N. 248 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 ottobre 1986- 2 maggio 1989
N. 248 Ordinanza emessa il 3 ottobre 1986 (pervenuta alla Corte costituzionale il 2 maggio 1989) dalla commissione tributaria di secondo grado di Milano sul ricorso proposto da Ribolzi Cesare contro il primo ufficio distrettuale ii.dd. di Milano Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) - Deduzioni Mancata previsione della deducibilita' dal reddito complessivo del contribuente dell'onere delle spese di ospedalita' dovute a norma dell'art. 1 della legge 3 dicembre 1931, n. 1580, da parenti del ricoverato aventi diritto a succedere per legge a quest'ultimo, mortis causa - Incidenza negativa sull'adempimento di un dovere inderogabile di solidarieta' e sul diritto a mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di malattia. (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, come sostituito dalla legge 13 aprile 1977, n. 114, art. 5). (Cost., artt. 2 e 38).(GU n.20 del 17-5-1989 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso prodotto dal primo ufficio distrettuale delle imposte dirette di Milano, reparto XXII, avverso la decisione 3 aprile-11 ottobre 1984, n. 13446, pronunziato dalla commissione tributaria di primo grado di Milano, sezione XXII, su ricorso dell'avv. prof. Cesare Ribolzi; Letti gli atti; Sentito il dott. Giovanni Pallotta, rappresentante dell'ufficio distrettuale delle imposte appellante, in assenza dell'appellato, pur ritualmente e tempestivamente avvisato avv. Claudio Bertazzoli; Udito il relatore; RITENUTO IN FATTO Con ricorso del 12 marzo 1982 alla commissione tributaria di primo grado di Milano l'avv. Cesare Ribolzi impugno' l'iscrizione a ruolo per un reddito di L. 73.126.000, percepito nell'anno 1978, ed imponibile ai fini dell'Irpef, lamentando preliminarmente un difetto di motivazione del provvedimento e, nel merito l'avvenuta inspiegabile iscrizione a ruolo di un'imposta superiore - per una differenza di L. 4.610.000 - rispetto a quella dovuta. Il ricorrente prospetto' l'ipotesi che l'ufficio delle imposte non avesse ammeso in detrazione l'onere della retta di ricovero nella casa di riposo Molina di Varese della zia, signorina Vittorina Ribolzi, di ottantanove anni. Secondo il ricorrente, il quale concluse per l'annullamento della iscrizione a ruolo e per la restituzione delle somme nel frattempo corrisposte in base alla cartella esattoriale allegata in fotocopia, l'onere sarebbe stato deducibile benche' non risultante da atto o provvedimento giudiziario, non essendovi ragione di distinguere fra obbligazione di alimenti assunta per contratto e obbligazione, di identico contenuto, risultante da provvedimento giudiziario: pena la incostituzionalita' della norma che sancisse una siffatta irrazionale disparita' di trattamento. Con memoria depositata il 20 marzo 1984 l'avv. Ribolzi, richiamati i documenti dai quali risultava l'avvenuta assunzione dell'obbligo verso la casa di ricovero (contratto 7 aprile 1976) ed i conseguenti puntuali adempimenti, sviluppo' le ragioni per le quali, a suo giudizio, il nipote non sia tenuto a promuovere alcuna decisione giudiziale al fine di ottenere la deducibilita' - ai sensi dell'art. 10 del d.P.R. n. 597/1973 - dell'onere del pagamento della retta di ricovero di uno zio in una casa di riposo, in adempimento di un obbligo fondato sulla solidarieta' familiare, da adempiersi normalmente in modo spontaneo. Con la stessa memoria il ricorrente preciso' che l'onere, della cui deducibilita' si discuteva, aveva ad oggetto la corresponsione della retta del pensionato, pari al minimo indispensabile per il sostentamento in vita dell'assistita, e cioe' un onere di contenuto minore rispetto al pur analogo onere di corresponsione degli assegni alimentari alle persone indicate nell'art. 433 del codice civile. D'altra parte, sempre a detta del ricorrente, l'avvenuta assunzione per contratto dell'onere di corresponsione della retta di pensionato, normalmente predeterminato in via generale per tutti gli aspiranti al ricovero, costituiva sufficiente garanzia di corrispondenza dell'importo al minimo indispensabile, con conseguente inutilita' di un accertamento giudiziario della congruita' della somma impegnata. Con la stessa memoria del 20 marzo 1984 l'avv. Ribolzi accenno' al dubbio di incostituzionalita' dell'art. 4 della legge n. 114/1977, se restrittivamente interpretata, per contrasto con gli artt. 2, 31, 38 e 53 della Costituzione. L'ufficio non presento' deduzioni scritte, ma intervenne all'udienza del 3 aprile 1984, per mezzo di un suo funzionario. Con la decisione del 3 aprile 1984 - depositata l'11 ottobre dello stesso anno, e comunicata all'ufficio con elenco restituito il 13 ottobre successivo - la commissione tributaria di primo grado accolse il ricorso, giudicandolo fondamento sulle ragioni dedotte dal ricorrente nonche' sull'ormai acquisito dato che l'avv. Ribolzi, benche' non obbligato ex lege, si era assunto, sostituendosi alla pubblica amministrazione, un obbligo che non poteva non avere rilevanza in sede fiscale, alla luce del principio dell'unicita' della finanza pubblica, posto che il contribuente finisce con il versare un contributo assistenziale a persona anziana ed indigente, sostituendosi alla pubblica assistenza. Contro questa decisione ha proposto tempestivo ricorso in appello il primo ufficio distrettuale delle imposte dirette di Milano, con atto depositato nella segreteria della commissione tributaria di primo grado di Milano in data 12 dicembre 1984, denunciando la violazione dell'art. 10 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597. L'ufficio appellante ha riferito di avere iscritto a ruolo il contribuente, per i redditi conseguiti nell'anno 1978, in applicazione del disposto dell'art. 10 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, nel quale gli oneri deducibili sono tassativamente elencati: con esclusione, quindi, della deduzione di un onere di L. 2.659.000 non dipendente da testamento, ne' da adempimento di oneri modali imposti in contratti di donazione, ne' da provvedimento dell'autorita' giudiziaria pronunziato in materia di assegni alimentari. Secondo l'ufficio appellante "la natura stessa dell'obbligazione contrattuale e l'effettiva corresponsione delle somme, entrambe precisate e documentate dal contribuente" non apparivano sufficienti per far considerare deducibile l'onere in questione. Di qui la richiesta di annullamento della decisione impugnata, con conseguente conferma dell'operato dell'ufficio. L'atto di appello e' stato notificato in data 23 maggio 1985 all'avv. Ribolzi il quale, con atto depositato il 16 luglio successivo, dichiaro' di resistere all'accoglimento dell'appello, concludendo per la conferma della decisione impugnata. Con memoria depositata il 22 settembre 1986, poi, l'avv. Ribolzi, riprodotte le ragioni gia' sviluppate nella memoria del 20 marzo 1984, depositata in primo graso, ha insistito, in subordine, per l'accoglimento della eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge n. 114/1977, per contrasto con gli artt. 2, 31, 38 e 53 della Carta costituzionale, sottolineando la sussistenza di un proprio obbligo giuridico di provvedere al pagamento della retta di ricovero della zia - nel frattempo deceduta - nella casa di riposo "Molina" di Varese, argomentando dall'art. 1 della legge 3 dicembre 1931, n. 1580, che pone a carico degli eredi legittimi o testamentari l'obbligo di rivalere l'ente pubblico, che vi avesse provveduto, delle spese del ricovero del congiunto, al quale sia succeduto mortis causa. Il ricorso e' stato discusso all'udienza del 3 ottobre 1986 in assenza dell'appellato, pur ritualmente e tempestivamente avvertito. Il rappresentante dell'ufficio appellante ha concluso per l'accoglimento dell'appello. O S S E R V A Ritiene questa commissione che il generico riferimento ad un "principio dell'unicita' della finanza pubblica", fatto dalla commissione di primo grado per sesumere la deducibilita' dal reddito complessivo dell'onere in discussione, non sia sufficiente per sorreggere la decisione. Ammiesso, infatti, che il ricorrente, pagando le rette di ricovero dell'anziana parente nella casa di riposo "Molina" di Varese, si sia sostituito alla pubblica amministrazione nell'adempimento di un obbligo di assistenza, cio' non dimostrerebbe la deducibilita' dell'onere alla stregua del diritto vigente: per il quale, giusta l'esatto rilievo dell'ufficio appellante, sono deducibili soltanto gli oneri tassativamente indicati in apposita norma (art. 10 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, come sostituito - con effetto dal 1 gennaio 1976 - con l'art. 5 della legge 13 aprile 1977, n. 114). Questo sistema e' frutto di una scelta di politica legislativa che, quand'anche fosse criticabile in ipotesi sul piano della conformita' ai principi fondamentali dell'ordinamento, non e' certamente sindacabile dal giudice chiamato ad applicare la norma positiva. E questa norma non consente, come si e' accennato, la deduzione dal reddito complessivo del contribuente dell'onere sostenuto per il ricovero in una casa di riposo di una parente, non avente diritto agli alimenti (cfr. l'art. 10, primo comma, lett. h), del d.P.R. n. 597/1973, in relazione all'art. 433 del cod. civ.). Detto cio', questa commissione deve farsi carico dell'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 4 (rectius: art. 5) della legge 13 aprile 1977, n. 114, per contrasto con gli artt. 2, 31, 38 e 53 della Carta costituzionale, sollevata dal ricorrente avv. Cesare Ribolzi in primo grado, e riproposta in grado di appello. Il presente giudizio, infatti, non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale della norma sopra indicata, in quanto la deducibilita' o mino dell'onere controverso dipende dalla incostituzionalita' o meno del citato art. 5 della legge 13 aprile 1977, n. 144, in rapporto agli artt. 2, 31, 38 e 53 della Costituzione, ritualmente indicati dal contribuente appellato (essendo non controversi l'effettiva sussistenza del rapporto di parentela fra l'avv. Ribolzi e l'assistita, l'avvenuta assunzione con la casa di riposo dell'obbligo di corrispondere la retta, e l'effettivo adempimento di tale obbligo: fatti che, del resto, sono stato ampiamente provati con i documenti prodotti in primo grado). L'appellato osserva, in primo luogo, che non si giustifica razionalmente alcuna discriminazione, ai fini della deducibilita' dal reddito, fra oneri accertati dall'autorita' giudiziaria e oneri spontaneamente assunti nell'adempimento di un obbligo giuridico come quello della corrisponsione degli alimenti; ma l'osservazione (che meriterebbe forse di essere approfondita, in altra sede, con la considerazione della norma contenuta nell'alinea 3) del secondo comma dell'art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, giacche' un'ipotetica disparita' di trattamento puo' astrattamente configurarsi piuttosto fra contribuenti che possono dedurre dal reddito gli assegni alimentari pagati a seguito di provvedimento giurisdizionale e contributi che, avendo adempiuto spontaneamente il medesimo obbligo giuridico, beneficiano soltanto di una detrazione di imposta determinata in misura fissa, senza alcun riferimento alla particolarita' del caso concreto), non ha rilevanza in questo giudizio, nel quale non si discute di un obbligo alimentare, volta che, alla stregua dell'art. 433 del codice civile, non si possono pretendere alimenti dai figli di un fratello. Pertinente appare, invece, il secondo profilo dell'eccezione, che tocca direttamente l'esclusione dal novero degli oneri deducibili degli assegni corrisposti a favore di parenti in terzo grado, che, come nella specie, versino in stato di bisogno, non siano economicamente in grado di provvedere al proprio mantenimento, e necessitino di ricovero definitivo in istituto specializzato per difeto di autosufficienza fisica dovuta a malattia o all'eta' avanzata: sul presupposto che la corresponsione di tali assegni costituisce pur sempre adempimento cosi' di un dovere inderogabile di solidarieta' (contemplato nell'art. 2 della Costituzione), come di un obbligo giuridico vero e proprio, desumibile dall'art. 1 della lege 3 dicembre 1931, n. 1580, quando la misura dell'assegno non superi il limite delle spese di spedalita', corrispondente al limite dello stretto necessario per la sopravvivenza. Al riguardo si osserva che effettivamente l'avv. Ribolzi, parente in terzo grado dell'assistita e quindi avente titolo per succederle mortis causa (artt. 467, 468, 565, 570 del cod. civ.), avrebbe potuto essere chiamato - a norma dell'art. 1 della legge 3 dicembre 1931, n. 1580 - a rimborsare le spese di ricovero della zia da parte dell'ente publico che a tale ricovero avesse provveduto, nell'esercizio dei compiti indicati nell'art. 38 della Costituzione: non rilevando, ai fini dell'applicabilita' del citato art. 1 della legge n. 1580/1931, uno stato di poverta' del ricoverato, non accertato nei modi previsti dalle leggi amministrative (e non essendo stata dichiarata l'incostituzionalita' della norma in esame per contrasto con lo stesso art. 38 della Costituzione). Ed e' incontestabile che nell'obbligo di rimborsare le spese di spedalita', e' implicito l'obbligo primario di provvedere direttamente, da parte dei successibili ex lege, all'assistenza del parente inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere. Cio' vale ad escludere che l'avv. Cesare Ribolzi assumendo a proprio carico l'onere della retta di ricovero della parente nella casa di riposo, abbia agito nello iure cogente, per mero spirito di liberalita': nel qual caso l'indeducibilita' dell'onere sarebbe stata comunque giustificabile, nonostante l'obbligatorieta' dell'adempimento del contratto (liberamente) concluso con la casa di riposo. Non appare manifestamente infondato, dunque, il dubbio di incostituzionalita' dell'art. 5 della legge n. 114/1977, per contrasto con gli artt. 2 e 38 della Costituzione: onde la decisione della relativa questione deve essere rimessa alla Corte costituzionale, in ottempernza al disposto dell'art. 1 della l.c. 9 febbraio 1948, n. 1, e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Dichiara che non appare manifestamente infondata la sollevata eccezione di incostituzionalita' dell'art. 10 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, per contrasto con gli artt. 2 e 38 della Costituzione, nella parte in cui non provvede la deducibilita' dal reddito complessivo del contribuente dell'onere delle spese di spedalita' dovute a norma dell'art. 1 della legge 3 dicembre 1931, n. 1580, da parente del ricoverato avente diritto a succedere per legge a quest'ultimo, mortis causa; Dichiara che il giudizio di secondo grado promosso dal primo ufficio distrettuale delle imposte dirette di Milano con atto d'appello ad impugnazione della decisione 3 aprile-11 ottobre 1984 della commissione tributaria di primo grado su ricorso del contribuente Cesare Ribolzi, non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale sopra indicata; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, mandando alla segreteria per la notificazione di questa ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, e per la comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Sospende il giudizio di secondo grado in corso fino alla decisione della Corte costituzionale. Milano, addi' 3 ottobre 1986 (Seguono le firme) 89C0527