N. 222 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 febbraio 1988- 18 aprile 1989
N. 222 Ordinanza emessa il 15 febbraio 1988 (pervenuta alla Corte costituzionale il 18 aprile 1989) dalla Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale, sul ricorso proposto da Graziadio Vincenzo Pensioni - Impiegati statali - Perequazione delle pensioni per il personale dirigente collocato a riposo dopo il 30 giugno 1982 - Esclusione della riliquidazione delle pensioni per i dirigenti cessati dal servizio anteriormente al 1 luglio 1982 Ingiustificata disparita' di trattamento di pensionati a parita' di situazione giuridico-economica - Incidenza negativa sul principio della retribuzione (anche differita) proporzionata alla quantita' e qualita' del lavoro svolto. (Legge 20 novembre 1982, n. 869, art. 6-bis). (Cost., artt. 3 e 36).(GU n.18 del 3-5-1989 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso prodotto dal dott. Vincenzo Graziadio nato il 22 marzo 1917 a Cassano Ionico (Cosenza) elettivamente domiciliato in Roma, piazza del Popolo n. 13, presso lo studio dell'avv. Emilio Sivieri avverso la determinazione n. 838266 in data 19 febbraio 1983 del Ministero del tesoro. FATTO Il dott. Vincenzo Graziadio, gia' dirigente superiore del Ministero del tesoro (nelle direzioni provinciali del Tesoro) cesso' dal servizio, per limiti d'eta', con il 31 marzo 1982. Con il decreto in data 23 febbraio 1982 gli fu liquidata la pensione - a decorrere dal 1 aprile 1982 - sulla base dello stipendio di dirigente superiore, con undici aumenti periodici e con ancora tre aumenti per l'art. 2 della legge n. 336/1970. Con istanza del 9 febbraio 1983 chiese la riliquidazione della pensione a decorrere dal 1 gennaio 1983, dicendosi destinatario delle piu' favorevoli norme poste dal d.-l. 29 settembre 1982, n. 681, convertito con modificazioni, nella legge 20 novembre 1982, n. 869. Con l'atto suindicato, il Ministero del tesoro ha rigettato l'istanza predetta, argomentando che non gli si potessero attribuire i chiesti benefici, essendo cessato dal servizio anteriormente al 1 luglio 1982, data tassativamente fissata, per l'effetto, dall'art. 6- bis della legge n. 869/1982. Il dott. Graziadio e' in conseguenza insorto avanti a questa Sezione, con ricorso depositato il 18 dicembre 1985, per cui ha conferito incarico di rappresentanza e difesa all'avv. Emilio Sivieri. Premesso un escursus delle normative (dalla legge n. 312/1980 alla citata legge n. 869/82) che hanno via via regolamentato il trattamento economico dei dirigenti statali (trattamento gia' stabilito con d.P.R. n. 748/1972) pone in evidenza la circostanza che gli intervenuti aumenti di retribuzione sono stati sempre concessi in via transitoria, in attesa della emanazione di apposita legge di riforma dello stato giuridico ed economico della dirigenza statale. Un sistema retributivo basato solo su percentuali provvisorie di stipendi e di anticipazioni di acconti su trattamenti futuri non potrebbe esaurire il contenuto della base pensionabile prevista dall'art. 43 del t.u. n. 1092/1973, che dovrebbe, viceversa, identificarsi in un trattamento economico d'attivita' definitivo raggiunto dall'avente diritto in corrispondenza di norme strutturali del suo stato giuridico. Una certa condizione di definitivita' si sarebbe realizzata sempre secondo l'avviso del ricorrente - con l'emanazione del d.l. n. 681/1982 e della legge di conversione n. 869/1982. Sulla base delle relative norme - oltre ad un ulteriore aumento del trattamento dal 1 gennaio 1983, a fronte della soppressione dell'assegno pensionabile, gia' corrisposto a titolo di acconto - si sarebbe determinato, appunto con decorrenza 1 gennaio 1983, un assetto normativo ed economico della dirigenza statale basato su una progressione economica e sul riconoscimento della pregressa anzianita'. Tale ultima disciplina, sarebbe in conseguenza l'unica idonea a servire da base per la determinazione del trattamento di quiescenza. A suffragio della sua tesi il ricorrente invoca la legge n. 432/1981 (ed in ispecie il suo art. 26) che avrebbe sancito il principio per le cui le norme da emanarsi successivamente, per la definizione del trattamento economico di attivita' e di quiescenza di dirigenti statali, avrebbero dovuto operare - non solo per l'avvenire - ma anche per il passato; in particolare sarebbe applicabile ai cessati dal servizio dal 1 gennaio 1979 al 30 giugno 1982. In via subordinata, il ricorrente solleva eccezione di incostituzionalita' della disposizione di cui all'art. 6- bis della legge n. 869/1982, in quanto porrebbe - in violazione all'art. 3 della Costituzione - una non giustificata diversita' di trattamento, tra i collocati a riposo prima e dopo il 1 luglio 1982. Sarebbero inoltre violati: l'art. 97 che garantisce il principio d'imparzialita' dell'amministrazione e gli artt. 36 e 38, in quanto non verrebbe assicurato, ai dipendenti cessati prima del 1 luglio 1982 un trattamento adeguato di quiescenza, che e' retribuzione differita. Il procuratore generale, nell'atto scritto (13 luglio 1987) - pur premettendo di apprezzare, sotto alcuni aspetti, l'avviso della parte attrice per cui la legge n. 869/1982 avrebbe realizzato una certa sistemazione strutturale ed economica, in tema di dirigenza statale - ha tuttavia precisato di ritenere le relative norme troppo chiare (quanto a decorrenza dal 1 gennaio 1983 e quanto a perequazione dal 1 luglio 1982) perche' si possa tentare una interpretazione diversa da quella puramente letterale, ed in particolare, quella logica - sistematica, sollecitata dalla parte stessa. Il fatto che i dirigenti statali in servizio, tra il 1 gennaio 1978 ed il 30 giugno 1982, non abbiano percepito i conguagli di stipendio, in applicazione della piu' volte citata legge, darebbe conferma della impossibilita' di seguire una tale interpretazione. Per altro, il requirente ha precisato di ritenere non manifestamente infondata (solo con riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione) l'eccezione di incostituzionalita', proposta in via subordinata dal ricorrente. L'art. 6- bis della legge n. 869/1982 - quale norma di perequazione - non assicurerebbe - con sacrificio del principio di uguaglianza - a tutto il personale che si trova nella stessa situazione, il medesimo trattamento di quiescenza. Ha in conseguenza concluso - affermando la rilevanza della questione per la difinizione della fattispecie - perche' sia sospeso il giudizio e sollecitata la verifica di costituzionalita' dell'art. 6- bis della legge 20 novembre 1982, n. 869, in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione. A seguito della notifica delle conclusioni del procuratore generale l'avv. Emilio Sivieri ha depositato una memoria con esservazioni di replica. Traendo spunto dall'avviso del procuratore generale, secondo cui la norma perequativa di cui all'art. 6 della legge n. 869/1982, parrebbe irrazionalmente discriminatoria, invoca il principio generale dell'ordinamento, secondo cui ove una disposizione di legge si presti ad un duplice possibile significato, occorre preferire quello che aderisce alle norme di rilevanza costituzionale, senza uopo di lunghe traversie giudiziali, aventi effetto di ritardare, fino a verificarne la utilita', la realizzazione del diritto tutelato dalla legge ordinaria. Ha fatto seguire delle argomentazioni a sostegno della tesi esposta. Nella udienza del 9 novembre 1987, l'avv. Sivieri ha ribadito e sviluppato le argomentazioni in parola insistendo per l'accoglimento del ricorso. Il procuratore generale ha confermato l'atto scritto. D I R I T T O La tesi attrice, esposta in narrativa, ampiamente illustrata (nella memoria depositata a seguito della notifica delle conclusioni del Procuratore generale) e nella pubblica udienza del 9 novembre 1987, puo' sintetizzarsi nei termini seguenti. La legge n. 312/1980 (che, per altro, si sarebbe occupata solo marginalmente dei dipendenti statali) ed alcuni atti legislativi successivi, come i dd.-ll. n. 283 e 357 del 1981, la legge n. 432/1981 (di conversione del primo) avrebbero rappresentato le varie fasi - fra di loro collegate da un nesso finalistico - di un iter normativo volto alla ristrutturazione organica ed economica del regime della dirigenza statale. La legge n. 869/1982 (di conversione del d.-l. n. 681 di quello stesso anno) si porrebbe - in ispecie per quanto riguarda il trattamento economico - come l'atto normativo conclusivo dell'iter, in quanto realizzerebbe, in certo qual modo, una situazione di definitivita'. In conseguenza, la base pensionabile (art. 43 del t.u. n. 1092/1973) dovrebbe essere individuata - dal 1 gennaio 1983 - nel trattamento d'attivita' integrato dai miglioramenti economici dalla stessa data decorrenti, in relazione agli artt. 1, 2 e 3 della legge stessa. Cio' varrebbe per tutti i dirigenti cessati dal servizio a partire dal 1 gennaio 1979 (cioe' quelli gia' presi in considerazione dalla legge n. 432/1981 e dalla legge n. 6/1982, di proroga) nei confronti dei quali non potrebbero costituire base pensionabile (dopo il 1 gennaio 1983) gli ultimi stipendi percepiti, integrati da acconti (su futuri miglioramenti) corrisposti a titolo provvisorio. L'interpretazione in parola, si paleserebbe la piu' aderente ai principi costituzionali, e dovrebbe essere preferita a quella seguita dall'amministrazione, che ha escluso l'applicabilita', agli effetti pensionistici, dei miglioramenti previsti dalla legge n. 869/1982, nei confronti dei dirigenti cessati entro il 30 giugno 1982 (per cui si profilerebbe l'esigenza della verifica di Costituzionalita'). La sezione non condivide tale tesi. Invero, nella specie, non si tratta di scegliere tra due significati alternativamente attribuibili ad una norma, sulla base di un unico criterio interpretativo, ma si tende piuttosto ad eludere l'interpretazione letterale dell'art. 6- bis della legge n. 862/1982, che, in via immediata appare idonea a chiarire compiutamente l'intendimento del legislatore, per una, alquanto sbrigliata, interpretazione di tipo sistematico. In termini generali puo' anche convenirsi che le norme in questione (dalla legge n. 312/1980 alla legge n. 869/1982) siano collegate tra loro da un certo nesso finalistico. Ma qui non si tratta di individuare linee di tendenza nella produzione normativa, o di formulare notazioni utilizzabili, in prospettiva, per la storia del diritto. Il giudicato deve basarsi su certezze, che, nella specie, non e' dato riscontrare. Le espressioni "acconto", "anticipazione" "aumento in via provvisoria", sovente usate dal legislatore, in tema di retribuzione di pubblici dipendenti, possono assumere l'effettivo senso della provvisorieta' solo se successive norme si qualifichino specificatamente come definitive, disponendo ex tunc, in ordine ai rapporti su cui si era provveduto in precedenza, in via precaria. Nella specie, la legge del 20 novembre 1982, n. 869, sulla cui applicazione si discute, come il d.-l. n. 681, dello stesso anno, in essa convertita con modificazioni, si qualificano (gia' nella loro intitolazione) come norme di "adeguamento provvisorio". Non risulta esatto, in conseguenza, affermare che tale legge rappresenti integralmente l'atto normativo conclusivo di un iter, volto alla compiuta definizione del trattamento economico dirigenziale. Inoltre non si puo' non tener presente che la recente legge dell'11 novembre 1987, n. 468, di conversione con modifiche, del d.-l. 16 settembre 1987, n. 379, prevede, al suo art. 3, la riliquidazione delle pensioni - nei confronti dei dirigenti cessati dal 1 gennaio 1979 - sulla base degli stipendi previsti dal d.-l. n. 681/1982 e dalla legge n. 869/1982. Se la riliquidazione in parola si fosse potuta operare dal 1 gennaio 1983, quest'ultima norma si paleserebbe inutiliter data. Esclusa, per quanto precisato, la possibilita' di dare ingresso alla soluzione ammissiva, resta da vedere se possa sollecitarsi la verifica di costituzionalita' dell'art. 6- bis della ripetuta legge n. 869/1982. La detta norma, disponendo, invero, la perequazione pensionistica soltanto per il personale dirigente collocato a riposo dopo il 30 giugno 1982, puo' determinare una disparita' di trattamento - non in linea con l'art. 3 della Costituzione - nell'ambito di una stessa categoria di pubblici dipendenti. Anche l'art. 36 della Costituzione potrebbe apparire, in qualche modo vulnerato. Non si ignora che la Corte costituzionale, piu' volte, ha precisato che la diversita' di trattamento di quiescenza, fra personale della stessa categoria collocato a riposo in epoche diverse, con comporta alcuna violazione della Costituzione. Cio, perche' il tempo e' fondamentalmente elemento di differenziazione delle situazioni giuridiche. Appare tuttavia logico che la diversita' - oltre che la data di cessazione - coinvolge qualche altro elemento necessario per la riliquidazione della pensione, in particolare, il trattamento d'attivita'. E' evidente che chi e' cessato dal servizio ad una determinata data, non ha titolo ad avere riliquidata la pensione sulla base di un trattamento di attivita' decorrente da data successiva alla sua cessazione. Nella fattispecie, pero' il trattamento di attivita' - sia sotto l'aspetto strutturale che sotto l'aspetto economico - e' perfettamente identico, per i dipendenti collocati a riposo sia nel primo che nel secondo semestre del 1982. In presenza quindi di una situazione giuridico - economica uguale (e non sono ravvisabili altri elementi di diversificazione), non puo' ritenersi giustificata la discriminazione pensionistica stabilita dall'art. 6-bis, che, come gia' precisato, e' una norma di perequazione e, come tale, dovrebbe avere lo scopo di assicurare a tutto il personale, che si trova nella stessa situazione, il medesimo trattamento di quiescenza. Il privilegiare - da parte della norma - alcuni dirigenti rispetto ad altri, versanti nella identica situazione, non appare ragionevole. La rilevata disparita' di trattamento pensionistico viola il principio di uguaglianza (art. 3 della Costituzione) posto in relazione con il principio della proporzionalita' tra retribuzione differita e lavoro prestato (art. 36 successivo). In definitiva, non appare manifestamente infondata la prospettata questione di legittimita') costituzionale dell'art. 6- bis della legge n. 869/1982, la cui rilevanza, ai fini della definizione del presente giudizio appare, per altro, evidente, dato che proprio in base a tale norma, e' stata denegata la richiesta del ricorrente di rideterminazione del trattamento pensionistico.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge 9 febbraio 1948, n. 23, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ordina che, sospeso il giudizio in corso, gli atti siano rimessi alla Corte costituzionale affinche', in relazione agli artt. 3 e 36 della Costituzione, sia risolta la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6- bis della legge 20 novembre 1982, n. 869, nella parte per cui non prevede la riliquidazione - in rapporto al trattamento d'attivita' dalla stessa legge introdotto - delle pensioni dei dirigenti cessati dal servizio anteriormente al 1 luglio 1982; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al procuratore generale di questa Corte ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati. Cosi' pronunciato in Roma, nella camera di consiglio del 15 febbraio 1988. Il Presidente f.f.: (firma illeggibile) 89C0493