N. 88 SENTENZA 22 febbraio - 3 marzo 1989
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Regione Marche - Impiego regionale - Personale del consiglio regionale - Definizione dei profili professionali - Adozione di regolamento consiliare previa audizione delle organizzazioni sindacali - Infondatezza. Legge regione Marche, riapprovata il 29 settembre 1988, art. 1, quarto comma, lett. éc). Cost., artt. 3, 97 e 117). Regione Marche - Impiego regionale - Dirigenti in servizio presso il consiglio regionale - Dotazione organica della seconda qualifica dirigenziale - Omessa correlazione al numero massimo dei servizi consiliari - Infondatezza. Legge regione Marche, riapprovata il 29 settembre 1988, art. 2). Cost., art. 117). Regione Marche - Impiego regionale - Dirigenti in servizio presso il consiglio regionale - Dotazione organica della seconda qualifica dirigenziale - Mancata correlazione tra il numero dei servizi esistenti nella regione e numero complessivo dei dirigenti da preporre agli stessi - Inammissibilita'. Legge regione Marche, riapprovata il 29 settembre 1988, art. 2). Cost., art. 97). Regione Marche - Impiego regionale - Struttura amministrativa del consiglio regionale - Incarico di coordinamento Attribuzione e durata - Numero degli incarichi - Infondatezza. (Legge regione Marche, riapprovata il 29 settembre 1988, art. 5).(Cost. artt. 3, 97 e 117)(GU n.10 del 8-3-1989 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione Marche approvata il 26 luglio 1988 e riapprovata il 29 settembre 1988 dal Consiglio regionale, avente per oggetto: "Modifiche alla legge regionale 6 giugno 1980, n. 50: "Organizzazione amministrativa della Regione" e alla legge regionale 31 ottobre 1984, n. 31: "Disposizioni sull'ordinamento giuridico e sul trattamento economico dei dipendenti regionali", e successive modificazioni" promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 19 ottobre 1988, depositato in cancelleria il 27 ottobre 1988 ed iscritto al n. 35 del registro ricorsi 1988; Visto l'atto di costituzione della Regione Marche; Udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 1989 il Giudice relatore Mauro Ferri; Udito l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il ricorrente; Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso del 19 ottobre 1988 il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimita' costituzionale della legge della Regione Marche approvata il 26 luglio 1988 e riapprovata, a seguito delle osservazioni del Governo, il 29 settembre 1988, recante: "Modifiche alla legge regionale 6 giugno 1980, n. 50: "Organizzazione amministrativa della regione", ed alla legge regionale 31 ottobre 1984, n. 31: "Disposizioni sull'ordinamento giuridico e sul trattamento economico dei dipendenti regionali", e successive modificazioni", in relazione ai principi di eguaglianza, parita' di trattamento e buona amministrazione (artt. 3 e 97 Cost.), oltre che ai principi fondamentali della materia contenuti nella legge quadro sul pubblico impiego del 29 marzo 1983 n. 93 (art. 117 Cost.). Dopo aver premesso che con la legge impugnata la Regione Marche mira ad effettuare una revisione delle leggi regionali nn. 50 del 1980 e 31 del 1984 con l'intento di assicurare al Consiglio regionale la possibilita' di dotarsi delle professionalita' specifiche necessarie al suo funzionamento, l'Avvocatura osserva che l'organizzazione amministrativa degli uffici del Consiglio regionale ed il relativo contingente ad esso assegnato devono essere determinati, seppure nell'ambito dell'autonomia organizzativa di tale organo, in conformita' all'art. 54 dello Statuto, che prevede un ruolo unico regionale ed una disciplina dello stato giuridico ed economico applicabile a tutto il personale regionale. Sotto questo profilo talune norme della legge in esame violerebbero i principi costituzionali di eguaglianza, parita' di trattamento e buona amministrazione, nonche' la normativa contrattuale contenuta nell'accordo nazionale di categoria, recepito con legge regionale 31 ottobre 1984 n. 31 (da considerarsi "principio fondamentale" della materia, in virtu' del rinvio che la legge quadro sul pubblico impiego, n. 93 del 1983, effettua agli accordi triennali con le organizzazioni sindacali), e quindi l'art. 117 Cost. In particolare l'Avvocatura rileva: 1) L'art. 1, quarto comma lettera c), della legge impugnata, in relazione anche all'art. 4 lettera e), prevede che i profili professionali del contingente del personale del Consiglio regionale siano definiti mediante apposito regolamento del Consiglio medesimo, dopo aver sentito le organizzazioni sindacali. Detta norma costituirebbe violazione del combinato disposto degli artt. 2 e 3 della legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93, che demanda la determinazione e descrizione dei profili professionali, nell'ambito di ciascuna qualifica funzionale, alla disciplina dettata dagli accordi contemplati nella stessa legge. Donde, violazione dell'art. 117 Cost. e violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost., in relazione agli altri dipendenti della Regione Marche ed agli altri dipendenti pubblici in generale. Inoltre l'art. 1, demandando ad un regolamento di determinare il numero dei servizi del Consiglio medesimo, e di delinearne le relative attribuzioni, lederebbe la riserva di legge sancita dall'art. 97, primo comma, Cost. 2) L'art. 2 prevede una dotazione organica della seconda qualifica dirigenziale (10 unita'), non correlata al numero massimo dei servizi fissato dal precedente articolo 1, il che contrasterebbe con la normativa contrattuale, recepita con la legge regionale 31 ottobre 1984, n. 31, che individua la funzione dirigenziale della seconda qualifica funzionale al livello di responsabili delle strutture organizzative di secondo grado. Osserva l'Avvocatura che il personale delle regioni e' inquadrato, ai sensi dell'art. 54 dello Statuto, in un ruolo unico: il contingente assegnato al Consiglio regionale, pertanto, non si aggiunge alla dotazione organica dei dipendenti regionali, ma ne e' parte. Il previsto aumento del numero dei dirigenti di massimo livello in servizio presso il Consiglio regionale, ferma restando la dotazione regionale complessiva, comporterebbe quindi una evidente disfunzione nell'organizzazione regionale, e conseguentemente la violazione dell'art. 97 Cost. 3) L'art. 5 disciplina le attribuzioni e la durata dell'incarico di coordinamento nell'ambito della struttura amministrativa del Consiglio regionale. La genericita' della norma non consentirebbe di stabilire se il numero di questi incarichi sia conforme al limite massimo previsto dal vigente accordo nazionale. Conseguirebbe, quindi, anche in questo caso, la violazione della normativa contrattuale recepita dalla ripetuta legge regionale n. 31 del 1984 (e quindi dell'art. 117 Cost.), e la violazione dell'art. 97 Cost. 2. - Si e' costituita in giudizio la Regione Marche eccependo l'irricevibilita', e comunque l'infondatezza del ricorso del Governo, alla base del quale, sostiene, sarebbe posta una confusione fra "figure professionali" e "declaratorie di professionalita'". Queste ultime sono demandate ad accordi con le organizzazioni sindacali, ma, all'interno di dette declaratorie - e nel rispetto delle medesime - ciascuna regione individua, con legge, le "figure professionali" che considera funzionali alla propria organizzazione amministrativa. Per quanto riguarda l'organizzazione del Consiglio regionale, l'art. 15, ultimo comma, dello Statuto della Regione Marche ne rinvia al regolamento la disciplina. Ne' sussisterebbe la pretesa disparita', rispetto agli altri dipendenti regionali, attesa la particolarita' delle prestazioni rese dalle varie "figure". Inoltre, afferma la Regione, l'impugnativa del Governo, relativa all'art. 2, conterrebbe motivi di censura assolutamente nuovi rispetto ai rilievi a suo tempo formulati con il rinvio. Quest'ultimo, nella parte qua, era cosi' formulato: "articolo 2 (che) stabilisce - relativamente at seconda qualifica dirigenziale - dotazione organica non correlata at numero servizi risultante dal precedente art. 1, ponesi in contrasto con normativa contrattuale recepita da legge regionale numero 31/84, che individua funzione dirigenziale seconda qualifica funzionale at livello responsabili strutture organizzative secondo grado". Nel ricorso si denuncia, invece, che "alcuni servizi rimarranno privi dei relativi responsabili, destinati, per effetto dell'entrata in vigore di tale normativa, a svolgere compiti di studio... donde... violazione... dell'art. 97 Cost.". Quanto, infine, alla censura relativa all'art. 5 la Regione osserva che in detto articolo non e' contenuta alcuna innovazione rispetto alla normativa sugli incarichi di coordinamento prevista dalla legge regionale 31 ottobre 1984 n. 31. Considerato in diritto 1. - Il ricorso del Governo contesta la legittimita' costituzionale della legge della Regione Marche approvata il 26 luglio 1988 e riapprovata, dopo il rinvio governativo, il 29 settembre dello stesso anno. L'impugnativa e' diretta in particolare avverso tre norme della legge in esame, la prima delle quali, posta all'articolo 1, quarto comma, lettera c), in relazione anche all'art. 4, lettera e), prevede che i profili professionali del contingente del personale del Consiglio regionale siano definiti mediante apposito regolamento del Consiglio medesimo dopo aver sentito le organizzazioni sindacali. Ad avviso del ricorrente la norma costituirebbe violazione del combinato disposto degli artt. 2 e 3 della legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983 n. 93, che demanda la determinazione e descrizione dei profili professionali, nell'ambito di ciascuna qualifica funzionale, agli accordi contemplati nella detta legge. Donde il Governo deduce: a) violazione dell'art. 117 Cost., derivata dalla violazione della ripetuta legge quadro, quale principio fondamentale della materia; b) violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost., in relazione agli altri dipendenti della Regione Marche ed agli altri dipendenti pubblici in generale; c) violazione della riserva di legge prevista dall'art. 97, primo comma, Cost., essendo demandata a norme regolamentari la disciplina degli uffici del Consiglio Regionale. La questione non e' fondata sotto nessuno dei profili prospettati. Esaminando in ordine di antecedenza logica l'ultimo di questi, occorre osservare che, in linea generale, la riserva di legge di cui all'art. 97 Cost. non esclude certamente la potesta' di disciplinare con norme regolamentari, di carattere integrativo e sussidiario, l'organizzazione ed il funzionamento dei pubblici uffici. Nell'ambito di questi limiti i regolamenti detti "di organizzazione" traggono la propria legittimazione dalla esistenza di norme primarie idonee a concretamente e sufficientemente delimitare l'esercizio, da parte della pubblica Amministrazione, di detto potere di normazione secondaria. Cio' posto, la norma di legge impugnata costituisce attuazione degli artt. 14 e 15 dello Statuto regionale - i quali (analogamente a quanto hanno previsto tutte le altre Regioni) garantiscono l'autonomia organizzativa e funzionale del Consiglio Regionale - e, nel demandare al regolamento interno la definizione dei profili professionali del personale del Consiglio, si limita ad affidare a tale strumento la integrazione di disposizioni meramente funzionali all'attivita' dell'organo, secondo direttive gia' sufficientemente delineate dalla legge stessa. Sono infatti stabiliti per legge sia il numero dei servizi in cui e' articolata l'organizzazione amministrativa del Consiglio Regionale, sia il contingente complessivo del personale in servizio e la sua distribuzione per qualifiche funzionali. All'interno di dette previsioni, affidare allo strumento regolamentare l'individuazione delle figure professionali che l'organo considera funzionali alla propria attivita' certamente non esorbita dai limiti prima indicati e non costituisce quindi violazione della riserva di legge prevista dall'art. 97, primo comma, Cost. La portata della norma, quale ora precisata, esclude del pari che sia ravvisabile un contrasto con gli artt. 2 e 3 della legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983 n. 93 e quindi una violazione dell'art. 117 della Costituzione. Le discipline in raffronto si pongono infatti su piani diversi e possono certamente coesistere nel senso che mentre i criteri per la determinazione delle qualifiche funzionali e dei profili professionali in ciascuna di esse compresi, nonche' la identificazione delle qualifiche in rapporto alle mansioni espletate, rimangono regolati rispettivamente dagli artt. 2 e 3 della citata legge quadro, cio' non toglie che al Consiglio Regionale spetti comunque la competenza a stabilire, in sede di regolamento interno, quali siano le figure professionali necessarie alla propria organizzazione amministrativa. Quanto ora detto rende altresi' inconferente ogni richiamo al rispetto del principio di eguaglianza in relazione agli altri dipendenti della Regione, o agli altri dipendenti pubblici in generale, poiche' non solo la norma impugnata non comporta disparita' di trattamento nello stato giuridico o nel trattamento economico dei dipendenti del Consiglio Regionale, ma la stessa attribuzione in concreto dei profili professionali a ciascun dipendente resta disciplinata dall'esplicito richiamo alle vigenti leggi in materia effettuato dall'art. 4 lettera e) della legge in esame. 2. - La seconda questione sollevata dal ricorso concerne l'art. 2 della legge regionale, nella parte in cui prevede una dotazione organica della seconda qualifica dirigenziale (dieci unita') non correlata al numero massimo dei servizi (quattro) fissato dal precedente art. 1; il che, sostiene l'Avvocatura dello Stato, contrasterebbe con la normativa contrattuale, recepita con la legge regionale 31 ottobre 1984 n. 31, che individua la seconda qualifica dirigenziale al livello di responsabili delle strutture organizzative di secondo grado. Da cio' conseguirebbero, ad avviso del ricorrente, due profili di illegittimita' costituzionale: non solo violazione della detta normativa contrattuale, e quindi in via mediata dell'art. 117 Cost., ma anche del principio di buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97, primo comma, Cost., poiche' l'aumento del numero dei dirigenti di massimo livello in servizio presso il Consiglio, ferma restando la dotazione organica regionale complessiva, priverebbe dei relativi responsabili alcuni servizi regionali alterando l'attuale corrispondenza tra numero dei servizi esistenti e numero dei dirigenti da preporre agli stessi. Sotto il primo dei detti profili la questione e' infondata. La legge regionale n. 31 del 31 ottobre 1984 non postula necessariamente, nella tabella A ad essa allegata, un'assoluta corrispondenza tra numero dei servizi ed organico del personale della seconda qualifica dirigenziale poiche' questi ultimi: "esercitano le proprie funzioni a livello di responsabili delle strutture organizzative di secondo grado...e/o per compiti di studio, ricerca ed elaborazione complesse, etc". In conseguenza, l'organico di 10 unita' previsto dalla norma in esame, pur se superiore al numero massimo dei servizi in cui si articola la struttura amministrativa del Consiglio Regionale, non puo' essere ritenuto illegittimo, potendo i dirigenti venire adibiti ai compiti di studio e di ricerca prima citati, che sono altrettanto "tipici" delle loro funzioni istituzionali (quali delineate nella citata legge regionale n. 31 del 1984) e che appaiono naturalmente correlati all'attivita' dell'assemblea legislativa regionale. In ordine al secondo profilo d'illegittimita' costituzionale prospettato avverso l'art. 2 della legge, la Regione Marche ha sollevato eccezione d'inammissibilita' in quanto del tutto assente nell'atto di rinvio al Consiglio Regionale precedentemente compiuto dal Governo. L'eccezione e' fondata. Questa Corte ha piu' volte sottolineato (sentt. n. 8 del 1967, n. 147 del 1972, n. 212 del 1976, n. 107 del 1983, n. 217 del 1987) che, stante la sostanziale unitarieta' del procedimento previsto dall'art. 127 Cost. - nelle due distinte fasi del rinvio governativo al Consiglio Regionale e dell'eventuale impugnazione della legge, ove questa sia stata riapprovata - i motivi prospettati nel ricorso devono essere prefigurati, quantomeno nelle loro linee essenziali, nell'atto di rinvio per il riesame; cio' al fine di porre il Consiglio Regionale nella condizione di poter utilmente conoscere i dubbi di legittimita' prospettati e quindi di poterli eliminare in sede di riesame oppure di contestarne la fondatezza. Nel caso di specie si riscontra in effetti un'evidente divergenza tra l'osservazione al punto n. 2 del rinvio governativo, che rileva (in riferimento all'art. 117 Cost.) una dotazione organica della seconda qualifica dirigenziale "non correlata al numero dei servizi (del Consiglio Regionale) risultanti dal precedente art. 1" e l'ulteriore profilo dedotto solo in sede di ricorso che tende invece a censurare, in riferimento ad un'altra norma costituzionale (art 97, primo comma), una mancanza di correlazione di diverso tipo, e cioe' tra numero dei servizi esistenti nell'intera Regione e numero complessivo dei dirigenti da preporre agli stessi. Sotto tale profilo la questione deve pertanto ritenersi inammissibile. 3. - La terza questione sollevata dal Governo investe, infine, l'art. 5 della legge regionale, il quale, nel disciplinare le attribuzioni e la durata dell'incarico di coordinamento nell'ambito della struttura amministrativa del Consiglio Regionale, non consentirebbe di stabilire, data la sua genericita', se il numero di detti incarichi sia conforme al limite massimo previsto dall'art. 3 della legge regionale n. 31 del 1984 che recepisce il vigente accordo nazionale. Donde la presunta violazione degli artt. 97 e 117 Cost. La questione non e' fondata. La norma disciplina le attribuzioni e la durata dell'incarico di coordinatore presso il Consiglio Regionale ma non prende affatto in considerazione il numero dei detti incarichi, ed anzi l'uso, nella lettera della legge, della locuzione "l'incarico" al singolare fa ritenere che la norma sia pienamente conforme all'art. 3 della citata legge regionale n. 31 del 1984, che assegnava al Consiglio Regionale la facolta' di conferire un solo incarico del genere. Tale ultima norma inoltre non risulta ne' incompatibile ne' espressamente abrogata dall'art. 12 della legge di modifica ora in esame per cui nulla puo' indurre a ritenere che essa abbia in qualche modo modificato, sul punto, la disciplina previgente.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale della legge della Regione Marche riapprovata il 29 settembre 1988 recante: "Modifiche alla legge regionale 6 giugno 1980, n. 50: 'Organizzazione amministrativa della regione', ed alla legge regionale 31 ottobre 1984, n. 31: 'Disposizioni sull'ordinamento giuridico e sul trattamento economico dei dipendenti regionali', e successive modificazioni", sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe, nei confronti: dell'art. 1, quarto comma, lettera c) in riferimento agli artt. 3, 97 e 117 Cost.; dell'art. 2 in riferimento all'art. 117 Cost.; dell'art. 5 in riferimento agli artt. 97 e 117 Cost.; Dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della medesima legge regionale in riferimento all'art. 97 Cost. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 1989. Il Presidente: SAJA Il redattore: FERRI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 3 marzo 1989. Il direttore della cancelleria: MINELLI 89C0217