N. 119 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 dicembre 1988

                                 N. 119
       Ordinanza emessa il 9 dicembre 1988 dal pretore di Cosenza
          nel procedimento penale a carico di Rossi Francesco
 Assegno  bancario  -  Emissione  di  assegni  a  vuoto - Applicazione
 congiunta della reclusione e della multa, "nei  casi  piu'  gravi"  -
 Indeterminatezza,  in  parte qua, della norma incriminatrice Richiamo
 alla sentenza n. 131/1970 - Richiesta di riesame.
 (R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 116; legge 24 novembre 1981, n.
 689, art. 139).
 (Cost., art. 25).
(GU n.12 del 22-3-1989 )
                               IL PRETORE
    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa penale n. 835/87
 contro Rossi Francesco.
    Il giudicante rileva che all'imputato e' stato contestato il reato
 di cui all'art.  116  del  r.d.  n.  1736/1933,  in  relazione  anche
 all'art.  139  della legge n. 689/1981, con l'aggravante dell'importo
 rilevante, per avere emesso  un  unico  assegno  dell'importo  di  L.
 5.700.000.
    Le  citate norme dispongono che, per i delitti dalla prima di esse
 tipizzati "nei casi piu' gravi" la pena della multa sia  accompagnata
 anche  da  quella  della reclusione e dalle sanzioni accessorie della
 pubblicazione della sentenza di condanna e del  divieto  di  emettere
 assegni  bancari o postali per un periodo da uno a tre anni. Le norme
 pero' omettono di specificare e tipizzare i casi piu' gravi.
    La  Corte  costituzionale  con  sentenza 3 luglio 1970, n. 131, ha
 ritenuto infondata la questione di costituzionalita'  del  solo  art.
 116  del  r.d. n. 1736/1933 (non era ancora entrata in vigore l'altra
 norma)  ritenendo  che  la  formula  "nei  casi  piu'   gravi"   vada
 interpretata  tenendosi particolarmente conto degli elementi previsti
 dall'art.  133,  primo  e  secondo  comma,  del  cod.   pen.,   cioe'
 considerandosi  se  le  modalita' del fatto, la gravita' del danno, i
 precedenti del reo, il suo comportamento antecedente, contemporaneo o
 susseguente  al  reato,  i  motivi  a delinquere, ecc., consiglino di
 infliggere sia la pena della multa sia quella della reclusione.
    Appare subito evidente che l'esame della Corte in quella occasione
 si e' incentrato esclusivamente sull'alternativa fra l'irrogazione di
 una  pena  solo  pecuniaria  e quella della doppia pena (pecuniaria e
 detentiva).
    Oggi  la  questione  assume  un  ulteriore  e  piu' grave profilo,
 giacche'  l'art.  139  della  legge  n.  689/1981  prevede  anche  la
 comminazione  delle  sanzioni  accessorie  gia'  dette, che per altro
 rimangono ferme ed indipendenti anche dall'applicazione dell'art.  69
 del cod. pen.
    Non  e'  azzardato  dunque  richiedere alla Corte un riesame della
 questione,  alla  luce  della  sopravvenuta   norma   e   soprattutto
 considerando   i   rilievi   mossi   in   dottrina  alla  fattispecie
 legislativa.
    E'  ormai  opinione  concorde  che le disposizioni legislative, le
 quali comminano l'applicazione di pene di specie  diversa  "nei  casi
 piu'  gravi", configurano vere e proprie circostanze aggravanti e non
 un  semplice  ampliamento  dei  poteri  discrezionali   del   giudice
 nell'applicazione della pena.
    Non  si  vede  dunque  come  possa richiamarsi l'art. 133 del cod.
 pen., che attiene alla valutazione della gravita' del reato  ai  fini
 della  determinazione  della pena nei limiti edittali e quindi ad una
 operazione logica che il giudice deve compiere prima di applicare  le
 circostanze aggravanti (o attenuanti).
    Ma  al di la' di tale considerazione, si deve sottolineare come la
 formulazione  ad  opera  del  legislatore   delle   c.d.   aggravanti
 indefiniti  (cfr.  Bricola  "Le  aggravanti  indefinite.  Legalita' e
 discrezionalita' in tema di circostanza del reato", in riv. it.  dir.
 proc. pen., 1964, 1013) appaia censurabile alla stregua dell'art. 25,
 secondo   comma,   della   Costituzione.   Esempi   di    circostanze
 indeterminate  o  indefinite, infatti, si riscontrano tanto nel campo
 delle attenuanti quanto in quello delle aggravanti  (basti  ricordare
 le  circostanze  generiche prevedute dall'art. 62- bis del cod. pen.)
 con la  differenza,  pero',  che,  mentre  le  attenuanti  indefinite
 risultano   compatibili   con   l'art.   25,   secondo  comma,  della
 Costituzione, lo stesso non puo' dirsi per le aggravanti  che  devono
 soggiacere  al  principio  di tassativita', il quale viene in rilievo
 ogni qualvolta si tratta di restringere la liberta'  del  reo  e  non
 anche,  come nel caso delle attenuanti, quando l'effetto giuridico va
 a suo beneficio (cfr. Fiandaca-Musco "Diritto penale" parte generale,
 1985, pag. 206).
    Pertanto,  il  giudicante  ritiene di dover sollevare, perche' non
 manifestamente infondata, questione di costituzionalita' degli  artt.
 116 del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, e 139 della legge 24 novembre
 1981, n. 689, nella parte in cui prevedono circostanze aggravanti dei
 delitti   tipizzati  dalla  prima  norma,  lasciandole  indefinite  e
 rimettendole alla discrezionalita' del  giudice,  per  contrasto  con
 l'art. 25, secondo comma, della Costituzione.
    La   questione   e'   rilevante  giacche'  nel  presente  processo
 all'imputata e' stata contestata l'aggravante ed in  mancanza  di  un
 criterio fornito dalla legge per stabilire se la fattispecie concreta
 ricada nell'ipotesi semplice o in  quella  aggravata  (non  potendosi
 nemmeno  utilizzare  il  criterio  di  valutazione della gravita' del
 reato di cui all'art. 133 del cod. pen. che, per come gia'  rilevato,
 attiene  alla  determinazione  della  pena  nei limiti edittali prima
 della valutazione e  dell'applicazione  delle  circostanze),  non  e'
 possibile nemmeno procedere alla derubricazione del titolo del reato.
 Ne' la comminazione delle sanzioni  accessorie  puo'  essere  evitata
 applicando l'art. 69 del cod. pen.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale degli artt.  116  del  r.d.  21  dicembre
 1933,  n.  1736,  e  139  della  legge 24 novembre 1981, n. 689, come
 profilata nella parte motiva, in  riferimento  all'art.  25,  secondo
 comma, della Costituzione;
    Rimette la soluzione della questione alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  la presente ordinanza venga notificata all'imputata,
 al p.m. in  sede  e  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e
 comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento;
    Sospende il presente procedimento;
    Ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale.
      Cosenza, addi' 9 dicembre 1988
             Il vice pretore onorario: (firma illeggibile)

 89C0235