N. 161 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 dicembre 1988

                                 N. 161
 Ordinanza  emessa  il  2  dicembre  1988 dal tribunale amministrativo
 regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia  sui  ricorsi
 riuniti  proposti  da  La  Terra Vito contro il Ministero di grazia e
 giustizia Pensioni - Impiegati civili dello Stato  -  Collocamento  a
 riposo  al  raggiungimento  del  sessantacinquesimo  anno  di  eta' -
 Mancata previsione del diritto al trattanimento  in  servizio,  oltre
 detto  limite,  dell'impiegato  che  non  abbia  ancora  maturato  la
 anzianita' minima per il trattamento di quiescenza  -  Ingiustificata
 disparita'  di  trattamento  tra  le  varie  categorie  di  impiegati
 statali, solo alcune  delle  quali,  in  virtu'  di  norme  speciali,
 possono  superare  il  limite  predetto  ai  fini  del raggiungimento
 dell'anzianita' minima per il diritto  a  pensione  -  Ingiustificato
 deteriore  trattamento degli impiegati statali rispetto ai lavoratori
 privati - Violazione  del  diritto  a  mezzi  adeguati  alle  proprie
 esigenze di vita in caso di vecchiaia.
 (D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 4, primo e terzo comma).
 (Cost., artt. 3 e 38).
(GU n.14 del 5-4-1989 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi n. 1023/1987 e n.
 276/1988 proposti da La Terra Vito, rappresentato e difeso  dall'avv.
 Carlo  Arranga,  ed  elettivamente  domiciliato  presso  lo stesso in
 Brescia, via Veronica Gambara, 4/A, contro il Ministero di  grazia  e
 giustizia,  in  persona  del  Ministro  pro-tempore,  costituitosi in
 giudizio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  distrettuale  dello
 Stato  ed  elettivamente domiciliato presso la stessa in Brescia, via
 Solferino, 20/C, per l'annullamento, previa sospensione:
      del  provvedimento,  in data 6 agosto 1987, del presidente della
 Corte d'appello di Brescia, con il quale e' stata respinta  l'istanza
 del  ricorrente, in data 18 giugno 1987, di trattenimento in servizio
 oltre il 65› anno di eta', ai  fini  del  raggiungimento  del  limite
 minimo d'anni di servizio per conseguire la pensione normale (ricorso
 n. 1023/1987);
      del  decreto  del  Ministero  di  grazia  e giustizia, in data 8
 gennaio 1988, con il quale il ricorrente e' stato collocato a riposo,
 al compimento del 65› anno, per limiti di eta', con decorrenza dal 1›
 aprile 1988 (ricorso n. 276/1988);
 e per il conseguente accertamento del proprio diritto al mantenimento
 in servizio, dopo il compimento del 65› anno di  eta',  limitatamente
 al  periodo  strettamente  necessario  a  maturare i quindici anni di
 servizio utili a pensione;
    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Visti   gli   atti  di  costituzione  in  giudizio  del  Ministero
 resistente;
    Viste  le  memorie  prodotte  dalle parti a sostegno delle proprie
 difese;
    Viste  le  proprie  ordinanze  n.  455  del  4  dicembre  1987  e,
 rispettivamente, n. 125 del 18  marzo  1988,  di  accoglimento  delle
 istanze incidentali di sospensione dei provvedimenti impugnati;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Designato  relatore,  per la pubblica udienza del 2 dicembre 1988,
 il dott. Renato Righi;
    Uditi  l'avv.  Carlo  Arranga per il ricorrente e l'avv. Gianni De
 Bellis dell'Avvocatura distrettuale  dello  Stato  per  il  Ministero
 resistente;
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    1.  -  Con  ricorso  notificato  l'11 novembre 1987, depositato il
 successivo 24 novembre 1987 e rubricato al  n.  1023,  il  sig.  Vito
 Laterra  ha impugnato - chiedendone incidentalmente la sospensione il
 provvedimento, in data 6 agosto  1987,  del  Presidente  della  Corte
 d'appello  di  Brescia,  con il quale e' stata respinta l'istanza del
 ricorrente, in data 18 giugno 1987, di trattenimento in servizio  per
 un  mese  e  sette  giorni,  oltre  il  65› anno di eta', ai fini del
 raggiungimennto del limite minimo di anni di servizio per  conseguire
 la pensione normale.
    Il  ricorrente  chiede  che, previo annullamento del provvedimento
 impugnato, venga accertato il  proprio  diritto  al  mantenimento  in
 servizio,  anche  dopo  il  compimento  del 65› anno di eta', sino al
 raggiungimento dei quindici anni di servizio effettivo, utili per  il
 trattamento di quiescenza.
    Viene  dedotta, in via principale, falsa applicazione dell'art. 4,
 primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in quanto da  tale
 norma   non   emergerebbe   un   divieto  esplicito  e  assoluto,  al
 mantenimento in servizio dei dipendenti statali che abbiano raggiunto
 il  limite massimo dell'eta' lavorativa, senza aver, contestualmente,
 maturato il limite minimo degli anni di servizio utili per il diritto
 alla pensione.
    In  via  subordinata,  il  ricorrente  eccepisce  l'illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  4,  terzo  comma,  del  citato  d.P.R.  29
 dicembre  1973,  n.  1092,  in  relazione  agli  artt.  3  e 38 della
 Costituzione, qualora da tale  disposizione  si  ricavasse  la  norma
 ostativa all'accoglimento della propria domanda.
    Si  e'  costituito,  con  atto  depositato  il  26  novembre 1987,
 l'intimato  Ministero  di  grazia  e  giustizia,  con  il  patrocinio
 dell'avvocatura  distrettuale dello Stato, il quale chiede il rigetto
 del gravame del quale contesta la fondatezza.
    Nella  camera  di  consiglio del 4 dicembre 1987, con ordinanza n.
 455/1987, veniva accolta la contestuale istanza  di  sospensione  del
 provvedimento   impugnato,  limitatamente  al  periodo  necessario  e
 sufficiente a maturare l'anzianita' minima prevista dalla  legge  per
 conseguire il diritto a pensione.
    2.   -  Con  successivo  ricorso,  notificato  il  7  marzo  1988,
 depositato l'8 marzo 1988 e rubricato al n. 276, il sig.  Laterra  ha
 poi  impugnato  -  chiedendone  incidentalmente  la  sospensione - il
 decreto in data 8 gennaio 1988 del Ministero di grazia  e  giustizia,
 con  il  quale  il  ricorrente  medesimo  e'  stato,  nel  frattempo,
 collocato a riposo con decorrenza dal 1› aprile 1988,  al  compimento
 del 65› anno, per raggiunti limiti di eta'.
    Il   ricorrente   ripropone   nei   confronti   del   sopravvenuto
 provvedimento ministeriale le  identiche  censure  formulate  con  il
 precedente ricorso, richiedendo l'accertamento del proprio diritto al
 mantenimento in servizio, anche dopo il 65› anno  di  eta',  sino  al
 raggiungimento  del  periodo minimo di servizio utile a pensione, sia
 direttamente che, in via subordinata, per il tramite del  giudizo  di
 costituzionalita'  sull'art.  4,  terzo comma, del d.P.R. 29 dicembre
 1973, n. 1092.
    Si e' costituito, con atto depositato il 15 marzo 1988, l'intimato
 Ministero di grazia e giustizia, con  il  patrocinio  dell'avvocatura
 distrettuale  dello  Stato,  il  quale  chiede il rigetto del gravame
 siccome infondato.
    Nella  camera  di  consiglio  del  18 marzo 1988, con ordinanza n.
 125/1988, venivano accolte sia la domanda incidentale di  sospensione
 del  provvedimento  impugnato  con  il  ricorso  n.  276/1988, sia la
 contestuale istanza per l'esecuzione dell'ordinanza  n.  455/1987  di
 sospensione  del provvedimento impugnato con il precedente ricorso n.
 1023/1987,  limitatamente  al  periodo  necessario  e  sufficiente  a
 maturare  l'anzianita' minima prevista dalla legge per l'acquisizione
 del diritto a pensione.
    Con  successive  memorie  e  produzioni,  le  parti  confortano le
 rispettive  tesi,  approfondendo  e  illustrando  le   gia'   offerte
 argomentazioni sulla questione sottoposta al Collegio.
    All'udienza  del  2  dicembre  1988, i ricorsi chiamati e trattati
 congiuntamente, sono stati trattenuti per la decisione.
                             D I R I T T O
    Come   esposto   in   punto   di   fatto,   il  ricorrente  chiede
 l'accertamento del  proprio  diritto  al  mantenimento  in  servizio,
 aanche   dopo   il   compimento   del  65›  anno  di  eta',  sino  al
 raggiungimento di quindici anni di servizio effettivo, utili  per  il
 trattamento  di  quiescenza, previo annullamento con il primo ricorso
 (n.  1023/1987)  del  provvedimento,  in  data  6  agosto  1987   del
 presidente  della  Corte d'appello di Brescia, di reiezione della sua
 istanza di trattenimento in servizio, oltre il 65› anno di  eta',  al
 fine  di  maturare  l'anzianita'  minima  richiesta  per il diritto a
 pensione; con il secondo  ricorso  (n.  276/1988),  del  decreto  del
 Ministero di grazia e giustizia, in data 8 gennaio 1988, con il quale
 il ricorrente medesimo e' stato, nel frattempo, collocato  a  riposo,
 con  decorrenza  del  1› aprile 1988, per raggiunti limiti d'eta', al
 compimento del 65› anno.
    Come  si  rende  ben  conto anche il ricorrente medesimo - tant'e'
 vero  che  ha  sollevato,  se  pure  in   subordine,   questione   di
 legittimita'  costituzionale  -  al richiesto accertamento giudiziale
 del suo diritto al mantenimento in servizio si frappone, impedendolo,
 il  disposto  dell'art.  4  del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092; per
 cui, allo stato della legislazione sui  limiti  dell'eta'  lavorativa
 dei dipendenti statali, il ricorso andrebbe respinto.
    Invero, tra le deroghe (previste al comma terzo del citato art. 4,
 d.P.R.  n.  1092/1973)  all'obbligo  del  collocamento  a  riposo  al
 compimento  del  sessantacinquesimo  anno di eta' (stabilito al comma
 primo del succitato art. 4), non e' testualmente compreso il caso del
 dipendente  statale,  che, pur avendo raggiunto il limite d'eta', non
 abbia  ancora  maturato  i  quindici  anni  di  servizio   effettivo,
 richiesti dall'art. 42 del medesimo d.P.R. n. 1092/1973, per ottenere
 il trattamento minimo di pensione.
    Ne'  puo'  ritenersi  che tale deroga sia contenuta implicitamente
 nel sistema previdenziale del personale statale o possa ricavarsi, in
 via  di  interpretazione estensiva, dal predetto art. 4, terzo comma,
 d.P.R. n. 1092/1973.
    Una  conferma indiretta dell'inesistenza di un diritto, sancito in
 via generale, del dipendente statale ultrasessantacinquenne ad essere
 trattenuto  in  attivita' sino a quando non abbia raggiunto il numero
 minimo di anni di servizio utile a pensione, puo' ricavarsi da alcuni
 indici testuali.
    Il  primo  di  essi  e'  dato  dall'art.  42,  ultimo  comma,  del
 menzionato d.P.R. n. 1092/1973, ove e' espressamente stabilito che al
 dipendente  civile  dello Stato collocato a riposo per raggiungimento
 del limite di eta', senza aver compiuto  quindici  anni  di  servizio
 effettivo,  non  spetta  la pensione bensi' un'indennita' una tantum.
 Cio' significa che il legislatore ha specificamente previsto il  caso
 di  specie e lo ha risolto in maniera diversa da quella auspicata dal
 ricorrente.
    Un  altro  riferimento  normativo che depone contro l'esistenza di
 una deroga generalizzata - per fini previdenziali - al limite massimo
 dell'eta'  lavorativa, e' costituito dall'art. 15, terzo comma, della
 legge 30 luglio 1973, n. 477, che consente al personale statale della
 scuola di essere trattenuto in servizio qualora al compimento del 65›
 anno di eta', non abbia raggiunto il numero  di  anni  richiesto  per
 ottenere  il  minimo  della pensione, purche' fosse in servizio al 1›
 ottobre 1974.
    Ora,  e'  di tutta evidenza che una norma transitoria siffatta non
 avrebbe ragione di essere se per tutto  il  personale  statale  fosse
 gia' previsto, in via generale, un tale diritto.
    Cosi'  delineato il quadro normativo sul punto all'esame, ritiene,
 tuttavia, il collegio che il dubbio sulla legittimita' costituzionale
 dell'art.   4   del  predetto  d.P.R.  n.  1092/1973,  sollevato  dal
 ricorrente, sia condivisibile.
    In  effetti,  il  combinato  disposto  del  primo  e  terzo  comma
 dell'art. 4 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in  cui
 non prevede, in via generale, il diritto al trattenimento in servizio
 del personale statale ultrasessantacinquenne  che  non  abbia  ancora
 maturato l'anzianita' di servizio minima per la quiescenza, appare in
 contrasto sia con l'art. 3 che con l'art. 38 della Costituzione.
    La discrasia con l'art. 3 della Costituzione viene individuata dal
 ricorrente  nell'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  che  si
 verifica  tra  le  varie categorie di dipendenti statali, alcune sole
 delle quali, in virtu' di  norme  particolari,  possono  superare  il
 limite  dei  65  anni  di  eta'  cosi'  da  raggiungere,  qualora non
 l'avessero gia'  maturati,  i  quindici  anni  di  servizio  utili  a
 pensione.
    Un  ulteriore profilo di contrasto con l'art. 3 della Costituzione
 -  rinvenibile  d'ufficio  dalla  sezione  -  nell'indicato   obbligo
 generalizzato  ex  art.  4  del d.P.R. n. 1092/1973 di collocamento a
 riposo d'ufficio  per  limiti  di  eta',  salvo  deroghe  di  diritto
 singolare,  anche  in  mancanza  della maturazione dell'anzianita' di
 servizio minima utile a pensione, e'  rappresentato  dall'irrazionale
 disparita'  di  trattamento  che  detto  obbligo  produce rispetto al
 rapporto di lavoro privato, ove, invece, vige  il  diverso  principio
 della  salvaguardia  della posizione previdenziale anche in deroga al
 limite dell'eta' lavorativa (v. art. 6 del d.-l. 22 dicembre 1981, n.
 791  convertito,  con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n.
 54).
    Questa  diversita'  di  disciplina  del lavoro dipendente pubblico
 rispetto a quello  privato  non  appare  al  collegio  frutto  di  un
 ragionevole   uso   della   discrezionalita'   legislativa,   poiche'
 l'esigenza di raggiungere un numero di anni di lavoro sufficiente per
 ottenere  il  minimo della pensione va ricondotto ad un interesse del
 lavoratore, in quanto tale, essendo indifferente il settore, pubblico
 o  privato,  in cui esso risulti inserito (v. Corte costituzionale, 3
 marzo 1988, n. 238).
    Quanto,   poi,   all'eccepito   contrasto   con  l'art.  38  della
 Costituzione, il collegio condivide l'assunto del ricorrente, secondo
 cui  l'art.  4  del d.P.R. n. 1092/1973 in questione, nel disporre il
 collocamento a riposo dell'impiegato in ogni caso al  compimento  del
 sessantacinquesimo  anno di eta', indipendentemente dal conseguimento
 dell'anzianita' di servizio minima per il diritto al  trattamento  di
 quiescenza,  trascura  irrimediabilmente  il  diritto del lavoratore,
 dalla citata norma costituzionale tutelato, a che siano preveduti  ed
 assicurati  mezzi  adeguati  alle  sue  esigenze  di  vita in caso di
 vecchiaia.
    Ritiene,  dunque,  il  Collegio  che  la  sollevata  questione  di
 legittimita' costituzionale in parte qua, dell'art. 4, primo e  terzo
 comma,  del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in relazione agli artt.
 3 e 38 della Costituzione, non sia manifestamente infondata.
    Circa,  infine,  la  rilevanza  di  detta  questione  ai  fini del
 presente giudizio, osserva ancora  il  Collegio,  che  la  sorte  del
 ricorso   e'  indissolubilmente  legata  all'esito  del  giudizio  di
 costituzionalita' del citato art. 4  del  d.P.R.  n.  1092/1973,  dal
 momento  che,  come gia' accennato nella parte introduttiva di queste
 considerazioni in diritto, la  domanda  del  ricorrente  puo'  essere
 accolta  solo  in  quanto  risulti  fondata la sollevata questione di
 legittimita' costituzionale.
                                P. Q. M.
    Riuniti i ricorsi di cui in epigrafe;
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritenuta  la  rilevanza  e  la  non  manifesta  infondatezza della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, primo  e  terzo
 comma,  del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in relazione agli artt.
 3 e 38 della Costituzione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Sospende il giudizio sui ricorsi predetti;
    Ordina  che  a  cura  della  segreteria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e
 della Camera dei deputati.
    Cosi' deciso, in Brescia, nella camera di consiglio del 2 dicembre
 1988.
                           (Seguono le firme)

 89C0316