N. 80 SENTENZA 22 febbraio - 3 marzo 1989

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.  Edilizia
 - Regione Marche - Concessione di mutui agevolati Mancata osservanza
 dei tassi minimi di interesse posti a carico dei beneficiari di mutui
 edilizi - Previsione di una riduzione del costo del 60% rispetto al
 tasso di riferimento Illegittimita' costituzionale.   Legge regione
 Marche, approvata il 15 dicembre 1987 e riapprovata il 13 maggio
 1988).   Cost., art. 117)
(GU n.10 del 8-3-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge
 della Regione Marche riapprovata il  13  maggio  1988  dal  Consiglio
 regionale  avente  per oggetto: "Finanziamento in materia di edilizia
 residenziale", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio  dei
 Ministri, notificato il 2 giugno 1988, depositato in cancelleria il 9
 successivo ed iscritto al n. 17 del registro ricorsi 1988;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  22  novembre  1988  il Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi  l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta, per il ricorrente, e
 l'avv. Piero Alberto Capotosti per la Regione;
                             Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ricorso  notificato il 2 giugno 1988 il Presidente del
 Consiglio dei Ministri ha impugnato la legge  della  Regione  Marche,
 intitolata  "Finanziamento  in  materia  di  edilizia  residenziale",
 approvata il 15 dicembre 1987 e riapprovata,  a  seguito  del  rinvio
 governativo,  il  13 maggio 1988, in quanto ritenuta contrastante, al
 suo art.  1,  con  l'art.  117  della  Costituzione,  in  riferimento
 all'art. 109, comma terzo, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
    Il  ricorrente  osserva  che,  in  conformita' con le osservazioni
 formulate  con  l'atto  di  rinvio  del  1›  aprile  1988,  la  legge
 riapprovata  dalla  Regione  Marche,  prevedendo  la  concessione  di
 contributi regionali comportanti per i mutuatari  una  riduzione  del
 costo dei mutui del 60% rispetto al tasso di riferimento in vigore al
 momento della stipula del mutuo edilizio, non garantirebbe, sempre  e
 comunque,  il  rispetto  dei  tassi  agevolati  minimi  stabiliti dai
 provvedimenti statali per il settore e violerebbe,  pertanto,  l'art.
 109, comma terzo, del d.P.R. n. 616 del 1977.
    Secondo  quest'ultimo, infatti, le competenze regionali in tema di
 agevolazioni di credito  nel  settore  dell'edilizia  sono  tenute  a
 rispettare,  oltreche'  i  limiti  massimi  stabiliti in base a leggi
 dello Stato (primo comma)  e  le  determinazioni  dei  tassi  massimi
 praticabili  dagli  istituti  (secondo  comma),  i  tassi  minimi  di
 interesse posti a carico dei beneficiari di  mutui  agevolati  (terzo
 comma).  Si tratta di limiti riservati allo Stato in quanto esercizio
 delle funzioni riconducibili  alla  fondamentale  responsabilita'  di
 governo  del  credito  come  strumento  della  politica  economica  e
 monetaria nazionale.  Ebbene,  tali  limiti  risulterebbero  superati
 dalla   legge   impugnata,  in  quanto,  ad  avviso  del  ricorrente,
 l'abbattimento del tasso di  interesse  a  carico  dei  mutuatari  in
 misura  pari  al  60%  di quello di riferimento porterebbe il tasso a
 carico dei beneficiari al  di  sotto  della  misura  determinata  dai
 provvedimenti   statali.   Infatti,   considerato  che  il  tasso  di
 riferimento e' pari al 14,10%, l'abbattimento del 60% porta  a  tassi
 minimi di interesse a carico dei beneficiari pari all'8,46%, il quale
 e' inferiore al  tasso  minimo  del  9%  (corretto,  poi,  nel  corso
 dell'udienza pubblica, al 9,9%) previsti dai provvedimenti statali.
    2.  -  Si  e' regolarmente costituita la Regione Marche chiedendo,
 innanzitutto, che sia dichiarata l'inammissibilita' del ricorso.
    Sotto  questo  profilo, la Regione osserva, in primo luogo, che la
 legge riapprovata, dopo il primo  rinvio  governativo,  nella  seduta
 consiliare  del 1› marzo 1988 non poteva considerarsi, sulla base dei
 criteri enunciati dalla sent. n. 158 del 1988 di questa  Corte,  come
 legge "nuova" ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, in quanto le
 modifiche apportate al testo rinviato riguardavano esclusivamente  le
 norme  oggetto del rinvio ed erano dirette a conformarsi alle censure
 governative. Pertanto, secondo la resistente, il secondo rinvio della
 legge,  effettuato il 2 aprile 1988, andrebbe considerato come frutto
 di un'illegittima reiterazione  del  controllo  governativo  previsto
 dall'art.  127  della  Costituzione.  Sulla  base di cio', poiche' il
 secondo rinvio dovrebbe esser considerato tamquam  non  esset,  cioe'
 nullo-inesistente in quanto emanato in carenza assoluta di potere, il
 ricorso dovrebbe esser ritenuto tardivo, per  il  fatto  che  sarebbe
 stato  presentato  oltre il termine perentorio previsto dal ricordato
 art. 127, comma quarto (quindici giorni a partire dalla comunicazione
 della  legge  riapprovata),  termine  che  il Governo, con il secondo
 illegittimo rinvio, ha tentato surrettiziamente di interrompere.
    E'  vero,  continua  la resistente, che, secondo la giurisprudenza
 costituzionale,  quando  la  regione   non   solleva   conflitto   di
 attribuzione  contro il rinvio illegittimamente reiterato e riapprova
 nuovamente la legge, si ritengono sanati i vizi relativi  al  secondo
 rinvio  sul  presupposto  che  il  rinvio  reiterato sia invalido, ma
 efficace. Tuttavia, secondo la regione,  questo  indirizzo,  peraltro
 non   ancora   consolidato,   meriterebbe  approfondimenti  vo'lti  a
 contrastarne l'impostazione di fondo,  vale  a  dire  l'idea  che  la
 riapprovazione   del  Consiglio  regionale  valga  come  acquiescenza
 implicita da parte  della  regione.  Quest'idea  sarebbe  errata,  in
 quanto  "la  riapprovazione  opera  sostanzialmente  come  una  forma
 indiretta di ricorso, conseguendo cosi', anche se in modo mediato  ma
 molto  piu'  fisiologico  e  rapido,  la piena tutela giurisdizionale
 anche nei confronti della regione, appunto  attraverso  il  sindacato
 della Corte costituzionale, adita eventualmente dal Governo in via di
 azione, sull'intero  procedimento  di  formazione  della  legge".  La
 riapprovazione, pertanto, al pari dell'impugnazione, costituirebbe un
 modo di reazione, e non gia' di accettazione o di acquiescenza tacita
 di fronte al rinvio reiterato, essendo proprio diretta a rimuovere il
 fatto  impeditivo  dell'ulteriore  corso  dell'iter  legis  regionale
 rappresentato dal rinvio reiterato. Essa, in altre parole, non rivela
 affatto, sotto il profilo soggettivo  e  oggettivo,  la  volonta'  di
 accettazione  della  situazione  determinata dal rinvio reiterato, ma
 rivela, anzi, la volonta' di instaurare  una  situazione  nuova,  che
 rimuova  e  si  sovrapponga  alla  precedente,  assicurando  in  modo
 diretto, e senza l'aleatorieta' di un conflitto di  attribuzioni  con
 lo  Stato, la ripresa dell'ulteriore corso dell'iter legis regionale.
    Alla  resistente  non  sembra neppure condivisibile l'affermazione
 che, per effetto della riapprovazione, si produrrebbe un assorbimento
 dei  vizi  del  rinvio. Secondo la regione, la delibera consiliare di
 riapprovazione  rappresenterebbe  l'atto  iniziale   di   una   serie
 procedimentale,  avente  l'effetto,  al  pari  della  "proposta",  di
 promuovere un sub-procedimento di integrazione  dell'efficacia  della
 legge    regionale,    di    modo   che   l'eventuale   giudizio   di
 costituzionalita' successivamente instauratosi non dovrebbe  limitare
 il  proprio  oggetto alla sola delibera consiliare di riapprovazione,
 ma andrebbe esteso a tutto  l'intero  sub-procedimento  iniziato  per
 l'appunto   con  l'atto  di  rinvio,  i  cui  vizi,  proprio  per  la
 prospettata      connessione      procedimentale,      ridonderebbero
 necessariamente  nella  delibera  di riapprovazione. In altre parole,
 l'intero   sub-procedimento   introdotto    dall'atto    di    rinvio
 rappresenterebbe  uno  dei  presupposti processuali, la cui esistenza
 dovrebbe esser accertata  preliminarmente  dalla  Corte  in  sede  di
 giudizio  avverso  una legge regionale e i cui vizi, come nel caso di
 reiterazione del rinvio (che fa decadere il  Governo  dal  potere  di
 impugnativa  per  decorrenza  dei  termini), dovrebbero portare a una
 pronunzia d'inammissibilita'.
    Nel   merito,  la  Regione  Marche  ritiene  che  il  ricorso  sia
 infondato, in  quanto  la  legge  impugnata  pone  un  meccanismo  di
 finanziamento,  peraltro  identico  a  tante altre leggi regionali in
 vigore in diversi settori, che non pregiudicherebbe in alcun modo  la
 competenza  statale  in ordine alla determinazione dei tassi minimi a
 carico dei beneficiari (art. 109, terzo comma, del d.P.R. n. 616  del
 1977),  non essendo diretto a contrastare o ad incidere sulla manovra
 statale dei tassi, ma a specificare  esclusivamente  l'ammontare  dei
 contributi regionali agli istituti di credito fondiario.
    3.  -  In prossimita' dell'udienza la Regione Marche ha presentato
 una  memoria  con  la  quale  insiste  nelle  proprie  richieste  per
 l'inammissibilita'   o  l'infondatezza  del  ricorso,  ribadendo,  in
 relazione alla prima richiesta, i motivi gia' formulati nell'atto  di
 costituzione.  Per  quanto  riguarda il merito, la regione afferma di
 essersi conformata, in sede di riapprovazione ai rilievi governativi.
 Nel primo rinvio, infatti, il Governo aveva censurato il fatto che il
 meccanismo di agevolazione stabilito, prevedendo contributi regionali
 tali  da  ridurre  di  cinque  punti  il costo dei mutui a carico dei
 mutuatari in confronto al tasso di riferimento nazionale, non avrebbe
 rispettato  la  determinazione  statale dei tassi minimi a carico dei
 mutuatari  in  presenza  di  variazioni   del   suddetto   tasso   di
 riferimento.   Il  rispetto  sarebbe  invece  garantito,  secondo  la
 regione, dal nuovo testo della legge che ha parametrato i contributi,
 anziche' a una misura fissa, alla misura del 60% rispetto al tasso di
 riferimento esistente al  momento  della  stipula  del  contratto  di
 mutuo.
                         Considerato in diritto
    1. - Il ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri indicato
 in epigrafe concerne  la  legge  della  Regione  Marche,  dal  titolo
 "Finanziamento  in  materia di edilizia residenziale", riapprovata, a
 seguito di un rinvio governativo, il 13 maggio 1988.  Tale  legge  e'
 impugnata  in  relazione al suo art. 1, primo comma, il quale prevede
 la  concessione  da  parte  della  regione  di  contributi  decennali
 costanti,  tali  da ridurre il costo dei mutui a carico dei mutuatari
 in misura pari al 60% del tasso di riferimento in vigore  al  momento
 del  contratto  definitivo  di mutuo. Il ricorrente sospetta che tale
 legge sia costituzionalmente illegittima per contrasto con l'art. 117
 della  Costituzione,  come  attuato  dall'art.  109, comma terzo, del
 d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616,  il  quale,  disponendo  che   la
 determinazione dei tassi minimi di interesse a carico dei beneficiari
 in materia di crediti agevolati per l'edilizia pubblica e'  riservata
 allo  Stato  nell'esercizio  delle  sue  competenze  di  indirizzo  e
 coordinamento (art. 3, legge 27 luglio 1975,  n.  382),  comporta  il
 rispetto  da  parte  dei  provvedimenti regionali dei tassi minimi di
 interesse fissati dallo Stato.
    La  Regione  Marche eccepisce pregiudizialmente che il ricorso del
 Presidente del Consiglio dei Ministri sia  inammissibile,  in  quanto
 basato su un rinvio per il riesame, che, essendo stato reiterato dopo
 che il Consiglio aveva gia' riapprovato  la  legge  senza  connotarla
 come  legge  "nuova"  ai  sensi  dell'art.  127  della  Costituzione,
 dovrebbe esser viziato da un'invalidita' insanabile o, comunque,  non
 sanata  o  "non accettata" dalla nuova riapprovazione della legge, in
 relazione alla quale il Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  ha
 presentato ricorso per illegittimita' costituzionale.
    2. - L'eccezione di inammissibilita' va respinta.
    Dopo  che nella seduta del 15 dicembre 1987 il Consiglio regionale
 delle Marche aveva approvato la legge sul finanziamento  all'edilizia
 residenziale  prevedendo  la concessione di contributi regionali agli
 istituti di credito comportanti la riduzione del costo  dei  mutui  a
 carico dei mutuatari di cinque punti rispetto al tasso di riferimento
 fissato dallo Stato, il 18 gennaio 1988 il Governo  ha  rinviato  una
 priva  volta  la  legge  osservando  che la predetta disposizione non
 garantiva, in relazione alle variazioni del tasso di riferimento,  il
 rispetto dei tassi minimi a carico dei beneficiari, determinati dallo
 Stato ai sensi dell'art. 109, terzo comma,  del  d.P.R.  n.  616  del
 1977.  Nella  seduta  del  1› marzo 1988 il Consiglio regionale delle
 Marche ha riapprovato  la  legge  rinviata  modificando  soltanto  la
 disposizione  censurata  nel  senso  di prevedere che l'ammontare dei
 contributi regionali fosse determinato in modo da  ridurre  il  costo
 dei mutui a carico dei beneficiari in misura pari al 60% del tasso di
 riferimento in vigore al momento del contratto definitivo  di  mutuo.
 Il  2  aprile 1988 il Governo ha rinviato una seconda volta la stessa
 legge regionale, rilevando che  anche  la  nuova  formulazione  della
 disposizione  censurata  non  garantiva  il rispetto dei tassi minimi
 agevolati  stabiliti  dai  provvedimenti  statali  per   il   settore
 edilizio.  Avendo  il  Consiglio  regionale riapprovato a maggioranza
 assoluta e senza alcuna modificazione la medesima legge nella  seduta
 consiliare  del  13  maggio  1988,  il  Presidente  del Consiglio dei
 Ministri ha presentato il ricorso di cui e' causa.
    Alla  luce  degli  eventi  ora  descritti, la difesa della Regione
 Marche eccepisce l'inammissibilita' del  ricorso,  ritenendo  che  il
 rinvio   cui   e'  seguita  la  riapprovazione  della  legge  oggetto
 dell'attuale impugnazione deve considerarsi illegittimo, in quanto e'
 stato  reiterato  nonostante che la legge fosse stata precedentemente
 riapprovata con modifiche concernenti soltanto le  norme  incise  dal
 precedente rinvio e non potesse, quindi, esser considerata come legge
 "nuova"   ai   sensi   dell'art.   127   della   Costituzione.   Tale
 illegittimita',  ad  avviso  della  Regione,  potrebbe  essere ancora
 eccepita nell'attuale giudizio di costituzionalita', per il fatto che
 il    rinvio    reiterato    dovrebbe    esser    considerato    come
 nullo-inesistente, in quanto emanato in assoluta carenza  di  potere,
 oppure,  ove  dovesse  essere  ritenuto  invalido ma efficace, non si
 potrebbe considerare la successiva riapprovazione regionale come  una
 forma di acquiescenza tacita o, comunque, come un atto in conseguenza
 del quale siano sanati o  risultino  assorbiti  i  vizi  del  rinvio.
 Questa   conseguenza  non  sarebbe  possibile,  secondo  la  Regione,
 soprattutto perche' il rinvio costituirebbe  l'atto  iniziale  di  un
 sub-procedimento  vo'lto  all'integrazione dell'efficacia della legge
 regionale, per cui i suoi vizi  ridonderebbero  in  vizi  dell'intero
 sub-procedimento  e della riapprovazione stessa, eccepibili nel corso
 del giudizio  di  illegittimita'  costituzionale  avente  ad  oggetto
 quest'ultima.   In   ogni   caso,  conclude  la  Regione,  l'asserita
 illegittimita' del rinvio comporterebbe una decadenza del Governo dal
 potere di impugnare la legge regionale per decorrenza dei termini, di
 modo che il ricorso dovrebbe esser comunque dichiarato inammissibile.
    3.  -  Le  argomentazioni addotte dalla Regione Marche non possono
 essere condivise.
    Va,  innanzitutto,  respinta l'opinione secondo la quale l'atto di
 rinvio illegittimamente reiterato sia affetto da  vizi  insanabili  e
 sempre   eccepibili,   in  quanto  dovrebbe  esser  considerato  come
 radicalmente nullo o  inesistente  perche'  emanato  da  un  soggetto
 assolutamente  carente  di  potere. Infatti, pur a voler tralasciare,
 per il momento, ogni osservazione  circa  la  natura  e  la  funzione
 dell'atto  di rinvio nell'ambito del procedimento di formazione della
 legge regionale, il vizio della reiterazione suppone  che  lo  stesso
 soggetto  titolare  del  potere  di  rinvio eserciti tale potere piu'
 volte di quanto gli sia consentito dalla Costituzione e, pertanto, e'
 un   vizio   logicamente  inassociabile  alla  configurazione  di  un
 esercizio  di  un  potere  da  parte  di  un  soggetto  che  ne   sia
 assolutamente carente. Del resto, nel considerare la reiterazione del
 rinvio governativo  nei  confronti  della  medesima  legge  come  una
 violazione  dell'art.  127  della Costituzione (v. sentt. nn. 158 del
 1988, 79 del 1989), questa  Corte  ha  chiaramente  supposto  con  le
 proprie  pronunzie  di  essere  in presenza, nell'ipotesi, di un atto
 invalido ma efficace (v. anche sent. n. 154 del 1967),  di  un  atto,
 cioe',  che  impedisce l'immediata promulgazione della legge da parte
 del Presidente regionale e che, tuttavia, puo' essere annullato dalla
 Corte  costituzionale  ove  sia adita dalla regione attraverso la via
 del conflitto di attribuzione (v. sent. n. 8 del 1967).
    Egualmente non condivisibili sono le considerazioni che la Regione
 Marche adduce sul presupposto che  l'atto  di  rinvio  reiterato  sia
 semplicemente  annullabile.  Non  si  puo', infatti, sostenere che il
 rinvio sia l'atto  iniziale  dello  stesso  sub-procedimento  che  si
 conclude  con  la  riapprovazione  regionale  della  legge  rinviata,
 sicche' nel giudizio sorto con l'impugnazione di quest'ultima sarebbe
 possibile  far  valere i vizi dell'intero sub-procedimento, a partire
 da quelli del rinvio stesso. Se e' vero, come questa  Corte  ha  piu'
 volte  affermato  (v.  sentt. nn. 147 del 1972, 212 del 1976, 107 del
 1983, 72 del 1985, 217 del 1987, 726 del 1988), che il  rinvio  entra
 in un procedimento di controllo unitario, nel senso che tra il rinvio
 e  il  ricorso  (eventualmente  presentato)  devono  sussistere   una
 sostanziale   corrispondenza   ai   motivi  addotti  e  una  medesima
 valutazione  della  contrarieta'  alla   Costituzione   della   legge
 censurata,  cio'  non puo' significare, tuttavia, che si tratti di un
 identico procedimento, nel quale, secondo il proprio concetto,  tutti
 gli  atti  cospirano  al  medesimo  fine e compartecipano alla stessa
 funzione. In altre parole, se, al pari del rinvio presidenziale delle
 leggi  statali,  quello governativo riguardante le leggi regionali e'
 espressione  di  un  potere  diretto  a  innescare  una   riflessione
 dell'organo  deliberativo  in relazione alle osservazioni prospettate
 (v. sent. n. 158 del 1988), tuttavia, a differenza  di  quello,  esso
 non  proviene  da  un  soggetto  che  compartecipa al procedimento di
 formazione delle leggi, se pure con un atto non deliberativo quale la
 promulgazione,  ma  proviene  invece  da  un  soggetto esterno a quel
 procedimento, che  si  pone  in  un  rapporto  di  massima  alterita'
 rispetto  alla regione (tanto che a lui non spetta la promulgazione e
 che ordinariamente, decorsi trenta giorni dalla  comunicazione  della
 legge  al  Commissario  del  Governo,  il visto governativo si ha per
 apposto quand'anche non sia stato formalmente concesso).
    Come  questa Corte ha gia' affermato (v. sent. n. 79 del 1989), il
 rinvio governativo e' espressione di un potere di arresto, dotato  di
 effetti  semplicemente  sospensivi,  che  puo'  essere superato dalla
 regione  soltanto  con  una  riapprovazione  della  stessa  legge   a
 maggioranza  assoluta, vale a dire con una contrapposizione regionale
 resa piu' solida da un consenso piu' forte di  quello  ordinariamente
 richiesto  per l'approvazione delle leggi. La funzione del rinvio e',
 dunque, conchiusa nell'espressione di quel potere di blocco,  il  cui
 svolgimento costituisce un sub-procedimento a se' e nei cui confronti
 l'intervento della riapprovazione della legge da parte del  Consiglio
 regionale segna, come ha gia' precisato questa Corte (v. sentt. nn. 8
 del 1967, 158 del 1988, 79 del 1989 e  ord.  n.  139  del  1986),  il
 momento di esaurimento degli effetti suoi propri e il passaggio a una
 fase successiva.
    Il sistema di termini perentori, brevi e certi, previsto dall'art.
 127 della  Costituzione,  mirando  a  escludere  il  rischio  di  una
 litigiosita'  retrospettiva  tra  le  parti ed assegnando, quindi, al
 principio dell'affidamento reciproco il ruolo di valore fondante e di
 criterio  ispiratore  del  sistema stesso, impone la regola della non
 deducibilita' dei vizi del rinvio quando la regione, con  il  proprio
 comportamento (riapprovazione), abbia reso attuale il passaggio a una
 fase procedimentale successiva.
    Del  resto,  a  ritenere  il contrario, ne risulterebbe vanificato
 l'intero  sistema  dei  controlli  previsto   dall'art.   127   della
 Costituzione:  la  riapprovazione appare, infatti, un atto utile solo
 se nell'eventuale successivo giudizio di costituzionalita' i vizi del
 rinvio sono considerati irrilevanti, dato che, se il vizio del rinvio
 precludesse definitivamente  una  pronunzia  di  merito  della  Corte
 costituzionale, la riapprovazione risulterebbe superflua.
    4. - Nel merito il ricorso va accolto.
    L'art.  109,  terzo  comma,  del  d.P.R.  n.  616  del 1977, nello
 stabilire che la determinazione  dei  tassi  minimi  di  interesse  a
 carico  dei  beneficiari  di crediti agevolati in materia di edilizia
 pubblica debba essere opera  del  Governo  nell'esercizio  della  sua
 funzione  di  indirizzo  e  coordinamento,  collega  chiaramente tale
 potere alla riserva allo Stato della manovra  della  massa  monetaria
 nazionale,  vale  a  dire  all'esercizio  di una competenza di vitale
 importanza per la politica economica generale. Cio' comporta che, pur
 dovendosi  riconoscere  alle regioni, a norma degli artt. 94, u.c., e
 109 del d.P.R. n.  616  del  1977,  un'incontestabile  competenza  in
 materia   di   agevolazioni  di  credito  nel  settore  dell'edilizia
 pubblica, questa non puo' venir esercitata in modo da interferire con
 la   funzione   dello   Stato  vo'lta,  principalmente,  ad  evitare,
 attraverso la fissazione dei tassi minimi di  interesse  agevolati  a
 carico  dei  beneficiari,  squilibri  eccessivi nelle varie parti del
 territorio nazionale.
    Non  v'e'  dubbio  che,  nel  disporre nell'art. 1 del testo della
 legge oggetto del primo rinvio governativo  che  la  Regione  avrebbe
 concesso agli istituti di credito contributi decennali costanti, tali
 da ridurre il costo dei mutui a carico dei beneficiari  ivi  indicati
 di  cinque  punti  rispetto  al  tasso di riferimento, il legislatore
 regionale poneva una norma la quale non garantiva che fossero in ogni
 caso  rispettati  i  tassi  minimi  di interesse fissati dallo Stato,
 poiche', ancorando i contributi regionali, secondo un rapporto fisso,
 unicamente  alle  variazioni  del tasso di riferimento, non prevedeva
 alcuna salvaguardia rispetto al possibile sfondamento  in  basso  dei
 tassi  minimi  di  interesse  a  carico  dei  beneficiari  di crediti
 agevolati in materia di edilizia pubblica.
    Nel  modificare  in sede di riapprovazione la disciplina contenuta
 nel testo originario della legge, il Consiglio regionale ha mantenuto
 l'ancoraggio  della  determinazione  dei  contributi  regionali  alle
 variazioni  del  tasso  di  riferimento,  sostituendo   soltanto   il
 meccanismo  di  abbattimento  secco  pari  a  cinque  punti  con uno,
 altrettanto secco, pari  al  60%.  Nel  disporre  cio',  la  Regione,
 pertanto,  ha  conservato il sistema di determinazione dei contributi
 regionali giustamente censurato dal Governo in sede di rinvio, ma  ne
 ha  modificato  la quantificazione, prevedendo una misura percentuale
 che oltretutto, come ha dimostrato l'Avvocatura dello Stato,  aggrava
 il  rischio  di  sfondamento in basso dei tassi minimi di interesse a
 carico dei beneficiari di crediti agevolati nel settore dell'edilizia
 pubblica, come determinati dai provvedimenti statali.
    Per  tali  ragioni,  poiche' la legge impugnata non prevede alcuna
 garanzia che i  contributi  regionali  previsti  all'art.  1  possano
 produrre un abbassamento dei tassi minimi di interesse posti a carico
 dei beneficiari dei mutui sopra ricordati al  di  sotto  dei  livelli
 inderogabilmente  fissati  dallo  Stato, e' evidente il suo contrasto
 con l'art. 117 della Costituzione, come attuato dall'art. 109,  terzo
 comma, del d.P.R. n. 616 del 1977.
                             PER QUESTI MOTIVI
                          LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione
 Marche,  dal   titolo   "Finanziamento   in   materia   di   edilizia
 residenziale", approvata il 15 dicembre 1987 e riapprovata, a seguito
 del rinvio governativo, il 13 maggio 1988.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                       Il redattore: BALDASSARRE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 3 marzo 1989.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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