N. 217 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 febbraio 1989
N. 217 Ordinanza emessa il 2 febbraio 1989 dal tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra il comune di Arenzano e De Filippi Enrico ed altri Contenzioso tributario - Giunta provinciale amministrativa, sezione speciale tributi locali, e commissione comunale tributi locali - Composizione - Prospettata lesione del principio di indipendenza del giudice - Questione gia' decisa (ordinanza n. 332/1987) - Richiesta di riesame per errore di fatto. Contenzioso tributario - G.P.A., sezione speciale tributi locali, e commissione comunale tributi locali - Composizione - Preclusione al riesame da parte della Corte costituzionale di questione gia' decisa se riproposta dallo stesso giudice remittente - Violazione del diritto alla tutela giurisdizionale ed alla difesa consentito "in ogni stato e grado del giudizio". (R.D. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 283, secondo comma, e successive modificazioni; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 24). (Cost., artt. 24, 101 e 108).(GU n.18 del 3-5-1989 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Conclusioni per il comune di Arenzano, attore. Piaccia al tribunale ill.mo, contrariis reiectis, ritenuto tutto quanto esposto in atti, previa nuova rimessione degli atti, alla Corte costituzionale della questione di incostituzionalita' degli artt. 278, terzo comma, 283, secondo comma, t.u. f.l. per contrasto con gli artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione in quanto non preclusiva dell'ordinanza 22 ottobre-14 ottobre 1987, n. 332, della Corte costituzionale, anche perche' affetta dal vizio di cui all'art. 395, n. 4, del c.p.c. dichiarare che il comune di Arenzano ha legittimamente notificato in data 1 luglio 1975-11 dicembre 1975 gli avvisi di accertamento come precisato in premessa per l'imposta decennale sul valore delle aree fabbricabili relativa al periodo 1 gennaio 1961-31 dicembre 1970 e pertanto, ritenuta la legittimita' di tale accertamenti, dichiarare che il comune ha conseguentemente diritto a pretendere le imposte a tale titolo dovute da De Filippi Enrico, De Filippi Francesco, Boggiano Pia, De Filippi Giuseppe e per esso deceduto dai suoi eredi De Filippi Ermanno e De Filippi Francesco, con la declaratoria inoltre e per quanto di ragione dell'illegittimita' della decisione 31 gennaio 1980 della g.p.a., sezione speciale per i tributi speciali di Genova in punto e legittimita' composta e perche' in ogni caso erroneamente dichiarativa dell'intempestivita' per decadenza degli accertamenti notificati, con ogni altra conseguenziale pronuncia e provvedimento e con vittoria delle spese e degli onorari di ogni fase e grado. Conclusioni per De Filippi Enrico e altri convenuti. Piaccia al tribunale ill.mo, disattesa e respinta ogni contraria istanza ed eccezione: 1) in linea pregiudiziale, dichiarare non manifestatamente infondate le eccezioni di illegittimita' costituzionale: 1-1) dell'art. 28S del t.u.f.l. 14 settembre 1931 n. 1175, se interpretato nel senso che il termine per l'impugnazione decorre anche per il comune dalla data di notifica della decisione al contribuente, e non dalla data di comunicazione della stessa da parte della g.p.a., per violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto i profili esposti; 1-2) degli artt. 2, 4, 21, 23 e 26 della legge 5 marzo 1963, n. 246, per contrasto con gli artt. 3, 42, 47 e 53 della Costituzione nella parte in cui non prevedono la detrazione dall'incremento di valore imponibile della percentuale corrispondente alla svalutazione monetaria determinatasi nel periodo di riferimento e comunque, in cui determinano ingiustificata disparita' di trattamento fra i soggetti passivi del tributo, segnatamente in relazione al periodo di formazione dell'incremento imponibile, e pertanto sospendere il giudizio, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per l'esame delle questioni medesime, previo ogni adempimento di rito; 2) nel merito: 2-1) in linea principale dichiarare improponibile e/o improcedibile e comunque privo di fondamento il ricorso del comune di Arenzano contro la decisione della g.p.a. di Genova, sezione speciale per i tributi locali 31 gennaio 1980, n. 2749/S, da esso impugnata e pertanto confermare la decisione medesima in quanto ha ritenuto decaduto il comune stesso dal diritto di procedere agli accertamenti in contestazione; 2-2) in linea progressivamente subordinata, per la non creduta e contestata ipotesi in cui la decisione predetta non fosse condivisa dal tribunale ill.mo: a) confermare la decisione stessa nel dispositivo, sotto il diverso profilo dell'avvenuta decadenza dal comune dal diritto di procedere all'accertamento per il combinato disposto degli artt. 32 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, e 290 del citato t.u. n. 1175/1931; b) in riforma della decisione della commissione comunale per i tributi locali di Arenzano, annullare siccome illegittimi per violazione ed errata applicazione di legge e, in subordine, infondati sotto i profili esposti gli avvisi di accertamento in contestazione, riconoscendo la non assoggettabilita' dei convenuti all'imposta in questione; ovvero, in ulteriore subordine, accogliere le eccezioni dei convenuti medesimi per quanto concerne sia l'esclusione delle superfici nei confronti delle quali non ricorrono i presupposti per l'assoggettabilita' all'imposizione, sia la determinazione del valore al 5 aprile 1963 e del valore finale sulla base di criteri rispondenti a leggi ed uniformi, tenuto conto delle risultanze degli atti, e conseguentemente riconoscere l'inesistenza di incremento di valore imponibile ovvero, in estremo subordine, la loro non assoggettabilita' al tributo, in accoglimento delle eccezioni e difese dei convenuti medesimi, riconoscendo inapplicabili o, in subordine, applicabili in misura inferiore le sanzioni e l'addizionale; 3) in ogni ipotesi, dichiarare conseguentemente non dovute - in toto o in subordine, in parte - le imposte accertate e/o iscritte al ruolo e condannare il comune di Arenzano, in persona del Sindaco pro tempore, a rimborsare ai convenuti quanto avessero dovuto o dovessero pagare, oltre gli interessi di legge, e - in accoglimento della domanda riconvenzionale a tal fine proposta - a risarcire ad essi tutti i danni patiti e patiendi sia per il mancato sgravio dell'iscrizione provvisoria a ruolo a seguito della decisione della g.p.a., sia per maggiori interessi rispetto al tasso bancario corrente, nella misura del 13% annuo o in quella diversa misura meglio vista, e per rivalutazione monetaria nell'importo da determinarsi, con gli interessi sino al pagamento. Previi, occorrendo: a) accertamento della data di ricezione da parte del comune della decisione della g.p.a. ad esso trasmesso dalla stessa; b) accertamento della legittimita' della delibera istitutiva del tributo che si contesta, e della legittimazione del comune al presente giudizio; c) disposizione di ispezione dei luoghi, ed ammissione di consulenza tecnica sul capitolo di seguito dedotto; d richiesta di relazione tecnica all'ufficio tecnico erariale sulle circostanze nel capitolo stesso evidenziate o, comunque, meglio viste. Con ogni altra inerente, accessoria preliminare o conseguenziale declaratoria o pronuncia, e con vittoria delle spese ed onorari di giudizio, compresa l'i.v.a. sulle prestazioni professionali dei difensori. Capitolo di prova per consulenza tecnica: accerti il consulente tecnico elegendo, previa ispezione dei luoghi ed ogni altro accertamento meglio visto, la situazione delle aree di cui si tratta alle date di riferimento iniziale e finale e al 5 aprile 1963 in relazione: a) alla conformazione fisica e superficie; b) alle norme urbanistiche vigenti alle date di riferimento sia del valore iniziale che del valore iniziale ed al 5 aprile 1963, nell'applicazione fattane in concreto dal comune di Arenzano, tenuto anche conto della situazione esistente alle varie date suddette; c) alla perimetrazione del centro urbano ed alla esistenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria; d) alla superficie delle aree coperte da costruzioni, o costituenti distanze di rispetto dalle stesse, nonche' delle aree attraversate da linee aeree ad alta tensione, ovvero soggette a servitu' di elettrodotto o ad esproprio, delle aree vendute e di quelle donate al comune o da esso occupate, ed al valore attribuibile alle aree sia interne che esterne all'abitato, anche in considerazione dell'esistenza di servitu' o di attuandi esproprii, ogni opportuno criterio o raffronto considerato; f) in particolare per le aree esterne al perimetro urbano, il valore risultante dalla applicazione alla rendita catastale dei coefficienti di cui all'art. 1 della legge n. 246/1963". SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con avviso 13 giugno 1975, notificato il successivo 1 luglio, veniva notificato ai fratelli De Filippi Enrico e Francesco, comproprietari per meta' ciascuno di terreni in Arenzano, avviso di accertamento ai fini dell' imposta decennale sugli incrementi delle aree fabbricabili prevista dalla legge 5 marzo 1962, n. 246 per il periodo 1 gennaio 1961-31 dicembre 1970 per un imponibile pari a L. 181.222.500 cui corrispondeva una imposta di L. 24.646.260 oltre alla sopratassa, penalita' ed accessori. Con successivo avviso 2 dicembre 1975, notificato l'11 successivo, veniva notificato ai fratelli De Filippi Enrico e Francesco nonche' Boggiano Pia, comproprietari per un terzo ciascuno di altri terreni in Arenzano, avviso di accertamento relativo all' imposta anzidetta e per il medesimo periodo per un imponibile pari a L. 283.000.000 per una imposta di L. 38.488.000, sopratassa, penalita' ed accessori. Con un terzo avviso in data 3 dicembre 1975, notificato ai fratelli De Filippi Enrico e Francesco, quali eredi di De Filippi Giuseppe, proprietario di terreni in Arenzano, avviso di accertamento relativo alla medesima imposta e riferito al medesimo periodo per un imponibile pari a L. 225.000.000 per una imposta pari a L. 30.600.000, sopratassa, penalita' ed accessori. Avverso detti avvisi di accertamento i contribuenti presentavano separati ricorsi alla commissione comunale per i tributi locali di Arenzano la quale, dopo averli riuniti, li accoglieva in parte riducendo l'imponibile accertato. Avverso detta decisione i contribuenti adivano la G.P.A. Sezione speciale tributi locali di Genova la quale, in accoglimento del proposto ricorso, dichiarava che il comune era decaduto dal diritto di procedere agli accertamenti in questione perche' tardivamente notificati. Avverso detta decisione il Comune di Arenzano, in persona del Sindaco pro-tempore, evocava in giudizio dinanzi a questo tribunale De Filippi Enrico, De Filippi Francesco e Boggiano Pia instando perche' fossero dichiarati legittimi gli avvisi di accertamento di che trattasi sollevando, nel contempo, questione di legittimita' costituzionale al riguardo della composizione della giunta provinciale Amministrativa anzidetta. Nel costituirsi in giudizio i contribuenti eccepivano preliminarmente l'improponibilita' dell'azione ex adverso proposta con la conferma della decisione della giunta provinciale amministrativa impugnata svolgendo, in via subordinata, varie questioni di legittimita' costituzionale ed instando, in ogni caso perche' fosse dichiarata non dovuta l'imposta di che trattasi. Con ordinanza in data 3 giugno 1985, depositata il 9 successivo, questo tribunale, ritenuta tra l'altro la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 278 terzo comma - nella parte in cui determina la composizione della commissione comunale tributi locali - e 283, secondo comma, del t.u.f.l. approvato con r.d. 14 settembre 1931, n. 1175 e successive modificazioni, in relazione agli artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma della Costituzione, sospendeva il giudizio in corso ordinando la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Con ordinanza 14 ottobre-22 ottobre 1987, n. 332, la Corte costituzionale adita dichiarava manifestamente inammissibile le questioni di legittimita' costituzionale come sopra sollevate restituendo a questo tribunale gli atti per il seguito di competenza. Osservava la Corte, sulla scia di un principio giurisprudenziale piu' volte affermato dalla Corte di cassazione dalla commissione tributaria centrale, che gli atti di una fase del processo, giunta a compimento, non sono resi inefficaci dalla successiva dichiarazione di incostituzionalita' del giudice che li ha posti in essere, salvo che la questione sia stata sollevata prima del compimento della fase medesima; ipotesi che, nella specie, non si era verificata e che pertanto rendeva irrilevante nel giudizio a quo l'eventuale decisione in senso positivo delle questioni sollevate. Con ricorso depositato in data 22 febbraio 1988 il comune di Arenzano riassumeva il giudizio ai sensi dell'art. 297 del c.p.c. rilevando che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte costituzionale, la questione di legittimita' costituzionale della composizione della g.p.a. - sezione speciale tributi locali, era gia' stata sollevata dinanzi a tale organo prima che davanti ad esso si compisse il relativo procedimento; concludendo, pertanto, per l'accoglimento delle conclusioni di cui in epigrafe, con particolare riferimento alla necessita' di una nuova rimessione degli atti alla Corte di legittimita' per la risoluzione della questione di legittimita' costituzionale in precedenza sollevata senza successo. Fissata, per la prosecuzione del giudizio dinanzi al Collegio, udienza di discussione, i convenuti reiteravano nelle precedenti eccezioni sollevando, tra l'altro, essi pure altre questioni di legittimita' costituzionale relative all'art. 278 del t.u.f.l. (per constrasto con l'art. 3 della Costituzione) ed agli artt. 2, 4, 21, 23 e 26 della legge 5 marzo 1963, n. 246 (per contrasto con gli artt. 2, 42, 47 e 53 della Costituzione), formulando alcune istanze istruttorie (accertamento della data di ricezione da parte del comune delle copie della decisione della g.p.a.; accertamento della legittimita' della delibera istitutiva del tributo e della legittimazione, del comune, al presente giudizio; ispezione dei luoghi ed ammissione di consulenza tecnica di ufficio; richiesta di relazione tecnica all'U.T.E.). E la causa, sulle conclusioni come sopra trascritte, e' stata trattenuta in decisione all'ordierna udienza collegiale. MOTlVl DELLA DECISIONE 1. - Questo tribunale, mediante l'ordinanza di rimessione sopra r/chiamata in data 3 giugno 1985 risolveva, sia pure senza valore di giudicato, due questioni preliminari sollevate dai contribuenti le quali, nell'ordine logico delle questioni sottoposte al proprio esame, precedevano e precludevano, se fondate, l'esame delle questioni di legittimita' costituzionale poi devolute al giudizio della Corte costituzionale; e cioe' la pretesa inammissibilita' e/o improponibilita' del ricorso da parte del comune a questo tribunale avverso la decisione della giunta provinciale amministrativa, sezione speciale tributi locali e l'asserita intempestivita' del ricorso stesso. Non vi sarebbe, in questa sede, motivo alcuno per riesaminare le anzidette questioni gia' rigettate con quell'ordinanza se i convenuti non ne avessero, quanto meno della seconda, sollecitato una nuova riflessione sulla base di alcune nuove considerazioni sviluppate per la prima volta dopo la restituzione degli atti a questo tribunale da parte della Corte costituzionale. Si rende, pertanto, opportuno provvedere ad una nuova delibazione delle eccezioni come sopra dedotte sia pure, ancora una volta, senza autorita' di giudicato perche', per quanto in appresso, il Collegio e' orientato a riproporre nuovamente all'esame della Corte costituzionale le questioni di legittimita' a suo tempo infruttuosamente sollevate. 2. - Inammissibile e/o improponibile, secondo in contribuenti, sarebbe il ricorso del comune di Arenzano avverso la decisione della giunta provinciale amministrativa, sezione speciale tributi locali, in quanto: a) l'art. 10 della legge 19 ottobre 1981, n. 825, limitando l'esperibilita' dell'azione giudiziaria in materia tributaria alla corte di appello - previsione attuata nelle leggi delegate - ha implicitamente escluso l'azione giudiziaria dinanzi al tribunale; b) l'art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, disponendo che le "commissioni comunali, le sezioni speciali delle gg.pp.aa. e le sezioni per i tributi locali della commissione centrale delle imposte continueranno, con la osservanza delle norme attualmente in vigore, a decidere le controversie di cui al comma precedente" non reca alcun accenno circa l'esperibilita' dell'azione giudiziaria, donde la carenza di giurisdizione del tribunale adito; c) quand'anche volessero ritenersi ancora applicabili le norme del t.u.f.l. approvato con r.d. 19 settembre 1931, n. 1175, il mancato, previo esperimento del ricorso da parte del comune alla commissione centrale delle imposte previsto dall'art. 284- bis renderebbe improcedibile il ricorso al tribunale. Tutti i profili del motivo sono, peraltro, infondati e vanno disattesi; ne' sono stati evidenziati nuovi aspetti del problema suscettibili di modificare il proprio precedente orientamento. Ed invero, l'improponibilita' del ricorso all'Autorita' giudiziaria ordinaria si riferisce esclusivamente al nuovo contenzioso tributario di cui al d.P.R. n. 636/1972 attributivo alle riordinate commissioni tributarie della competenza esclusiva in ordine all'impugnativa degli atti di imposizione o di esazione con riferimento alle imposte tassativamente indicate (con la possibilita' di ricorrere alla corte di appello avverso la decisione della commissione tributaria di secondo grado), ma non si riferisce al contenzioso relativo ai tributi comunali soppressi, tra cui quello in esame, le cui controversie continuano ad essere conosciute dalla commissione comunale per i tributi locali in primo grado, dalla g.p.a., sezione speciale tributi locali, in seconda istanza e dalla commissione tributaria centrale (nella sua attuale conformazione) in terzo grado (art. 19 del d.P.R. n. 638/1972) ferma restando la possibilita' di adire l'autorita' giudiziaria ordinaria nel termine di sei mesi una volta esauriti detti ricorsi (art. 289 del t.u.f.l.). I principi anzidetti sono, del resto,.gia' stati affermati da questo tribunale in altre occasioni (cfr. tribunale di Genova, 2 maggio 1977, n. 1343) talche' non si ravvisa motivo alcuno per dissentire da tale proprio precedente. Ne' vale il rilievo che il comune non abbia adito la Commissione tributaria centrale prima di proporre l'azione giudiziaria esaurendo l'iter del giudizio dinanzi alle commissioni; la giurisprudenza della s.c. ha, infatti, avuto occasione di precisare che l'espressione "esauriti i ricorsi" che figura nel, t.u.f.l. non va interpretata nel senso che presupposto indispensabile per la proposizione dell'azione giudiziaria sia il completo esaurimento di tutti i gradi del contenzioso previsti dagli artt. 282, 284 e 284- bis del citato t.u.f.l. bensi' nel senso che si richiede soltanto la definitivita' della decisione di una delle commissioni, anche di primo grado, per essere decorso inutilmente il termine perentorio stabilito dalla legge per proporre l'ulteriore gravame (cfr. Cass. 20 aprile 1966, n. 1292; Cass. 4 gennaio 1975, n. 6); e nella specie la decisione della, g.p.a, sezione speciale tributi locali, venne notificata il 30 giugno 1980 mentre l'azione giudiziaria fu proposta in data 24 dicembre 1980, ben oltre il termine di trenta giorni previsto dall'art. 284bis per adire la commissione centrale. Eccepiscono, ancora, i contribuenti che il comune avrebbe dovuto dar loro notizia del ricorso proposto alla commissione centrale contemporaneamente alla notificazione della decisione della g.p.a. comportando, tale omissione, l'inammissibilita' dell'impugnativa, rilevabile di ufficio. Ma l'eccezione e' manifestamente infondata; non avendo il comune proposto ricorso alla commissione centrale non era, conseguentemente, tenuto a provvedere in tal senso. 3. - Sempre in via pregiudiziale i convenuti hanno eccepito l'intempestivita' del ricorso del comune e cio' alternativamente sia perche' proposto oltre i termini di cui all' art. 40 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, sia perche' proposto oltre i termini di cui all'art. 285 del t.u.f.l. Ora il primo rilievo e' assolutamente infondato in quanto i termini di cui al d.P.R. 636/1972 si riferiscono esclusivamente alle controversie devolute alla competenza esclusiva delle commissioni tributarie e non gia' alle controversie reIative ai tributi soppressi - tra i quali quello in esame - per i quali si applica la disciplina del t.u.f.l. Orbene, l'art. 285 del t.u.f.l. stabilisce che il ricorso all'autorita' giudiziaria non puo' essere proposto dopo trascorsi sei mesi dalla data di notifica dell'ultima delle decisioni delle Commissioni, se questa interviene in epoca posteriore al ruolo o dalla data di pubblicazione del ruolo in cui fu compreso il contribuente. Risulta, al riguardo, che la decisione della g.p.a., sezione speciale tributi locali, fu notificata ai contribuenti in data 30 giugno 1980, mentre l'atto introduttivo del comune d/ Arenzano fu notificato in data 24 dicembre 1980 e, pertanto, nel termine di sei mesi (mancando agli atti ogni notizia circa il ruolo nel quale eventualmente furono compresi i contribuenti) previsto dalla legge. I convenuti hanno obiettato che, dalle cartelle esattoriali prodotte in fotocopia, era comunque possibile desumere il ruolo nel quale erano stati ricompresi, e cioe' quello di aprile 1979; ma il rilievo non e' esatto perche' l'indicazione "aprile 1979", inserita nel riquadro "emissione" e "anno" delle cartelle o, in mancanza di altra piu' sicura indicazione, sembra riferirsi piu' alla data in cui le cartelle stesse sono state emesse che al ruolo di imposta cui le stesse si riferiscono. I convenuti hanno, allora, obiettato che la decorrenza della notifica dovrebbe ritenersi il termine per il ricorso del contribuente, mentre per il ricorso del comune il detto termine dovrebbe decorre dalla comunicazione della decisione da parte della g.p.a. ricevuta, pertanto, ben prima della notificazione della decisione ai contribuenti. Ma il rilievo e' doppiamente infondato dal momento che i convenuti non hanno comunque indicato la data in cui le copie della decisione della giunta pervennero al comune per la notifica; e d'altro canto l'art. 285, facendo espresso riferimento alla "notifica" della decisione, non sembra autorizzare una distinzione siffatta. Ancora l'abile difesa dei convenuti ha obiettato, come nuovo profilo, che la soluzione adottata da questo tribunale confliggerebbe con il principio di eguaglianza stabilito dall' art. 3 della Costituzione; e cio' in quanto, se il termine per l'impugnativa decorresse per tutte le parti dalla data della notifica della decisione - che per l'art. 281 del t.u.f.l. deve avvenire a cura del sindaco - il contribuente avrebbe a disposizione soltanto sei mesi mentre il comune - avendo necessariamente ricevuto la decisione della giunta prima di notificarla - disporrebbe di un termine piu' lungo. Ne' varrebbe argomentare la mancata indicazione della data in cui le copie della decisione pervennero al comune per la notifica perche' trattasi di atto interno della p.a. che il contribuente non ha la possibilita' di conoscere e che solo il giudice potrebbe accertare richiedendolo alla parte. In caso contrario, proseguono i convenuti, risulterebbe manifesta l'incostituzionalita' dell' art. 285 del t.u.f.l.- se interpretato nel senso di cui alla precedente ordinanza collegiale - per contrasto con l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della disparita' di trattamento che si verrebbe a determinare se per l'impugnazione della decisione dinanzi all'a.g.o. il contribuente avesse il solo termine di sei mesi dalla notifica ed il comune invece un termine superiore, non dovendosi tener conto del periodo intercorrente tra la data in cui riceve la decisione e quella in cui ne effettua la notifica. L'eccezione, quantunque suggestiva e sottilmente sviluppata, non ha fondamento. Va subito rilevato che il principio di eguaglianza invocato dai convenuti non va inteso nel senso che il legislatore sia obbligato a disporre per tutti una identica disciplina, essendogli anzi consentito di adeguare la norma giuridica ai vari aspetti della vita sociale dettando norme differenziate riguardo a situazioni obiettivamente diverse, purche' queste norme rispondano all'esigenza che la disparita' di trattamento sia fondata su presupposti logici ed obiettivi i quali razionalmente ne giustifichino l'adozione. In particolare, per quanto attiene le controversie tra p.a. e privati, sono state riconosciute piu' volte costituzionalmente legittime le norme le quali prevedono il previo esperimento di rimedi amministrativi prima di consentire l'adizione delle vie giurisdizionali, consentendo cosi' alla p.a. uno spatium deliberandi per la eventuale correzione dei propri errori non concesso invece al privato. Nel caso di specie nessun danno deriverebbe al contribuente dall' attribuzione di un termine maggiore al comune impositore per approntare la propria difesa dinanzi agli organi giurisdizionali in quanto, ai sensi dell'art. 285; del t.u.f.l. al privato e' riservato un termine di ben sei mesi per approntare le proprie difese; e non si vede quale migliore difesa potrebbe approntare l'amministrazione comunale utilizzando un termine piu' lungo di soli dieci giorni, come previsto dall' art. 283, ultimo comma (che, pur se meramente ordinatorio, non puo' certo essere amplificato in una misura di molto piu' elevata, atteso il controllo, anche sostitutivo, che l'autorita' sovraordinata potrebbe svolgere sul comune che maliziosamente non notificasse in un termine ragionevolmente congruo la decisione dell'autorita' adita). Comunque ogni dubbio e' destinato a cadere se si considera che ai sensi dell' art. 283 ultimo comma, del t.u.f.l. le decisioni della giunta trasmesse al sindaco che ne cura la notificazione agli interessati entro dieci giorni dal ricevimento" e poiche' non vi e' dubbio che in questa attivita' il sindaco esplica funzioni di ufficiale di Governo e non gia' di capo dell'amministrazione comunale, ne consegue che nessuna disparita' di trattamento puo' in concreto verificarsi tra il comune impositore ed il contribuente. L'obiezione che la stessa persona del sindaco svolga due funzioni diverse non puo' determinare una confusione di ruoli che invece debbono rimanere distinti ed autonomi anche per i diversi profili di responsabilita' che possono derivare da una violazione dei doveri quale capo dell'amministrazione comunale. 4. - Cosi' risolte le questioni pregiudiziali sollevate dai contribuenti va ora nuovamente affrontata l'eccezione sollevata dalla difesa del comune di Arenzano, relativa alla illegittimita' della decisione della g.p.a., sezione speciale tributi locali, perche' composta da membri privi dei requisiti di indipendenza richiesti dall' art. 108 della Costituzione, nonche' l'analogo rilievo - formulato dai convenuti nell'ipotesi di non ritenuta irrilevanza e di non manifesta infondatezza dell'eccezione attrice - attinente alla composizione della commissione comunale tributi locali. Questo tribunale, con ordinanza 3 giugno 1985, riteneva, come e' noto, rilevanti le questioni di incostituzionalita' denunciate dalle parti in quanto, ove accolte, avrebbero comportato la caducazione delle decisioni delle due commissioni e la reviviscenza degli avvisi di accertamento del comune; ritenendole altresi' non manifestamente infondate per i motivi in allora espressi che e' opportuno riassumere anche in questa sede come in appresso. Va, al riguardo, premesso che sia la commissione comunale tributi locali che la g.p.a., sezione speciale tributi locali, devono ritenersi organi giurisdizionali e non amministrativi. Il dubbio circa la natura delle commissioni tributarie, che per anni ha diviso la giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di cassazione, deve ritenersi definitivamente risolto a favore della tesi della natura giurisdizionale delle commissioni stesse a seguito della decisione della Corte costituzionale 27 dicembre 1974, n. 287, che, tra l'altro, ha dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell' art. 285, primo comma, del t.u.f.l. preclusivo della cognizione delle questioni di estimazione semplice da parte dell'a.g.o. proprio in considerazione del fatto che gli organi del contenzioso hanno natura giurisdizionale ed anche le questioni di estimazione semplice trovano in essi il loro giudice. Tanto premesso e limitando, al momento, il tema di indagine alla composizione della g.p.a., sezione speciale tributi locali, quale risulta dall'art. 283 del t.u.f.l., osserva il colIegio che dei membri di tale organo cinque, e cioe' il prefetto, il vice prefetto ispettore, l'intendente di finanza, il funzionario di prefettura designato dal prefetto ed il funzionario dell'intendenza di finanza designato dall'intendente, per la loro subordinazione gerarchica appaiono senz'altro affetti dal vizio di dipendenza e potenziale parzialita' che la Corte costituzionale ha gia' denunciato per la maggioranza dei membri costituenti la giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale. Infatti tanto il prefetto ed il suo vicario quanto i funzionari di prefettura si trovano in posizione di dipendenza gerarchica dal potere esecutivo il quale e' anche competente ad adottare nei loro confronti i provvedimenti relativi alla carriera, allo stato giuridico, ai trasferimenti; ed inoltre il vice prefetto ispettore (o il ragioniere capo di prefettura ispettore) ed il consigliere di prefettura si trovano in rapporto di stretta subordinazione rispetto al prefetto-presidente, il quale cura la redazione dei rapporti informativi su di essi, mentre il funzionario dell'intendenza di finanza e' subordinato dell'intendente, che e' pure membro del collegio. Altri due membri (un rappresentante dei comuni nominato dal Prefetto ed un rappresentante del lavoratore designato dall'ispettorato provinciale del lavoro) sono portatori di interessi di parte; ed e' evidente il pericolo che questa rappresentativita' di interessi possa degenerare in mancanza di imparzialita' dal momento che la g.p.a., sezione speciale tributi locali, e' giudice di appello in controversie nelle quali si contrappongono i comuni ed i contribuenti. Analogo ragionamento vale anche per i tre membri effettivi e tre supplenti scelti tra persone esperte in materia giuridica amministrativa e tecnica e nominati con deliberazione della Giunta provinciale approvata dal prefetto, sol se si pensi che la provincia puo' essere parte in controversie tributarie di competenza del consesso anzidetto. I medesimi rilievi formulati con riguardo alla composizione della giunta valgono anche per quanto attiene alla composizione della Commissione comunale quale risulta dall'art. 278 del t.u.f.l. Essa e' infatti costituita con provvedimento del sindaco; due terzi dei componenti sono nominati dal consiglio comunale ed un terzo dal prefetto tra i contribuenti del comune. Evidente e', anche in questo caso, il sospetto circa la mancanza di imparzialita' di un organo chiamato a giudicare su tributi comunali per i quali il comune e' parte. Questi, pertanto, i motivi che avevano indotto il Collegio a sospettare di incostituzionalita' le norme anzidette ed a rimettere gli atti alla Corte costituzionale per il controllo di legittimita' costituzionale. Senonche', come riferito in premessa, la Corte ha dichiarato manifestamente inammissibili le questioni sollevate difettando il requisito della rilevanza; e cio' in applicazione del principio in base al quale "gli atti di una fase del processo, giunta a compimento, non sono resi inefficaci dalla successiva dichiarazione di incostituzionalita' del giudice che li ha posti in essere, salvo che la questione sia stata sollevata prima del compimento della fase medesima (cio' che, come risulta dalla parte narrativa, non e' avvenuto nel caso di specie)". Ora l'affermazione in fatto della Corte risulta parzialmente contraddetta dall'esame degli atti di causa dai quali si trae: a) che la questione relativa alla illegittima composizione della giunta provinciale, amministrativa era stata invece sollevata in quella sede dal comune di Arenzano (v. deduzioni 9 ottobre 1978); b) che la stessa giunta aveva provveduto a prenderla in esame ed a confutarla nella decisione impugnata a dimostrazione dell'avvenuta proposizione - in quell'occasione - della questione anzidetta. Effettivamente, peraltro, la stessa questione non risulta esser stata sollevata dinanzi alla commissione comunale tributi locali adita per prima dei contribuenti per cui, esauritasi quella fase processuale, la stessa non potrebbe piu' essere sollevata nel successivo corso del giudizio. Cio' precisato, e ritenuto che la decisione della Corte costituzionale risulta affetta da un errore di fatto risultante dagli atti di causa, fondato sulla supposizione di una circastanza la cui verita' e' incontrastabilmente esclusa, va esaminata quale rimedio in concreto si offra alla Corte e al giudice remittente per eliminare le conseguenze pregiudizievoli e consentire il pieno esame della questione di legittimita' costituzionale in precedenza denunciata. Non pare che le decisioni di manifesta infondatezza possano avere un effetto preclusivo per la stessa Corte costituzionale che le ha adottate, tale da ostacolare il riesame della questione. La norma di apparente sbarramento costituita dall'art. 137 della Costituzione che esclude qualunque forma di impugnazione relativamente alle decisioni della Corte sembra riferirsi infatti alla sola impugnazione tecnica, prevista nei procedimenti penali, civili ed amministrativi, intesa come controllo da parte di una di versa autorita' giurisdizionale sulle decisioni adottate da altra autorita' giurisdizionale; ma non sembra escludere il potere da parte della stessa Corte, stimolata dal giudice a quo, di un riesame dei propri provvedimenti mediante loro correzione o modifica. Lo stesso ordinamento costituzionale, del resto, gia' prevede la possibilita' che le decisioni della Corte possano essere "corrette" (art. 21 delle norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale approvate con Corte costituzionale 16 marzo 1956) ovvero "revisionate" (art. 29 della legge 25 gennaio 1962, n. 20) cosicche' non sembra concettualmente scorretto ipotizzare l'applicabilita' di istituti del tipo di quello, conosciuto dal codice di procedura civile, della "revocazione" (nel caso di specie art. 395, n. 4 del c.p.c.) dal quale sia eliminata ogni caratteristica impugnatoria e che,.funzioni da solo stimolo/occasione per la Corte di rivedere il proprio operato ed eliminare i propri errori (la "revocazione" sembra, per vero, entrata a far parte del processo costituzionale per effetto del rinvio compiuto dall' art. 22 della legge 11 marzo 1953, n. 87, alle "norme per il regolamento della procedura innanzi al Consiglio di Stato" - seppur "in quanto applicabili" - le quali, mediante l'art. 46 del t.u. n. 1054/1924, rinviano alle norme del codice di procedura civile. Qualche perplessita' puo' invece sorgere per quanto riguarda l'efficacia che la pronuncia di manifesta inammissibilita' puo' spiegare nel giudizio a quo, se tale o meno da impedire la riproponibilita' alla Corte della stessa questione di costituzionalita' da parte dello stesso giudice remittente che in passato ebbe a sollevarla nello stesso giudizio. Come e' noto dottrina e giurisprudenza concordano sostanzialmente nel ritenere che, per quanto attiene le decisioni meramente processuali della Corte l'effetto preclusivo si produce soltanto qualora l'inammissibilita' sia determinata da presupposti che non possono essere rimossi dal giudice (come ad esempio quando sia affermato che l'atto impugnato e' privo di forza di legge) ma non gia' quando essa sia determinata da presupposti che possono essere rimossi (come ad esempio nell'ipotesi di jus superveniens allorquando la stessa Corte invita il giudice a quo ad un nuovo esame della rilevanza). La singolarita' del caso di specie consiste nel fatto che l'errore revocatorio riscontrato, non rientra, a ben guardare, in nessuna delle due ipotesi poiche', trattandosi di un presupposto che deve essere rimosso, tale operazione non puo' essere eseguita dal giudice remittente bensi' dallo.stesso organo che l'ha posto in essere; senonche' tale rimozione in tanto e' possibile in quanto allo stesso giudice a quo sia consentito segnalare alla Corte il vizio restituendole gli atti per un riesame della questione. Non si vede, pertanto, quale ostacolo possa frapporsi alla equiparabilita' della ordinanza di manifesta inammissibilita' di che trattasi alla categoria delle ordinanze meramente processuali prive di effetto preclusivo dianzi accennate; e, conseguentemente, quale impedimento possa sussistere alla riproposizione della medesima questione dinanzi esaminata alla Corte costituzionale anzidetta. Ove, invece, non si convenisse col collegio nei sensi suespressi, occorrerebbe rilevare che la riproponibilita' delle questioni da parte di questo Tribunale trova un serio ostacolo nell'art. 24 della legge 11 marzo 1953, n. 87 il quale nell'ipotesi di ordinanza che respinga l'eccezione di illegittimita' costituzionale per manifesta irrilevanza o infondatezza, consente la riproponibilita' dell'eccezione solo all'inizio di ogni grado ulteriore del processo, ma non gia' nel corso dello stesso grado nel quale la questione e' stata senza fortuna sollevata. Senonche' lecito sarebbe in tal caso dubitare della costituzionalita' di tale disposizione perche', se si ritenesse ormai preclusa al giudice di prime cure ogni possibilita' di riproporre la questione, consentita invece al giudice sovraordinato, sarebbe evidente la violazione del diritto alla tutela giurisdizionale ed alla difesa consentiti a tutti "in ogni stato e grado del procedimento" dall'art. 24 della Costituzione. La questione, subordinatamente sollevata in ipotesi di riconosciuto totale effetto preclusivo della ordinanza di manifesta inammissibilita' in esame, si appalesa rilevante (la legge 11 marzo 1953, n. 87 cui appartiene la norma denunciata e' assoggettabile al controllo di legittimita' costituzionale non avendo alcuna forza particolare rispetto alle altre leggi ordinarie; cfr. Corte costituzionale 29 dicembre 1966, n. 127) poiche' tale disposizione costituirebbe l'unico ostacolo alla riproposizione della questione di legittimita' costituzionale della composizione della g.p.a., sezione speciale tributi locali (a sua volta rilevante nel giudizio in corso per i motivi sopraenunciati); ne' appare manifestamente infondata perche' varrebbe a precludere una parte della tutela giurisdizionale, attuabile anche nel giudizio di costituzionalita', quanto meno in un grado del giudizio. Dalle suesposte considerazioni, pertanto, deriva ad avviso del collegio la necessita' che la Corte costituzionale sia investita nuovamente dell'esame della questione relativa alla composizione della g.p.a., sezione speciale tributi locali, anzidetta; valutera' la Corte stessa, poi, se estendere o meno l'indagine costituzionale anche alla composizione della commissione comunale tributi locali valendosi dei poteri di cui all'art. 27 della citata legge n. 87/1953 attesa la indubbia preclusione della riproponibilita' di detta ultima questione per effetto del principio di diritto enunciato dalla Corte costituzionale stessa; fermo restando che, in caso di non condivisa opinione circa la possibilita' di nuova rimessione degli atti, viene sollevata di ufficio questione di legittimita' costituzionale dell' art. 24 della legge 11 marzo 1953, n. 87 per contrasto con l'art. 24 della Costituzione.
P. Q. M. Visto l'art. 23, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 283, secondo comma del t.u.f.l. approvato con r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, e successive modificazioni in relazione agli artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione; nonche' in via subordinata, dell'art. 24 della legge 11 marzo 1953, n. 87, in relazione all'art. 24 della Costituzione; Sospende il giudizio in corso ed ordina nuovamente la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza sia notificata ai difensori delle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Genova, addi' 2 febbraio 1989. Il presidente: (firma illeggibile) 89C0450