N. 23 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 aprile 1989

                                 N. 23
           Ricorso depositato in cancelleria l'11 aprile 1989
                     (dalla regione Emilia-Romagna)
 Finanza pubblica - Controllo CIPE sulle spese a carattere pluriennale
 previste da leggi per le quali le regioni possono stipulare contratti
 o assumere impegni nel limite massimo del 50% delle somme autorizzate
 - Illegittima compressione dell'autonomia finanziaria  delle  regioni
 sottoposte ad un doppio limite - Lesione dei principi contenuti nelle
 leggi regolatrici del bilancio e della contabilita' pubblica -  Abuso
 di  uno strumento immediatamente operativo (decreto-legge) in assenza
 dei presupposti costituzionali che lo giustifichino  e  censurato  in
 quanto  "mezzo  e  forma  specifica" della denunciata invasione della
 competenza regionale (richiamo alle sentenze nn. 182/1982, 307/1983 e
 243/1985).
 (D.-L. 2 marzo 1989, n. 65, artt. 5 e 6).
 (Cost., artt. 77, 81, 117, 118 e 119).
(GU n.16 del 19-4-1989 )
   Ricorso  per  la  regione Emilia-Romagna, in persona del presidente
 pro-tempore della giunta regionale Luciano Guerzoni, rappresentata  e
 difesa  per  procura  a  margine  del presente atto dall'avv. Alberto
 Predieri e presso il suo studio elettivamente  domiciliata  in  Roma,
 via  Nazionale,  230,  giusta deliberazione g.r. n. 962, del 28 marzo
 1989,  contro  il  Presidente  del  Consiglio   dei   Ministri,   per
 l'annullamento degli artt. 5 e 6 del d.-l. 2 marzo 1989, n. 65.
    1.  -  La  norma dell'art. 5 del d.-l. n. 65/1989 "Disposizioni in
 materia di finanza pubblica", toglie autonomia di spesa alla  regione
 imponendo  un vaglio del CIPE. Questi caso per caso, volta per volta,
 deve decidere discrezionalmente se consentire  o  non  consentire  la
 spesa  prevista  da  leggi  per  cui  le  regioni  per  legge possono
 stipulare contratti o assumere impegni comunque nel  limite  del  50%
 delle  somme autorizzate, nel quale limite, per giunta, sono compresi
 gli impegni formalmente assunti negli esercizi precedenti,  in  forza
 di  disposizioni legislative o regolamentari, a carico dell'esercizio
 stesso.
    Il  congegno  del doppio limite affidato alla discrezionalita' del
 CIPE non limitata dalla prefissione  di  criteri  posti  dalla  legge
 viola  l'art.  119  della Costituzione e i principi piu volte fissati
 dalla Corte. Nel punto 5 della sentenza n.  182/1982,  relativa  alla
 legge  finanziaria  del  1982, nel punto 2 della sentenza n. 307/1983
 relativa alla legge finanziaria del 1983, n. 243/1985  relativa  alla
 tesoreria  unica, sempre e' stato sancito che viola il precetto posto
 dall'art.  119  della  Costituzione   una   norma   che   attribuisce
 all'esecutivo   la   potesta'   di  esercitare  pretese  funzioni  di
 coordinamento dal momento che il coordinamento dalla costituzione  e'
 affidato  alla legge dall'art. 119 nel quadro del sistema degli artt.
 117, 118 e 119, e mutare quanto e' determinato dalla  legge,  per  di
 piu'  senza  che vi sia nemmeno una prefissione per legge di criteri,
 viola il sistema predisposto dalle norme citate.
    2.  -  Non  e'  ispirato  ad  una  diversa  ratio  di compressione
 dell'autonomia regionale la norma dell'art. 6  del  medesimo  decreto
 che  introduce una limitazione che urta contro le regole del bilancio
 cosi' come sono poste dall'art. 81 nonche' dalle leggi  che  regolano
 la  contabilita'  pubblica,  che  dovrebbero  costituire un quadro di
 norme   interposte   per   assicurare   l'attuazione   delle    norme
 costituzionali, e che sono state recentemente adeguate dalla legge n.
 362/1988.  Lo  scardinamento  di  leggi  di  questo   tipo   con   un
 decreto-legge  senza  che  ne ricorrano gli essenziali presupposti di
 urgenza e' una ulteriore violazione della competenza garantita  dalla
 Costituzione alle regioni.
    L'illegittima   normazione,  infatti,  e'  stata  assunta  con  un
 decreto-legge  privo  dei  presupposti  costituzionali,  secondo  una
 deplorevole    tendenza    a   continuare   nell'uso   perverso   del
 decreto-legge, privo tanto del rispetto della  Costituzione  e  della
 legalita' quanto di efficacia e di efficienza. E' piu, che dubbio che
 nelle materie di competenza regionale, in cui al legislatore  statale
 e'  riservato  il  livello,  o  la  submateria,  dei principi, che si
 impongono come limite alla legislazione regionale,  possano  emanarsi
 decreti-legge  immediatamente  operativi.  Sotto  questo  profilo, la
 violazione dell'art. 77 della Costituzione, che  si  somma  a  quella
 degli  artt.  117,  118  e 119, e che si inserisce in una lesione del
 rapporto fra fonti statali e fonti regionali regolato dagli  articoli
 or  ora  ricordati, costituisce il mezzo e la forma specifica con cui
 si  effettua  ed  evidenzia  quella  violazione  costituzionale   che
 comporta  l'invasione  della sfera della regione e la sottrazione del
 suo  potere.  In  questo  senso,  la  statuizione  del  decreto-legge
 denunciato e' contemporaneamente illegittima nella sua struttura, nel
 suo procedimento, nel  suo  contenuto,  nei  suoi  effetti  invasivi,
 immediatamente  operanti,  ed  operanti  con immediatezza fuori delle
 norme costituzionali  e  in  virtu'  di  un  titolo  illegittimamente
 utilizzato per effettuare la violazione delle competenze regionali.
    Quest'ultima  si  verifica  con effetti immediati, proprio perche'
 illegittimamente viene usato uno strumento  immediatamente  operativo
 con  sconvolgimento  delle  competenze,  degli  atti  formati  con il
 silenzio e addirittura con attivita' che ha portato ad atti  scritti.
                                P. Q. M.
    Si   conclude   chiedendo   che  la  Corte  costituzionale  voglia
 dichiarare l'illegittimita' degli artt. 5 e 6 del  d.-l.  n.  65/1989
 per violazione degli artt. 81, 117, 118 e 119 della Costituzione.
      Roma, addi' 29 marzo 1989
                           (Seguono le firme)

 89C0435