N. 120 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 febbraio 1988
N. 120 Ordinanza emessa il 9 febbraio 1988 della Corte dei conti su ricorso proposto da Compagnoni Carlo Pensioni civili e militari - Sospensione della indennita' integrativa speciale mensile nei confronti dei pensionati che prestino opera retribuita, sotto qualsiasi forma, presso Stato, amministrazioni pubbliche ed enti pubblici anche economici - Ingiustificata disparita' di trattamento rispetto ai pubblici impiegati in servizio (che continuano a fruire dell'indennita' in questione anche nel caso di incarichi o compiti altrimenti retribuiti) e agli stessi pensionati che prestino attivita' lavorativa "a favore di terzi" ma non in rapporto di dipendenza o subordinazione Violazione del diritto alla retribuzione (anche differita) adeguata alla quantita' e qualita' del lavoro prestato. (D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 99, quinto comma). (Cost., artt. 3 e 36).(GU n.12 del 22-3-1989 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso prodotto dal dott. Carlo Compagnoni, nato il 22 gennaio 1923 in Priverno, elettivamente domiciliato in Latina, viale Italia, 7 presso il procuratore speciale avv. Mario Carfagna, avverso la nota n. 2359 in data 13 gennaio 1987 della direzione provinciale del tesoro di Latina. F A T T O Con nota n. 23259 del 13 gennaio 1987, la direzione provinciale del tesoro di Latina comunicava dal dott. Carlo Compagnoni di aver accertato, a carico di lui, un credito erariale di L. 35.053.075 per indennita' integrativa speciale corrisposta sulla pensione in godimento e non dovuta. Gli intimava, quindi, di rifondere all'Erario la somma stessa, contestualmente disponendo sulla pensione, ai fini del recupero, la ritenuta mensile cautelare di L. 272.625 a decorrere dalla rata scadente il 31 maggio 1987. Avverso tale nota il Compagnoni, con il patrocinio dell'avv. Mario Carfagna, ha prodotto ricorso a questa Corte con atto depositato nella segreteria della sezione il 26 maggio 1987. Deduce dal gravame il ricorrente di aver titolo alla indennita' integrativa speciale in quanto il servizio da lui svolto presso le u.s.l. di Latina e Priverno si configura come autonoma attivita' professionale e non come lavoro dipendente con vincolo di subordinazione verso l'ente. Fa presente, ad ogni modo, di aver riscosso le somme in questione in "buona fede". Chiede, conseguentemente, l'annullamento dell'atto impugnato, previa sospensione della esecuzione dell'atto stesso. Risulta dagli atti (note n. 54/1986 della u.s.l. LT1 di Latina e n. 22374/1985 della u.s.l. LT4 di Priverno) che il dott. Compagnoni, medico, pensionato degli Istituti di previdenza (Cassa pensioni sanitari) intrattiene con tali enti rapporto di lavoro, ex decreto del Presidente della Repubblica n. 884/1984, quale sanitario convenzionato, da data anteriore al 1 gennaio 1979. Alla odierna pubblica udienza, l'avv. Carfagna, per il ricorrente, si e' rimesso alle decisioni della Sezione; l'avvocato dello Stato ed il p.m. hanno chiesto, entrambi, il rigetto del ricorso. D I R I T T O Preliminarmente la sezione rileva che il ricorso non e' stato notificato alla amministrazione previdenziale nelle forme di legge, tramite ufficiale giudiziario, bensi' inoltrato direttamente dall'interessato per via ordinaria postale. Cio'nondimeno, non puo' eccepirsi la improcedibilita' del gravame, attesoche' l'amministrazione, tramite l'Avvocatura generale dello Stato, si e' costituita ed e' intervenuta in giudizio. Nel merito, si tratta di stabilire se il ricorrente, medico, pensionato degli Istituti di previdenza, abbia legittimamente fruito della indennita' integrativa speciale sulla pensione in gogimento, per il tempo in cui - dopo la cessazione del servizio - presto' ulteriore attivita' lavorativa presso ente pubblico, ovvero se - ed in quanto non dovute - sia tenuto a restituire all'Amministrazione le somme a quel titolo riscosse. Il ricorso si compendia essenzialmente in due motivi: il primo, attinente ad un preteso diritto del sanitario alla indennita' integrativa speciale cui avrebbe titolo, ancorche' pensionato, in quanto prestatore di opera professionale ("locatio operix " ex art. 2222 del c.c.) e non di lavoro subordinato (locatio operarum); il secondo, proposto in via gradata, afferente alla dedotta irripetibilita', da parte dell'amministrazione, di quanto riscosso dall'interessato a titolo di indennita' integrativa speciale, trattandosi di somme comunque percepite in "buona fede". La disamina di tali motivi postula, previamente, un breve excursus riepilogativo delle disposizioni che disciplinano la materia. La indennita' integrativa speciale fu istituita con legge 27 maggio 1959, n. 324, in favore dei dipendenti dello Stato, quale mezzo di adeguamento dello stipendio alle variazioni dell'indice percentuale del costo della vita; contestualmente, fu estesa al personale in quiescenza, con la limitazione, tuttavia, che, per i titolari di piu' pensioni o assegni, fosse corrisposta ad un solo titolo, con opzione per la misura piu' favorevole. Ne fu, altresi', determinata la sospensione nei confronti dei titolari di pensioni o assegni che prestassero opera retribuita indipendenza della quale percepissero la stessa indennita'. Tali norme, poi, sono state estese al personale in quiescenza assistito dalle casse pensioni facenti capo al Ministero del tesoro (direzione generale degli istituti di previdenza) con gli artt. 5 della legge 22 novembre 1962, n. 1646, ed 8 della legge 26 luglio 1965, n. 965. Con il d.P.R. 28 dicembre 1980, n. 1081 (art. 4, insostituzione dell'art. 2 della prefata legge n. 324/59) fu stabilito che, con decorrenza dal 1 settembre 1971, la erogazione della indennita' in questione fosse sospesa nei confronti di titolari di pensioni o assegni che prestassero opera retribuita, sotto qualsiasi forma, presso lo Stato, le amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici in genere, ancorche' svolgessero attivita' lucrativa. La norma e' stata, poi, quasi testualmente riprodotta nell'art. 99, quinto comma, del t.u. sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092. Con legge 21 dicembre 1978, n. 843, fu introdotta, in materia, ulteriore limitazione, nel senso che (art. 17) la indennita' integrativa speciale e' stata ritenuta non cumulabile con la retribuzione percepita in costanza di lavoro alle dipendenze di terzi, fatto salvo, comunque, l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il fondo lavoratori. Infine, con d.-l. 30 gennaio 1979, n. 663 (art. 15), il divieto di cumulo, di cui al prefato art. 17, e' stato ritenuto non applicabile nei confronti dei pensionati con rapporto di lavoro alle dipendenze di terzi alla data del 31 dicembre 1978, limitatamente, pero', agli incrementi della indennita' stessa, accertati alla data del 1 gennaio 1979. Ed e' relativamente recente il provvedimento legislativo (d.-l. 9 gennaio 1983, n. 17) che, sia pure in particolare ipotesi, riduce l'importo della indennita' stessa, da corrispondersi in aggiunta alla pensione, ad l/40 per ogni anno di servizio utile dell'importo dell'indennita' stessa spettante del personale in quiescenza con la massima anzianita' di servizio. Tanto premesso, osserva il Collegio che la normativa in parola, nella sua evoluzione, ha assunto contorni sempre piu' definiti e rigorosi, nel senso che il margine di percezione della indennita' integrativa speciale si e' andato progressivamente restringendo. In un primo tempo, infatti (legge n. 324/59), era di impedimento al pensionato, a fruire di tale indennita', la circostanza di percepirne altra di contenuto sostanzialmente analogo (quale che ne fosse il nomen iuris); in un secondo tempo, motivo di divieto e' stato il fatto stesso di prestare opera retribuita presso lo Stato, le amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici (d.P.R. n. 1081/1970, t.u. n. 1092/1973); infine (legge n. 843/1978) anche la prestazione di attivita' lavorativa alle dipendenze di terzi ha costituito motivo di preclusione: ne' e' da dire che il sopravvenuto d.-l. n. 663/1979 abbia attenuato il rigore delle preesistenti disposizioni, dappoiche' la deroga da esso introdotta al cennato divieto ha carattere del tutto eccezionale, stante la particolare categoria dei soggetti cui si rivolge ed i limati effetti che prevede. Ne' a diversa conclusione puo' indurre il criterio rigorosamente limitativo, introdotto dal citato d.-l. n. 17/1983. Da tali premesse, appare evidente che l'art. 99 del ripetuto t.u. n. 1092/1973 - che e' la norma in applicazione della quale e' stato emesso il provvedimento impugnato - va letto tenendo debitamente conto che, dal complesso delle disposizioni che disciplinano la materia, emerge chiaramente la volonta' del legislatore (quale che ne siano state le finalita' in concreto perseguite) di limitare la corresponsione della indennita' integrativa speciale al personale in attivita' di servizio, e solo a quei pensionati che, dopo il collocamento a riposo, non avessero assunto altro lavoro o impiego. In tale contesto, sembra al collegio (analizzando la norma in parola) che, per "opera retribuita", debba inttendersi qualsiasi attivita' lavorativa remunerativa, anche di carattere temporaneo ed occasionale: del che' e' conferma nella locuzione immediatamente seguente e risolutiva "sotto qualsiasi forma" che, per la ampiezza del suo contenuto, comprende inequivocabilmente qualsiasi prestazione di qualsivoglia natura. E quanto alla espressione "presso lo Stato...", non ignora la sezione che, nel corrente linguaggio burocratico, il "presso" stia, generalmente a significare "alle dipendenze", ma ritiene che, nel contesto della disposizione in esame (e nella linea interpretativa fin qui seguita), l'avverbio in parola non implichi necessariamente la sussistenza di un rapporto di dipendenza con vincolo di subordinazione, ma, piuttosto, qualsiasi relazione che, comunque ed a qualsiasi titolo, intercorra tra gli enti anzidetti ed il lavoratore o prestatore d'opera. Da qui, la irrilevanza di accertare se il rapporto tra il sanitario e l'ente sia stato di vera e propria dipendenza (lavoro subordinato) ovvero il c. d. rapporto "convenzionale" od altro ancora (artt. 47 e 48 legge 23 dicembre 1978, n. 833), poiche', in ogni caso, il rigore e l'estensione del divieto non consentano eccezioni di sorta. Il ricorrente, pertanto, non ha diritto alla indennita' integrativa speciale per il tempo in cui ha prestato la propria attivita' lavorativa presso le u.s.l. e, conseguentemente, il ricorso, per tale parte, dovrebbe essere disatteso. Non puo', tuttavia, la sezione esimersi dal manifestare i propri dubbi circa la legittimita' costituzionale della norma in esame (art. 99 del t.u. cit.). E', infatti, seriamente da dubitare che la indennita' integrativa speciale, attesa la sua peculiare natura e le finalita' con essa perseguite, possa essere legittimamente denegata o anche semplicemente sospesa (sia pure nelle circostanze e con le limitazioni accennate). Va considerato, infatti, che tale indennita' non rappresenta solo un mezzo di adeguamento dello stipendio (o della pensione) alle variazioni del costo della vita, ma costituisce, di per se', la fascia retributiva minima e sufficiente per far fronte alle esigenze essenziali della vita: tanto e' vero che essa e' corrisposta a tutti i dipendenti, senza eccezioni di sorta, ed e' a tutti erogata in misura identica, quali che siano la carriera di appartenenza o la qualifica rivestita. Puo' dirsi, in un certo senso, che essa rappresenta la parte "iniziale" della retribuzione connessa ai bisogni primari ed indispensabili del dipendente e della propria famiglia e realizza, sia pure a livello minimo, il principio costituzionale (di garanzia per il lavoratore) di cui all'art. 36 della Costituzione. Tale sua essenza trova conferma nel fatto che l'importo di essa e', sovente, addirittura superiore a quello della retribuzione-base (circostanza, questa, che in materia di pensioni ricorre con non insolita frequenza, data la modesta entita', in genere, dei trattamenti di quiescenza). Trattasi, dunque, di una indennita' la cui erogazione ha carattere necessario ed imprescindibile, di guisa che non puo' essere assoggettata ad esclusione o sospensione alcuna. Suscita, poi, perplessita' il rigorismo della disposizione in parola, considerato anche che il divieto da essa posto incide, in modo particolarmente pregiudizievole, sui pensionati e, cioe', sulla categoria piu' debole del pubblico impiego, dissuadendoli, forzosamente, dalla eventuale prestazione di ulteriore attivita' lavorativa proprio nel momento in cui, per il sopravvenuto collocamento a riposo, avvertano un maggiore disagio economico; mentre analogo divieto (ed e' qui evidente la "disparita' di trattamento") non opera nei confronti del personale in attivita' di servizio che, pur fruendo della ordinaria retribuzione stipendiale, anche se chiamato ad assumere incarichi o ad assolvere compiti altrimenti retribuiti, conserva parimenti la indennita' in questione. Tale disparita' (ed e' qui piu' rimarchevole la violazione del principio costituzionale di eguaglianza) si ravvisa anche nell'ambito della stessa categoria del personale in quiescenza, dappoiche' il pensionato (nella specie, degli istituti di previdenza) il quale presti una qualsiasi opera retribuita presso lo Stato od enti pubblici, anche in via occasionale e temporanea, incorre, a norma delle prefate disposizioni, nella sospensione della indennita' integrativa, mentre altro pensionato, il quale presti attivita' lavorativa a "favore di terzi", incorre nella medesima sospensione solo se in "rapporto di dipendenza" ovvero di subordinazione con questi (art. 17, legge n. 843 cit.): il che induce ovviamente a ritenere che tale esclusione non opera (diversamente dal caso sopraccennato), ove la prestazione ai terzi si risolva nella assunzione di attivita', anche pretratta nel tempo e remunerativa, alla sola condizione che non integri gli estremi del rapporto di lavoro strictu sensu. Le rilevate discrasie, inducono il Collegio a sottoporre alla verifica di costituzionalita' la menzionata norma (art. 99 del t.u. cit.) nella parte in cui determina la sospensione della indennita' integrativa speciale nelle condizioni e circostanze indicate nell'articolo medesimo; mentre, con separata ordinanza sara' provveduto in ordine alla domanda incidentale di sospensione della esecuzione dell'atto impugnato.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge 9 febbraio 1948, n. 23, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ordina che, sospeso il giudizio in corso, gli atti siano rimessi alla Corte costituzionale affinche', in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione, sia risolta la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 99, quinto comma, del t.u. sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui dispone la sospensione dellla indennita' integrativa speciale nei confronti dei pensionati che prestino opera retribuita, sotto qualsiasi forma, presso lo Stato, le amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici, anche se svolgono attivita' lucrativa; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al procuratore generale di questa Corte ed il Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati. Cosi' pronunciato in Roma, nella camera di consiglio del 9 febbraio 1988. Il presidente: (firma illeggibile) 89C0236