N. 93 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 dicembre 1988

                                 N. 93
       Ordinanza emessa il 20 dicembre 1988 dal pretore di Torino
          nel procedimento civile vertente tra Prencipe Franco
                       e Ercolin Tiziana ed altra
 Procedimento  civile  -  Prova testimoniale - Divieto di testimoniare
 per  le  persone  aventi  nella  causa  un  interesse  che   potrebbe
 legittimare  la  loro  partecipazione  al  giudizio  -  Nella specie:
 coniuge in presunto regime di comunione legale  di  beni  Illegittima
 speraquazione  dei  coniugi in regime di comunione di beni rispetto a
 quelli in regime di  separazione  -  Irragionevole  compressione  del
 diritto alla prova.
 (Cod. civ., art. 159; cod. proc. civ., art. 246).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.11 del 15-3-1989 )
                               IL PRETORE
    A scioglimento della riserva che precede,
                             O S S E R V A
    Nella  causa  civile n. 11085/86, pendente avanti a questo pretore
 di Torino, Prencipe Franco, agisce, nei confronti di Ercolin  Tiziana
 e  la  S.p.a.  Comitas,  per ottenere il risarcimento, da r.c.a., del
 danno conseguente a scontro d'auto, avvenuto il 23 febbraio 1986  tra
 la  Renault  5  Tg.  TO  Y22556,  di sua proprieta', e la Mini Tg. TO
 X52932, di proprieta' di Ercolin Tiziana.
    Durante  l'istruttoria  Prencipe  Franco  citava,  quale teste sul
 fatto,  sua  moglie  Sacco  Vincenza,  ma,  su  eccezione  di   parte
 convenuta,  la citata teste veniva congedata da questo pretore, senza
 poter essere ascoltata, in quanto teste incapace a testimoniare  allo
 stato della vigente normativa.
                               IN DIRITTO
    Con  sentenza 23 luglio 1974, n. 248, questa eccellentissima Corte
 ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  247  del
 c.p.c.  che  sanciva  il  divieto  di  testimoniare  per  il coniuge,
 ancorche' separato, nonche' per altri parenti o affini della parte in
 causa.  Con  la  medesima  sentenza  questa eccellentissima Corte ha,
 invece,    affermato    l'infondatezza     della     questione     di
 incostituzionalita'   dell'art.   246   del   c.p.c.,   che  sancisce
 l'incapacita'  a  testimoniare  di  persone  aventi  nella  causa  un
 interesse,   che  potrebbe  legittimare  la  loro  partecipazione  al
 giudizio.
    Con  l'entrata  in  vigore  del  testo  dell'art.  159  del  c.c.,
 novellato da legge 19 maggio 1975, n. 151,  e'  stata  introdotta  la
 presunzione  legale dei beni matrimoniali, di cui alla sez. terza del
 capo sesto del libro primo del cod.  civ.  salvo  il  diverso  regime
 derivante  da convenzione o dichiarazione, di cui al testo, novellato
 da legge n. 151/75, dell'art. 162 del  c.c.,  per  cui,  nel  sistema
 vigente,  il  regime di comunione dei beni tra coniugi deve ritenersi
 la regola e quello, di separazione, l'eccezione.
    Sicche'  la  preclusione,  di cui all'art. 246 del c.p.c., viene a
 colpire quel coniuge,  presunto  -  ex  lege  -  comunista  dei  beni
 matrimoniali,  di  cui  alla sez. terza del capo sesto del cod. civ.,
 rispetto ai quali l'altro  coniuge  afferma,  in  causa,  determinati
 diritti rispetto a terzi.
    Infatti  per tutte le cause, aventi ad oggetto i beni matrimoniali
 sopracitati, il coniuge presunto comunista, diviene, automaticamente,
 titolare  di  interesse tale da farlo partecipare al giudizio (cosi',
 in termini, Cass. sez. terza, 7 marzo 1984, n. 1594 in giust. civ., I
 2174   si  esprime  "in  considerazione  della  sua  possibilita'  di
 intervenire nel giudizio, il coniuge il quale si trovi in  regime  di
 comunione  di  beni  con  l'altro  coniuge e' incapace a testimoniare
 nelle  controversie  promosse  da   quest'ultimo   da   cui   dipende
 l'attribuzione  di  entita' patrimoniale destinata ad incrementare il
 patrimonio comune".
    Orbene il riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione appare,
 a questo giudice a quo, che, l'irrazionalita' del divieto  (art.  247
 del  c.p.c.)  che  impediva  al  giudice  di sentire, quale teste, il
 coniuge nella causa in cui sono in discussione diritti  fatti  valere
 dall'altro  coniuge,  rivive  attualmente,  per il combinato disposto
 dagli artt. 246 del c.p.c. e 159 del c.c., per quei coniugi - e  sono
 la  maggioranza  -  che non hanno stipulato la convenzione o fatto la
 dichiarazione di cui all'art. 162 del c.c., rispetto a quei coniugi e
 sono  l'eccezione  -  i  quali  tal convenzione o dichiarazione hanno
 fatto.
    Del resto autorevolissima dottrina (cfr. per tutti, v. Andrioli in
 Foro It. 81, pp. 292 segg.), dopo la pubblicazione della sentenza  n.
 248/74  di  questa  Corte,  aveva  continuato  a sostenere la stretta
 assonanza tra le preclusioni, di cui agli artt. 247 e 246 del c.p.c.,
 nonche'  la  stretta  correlazione  tra  le  giustificazioni,  cui il
 legislatore del 1942, si era ispirato  nel  dettarla  nel  codice  di
 rito.
    In  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione, rispetto a quei
 coniugi che hanno scelto il regime di separazione  dei  beni,  appare
 sperequato  il  sistema  per gli altri coniugi, che, per essere stati
 ossequiosi alla regola generale e presunta dell'art. 159 del  c.c.  e
 quindi  alla  ratio  della  riforma, di cui a legge n. 151/1975 (che,
 almeno da quanto si legge nei lavori preparatori, era  stata  attenta
 ai  principi  costituzionali del matrimonio e della famiglia) debbano
 patire la preclusione, di cui all'art. 246 del c.p.c.
    In  riferimento  all'art.  24  della  Costituzione  la preclusione
 sopradescritta appare un'irragionevole compressione, del diritto alla
 prova,  nucleo  essenziale  del  diritto  di azione e di difesa nella
 parte in cui si afferma,  aprioristicamente,  l'inattendibilita'  del
 coniuge  teste  nella causa in cui l'altro coniuge tenta di affermare
 diritti relativi ai beni, di cui alla sez. terza del capo  sesto  del
 libro  primo  del  cod.  civ., per il solo fatto che quei coniugi non
 hanno fatto la scelta di cui all'art. 162 del c.c.
                           IN PUNTO RILEVANZA
    La  questione  sollevata  da questo giudice a quo e' rilevante, in
 quanto  se  venisse  meno  la  preclusione   sopradescritta,   questo
 giudicante  potrebbe  sentire  la  teste  Sacco  Vincenza,  in  forza
 dell'art. 257 del c.p.c. o, d'ufficio, ex art. 317 del c.p.c.
   Pertanto  questo pretore ritiene, d'ufficio, di sottoporre a questo
 giudice  ad  quem   l'esame   della   questione   che   non   appare,
 manifestamente  infondata,  in  riferimento  agli  artt. 3 e 24 della
 Costituzione,  dell'illegittimita'   costituzionale   del   combinato
 disposto dagli artt. 159 del c.c. e 246 del c.p.c, nella parte in cui
 sancisce  l'incapacita'  a  testimoniare,  per  essere  titolare   di
 interesse  tale  da  partecipare  al  giudizio, del coniuge che e' in
 presunto regime comunione legale dei beni, di cui alla sez. terza del
 capo  sesto del c.c. e che sono oggetto del giudizio, in cui e' parte
 in causa l'altro coniuge.
    Va,  quindi  disposta la sospensione del presente giudizio e vanno
 disposti gli incombenti, di cui all'art. 23 della legge n. 87/1953.
      Torino, addi' 20 dicembre 1988
                          Il pretore: TOSCANO

 89C0187