N. 87 SENTENZA 22 febbraio - 3 marzo 1989

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Universita' - Professori universitari - Docenti appartenenti alla
 prima e seconda fascia - Fissazione del trattamento economico -
 Attribuzione al Governo con legge di delegazione Omessa
 determinazione di criteri direttivi - Infondatezza.  Legge 21
 febbraio 1980, n. 28, art. 12, primo comma, lett. éo).  Cost., art.
 76).  Universita' - Professori universitari - Docenti appartenenti
 alla prima e seconda fascia - Fissazione del trattamento economico -
 Attribuzione al Governo con legge di delegazione Omessa
 determinazione di criteri direttivi - Infondatezza.  D.P.R. 11 luglio
 1980, n. 382, art. 36).  Cost., artt. 76 e 77)
(GU n.10 del 8-3-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  12, primo
 comma, lettera o), della legge 21 febbraio 1980,  n.  28  (Delega  al
 Governo  per  il riordinamento della docenza universitaria e relativa
 fascia di  formazione,  e  per  la  sperimentazione  organizzativa  e
 didattica)  e  dell'art.  36  del  d.P.R.  11  luglio  1980,  n.  382
 (Riordinamento  della  docenza  universitaria,  relativa  fascia   di
 formazione   nonche'   sperimentazione  organizzativa  e  didattica),
 promosso con ordinanza  emessa  il  14  gennaio  1988  dal  Tribunale
 amministrativo  regionale  per il Veneto sui ricorsi riuniti proposti
 da Braga Giampietro ed  altri  contro  il  Ministero  della  pubblica
 istruzione ed altri, iscritta al n. 354 del registro ordinanza 1988 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  31,  prima
 serie speciale, dell'anno 1988;
    Visti  gli atti di costituzione di Polacco Renato, Volponi Luciano
 ed altri, nonche' l'atto di intervento del Presidente  del  Consiglio
 dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  24  gennaio  1989  il  Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Udito  l'avvocato  Alfredo  Bianchini  per Polacco Renato, Volponi
 Luciano ed altri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Nel corso di un procedimento in cui i ricorrenti, professori
 associati, avevano richiesto l'accertamento del diritto  a  percepire
 lo  stipendio  di  professori  ordinari,  il Tribunale amministrativo
 regionale per il Veneto, con ordinanza emessa il 14 gennaio 1988,  ha
 sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 12,
 primo comma, lettera o), della legge 21  febbraio  1980,  n.  28,  in
 relazione  all'art.  76  della Costituzione, nonche' dell'art. 36 del
 d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, in relazione agli artt. 76 e 77  della
 Costituzione.
    Il  giudice  a quo disattende anzitutto la tesi di una omogeneita'
 di  situazioni  che,  secondo  i  ricorrenti,  caratterizzerebbe  gli
 associati  e i docenti di prima fascia, argomento avanzato a sostegno
 di una asserita lesione del principio d'eguaglianza.
    Si   sottolinea  a  riguardo  come  la  diversita'  degli  accessi
 concorsuali  sottenda   una   differente   esperienza   e   maturita'
 scientifica,  essendo in particolare richiesta al professore di prima
 fascia la  dimostrazione  del  possesso  di  un  requisito  superiore
 rispetto  a  quello  degli  associati:  con  riguardo a questi ultimi
 verrebbe  affidato  infatti  alla  prova  didattica  il  compito   di
 compensare la minore esperienza nella ricerca.
    Sotto  tale profilo troverebbe percio' una precisa giustificazione
 la previsione di un trattamento economico inferiore, con  conseguente
 esclusione della violazione dell'art. 36 della Costituzione.
    Viceversa  la non manifesta infondatezza della questione sollevata
 in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione  deriverebbe,  a
 parere  del Tribunale amministrativo regionale, dalla mancanza, nella
 legge di delega, di qualsivoglia  determinazione  dei  criteri  sulla
 base  dei  quali  quantificare  gli stipendi dei professori delle due
 fasce. Ne conseguirebbe l'uso, nel decreto delegato, di un potere non
 attribuito  dal  legislatore.  Secondo  l'ordinanza di rimessione, la
 norma di delegazione si sarebbe limitata a prevedere l'incentivazione
 a  favore  dell'opzione  per  il  tempo  pieno,  richiamando altresi'
 attribuzioni e compiti in realta' non individuati dalla legge se  non
 attraverso  la  generica  previsione  di  funzioni  d'insegnamento  e
 ricerca (da ritenersi logicamente comuni ad associati ed  ordinari  e
 quindi prive di capacita' caratterizzante).
    La  lacuna  andrebbe ravvisata nell'omessa fissazione dei principi
 atti  a  determinare  il  trattamento  "base"  sul  quale   calcolare
 l'aumento   in   favore   di   chi   scegliesse  il  tempo  pieno  e,
 conseguentemente, nella mancata precisazione  dei  criteri  direttivi
 per differenziare il trattamento economico delle due fasce.
    2.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, che  ha  concluso  per  la
 declaratoria  d'infondatezza, osservando come l'attivita' legislativa
 del Governo si sia ispirata tanto ai criteri  ben  determinati  dalla
 norma  delegante, quanto al principio (enunciato dalla giurisprudenza
 costituzionale) del necessario collegamento tra retribuzioni  apicali
 dei docenti universitari e trattamento dei dirigenti dello Stato.
    3. - Nel giudizio dinanzi a questa Corte si sono costituite alcune
 parti private, associandosi alla prospettazione del giudice a quo.
    Nell'imminenza dell'udienza, ulteriore memoria e' stata presentata
 da  alcuni  dei  ricorrenti  nel  giudizio  a  quo  i   quali   hanno
 sottolineato  la  novita'  della prospettazione, evidenziando come la
 questione venga essenzialmente a  concernere  l'illegittimita'  della
 legge  di  delega, censurata per aver fatto riferimento a determinati
 criteri "a cui avrebbe  dovuto  richiamarsi  l'autorita'  governativa
 delegata" che non erano stati poi specificati.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale per il Veneto, con
 ordinanza del 14  gennaio  1988  (R.O.  n.  354/1988),  ha  sollevato
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 12, primo comma,
 lettera o), della legge 21 febbraio 1980, n. 28  (Delega  al  Governo
 per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di
 formazione, e per la sperimentazione organizzativa e  didattica),  in
 relazione  all'art.  76  della Costituzione, nonche' dell'art. 36 del
 d.P.R.  11  luglio  1980,  n.  382   (Riordinamento   della   docenza
 universitaria,  relativa fascia di formazione nonche' sperimentazione
 organizzativa e didattica), in relazione agli artt.  76  e  77  della
 Costituzione.
    Secondo il T.A.R. rimettente, il legislatore avrebbe attribuito al
 Governo il potere di fissare gli stipendi dei professori universitari
 delle  due  fasce  senza  determinare  criteri direttivi in merito, e
 quindi il Governo nella norma  del  decreto  delegato  sul  punto  in
 discussione  avrebbe  fatto  uso  di  un potere che non gli era stato
 legittimamente attribuito nella legge di delega.  Di  qui  il  vulnus
 dell'art.  76 della Costituzione ad opera del legislatore delegante e
 degli artt. 76 e 77 della Costituzione da parte del Governo delegato.
    2. - La questione e' infondata.
    L'art.  12,  primo  comma,  lettera o), della legge n. 28 del 1980
 delega il Governo "a rivedere il trattamento economico dei professori
 ordinari  e straordinari, in relazione alla graduale attuazione delle
 norme di cui alle lettere b), c) e d) del primo comma dell'art. 4;  a
 determinare   il   trattamento   dei   professori   associati  e  dei
 ricercatori, tenendo conto delle  attribuzioni  e  dei  compiti  loro
 assegnati  dalla  presente  legge; a stabilire, inoltre, in relazione
 all'introduzione del regime differenziato del rapporto di servizio  a
 tempo  pieno  e  a  tempo  definito,  una  disciplina di attuazione e
 transitoria per il mantenimento del trattamento economico dell'ultima
 classe  di  stipendio  da  parte  dei  professori universitari che ne
 usufruiscono alla data di entrata in vigore delle norme delegate".
    Il  legislatore, con siffatta formulazione, ha inteso demandare al
 Governo  la  revisione  del  trattamento  economico  dei   professori
 universitari,  vincolandone  la discrezionalita' in un duplice ordine
 di criteri direttivi: 1) per i professori ordinari e straordinari che
 costituivano,   all'atto  della  emanazione  della  delega,  il  solo
 personale esistente nel ruolo dei professori  universitari,  criterio
 direttivo  e'  la  realizzazione del nuovo "regime di impegno a tempo
 pieno" con la relativa disciplina delle incompatibilita', nonche' con
 la   previsione  di  un  incentivo  consistente  in  "un  trattamento
 economico superiore di almeno il quaranta per cento  del  trattamento
 economico complessivo del corrispondente personale a tempo definito";
 tale regime, descritto nelle lettere b), c)  e  d)  del  comma  primo
 dell'art. 4, della legge di delega, e' esteso ai professori associati
 dal penultimo comma del  successivo  art.  5;  2)  per  i  professori
 associati  e  per  i  ricercatori,  che rappresentavano le ancora non
 esistenti ma istituende figure di personale  universitario,  criterio
 direttivo e' la considerazione "delle attribuzioni e dei compiti loro
 assegnati dalla presente legge". Che qui si tratti di "riferimento  a
 previsioni  inesistenti",  e'  opinione  del  giudice  rimettente non
 avvalorata dalla lettura dell'intero contesto della legge, richiamato
 dalla costruzione per relationem delle disposizioni. Questa Corte, in
 sentenza n. 156 del 1987, ha affermato  che  "la  determinazione  dei
 principi  e  criteri  di  cui all'art. 76 della Costituzione ben puo'
 avvenire per relationem, con riferimento  ad  altri  atti  normativi,
 purche' sufficientemente specifici".
    A  fortiori  la  catena  delle  indicazioni  per  relationem  puo'
 svolgersi all'interno del contesto della stessa  legge,  nella  quale
 vanno individuati i singoli dati di riferimento: a) per i ricercatori
 "attribuzioni e compiti" risultano analiticamente definiti nel  primo
 comma  dell'art.  7, e cioe' "contribuire allo sviluppo della ricerca
 scientifica", assolvere "compiti didattici integrativi dei  corsi  di
 insegnamento  ufficiali,  ivi comprese le esercitazioni", collaborare
 "con gli studenti nelle ricerche  attinenti  alle  tesi  di  laurea",
 partecipare  "alla sperimentazione di nuove modalita' di insegnamento
 e alle connesse attivita' tutoriali"; b) per i  professori  associati
 "attribuzioni  e  compiti"  risultano  sinteticamente in positivo dal
 partecipare essi alla "unitarieta' della funzione docente" ex art. 3,
 primo  comma, della legge di delega, insieme ai professori ordinari e
 straordinari;  ma  ulteriormente  si  specificano  sulla  base  della
 lettera  g),  del  primo  comma  dell'art.  4,  il quale ha riservato
 tassativamente ai soli professori ordinari e straordinari le funzioni
 di   rettore,   preside   di  facolta',  direttore  di  dipartimento,
 presidente di consiglio di corso di laurea, coordinatore dei corsi di
 dottorato  di  ricerca  e  di  gruppi di ricerca, prevedendo peraltro
 qualche deroga, per "motivato impedimento", soltanto per la direzione
 degli istituti, delle scuole di perfezionamento e di specializzazione
 e di scuole dirette a fini speciali.
    A  tali  "criteri direttivi" enunciati direttamente o indicati per
 relationem vanno aggiunti i  "principi'"  del  sistema  del  riordino
 affidati dal legislatore al Governo.
    Tra  i "principi'" indubbiamente va collocata la distinzione delle
 figure dei professori di prima e  di  seconda  fascia,  espressamente
 stabilita  dall'art.  3, primo e secondo comma, della legge n. 28 del
 1980.
    E'  questo  il  piu'  rilevante  dei principi fondanti il riordino
 della docenza universitaria perche' risponde in forma nuova alle  due
 finalita'  dell'istruzione  superiore: "promuovere il progresso della
 scienza" e "fornire la cultura scientifica necessaria per l'esercizio
 degli  uffici e delle professioni", secondo la formulazione dell'art.
 1,  primo  comma,  del  testo  unico  delle   leggi   sull'istruzione
 superiore,  approvato  con regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592 (che
 eredita storicamente la definizione della legge  Casati  13  novembre
 1859,  n.  3725,  all'art.  47:  "L'istruzione  superiore ha per fine
 d'indirizzare la gioventu', gia' fornita delle necessarie  cognizioni
 generali, nelle carriere si' pubbliche che private in cui si richiede
 la preparazione  di  accurati  studi  speciali,  e  di  mantenere  ed
 accrescere  nelle  diverse parti dello Stato la coltura scientifica e
 letteraria").
    Le  incombenze  della  attivita'  scientifica e della preparazione
 agli uffici e alle professioni hanno da sempre rappresentato un  nodo
 problematico nella concreta esperienza della vita accademica, essendo
 l'una non scindibile  dall'altra  non  solo  rispetto  alla  utilita'
 sociale  richiesta  alla  istituzione  universitaria, ma anche per il
 necessario scambio  di  esperienze  tra  insegnamento  e  ricerca,  e
 tuttavia  non  sempre  entrambe  assolte  con pari assiduita' sia per
 diversita' di attitudini e di talenti personali  sia  per  specifiche
 assorbenti  esigenze teoriche o applicative delle singole discipline.
    Poteva  a  questo proposito essere avanzato il modello o principio
 della separazione  dei  compiti  di  ricerca  scientifica  da  quelli
 didattici  affidati rispettivamente a distinti organici di studiosi e
 di insegnanti. Al contrario, dinanzi  alla  crescente  domanda  della
 didattica  in  una  congiuntura  di critica e veloce evoluzione della
 cultura  e  del  sapere  scientifico,  il  legislatore  delegante  ha
 ritenuto di salvaguardare il perseguimento della combinazione dei due
 fini  istituzionali   dell'Universita',   aggiungendo   alla   figura
 tradizionale  del  professore  universitario,  scelto per consolidato
 merito scientifico, quella di  un  docente  di  cui  fosse  accertata
 soltanto la idoneita' scientifica e didattica.
    Il    "principio"   della   tipologia   duplice   dei   professori
 universitari, il  "criterio"  dell'incentivazione  della  scelta  del
 regime  d'impegno  a  tempo  pieno  e quello della commisurazione dei
 trattamenti economici secondo le attribuzioni e i compiti,  risultano
 essere   sufficientemente   indicati,   o  in  via  esplicita  o  per
 relationem, dal legislatore delegante in  modo  che  la  prima  delle
 norme  impugnate per preteso difetto di delega non appare censurabile
 di inottemperanza al precetto di cui all'art. 76 della  Costituzione.
    Pretendere  di  piu'  dal  legislatore  delegante  significherebbe
 chiedergli il quantum del "trattamento economico 'base', cioe' quello
 su  cui  operare  l'aumento  percentuale  a  favore del personale che
 optava per il regime  a  tempo  pieno",  nonche'  il  quantum  "della
 differenziazione  del  trattamento  economico degli appartenenti alle
 due fasce". Ma saremmo allora non nell'ambito di principi  e  criteri
 direttivi,  bensi' in quello della fissazione di basi di calcolo, che
 lascerebbe  al  Governo  non  la  necessaria  discrezionalita'  delle
 opportune  determinazioni  tecniche  ma  solo  l'incarico di eseguire
 operazioni aritmetiche.
    3.  - Caduta la censura del difetto di delega, resta da verificare
 non se il Governo abbia fatto uso di  un  potere  non  legittimamente
 attribuitogli, ma se nell'area della discrezionalita', identificata e
 delimitata dai principi  e  criteri  direttivi  della  delega,  abbia
 operato  scelte  rispetto  alle  quali "il potere di intervento della
 Corte (...) non puo' andare oltre  il  controllo  di  ragionevolezza"
 (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 12 del 1981).
    La  seconda norma impugnata, l'art. 36 del d.P.R. n. 382 del 1980,
 al secondo comma stabilisce: "Ai professori appartenenti  alla  prima
 fascia  all'atto  del  conseguimento  della  nomina  ad  ordinario e'
 attribuita la classe di stipendio corrispondente al  48,6  per  cento
 della  retribuzione  del dirigente generale di livello A dello Stato,
 comprensiva dell'eventuale indennita' di funzione".
    Nell'esercizio  delegato  di  potesta'  legislativa discrezionale,
 correttamente il Governo ha fatto ricorso,  per  l'individuazione  di
 una  base  di calcolo su cui quantificare i trattamenti economici dei
 professori universitari, ad un dato  non  eludibile  di  riferimento,
 quale  e'  la  retribuzione  del  dirigente  generale  dello Stato di
 livello A, stante la tendenza della legislazione (d.P.R.  11  gennaio
 1956,  n.  19; legge 18 marzo 1958, n. 311; legge 26 gennaio 1962, n.
 16; d.P.R. 21 aprile 1965, n. 373; d.P.R.  5  giugno  1965,  n.  749;
 legge  18  marzo 1968, n. 249) ad equiparare il trattamento economico
 apicale dei professori universitari a quello dei dirigenti  generali.
    In  proposito  questa  Corte,  con  sentenza  n.  219 del 1975, ha
 statuito che "tale equiparazione (sotto il profilo  sottolineato  del
 potenziale  accesso  ad  identico vertice di coefficiente o parametro
 terminale) delle due categorie in discorso - traducendo, per  la  sua
 non  accidentalita'  ma anzi uniforme ripetizione in un notevole arco
 temporale, un giudizio di valore espresso dal legislatore ex suo ore,
 in  termini  di equivalenza, fra le due categorie pur strutturalmente
 diverse dei docenti e dei dirigenti - non poteva non  porsi  come  un
 limite alla permanente discrezionalita' del legislatore medesimo".
    A  maggior  ragione,  nel  caso di potesta' legislativa delegata a
 fini di riordino  o  riforma,  un  dato  ordinamentale  preesistente,
 quando  non  sia espressamente escluso dal legislatore delegante, non
 puo' non  funzionare  come  limite  o  criterio  guida  delle  scelte
 discrezionali  del  Governo.  D'altra  parte  tale  dato era presente
 nell'art. 12, primo comma, lettera o), della legge di delega la' dove
 si   richiamava   il  trattamento  economico  dell'ultima  classe  di
 stipendio dei professori ordinari; ed e'  esplicitamente  qualificato
 come  principio  del  sistema normativo delle carriere e retribuzioni
 dei dirigenti  statali  nell'art.  36,  ottavo  comma,  dello  stesso
 decreto  delegato  n. 382 del 1980: "Il professore ordinario che alla
 data dell'inquadramento giuridico nel ruolo  godeva  del  trattamento
 economico  corrispondente  alla  classe finale di stipendio conserva,
 qualora piu' favorevole, il diritto all'equiparazione economica  alla
 retribuzione  del  dirigente  generale  di  livello A dello Stato, in
 applicazione dei principi' derivanti dalle  norme  sulle  carriere  e
 retribuzioni  dei  Dirigenti  statali".  Avere adottato tale criterio
 pone la norma al  riparo  da  censure  per  quanto  concerne  sia  il
 controllo di ragionevolezza che quello del rispetto della delega.
    4.  -  Il  quinto  comma  dell'art.  36 del d.P.R. n. 382 del 1980
 dispone: "Lo stipendio  spettante  ai  professori  appartenenti  alla
 seconda fascia e' pari al 70 per cento di quello spettante, a parita'
 di posizione, al professore della prima fascia".
    Il  Governo  ha  inteso  con  questa  proporzione corrispondere al
 criterio direttivo di cui all'art. 12, primo comma, lettera o), della
 legge  n.  28 del 1980 che suona: "tenendo conto delle attribuzioni e
 dei compiti loro assegnati dalla presente legge".
    Trattasi  di  misurazione  del  valore  di  prestazioni didattiche
 qualitativamente non omogenee quoad personam, i professori  di  prima
 fascia  essendo  selezionati  per  la piena maturita' scientifica, ex
 art. 41 del d.P.R. n. 382 del 1980, i professori  di  seconda  fascia
 per  la  idoneita'  scientifica  e didattica, ex art. 42 dello stesso
 d.P.R. n. 382; oltreche' di prestazioni diverse quoad rem, essendo  i
 professori  di  seconda  fascia esclusi dalle "funzioni riservate" ai
 professori di prima fascia (cfr. Corte  costituzionale,  sentenza  n.
 990 del 1988).
    La  valutazione  quantificante  la  differenza  delle retribuzioni
 rientra nella discrezionalita' del Governo, cosi'  come  diretta  dal
 criterio  fornito dal legislatore delegante, e non appare censurabile
 di irragionevolezza.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non  fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 12, primo comma, lettera o), della legge 21 febbraio  1980,
 n.   28  (Delega  al  Governo  per  il  riordinamento  della  docenza
 universitaria  e  relativa   fascia   di   formazione,   e   per   la
 sperimentazione  organizzativa  e didattica), sollevata, in relazione
 all'art.  76  della  Costituzione,   dal   Tribunale   amministrativo
 regionale per il Veneto con l'ordinanza in epigrafe;
    Dichiara  non  fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 36 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382  (Riordinamento  della
 docenza   universitaria,   relativa   fascia  di  formazione  nonche'
 sperimentazione  organizzativa  e  didattica),  sollevata,   con   la
 medesima   ordinanza,   in   relazione  agli  artt.  76  e  77  della
 Costituzione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                         Il redattore: CASAVOLA
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 3 marzo 1989.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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