N. 156 ORDINANZA 8 - 21 marzo 1989
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Ordinamento giudiziario - Componenti degli organi giudiziari collegiali - Violazione della segretezza della camera di consiglio - Responsabilita' civile - Trattamento differenziato tra relatore e gli altri membri del collegio - Richiamo alla sentenza n. 18/1989 - Ragionevolezza - Manifesta infondatezza. Legge 13 aprile 1988, n. 117, artt. 1, secondo comma, e 16, secondo, quinto e sesto comma). Cost., artt. 3, 24, 101 e 104)(GU n.13 del 29-3-1989 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, secondo comma, e 16, commi secondo, quinto e sesto, della legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilita' civile dei magistrati), promosso con ordinanza emessa il 2 settembre 1988 dalla Corte d'Appello di Trento nel procedimento vertente tra Menestrelli Mario e Mantovanelli Angiolina ved. Merlini, iscritta al n. 622 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1988; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 1989 il Giudice relatore Gabriele Pescatore; Ritenuto che la Corte d'Appello di Trento, con ordinanza 2 settembre 1988 (R.O. n. 622 del 1988), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma secondo, e 16, commi secondo, quinto e sesto, della legge 13 aprile 1988, n. 117; che secondo il giudice a quo le disposizioni contenute nelle norme impugnate contrasterebbero con agli artt. 101 e 104 della Costituzione, ledendo il principio della segretezza delle deliberazioni degli organi collegiali; che esse contrasterebbero, inoltre, con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, poiche' la responsabilita' civile dei componenti degli organi giudiziari collegiali non sarebbe giuridicamente configurabile, presupponendo una differenziazione di trattamento tra relatore ed altri membri del collegio, nonche' la possibilita' di provare come sia stata svolta la relazione, le quali non sarebbero concretamente realizzabili; che dinanzi a questa Corte si e' costituita l'Avvocatura generale dello Stato, che e' intervenuta per il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo in via principale che la questione sia dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza o, in via subordinata, che sia dichiarata non fondata; Considerato che l'ecccezione d'inammissibilita' per difetto di rilevanza e' priva di fondamento, poiche' la questione concerne l'art. 16 della l. n. 117 del 1988, del quale il giudice a quo e' chiamato a fare diretta applicazione, nonche' l'art. 1, secondo comma, della stessa legge che, essendo norma regolatrice della responsabilita' del giudice, incide sul suo status e attiene alla "protezione" dell'esercizio della funzione, nella quale i doveri si accompagnano ai diritti (cfr. la sentenza n. 18 del 1989); che questa Corte, con la citata sentenza n. 18 del 1989, ha gia' affermato che il principio della segretezza della camera di consiglio non ha valore costituzionale e la previsione di una pari responsabilita' per tutti i membri del collegio obbedisce al criterio di razionalita', perche' correlata alla parita' di doveri di ciascuno di essi, sulla quale non incidono i compiti specifici del relatore; che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata in riferimento agli artt. 3, 101 e 104 della Costituzione; che, dovendosi garantire a ciascuno dei membri del collegio l'accesso agli atti di causa, con parita' di diritti, doveri e poteri rispetto al relatore, con conseguente parita' di responsabilita', la questione appare manifestamente infondata anche in relazione all'art. 24 della Costituzione; Visti gli artt. 26, secondo comma, della l. 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma secondo e 16, commi secondo, quinto e sesto della legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilita' civile dei magistrati), in riferimento agli artt. 3, 24, 101 e 104 della Costituzione, sollevata dalla Corte d'appello di Trento con l'ordinanza di cui in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 marzo 1989. Il Presidente: SAJA Il redattore: PESCATORE Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 21 marzo 1989. Il direttore della cancelleria: MINELLI 89C0341