N. 234 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 gennaio 1989
N. 234 Ordinanza emessa il 10 gennaio 1989 dal tribunale militare di Padova nel procedimento penale a carico di Solla Giovanni Reati militari - Furto militare - Applicazione della pena accessoria della rimozione dal grado, senza tener conto della gravita' o tenuita' del furto consumato - Questione gia' dichiarata inammissibile (n. 531/1987) - Richiamo ai principi della sentenza n. 971/1988 - Richiesta di riesame. (Cod. pen. mil., art. 230, terzo comma). (Cost., artt. 3 e 27).(GU n.20 del 17-5-1989 )
IL TRIBUNALE MILITARE Ha pronunciato la seguente ordinanza, nella causa contro Solla Giovanni, nato il 6 gennaio 1967 a Cagliari (frazione Pirri), atto di nascita n. 8.I.A., residente a Laives (Bolzano) in via Kennedy n. 297, celibe, terza media impossidente, incesurato, carabiniere nel 7 battaglione carabinieri "Trentino Alto-Adige" in Laives (Bolzano), libero imputato di furto militare aggravato (artt. 47, n. 2, 230, primo e secondo comma, del c.p.m.p.) perche', carabiniere del 7 battaglione carabinieri "Trentino Alto-Adige" in Laives (Bolzano), nella stazione c.c. di Venezia San Marco, anteriormente al 31 agosto 1988 in luogo militare imprecisato si impossessava, al fine di trarne profitto, di una paletta segnaletica (mat. c.c. 12586) che sottraeva all'amministrazione militare che la deteneva; con l'aggravante del grado rivestito. FATTO E DIRITTO A conclusione del dibattimento, celebratosi con la partecipazione dell'imputato, risulta provato l'elemento materiale, ed il corrispondente elemento sogettivo, del reato di furto militare descritto in rubrica. Della condanna, che dovrebbe essere pronunciata nei confronti del carabiniere Solla, deriverebbe ope legis la pena accessoria della rimozione dal grado, come stabilito dall'art. 230, terzo comma, del c.p.m.p. Ma questo tribunale dubita della legittimita' costituzionale di detta disposizione, dal momento che, come ha affermato la stessa Corte costituzionale (sentenza n. 971/1988) pronunciandosi sull'art. 85- a) del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, l'automatismo di cosi' gravi sanzioni appare in contraddizione con il principio di uguaglianza (art. 3 della Costituzione) che, postula la possibilita' di adeguare il trattamento sanzionatorio alla concreta gravita' dell'illecito. Del resto, alla medesima esigenza conducono i principi costituzionali in tema di responsabilita' penale (art. 27, primo e terzo comma, della Costituzione). La questione di costituzionalita', che si ripropone nel presente giudizio, gia' e' stata dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale (ordinanza n. 531/1987, nella considerazione che (per l'impossibilita' di emettere sentenze autoapplicative cosi' articolate da contenere previsioni diversificate o alternative) solo il legislatore sarebbe in grado di intervenire, come appare auspicabile, pe consentire al potere discrezionale del giudice di valutare tutte le modalita' e le circostanze che accompagnano il fatto, e di adeguare ad esse ed all'intensita' del dolo "l'uso ed una graduale commisurazione della sanzione accessoria" (sentenza n. 157/1985). Tuttavia, e' la stessa successiva evoluzione della giurisprudenza costituzionale ad indurre questo tribunale a denunciare ancora la questione di legittimita', nell'aspettativa di una revisione dell'accennato giudizio di inammissibilita'. A proposito dell'art. 85- a) del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, secondo cui l'impiegato civile dello Stato incorre nella destituzione di diritto allorche' abbia subito irrevocabile condanna per taluno dei reati nella stessa norma indicati, la Corte ha, infatti, inizialmente (sentenza n. 270/1986) dichiarato l'inammissibilita' della questione di legittimita', con motivazioni sostanzialmente analoghe a quelle espresse nella succitata decisione riguardante la pena accessoria militare. Ma in seguito, con la recente gia' citata sentenza n. 971/1988, la Corte ha superato le accennate difficolta', e tramite la dichiarazione di parziale illegittimita' del citato art. 85- a), nonche' di analoghe disposizioni concernenti altre categorie di pubblici dipendenti, ha conferito alla pubblica amministrazione il potere discrezionale di valutare le concrete modalita' e circostanze del reato, per cui e' intervenuta condanna, e di deliberare l'applicazione, o meno, della destituzione del pubblico dipendente. Non si vede, a questo punto, come la Corte costituzionale potrebbe ancora considerarsi incompetente ad eliminare le denunciate, e dalla stesa implicitamente gia' riconosciute sussistenti, illegittimita' derivanti dall'automatismo nell'applicazione della pena accessoria della rimozione del grado. Da un lato, nella recente citata sua decisione si riafferma che l'esigenza di un rapporto di adeguatezza tra la sanzione irrogabile ed il fatto concreto sia largamente tendenziale "nell'area punitiva penale e con identica incidenza anche nel campo disciplinare amministrativo". Dall'altro, ben si inserirebbe nel novero dei poteri propri del giudice penale una sua discrezionale decisione in merito all'applicazione, o meno, della pena accessoria. La questione di legittimita' dell'art. 230, terzo comma, del c.p.m.p. in relazione agli artt. 3 e 27 della Costituzione e' infine rilevante nel presente procedimento, dal momento che con la condanna il carabiniere Solla sarebbe automaticamente rimosso dal grado rivestito. In concreto, sarebbe in contraddizione con elementari criteri di giustizia distributiva che dall'illecita sottrazione ed appropriazione di non piu' che una paletta segnaletica, posta in essere per motivi che nella specie sarebbero probabilmente individuabili nel desiderio di avere in permanenza con se' un oggetto-simbolo dell'appartenenza dell'arma, derivino consegnenze cosi' gravi come quelle previste con la pena accessoria in discorso (perdita del grado, riduzione alla condizione di militare dell'ultima categoria, irreversibile cessazione dal servizio, necessita' della ricerca di un nuovo lavoro,.....).
P. Q. M. Letta la legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante nel presente giudizio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 230, terzo comma, del c.p.m.p. in relazione agli artt. 3 e 27 della Costituzione; Ordina la sospensione del procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che copia della presente ordinanza sia notificata a cura della cancelleria alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Padova, addi' 10 gennaio 1989 Il presidente estensore: ROSIN 89C0513