N. 234 SENTENZA 13 - 21 aprile 1989

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Previdenza e assistenza - Ex combattenti - Trattamento pensionistico
 - Maggiorazione - Servizio militare e prestato nell'Esercito italiano
 e successivamente nelle forze della R.S.I. - Esclusione -
 Razionalita' della scelta discrezionale del legislatore -
 Riconoscimento di benemerenze acquistate verso il Paese - Non
 fondatezza.  D.L. 4 marzo 1948, n. 137, art. 11, ratificato con
 modificazioni, della legge 23 febbraio 1952, n. 93, art. 2; legge 15
 aprile 1985, n. 140, art. 6).  Cost., artt. 2, 3 e 38)
(GU n.18 del 3-5-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 11 del decreto
 legge 4 marzo 1948, n. 137 (Norme per la concessione dei benefici  ai
 combattenti  della  seconda guerra mondiale), dell'art. 2 della legge
 23 febbraio 1952, n. 93 (Ratifica,  con  modificazioni,  del  Decreto
 legislativo  4  marzo  1948, n. 137, recante norme per la concessione
 dei  benefici  ai  combattenti  della  seconda  guerra  mondiale)   e
 dell'art.  6, n. 1, della legge 15 aprile 1985, n. 140 (Miglioramento
 e perequazione di trattamenti pensionistici e aumento della  pensione
 sociale), promosso con ordinanza emessa il 1› luglio 1987 dal Pretore
 di Roma nel procedimento civile vertente  tra  Biagetti  Lanfranco  e
 l'INPDAI, iscritta al n. 562 del registro ordinanze 1988 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  43,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1988;
    Visto  l'atto di costituzione di Biagetti Lanfranco nonche' l'atto
 di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica del 7 marzo 1989 il Giudice relatore
 Luigi Mengoni;
    Uditi l'avv. Guido Conti per Biagetti Lanfranco e l'Avvocato dello
 Stato Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
   1. - Nel corso di un giudizio promosso dall'avv. Lanfranco Biagetti
 contro l'I.N.P.D.A.I. per ottenere la maggiorazione  del  trattamento
 pensionistico concessa agli ex combattenti dall'art. 6 della legge 15
 aprile 1985, n. 140, il Pretore di Roma, con ordinanza del 1›  luglio
 1987,  pervenuta  alla  Corte costituzionale il 24 settembre 1988, ha
 sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e  38  della  Costituzione,
 questione di legittimita' degli artt. 11 del d. lgs. 4 marzo 1948, n.
 137, e 2 della legge 23 febbraio 1952, n. 93,  nonche'  dello  stesso
 art.  6,  n.  1  della  legge  n.  140  del  1985, nella parte in cui
 "escludono  dal  beneficio  combattentistico  relativo  al   servizio
 militare  prestato  nell'Esercito italiano coloro che successivamente
 hanno aderito alla Repubblica sociale italiana".
    Ad   avviso   del  giudice  remittente  non  e'  "compatibile  con
 l'adempimento  dei  doveri  inderogabili  di  solidarieta'  politica,
 economica e sociale" (art. 2 Cost.) e con la pari dignita' sociale di
 tutti i cittadini senza distinzione di  opinioni  politiche  (art.  3
 Cost.)  l'esclusione  di alcuni di essi, che in un momento drammatico
 della storia nazionale hanno operato una scelta ideale  che  gia'  da
 allora appariva irrimediabilmente perdente".
    Inoltre  la  normativa denunciata violerebbe l'obbligo dello Stato
 di assicurare a tutti i lavoratori mezzi adeguati alle loro  esigenze
 di  vita  in caso di invalidita' e vecchiaia (art. 38, secondo comma,
 Cost.).
   2. - Nel giudizio davanti alla Corte si e' costituito il ricorrente
 contestando,  in  linea  principale,  l'interpretazione  accolta  dal
 giudice  a quo e domandando che la questione sia dichiarata infondata
 alla stregua di una diversa e piu' corretta interpretazione,  secondo
 la  quale  la  discriminazione  disposta dal decreto del 1948 e dalla
 legge del 1952 contro coloro che avessero  aderito  alla  R.S.I.  non
 sarebbe   applicabile   ai  benefici  previsti  in  favore  degli  ex
 combattenti da leggi successive.
    In subordine, il ricorrente domanda l'accoglimento della questione
 per i motivi svolti nell'ordinanza di rimessione.
    3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato  dall'Avvocatura  dello  Stato,   domandando   che   la
 questione  sia  dichiarata  inammissibile  e  comunque infondata, sul
 riflesso che "in materia di concessione  di  benefici  a  particolari
 categorie    di    cittadini    il    legislatore   gode   di   ampia
 discrezionalita'", e che l'esclusione dai  benefici  in  esame  degli
 aderenti  alla R.S.I. non puo' dirsi un modo irrazionale di esercizio
 del relativo potere. Ne' appare pertinente il  richiamo  all'art.  38
 Cost., posto che la maggiorazione prevista dall'art. 6 della legge n.
 140 del 1985 non ha la funzione di adeguare la pensione alle esigenze
 di  vita  del  titolare,  bensi'  una  funzione  di riconoscimento di
 benemerenze acquisite in passato verso il Paese.
                         Considerato in diritto
   1.  - Il Pretore di Roma interpreta restrittivamente l'art. 6 della
 legge n. 140 del 1985 nel senso che  il  beneficio  ivi  disposto  in
 favore   degli   ex   combattenti   (maggiorazione   del  trattamento
 pensionistico nella misura di lire 30.000 mensili) e' applicabile nei
 limiti  delle  cause di esclusione previste dagli artt. 11 del d.lgs.
 n. 137 del 1948 e 2 della legge n. 93 del 1952, restandone esclusi in
 particolare  coloro  che  abbiano riportato sanzioni disciplinari per
 avere  aderito  alla  sedicente  repubblica  sociale  italiana.  Alla
 stregua  di  questa  interpretazione  egli  dubita della legittimita'
 costituzionale della  normativa  risultante  dalle  tre  disposizioni
 citate, in riferimento agli artt. 2, 3 e 38 della Costituzione.
    Occorre   precisare   che,   nel  dichiarare  la  rilevanza  della
 questione, il giudice remittente si e' implicitamente  adeguato  alla
 giurisprudenza  del  Consiglio  di  Stato,  non  sempre condivisa dai
 giudici  inferiori,  secondo  la  quale  il  condono  delle  sanzioni
 disciplinari,  disposto dalla legge 18 marzo 1968, n. 250, non incide
 sul fatto dell'avvenuta irrogazione della sanzione, e quindi  non  fa
 venir  meno  gli effetti che ne derivano ad altri fini, diversi dalla
 sanzionabilita'  dell'illecito,  quali  l'esclusione   dai   benefici
 combattentistici prevista dall'art. 11 del decreto legislativo n. 137
 citato.
    2.  - Mentre la Corte non puo' che prendere atto della valutazione
 del giudice a  quo  da  cui  dipende  la  rilevanza  della  sollevata
 questione  di  costituzionalita',  va  esaminata  preliminarmente  la
 diversa  interpretazione  delle  norme  impugnate   prospettata   dal
 ricorrente  per  fondare  una  domanda  diretta, in via principale, a
 ottenere una sentenza interpretativa di  rigetto.  A  suo  avviso  le
 cause di esclusione sopra richiamate riguarderebbero esclusivamente i
 benefici combattentistici stabiliti dalle leggi in vigore al tempo in
 cui  furono  emanati  il  decreto legislativo del 1948 e la legge del
 1952, di guisa che, vertendo  il  giudizio  a  quo  su  un  beneficio
 concesso  da  una  legge  del  1985, la questione non avrebbe ragione
 d'essere.
    A questa tesi si oppone insuperabilmente il rilievo che il decreto
 del 1948, ratificato  dalla  legge  n.  93  del  1952,  e'  la  fonte
 normativa  cui  si  deve  fare  riferimento  per l'accertamento della
 qualifica di "combattente" e degli altri  requisiti  che  definiscono
 l'ambito  soggettivo  di  applicazione dei benefici combattentistici.
 Nel novero di tali requisiti rientrano pure le cause  di  esclusione,
 le  quali,  pertanto, hanno una portata generale e si applicano anche
 ai benefici concessi da leggi successive al 1952.
    Ne'  si  puo' dire - come si legge nella sentenza n. 3008 del 1978
 della Cassazione, in contrasto con la giurisprudenza del Consiglio di
 Stato  -  che  le  disposizioni del decreto legislativo del 1948 sono
 state  superate  dalla  legge  del  1952,  il  cui  art.  2   avrebbe
 circoscritto  ai  divieti  indicati  nel secondo comma le conseguenze
 delle sanzioni  disciplinari  riportate  dai  militari  per  il  loro
 comportamento  all'atto  dell'armistizio  o  dopo l'8 settembre 1943.
 L'art. 2 della legge del 1952 ha soltanto mitigato l'art.  11,  primo
 comma,  del  decreto  del  1948,  sottraendo  all'ambito oggettivo di
 incidenza delle cause di inapplicabilita'  i  benefici  elencati  nel
 primo  comma  alle  lettere  a)  e  b). Poiche' la norma ha carattere
 eccezionale, l'elenco deve considerarsi tassativo.
    3.   -  Nelle  norme  denunciate  il  giudice  remittente  ravvisa
 anzitutto una contrarieta' al principio di solidarieta', di cui  agli
 artt.  2  e  38  della  Costituzione.  La  censura non e' fondata. In
 materia previdenziale tale principio presuppone uno stato di  bisogno
 di coloro in favore dei quali si rende operante. Siffatto presupposto
 e' estraneo all'aumento della pensione concesso agli  ex  combattenti
 dalla norma impugnata, la quale non ha una funzione adeguatrice della
 misura della pensione alle esigenze di vita dei titolari, bensi'  una
 funzione  di riconoscimento di benemerenze acquistate verso il Paese.
    Nemmeno   sussiste   l'ipotizzata   violazione  del  principio  di
 eguaglianza. Come osserva giustamente l'Avvocatura  dello  Stato,  in
 materia  di  concessione  di  benefici  a  particolari  categorie  di
 cittadini il  legislatore  ha  un  ampio  potere  discrezionale,  non
 soggetto  a controllo fino a quando non sconfini nell'irrazionalita'.
 Mentre gia' la  legge  del  1952  ha  riconosciuto  che  non  sarebbe
 ragionevole continuare a negare ai militari in questione, per il solo
 fatto dell'adesione alla repubblica  di  Salo',  i  benefici  di  cui
 all'art.  2, primo comma, della legge medesima, aventi la funzione di
 compensare gli
   ex  combattenti  delle opportunita' di lavoro perdute a causa della
 partecipazione alle operazioni di guerra dell'esercito italiano,  non
 appare invece irrazionale il mantenimento dell'esclusione da benefici
 di altro tipo, come quello previsto dall'art. 6 della  legge  n.  140
 del  1985, avente una funzione di gratificazione di un merito che non
 senza ragione si ritiene non possa essere rivendicato dagli ufficiali
 che,  pur  avendo  prestato  onorevole  servizio nei reparti operanti
 dell'esercito italiano,  abbiano  dopo  l'armistizio  aderito  a  una
 formazione politico-militare ribelle al potere legittimo dello Stato.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 degli artt. 11 del decreto legislativo 4 marzo 1948,  n.  137  (Norme
 per  la  concessione dei benefici ai combattenti della seconda guerra
 mondiale), ratificato, con modificazioni,  dalla  legge  23  febbraio
 1952,  n.  93, dell'art. 2 di tale legge e dell'art. 6 della legge 15
 aprile 1985, n. 140  (Miglioramento  e  perequazione  di  trattamenti
 pensionistici  e  aumento  della  pensione  sociale),  sollevata,  in
 riferimento agli artt. 2, 3 e 38 della Costituzione, dal  Pretore  di
 Roma con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 13 aprile 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                         Il redattore: MENGONI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 21 aprile 1989.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 89C0485