comunicazione, praticamente abolite, perche' "senza formalita'"; alla non necessita' della presentazione di motivi, contestuali o non; alla investitura del tribunale, quale organo di seconda istanza, di pieni poteri senza vincolo del tantum devolutum, quantum appellatum; alla fissazione del termine di soli dieci giorni entro i quali, se il tribunale non decide, il decreto impugnato ha esecuzione (durante il termine suddetto l'esecuzione del permesso "e' sospesa", recita l'art. 30-bis, settimo comma). Oltre che autonoma, la procedura suddetta appare subito piuttosto atipica e di difficile sistemazione nel contesto ordinamentale ed e' stata certo dettata dal compromesso tra l'esigenza garantista e quella della rapidita' della decisione. Orbene, questo tribunale, nell'alternativa con la declaratoria di inammissibilita' che si imporrebbe ai sensi dell'art. 207 del c.p.p., non ha dubbi nel ritenere non manifestamente infondata la questione della incostituzionalita' del sistema attuale, con particolare riferimento all'istituto del "permesso premiale" di cui all'art. 30- ter dell'ord. penit. sopra citato, causa la mancanza del controllo di legittimita' del provvedimento da parte della suprema Corte. Invero, il particolare sistema di cui all'art. 30-bis, introdotto nel 1977 per le ormai note ragioni, (e di pari passo con una modifica sostanziale in senso restrittivo dell'istituto del "permesso di necessita'" di cui all'art. 30 dell'ord. penit.), aveva ed ha un senso se riferito a "quel" sistema ed a "quel" clima. Ma, di fronte al nuovo istituto del permesso premiale, di cui all'art. 30- ter dell'ord. penitenziario, in vigore dal novembre 1986, non e' piu' possibile dubitare della inconciliabilita' del sistema stesso con principi fondamentali costituzionalmente garantiti. Invero il "permesso premiale" e' istituito completamente e radicalmente nuovo (che si affiancano al permesso "di necessita'" che rimane). Basti pensare che, ai sensi dell'art. 30- ter: a) si applica soltanto ai condannati; b) puo' durare ben 45 giorni solari per anno, durata gia' di per se' sintomatica, divisibili in periodi di quindici giorni cadauno; c) l'esperienza dei permessi premio e' parte integrante del programma di trattamento; d) deve essere seguita dagli educatori e dagli assistenti sociali in collaborazione con quelle del territorio; e) riconosce e premia la "condotta regolare" del condannato che abbia "manifestato costante senso di responsabilita', correttezza nel comportamento e nelle attivita' organizzate" negli istituti, attivita' che ai sensi dell'art. 15 dell'ord. penit. sono fondamentali elementi del "trattamento rieducativo". Tutto quanto precede risulta in modo conclamato da tutti i lavori preparatori alla legge n. 633/1986, giustamente ritenuta un perfezionamento del nuovo sistema penitenziario fondato sul trattamento rieducativo, in puntuale applicazione dell'art. 27 della Costituzione. Altrettanto esattamente si e' detto che la vera, piu' importante e caratterizzante novita' della legge suddetta e' costituita dal "permesso premiale" di cui all'art. 30-ter. Cade, pertanto, di fronte all'art. 30- ter anche l'argomentazione contenuta nella sentenza della Corte costituzionale n. 77/1985 che si riferisce al permesso di necessita' di cui all'art. 30 dell'ord. penit. Non vi e' dubbio, allora, che il "permesso premiale" non e' piu' un modo "temporaneo" od "eccezionale" per recuperare la liberta' o per mitigare la durezza della pena detentiva, (non piu' caratterizzata dall'isolamento istituzionale del carcere) o per venire incontro ad "eccezionali esigenze" personali o familiari del condannato. Cosi' come il "trattamento penitenziario rieducativo", che e' un dovere per lo Stato, incide sempre ed in ogni sua forma (murale od inframurale) sulla liberta', fisica o morale, del detenuto. E', invece, una misura alternativa, inserita nel primo gradino del trattamento rieducativo, che deve essere non solo personalizzato e finalizzato al recupero, ma anche graduale. In particolare, il sistema creato, confermato dalla prassi, dimostra che specie per le pene medio-lunghe la prima misura trattamentale che puo' essere cronologicamente applicata dal magistrato ai condannati, e' il permesso premiale, prodromico alla semiliberta', all'ammissione al lavoro esterno, alla liberazione condizionale. Non si concilia piu', di conseguenza, con l'evidenza fattuale un sistema che ponga su piani diversi (anche processualmente) il permesso premiale e le altre misure alternative. Infatti discrimina i condannati in violazione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione, a seconda della misura alternativa di cui chiedono di fruire; viola il principio di cui all'art. 27, terzo comma, secondo il quale le pene devono tendere alla rieducazione del condannato; impedisce il controllo di legittimita' da parte della Cassazione, garantito dall'art. 111, secondo comma, della Costituzione sul "provvedimento" emesso in sede di appello dal tribunale di sorveglianza, che e' organo giurisdizionale, specializzato, ordinario. Di quanto sopra in particolare non e' piu' possibile dubitare, sol che si legga l'art. 70, primo comma, 70- bis e ter, 71, dell'ord. penit., secondo cui il tribunale e' organo giurisdizionale che, sempre con la stessa procedura, provvede in primo grado su tutte le misure alternative ed in secondo grado "su ogni altro provvedimento ad esso attribuito dalla legge" (e fra questi il reclamo sui permessi) e sull'appello avverso i provvedimenti del Magistrato di Sorveglianza in tema di misure di sicurezza personali. Non si puo' piu' sostenere, quindi, che un organo totalmente, sicuramente "giurisdizionale" quale il tribunale di sorveglianza, possa decidere soltanto in materia di "permesso premiale" quale organo amministrativo, con pronuncie non giurisdizionali anche se attinenti alla liberta' e come tali sottratte al controllo di legittimita' da parte della Cassazione. Anzi, la normativa letteralmente depone per l'unicita' anche della procedura. Ne consegue ancora che non ha piu' valore il richiamo alla tassativita' di mezzi di gravame in tema di permessi: l'art. 71- ter dell'ord. penit. garantisce sempre ed in ogni caso la ricorribilita' per Cassazione avverso tutte le decisioni del tribunale di sorveglianza e quindi anche quelle in tema di permessi premiali. Cosi' come non ha piu' significato la distinzione tra stato di "detenzione" e stato di "liberta'", per le ragioni gia' sopra illustrate: la categoria e' unica e comprende tutti i provvedimenti che portano alla cessazione, temporanea o definitiva, delle restrizioni personali cui un cittadino si trova sottoposto. Il provvedimento, che concede o nega permesso premiale ha natura giurisdizionale (e' decreto motivato e rientra quindi nella previsione dell'art. 148, terzo comma, del c.p.p.) e, comunque, ai fini dell'art. 111 della Costituzione non e' la natura del provvedimento che rileva, ma quella dell'organo che lo ha emesso ed il tribunale e' organo giurisdizionale. Non e' piu' pertanto sostenibile la tesi del Ministro del 1977, quando affermava nella relazione alla legge n. 1/77 che la decisione sul permesso era atto "sostanzialmente amministrativo". La stessa relazione peraltro parlava di "garanzia" da parte di un "organo giudiziario" (il tribunale) ma, allora, perche' negava la ricorribilita' ex art. 111 della Costituzione? Altra tesi affacciata per negare la ricorribilita' in materia di permessi, e' fondata sulla distinzione tra provvedimento "decisorio" ed "ordinatorio" e sulla inclusione del permesso della seconda categoria, non garantita dagli artt. 111 della Costituzione, e 190, secondo comma, del c.p.p. Anche tale tesi e' ormai crollata, di fronte alla novella 1986: garanzia di procedura, necessita' di riscontri probatori, obbligo di motivazione, contraddittorio, possibilita' di gravame, sono tutti elementi che dimostrano in modo inoppugnabile la natura decisoria e giurisdizionale dei provvedimenti del magistrato e del tribunale di sorveglianza nella materia qui in esame. La stessa Cassazione non ha mai avuto dubbi nel qualificare come "sentenze" le "ordinanze" che il tribunale di sorveglianza emette in tutte le materie di sua competenza (art. 71- bis dell'ord. penit.).
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara d'ufficio pregiudiziale e non manifestamente infondata la questione di incostituzionalita' degli articoli 30-bis; 30-ter; 70, primo comma; 71- ter dell'ordinamento penitenziario, per contrasto con gli artt. 3, 27 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono la ricorribilita' in Cassazione per motivi di legittimita' avverso le ordinanze con cui il tribunale di sorveglianza decide in secondo grado sui provvedimenti del magistrato di sorveglianza in tema di negazione o concessione di permessi premiali ai condannati; Dispone la sospensione del presente procedimento; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per quanto di competenza; che a cura della cancelleria la presente ordinanza venga notificata al procuratore generale, al condannato ed al suo difensore, al Presidente del Consiglio dei Ministri e venga comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato. Brescia, addi' 22 novembre 1988 Il presidente estensore: ZAPPA 89C0182