N. 84 SENTENZA 22 febbraio - 3 marzo 1989

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.  Imposte
 in genere - Invim - Dichiarazione tardiva e omessa presentazione
 della stessa - Trattamento sanzionatorio indifferenziato - Richiamo
 alle ordinanze nn. 418/1987 e 596/1988 - Necessita' di graduazione -
 Discrezionalita' legislativa - Inammissibilita'.  D.P.R. 26 ottobre
 1972, n. 643, art. 23, primo comma; legge 9 ottobre 1971, n. 825,
 art. 10, secondo comma, n. 11).  Cost., art. 76)
(GU n.10 del 8-3-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  23, primo
 comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643  (Istituzione  dell'imposta
 comunale  sull'incremento  di  valore degli immobili), in riferimento
 all'art. 76 della Costituzione ed in relazione all'art.  10,  secondo
 comma,  n. 11, della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa
 al Governo della Repubblica per la riforma tributaria), promosso  con
 ordinanza  emessa  il  7  novembre  1985 dalla Commissione tributaria
 centrale sul ricorso proposto dalla S.r.l.  Hopead  contro  l'Ufficio
 del  Registro  di  Rimini,  iscritta al n. 298 del registro ordinanze
 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  27,
 prima serie speciale dell'anno 1988;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 30 novembre 1988 il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello.
                           Ritenuto in fatto
    Nel  corso  del  giudizio  avverso  la decisione della Commissione
 tributaria  di  2›  grado  di  Forli'  n.  324  dell'11  marzo  1981,
 confermativa  della decisione del giudice tributario distrettuale, la
 Commissione tributaria centrale, Sez. XXI, ha proposto  la  questione
 di  legittimita' costituzionale dell'art. 23, primo comma, del d.P.R.
 26 ottobre  1973,  n.  643,  istitutivo  dell'INVIM,  per  violazione
 dell'art.  76  della  Costituzione,  in  relazione  ai  criteri posti
 dall'art. 10, secondo comma, n. 11 della legge  9  ottobre  1971,  n.
 825, di delega al Governo per la riforma tributaria.
    Il  giudice  a  quo ritiene che la norma denunciata, prevedendo la
 medesima  sanzione  per  due  violazioni  di  entita'  oggettivamente
 diversa  -  quali  il ritardo nella presentazione della dichiarazione
 prevista dal primo e  dal  sesto  comma  dell'art.  18  dello  stesso
 decreto  (ritardo  che,  per  la  dichiarazione decennale oggetto del
 giudizio principale, e' consistito in un sol giorno) e  la  omissione
 della  dichiarazione  stessa  -  si ponga in contrasto con i principi
 della delega perche' non commisurerebbe la sanzione  "alla  effettiva
 entita'  oggettiva  e  soggettiva delle violazioni" (art. 10, secondo
 comma, n. 11 della l. n. 825 del 9 ottobre 1971).
    A conforto del proprio assunto il giudice rimettente rileva che il
 principio della commisurazione della  sanzione  alla  gravita'  della
 violazione commessa e' gia' accolto in molte leggi tributarie, sia di
 carattere generale (L. 7 gennaio 1929, n. 4,  recante  norme  per  la
 repressione  delle violazioni delle leggi tributarie - art. 4; d.P.R.
 29 settembre 1973, n. 600, in materia di accertamento  delle  imposte
 sui  redditi  -  art. 54) che in quelle disciplinanti singoli tributi
 (d.P.R. 26 ottobre 1972, n.  633,  istitutivo  dell'IVA  -  art.  75;
 d.P.R.  26  ottobre 1972, n. 634, in materia di imposta di registro -
 artt. 67 e segg.; d.P.R. 26 ottobre  1972,  n.  637,  in  materia  di
 imposte  di successione - art. 50) alle quali l'art. 31 del d.P.R. n.
 643 del 1972 sull'INVIM rinvia in tema di accertamento,  liquidazione
 e  riscossione  dell'imposta nonche' di applicazione di soprattasse e
 pene pecuniarie, per quanto non disciplinato dallo stesso decreto.
    E'  intervenuto  nel presente giudizio il Presidente del Consiglio
 dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato,
 sostenendo la inammissibilita' o la infondatezza della questione alla
 luce dei principi piu' volte  enunciati  dalla  Corte  costituzionale
 circa   la   ampia  discrezionalita'  del  legislatore  ordinario  di
 modellare le fattispecie di illecito e di apprezzare la gravita'  dei
 fatti in esse compresi.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Nel corso di un giudizio avverso l'irrogazione da parte del
 competente ufficio del registro della soprattassa pari  all'ammontare
 dell'imposta   dovuta,   in  conseguenza  della  presentazione  della
 dichiarazione relativa all'INVIM decennale il giorno successivo  alla
 scadenza  prevista,  la  Commissione tributaria centrale ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23,  primo  comma,
 del  d.P.R.  26  ottobre  1972,  n.  643,  istitutivo  dell'INVIM, in
 riferimento all'art. 76 della Costituzione.
    Si   sostiene   dal   giudice  a  quo  che  la  norma  denunciata,
 assoggettando  alla  medesima  sanzione  pecuniaria  due   violazioni
 oggettivamente  diverse,  quali  il  ritardo anche di un solo giorno,
 come  nel  caso   di   specie,   e   l'omessa   presentazione   della
 dichiarazione,  non  risponde  al  criterio,  previsto  dall'art. 10,
 secondo comma, n. 11, della legge di delega 9 ottobre 1971,  n.  825,
 della commisurazione della sanzione all'effettiva entita' oggettiva e
 soggettiva delle violazioni, principio che sarebbe  invece  osservato
 in relazione ad altre imposte dalle rispettive discipline.
    2.  - Questa Corte si e' gia' in altre occasioni (ordinanze n. 418
 del 1987 e n.  596  del  1988)  occupata  della  medesima  questione,
 dichiarandone  la  manifesta  infondatezza, anche in riferimento allo
 specifico  parametro  (art.  76  della  Costituzione)  ora  invocato.
 L'ordinanza  di  rimessione  della  Commissione  tributaria  centrale
 prospetta pero' altre argomentazioni concernenti la graduazione delle
 sanzioni   che,  nella  disciplina  relativa  ad  altre  imposte,  il
 legislatore avrebbe invece osservato, diversificando le ipotesi della
 omissione da quella del ritardo.
    Tale   nuova   prospettazione   non  puo'  pero'  indurre  ad  una
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale in  toto  della  norma
 denunciata,   perche'   l'ordinanza   di   rimessione   richiede  nel
 dispositivo che venga dichiarata l'illegittimita'  costituzionale  di
 tale  norma  "nella parte in cui dispone la medesima sanzione sia per
 il ritardo sia per l'omissione".
    Non  si  chiede  percio',  per come la questione e' formulata, una
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale che porti a  sottrarre
 ad  ogni  sanzione  l'ipotesi  della  tardivita'  della dichiarazione
 (cioe'  una  assimilazione  della  dichiarazione  tardiva  a   quella
 tempestiva,  essendo  le  due  ipotesi  a  loro volta obbiettivamente
 diverse), ma si mira ad un  intervento  il  quale  suppone  -  attesa
 l'impossibilita'  di  individuare  un  modello  unitario  nel sistema
 tributario   che   presenta   nella   materia    una    disarticolata
 prospettazione  positiva (ordinanze nn. 485 e 342 del 1987) - l'opera
 del legislatore che, muovendo dalla diversita'  della  ipotesi  della
 tenue  tardivita'  da  quella  della omissione, possa ragionevolmente
 graduare le rispettive sanzioni per ricondurle ad un quadro  organico
 che  risulti, mediante una piu' adeguata proporzionalita', in tutto e
 per tutto aderente al criterio dettato dall'art. 10,  secondo  comma,
 n. 11, della legge n. 825 del 1971.
    La questione e' percio' inammissibile, pur dovendosi auspicare che
 il legislatore,  nell'opera  cui  sta  attendendo  di  revisione  del
 sistema  delle  sanzioni  tributarie,  tenga  conto  dell'esigenza di
 adeguamento teste' evidenziata, risultando certamente  agevolata,  da
 una  maggiore  razionalita'  della  disciplina,  la  correttezza  del
 rapporto tra il contribuente ed il sistema impositivo.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 23, primo  comma,  del  d.P.R.  26  ottobre  1972,  n.  643
 (Istituzione  dell'imposta  comunale  sull'incremento di valore degli
 immobili), sollevata, in riferimento all'art. 76  della  Costituzione
 ed  in  relazione  all'art.  10,  secondo  comma, n. 11 della legge 9
 ottobre 1971, n.  825,  dalla  Commissione  tributaria  centrale  con
 l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  Sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                        Il redattore: CAIANIELLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 3 marzo 1989.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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