N. 217 ORDINANZA 12 - 20 aprile 1989
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Procedimento penale - Sentenza penale istruttoria di proscioglimento - Efficacia vincolante nel giudizio civile o amministrativo - Esclusione - Differenza di trattamento riservata alla sentenza dibattimentale - Questione gia' dichiarata infondata sentenza n. 152/1973) - Manifesta infondatezza. C.P.P., art. 28). Cost., art. 3)(GU n.17 del 26-4-1989 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 28 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 4 giugno 1988 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Pettinelli Luigi e BMG Ariola S.p.A., iscritta al n. 682 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1988; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella Camera di consiglio dell'8 marzo 1989 il Giudice relatore Ettore Gallo; Ritenuto che, con ordinanza 4 giugno 1988, il Pretore di Roma sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 28 del codice di procedura penale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui esclude che la sentenza penale istruttoria di proscioglimento, a differenza di quella pronunciata in dibattimento, abbia efficacia vincolante nel giudizio civile o amministrativo; che il Pretore riconosce nell'ordinanza che la giurisprudenza della Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite penali, ha ripetutamente confermato che soltanto la sentenza irrevocabile di condanna o di proscioglimento, pronunziata nel dibattimento, oppure il decreto penale di condanna divenuto esecutivo, hanno autorita' di cosa giudicata nel giudizio civile o amministrativo, e che percio', non e' proponibile una diversa lettura della norma; che, nella causa civile sottoposta al suo esame, si controverte sulla liceita' del licenziamento in tronco di un operaio, sospettato di furto, che era stato, invece, assolto in istruttoria per non aver commesso il fatto; che, peraltro, ricorda il Pretore come anche questa Corte, con sentenza 18 luglio 1973 n.152, aveva dichiarato infondata la stessa questione proprio perche' "in considerazione delle piu' elevate garenzie di approfondimento dell'accertamento dei fatti in sede di dibattimento, rispetto a quello compiuto in fase istruttoria, non appare irragionevole la diversita' di trattamento giuridico che il legislatore, nell'apprezzamento delle due situazioni, ha per esse dettato rispetto all'efficacia vincolante nel giudizio civile o amministrativo; che, pero', a giudizio del rimettente, la pronunzia di questa Corte sarebbe erronea in quanto avrebbe colto soltanto l'aspetto obbiettivo del problema, mentre - secondo il Pretore - l'esame sulle due fasi processuali doveva essere condotto con esclusivo riferimento al momento soggettivo, vale a dire ai soggetti prosciolti, al fine di stabilire se, indipendentemente dalla diversita' delle procedure, esistesse una differenza qualitativa fra il prosciolto nell'istruttoria e l'assolto nel dibattimento; che, sulla base di siffatto ragionamento, conclude il Pretore doversi ritenere che l'"innocenza" dell'uno equivalga quella dell'altro, e che, percio', poco rileverebbe la maggiore affidabilita' dell'accertamento dei fatti, compiuto nel dibattimento essendo, questo, problema del legislatore (il quale peraltro starebbe gia' ponendo rimedio alla lamentata differenza di trattamento, mediante l'imminente approvazione del nuovo codice di procedura penale), che non puo' giustificare cosi' grave divario fra due soggetti che si trovano nella stessa situazione giuridica; che, d'altra parte, l'attuale sistema potrebbe determinare proprio quel contrasto di giudicati che l'art. 28 del codice di procedura penale sarebbe finalizzato a scongiurare; mentre poi, in definitiva, la forza del giudicato istruttorio non potrebbe essere indebolita dalla possibilita' di riapertura dell'istruttoria, giacche' siffatto rimedio, sostanzialmente equivalente a quello della revisione, non varrebbe comunque "ad eliminare a priori l'irrevocabilita' della pronuncia"; che, comunicata, notificata e pubblicata ritualmente l'ordinanza, e' intervenuto, nel giudizio innanzi a questa Corte, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, la quale chiedeva che la questione fosse dichiarata inammissibile o infondata stante il precedente giudizio di questa Corte, rispetto al quale l'ordinanza in esame non apporta alcun argomento atto a far mutare indirizzo; Considerato che, contrariamente a quanto il Pretore ritiene, il giudizio di valore che si riferisce al processo penale non riguarda "l'innocenza", che e' sopratutto un giudizio etico, ma semmai la "colpevolezza", positiva o negativa, la quale concerne appunto la riferibilita' all'agente dell'imputazione sostanziale del fatto di reato - salvo ovviamente le ipotesi delle formule cosidette "processuali"; che particolarmente, poi, per quanto attiene al valore del proscioglimento, in giudizi diversi da quello penale, la legge prescinde anche dalla stessa "colpevolezza", ma guarda esclusivamente alla controversia sul "diritto" dedotto in causa: e cio' perche' in questi ultimi giudizi e' proprio la pretesa sostanziale sul diritto che viene in esame, mentre oggetto del processo penale e' il "comando" del giudice in ordine alla liberta' del cittadino; che, alla base del riconoscimento o della negazione del diritto controverso non e' "l'innocenza", ma proprio l'accertamento dei fatti materiali che furono oggetto del processo penale, sicche' proprio a questi il legislatore fa riferimento nell'art. 28 del codice di procedura penale, e percio' viene in primo piano il modo e le condizioni del loro accertamento, e persino gli eventuali limiti che la legge civile ponga alla prova del diritto controverso; che tutto questo spiega a sufficienza la razionalita' di un sistema che, per fare salvo ogni effetto del proscioglimento in giudizi diversi da quello penale, si preoccupa che l'accertamento dei fatti sia avvenuto nelle piu' ampie garenzie di approfondimento e di contraddittorio: garenzie che nella fase istruttoria sono sicuramente affievolite rispetto a quelle di cui gode il pubblico dibattimento; che assolutamente erroneo e' poi il convincimento espresso dal Pretore, secondo cui il legislatore si sarebbe accinto a porre rimedio, con il nuovo codice di procedura penale, a siffatte situazioni, giacche', al contrario, il nuovo codice esalta, gia' nello spirito generale della riforma, l'accertamento dei fatti al dibattimento e la conseguente valorizzazione ed utilizzazione soltanto della prova ivi acquisita, mentre poi, per quanto in particolare si riferisce al contenuto dell'art. 28 in esame, va rilevato che l'art. 654 del nuovo codice di procedura penale ne ripete sostanzialmente il disposto e con le stesse espressioni: le poche varianti rappresentando semplici miglioramenti tecnici diretti ad esplicitare nei confronti di quali parti del processo quegli effetti si verifichino, nonche' il limite di rilevanza extrapenale dei fatti accertati; che, pertanto, il nuovo profilo prospettato dal Pretore non puo' in alcun modo modificare il giudizio che la Corte ebbe gia' ad esprimere con la precedente sentenza;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Visti gli artt. 26, secondo commma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale, dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 28 del codice di procedura penale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata dal Pretore di Roma con ordinanza 4 giugno 1988. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 aprile 1989. Il Presidente: SAJA Il redattore: GALLO Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 20 aprile 1989. Il direttore della cancelleria: MINELLI 89C0468