N. 284 SENTENZA 17 - 25 maggio 1989
Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione. Agricoltura - Regione Toscana - Produzioni di vini v.q.p.r.d. - Trasferimento del diritto al reimpianto di viti a favore di altra azienda su superfici predestinate - Disciplina e divieti di nuovi impianti - Non spettanza allo Stato - Annullamento parziale del decreto ministeriale impugnato - Disciplina concernente l'autorizzazione regionale all'esercizio del diritto trasferito - Garanzia di omogeneita' nell'intero territorio nazionale - Spettanza allo Stato. D.M. agricoltura e foreste 12 ottobre 1988, n. 469)(GU n.22 del 31-5-1989 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio promosso con ricorso della Regione Toscana notificato il 3 gennaio 1989, depositato in Cancelleria il 9 gennaio 1989 ed iscritto al n. 1 del registro ricorsi 1989, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Ministro dell'Agricoltura e Foreste del 12 ottobre 1988, n. 469 recante: "Disciplina del trasferimento del diritto di reimpianto, in regime di blocco di nuovi impianti di vite"; Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 21 febbraio 1989 il Giudice relatore Ugo Spagnoli; Uditi l'avv. Antonio Ragazzini per la Regione e l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso notificato il 3 gennaio 1989 e depositato il 9 gennaio 1989, la Regione Toscana ha sollevato conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro dell'Agricoltura e Foreste del 12 ottobre 1988, n. 469 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 5 novembre 1988, n. 260) recante "Disciplina del trasferimento del diritto di reimpianto, in regime di blocco di nuovi impianti di vite". Tale decreto provvede all'attuazione del Regolamento CEE n. 822 del 1987, nella parte in cui consente il trasferimento del diritto al reimpianto di viti a vantaggio di altra azienda su superfici destinate alla produzione di vini v.q.p.r.d. (vini di qualita' prodotti in regioni determinate) (art. 7, paragrafo 2, seconda parte). Ad avviso della ricorrente tale decreto invaderebbe la sua sfera di attribuzioni in materia di agricoltura (art. 117 Cost.), nella quale sarebbe ricompresa, secondo l'art. 6 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e la sentenza n. 304 del 1987 di questa Corte, anche la competenza a dare attuazione ai regolamenti comunitari. Osserva in particolare che nel caso di specie non sussisterebbe nessuno dei presupposti che, secondo la citata sentenza potrebbero giustificare, in via eccezionale, l'intervento dello Stato (necessita' di perseguire ben individuate esigenze unitarie, ovvero di garantire l'effettivo e puntuale adempimento di obblighi comunitari in caso di inerzia regionale o di eccezionali situazioni di urgenza in cui il tempestivo adempimento in sede regionale sia oggettivamente impossibile). L'atto impugnato infatti non potrebbe ritenersi espressione della funzione di indirizzo e coordinamento, per la mancanza, sotto il profilo formale, dell'apposita legge idonea a garantire il rispetto del principio di legalita', e, sotto il profilo sostanziale, di ogni indicazione dei principi cui le Regioni (e Province autonome) debbano attenersi nell'esprimere avviso favorevole al trasferimento dei diritti di reimpianto nel proprio territorio. Ne' l'atto impugnato potrebbe ritenersi inteso a perseguire finalita' programmatorie, non recando esso norme di principio o di programma. Il decreto ministeriale non potrebbe neppure ritenersi adottato in esercizio del potere statale di sostituzione, facendo difetto, nella specie, sia i requisiti previsti dall'art. 6 d.P.R. n. 616 del 1977, sia la situazione di urgenza determinata, per l'imminente scadenza di termini, dalla necessita' di tempestivo adempimento di obblighi comunitari. 2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso, obbiettando che il decreto ministeriale non avrebbe ad oggetto la materia "agricoltura", ma esclusivamente una facolta' compresa nel diritto di proprieta', ovvero nel diritto di iniziativa economica, dei singoli. La disciplina dell'argomento, estesa a tutto il territorio nazionale, non potrebbe che spettare allo Stato, cio' che - a suo avviso - troverebbe conferma nel fatto che quando essa "stava per avvicinarsi alla materia agricola", il decreto rinvia alla competenza regionale, prevedendo il parere favorevole delle Regioni nelle quali dovra' essere esercitato il diritto di reimpianto (art. 2, ultima). Di conseguenza, il richiamo alla sentenza n. 304 del 1987 di questa Corte sarebbe non pertinente, anche perche' l'atto in questione non sarebbe un atto d'indirizzo e coordinamento, pur se inteso anche a soddisfare esigenze unitarie, potendo il trasferimento del diritto riguardare regioni diverse. La lamentata mancanza dei criteri necessari alle Regioni per esprimere il proprio parere favorevole ai trasferimenti concernenti il proprio territorio, confermerebbe poi che il decreto impugnato non intenderebbe incidere nella materia dell'agricoltura, mentre non potrebbe trascurarsi che, poiche' il suddetto parere riguarderebbe, in sostanza, la richiesta di nuovo impianto, tali criteri sarebbero gia' stati posti con la circolare del Ministro dell'Agricoltura del 28 giugno 1984 prot. n. 87492, in relazione al punto 11 dell'art. 1 del precedente Regolamento CEE n. 1208 del 1984. Infine, il difetto dell'urgenza del provvedimento sarebbe irrilevante, non trattandosi di materia di spettanza regionale, e comunque, ragioni di urgenza sarebbero pur sempre presenti, dovendo il reimpianto essere disciplinato prima del periodo autunno-inverno in cui deve essere effettuato. In prossimita' dell'udienza l'Avvocatura ha presentato una memoria in cui ribadisce le deduzioni e le conclusioni gia' espresse nell'atto di costituzione, e ha esibito copia della circolare ministeriale n. 87492 del 1984 che fissa i criteri unitari per l'autorizzazione regionale di nuovi impianti, per superfici destinate alla produzione di vini v.q.p.r.d.; Considerato in diritto 1. - Il Regolamento C.E.E. n. 822 del 1987 del Consiglio del 16 marzo 1987, relativo all'organizzazione del mercato vitivinicolo, nel consentire, in regime di blocco di nuovi impianti, il trasferimento totale o parziale del diritto di reimpianto di viti verso superfici appartenenti ad azienda diversa da quella originaria e destinate alla produzione di vini di qualita' prodotti in regioni determinate (v.q.p.r.d.), prevede che tale trasferimento avvenga "alle condizioni fissate dallo Stato membro interessato" (art. 7, par. 2). Il Regolamento in esame e' dunque, per questa parte, non "autosufficiente", avendo un contenuto dispositivo incompleto e percio' insuscettibile di immediata applicazione. Il Ministro dell'agricoltura, con il decreto impugnato, ha inteso - come risulta anche dal preambolo - specificare le misure normative necessarie per rendere possibile l'esecuzione della disposizione comunitaria da parte dei soggetti interessati e delle pubbliche autorita'. La Regione Toscana, promuovendo il presente conflitto, si duole che, cosi' facendo, il decreto in questione, investendo la materia "agricoltura" ad essa demandata, abbia invaso la sua competenza a dare attuazione, anche in via normativa, al suddetto Regolamento C.E.E., poiche' mancherebbero, nella specie, i presupposti e i requisiti necessari, anche secondo la giurisprudenza di questa Corte, per giustificare una simile ingerenza dell'autorita' statale. L'Avvocatura dello Stato obietta che il medesimo decreto non lede la competenza regionale, avendo ad oggetto specifico il solo trasferimento del diritto di reimpianto, il quale oltretutto, per concernere l'intero territorio nazionale, abbisognerebbe di una disciplina unitaria. Lo stesso decreto inoltre, ove richiede il previo parere favorevole delle regioni nel cui territorio dovra' esercitarsi il diritto trasferito, sarebbe pienamente rispettoso delle attribuzioni ad esse costituzionalmente riconosciute. 2. - Il decreto ministeriale in esame contiene diverse disposizioni destinate ad incidere variamente anche nella sub-materia della produzione vitivinicola e dunque ad investire, sia pure per profili particolari, la materia dell'agricoltura, demandata alle Regioni. In particolare, nell'ambito di tale sub-materia, come riconosce pure la circolare ministeriale n. 23891 dell'11 ottobre 1980 citata nel preambolo del decreto e recante "note illustrative ed adempimenti inerenti la normativa comunitaria sul 'pacchetto vino' (Gazzetta Ufficiale C.E.E. L.57 del 29 febbraio 1980)", spetta alle Regioni (e alle Province autonome) la competenza a riconoscere in concreto il diritto di reimpianto di viti, "in quanto destinatarie della documentazione che lo attesta". L'atto impugnato dunque, laddove integra con norme particolari la regolamentazione comunitaria del trasferimento di tale diritto investe, senza presentare peraltro le caratteristiche strutturali di un intervento di mero indirizzo e coordinamento, un aspetto specifico di un istituto, la cui concreta attuazione nell'ordinamento interno risulta rimessa in via generale alle autorita' regionali. Cio' premesso, deve osservarsi che, a differenza di quanto ritiene la ricorrente, talune previsioni del decreto appaiono in effetti sorrette da indubbie esigenze unitarie che impongono una disciplina identica in tutto il territorio nazionale degli specifici oggetti regolati, anche perche' incidenti in situazioni giuridiche soggettive di privati esercitabili, in ipotesi, pure con riguardo a superfici appartenenti a regioni diverse: cosi' per quanto concerne la previsione che il trasferimento del diritto avvenga per atto notarile opportunamente registrato (art. 1); che l'atto di compravendita riporti le generalita' dei proprietari delle aziende contraenti, gli estremi catastali delle superfici interessate all'operazione, la rinuncia del cedente ad esercitare il diritto sulle superfici estirpate; che il contratto sia trascritto nei registri immobiliari del territorio in cui e' situata l'azienda cedente (art. 3). Tuttavia, per questa parte, l'intervento statale, pur inteso correttamente a perseguire le ricordate finalita' generali, non e' stato adottato nella forma della legge (o atto equiparato) o almeno sulla base di una disciplina legislativa idonea a fornirgli adeguato supporto - come peraltro richiesto anche dalla "riserva" stabilita dagli artt. 41 e 42 della Costituzione - e percio' si risolve in una compressione indebita delle attribuzioni anche legislative della regione ricorrente (cfr. sentenza n. 304 del 1987). Egualmente invasivo di tali attribuzioni, ma per diversa ragione, e' poi l'art. 5 del decreto contestato. Tale articolo, sancendo come conseguenza della cessione del diritto di reimpianto - la radicale preclusione di ogni possibilita' per l'azienda cedente di richiedere, nell'azienda stessa, l'autorizzazione di nuovi impianti di viti, in deroga al blocco, previsti per le superfici a denominazione di origine controllata a norma dell'art. 6 Reg. CEE n. 822 del 1987, implica, specularmente, il totale diniego del correlativo potere autorizzatorio in capo alle autorita' competenti. Ma tale potere spetta in via generale alle Regioni (e Province autonome), come espressamente riconosciuto nello stesso preambolo dell'atto impugnato e come peraltro ribadito anche dalla circolare ministeriale n. 87492 del 28 giugno 1984, esibita dall'Avvocatura. Poiche' pero' non e' dato desumere dal testo del decreto ministeriale, ne' e' ricavabile aliunde, l'esistenza di un interesse unitario che esiga non la semplice prefissione di uniformi criteri orientativi, ma, addirittura, la soppressione in toto del potere delle Regioni nel caso di specie, deve concludersi che l'adozione di tale drastica misura si traduce, in una illegittima delimitazione delle attribuzioni di loro competenza. 3. - A diverse conclusioni deve invece giungersi per le disposizioni del decreto (contenute negli artt. 2 e 3) che prevedono l'indispensabile previo assenso regionale all'esercizio del diritto oggetto del trasferimento. Tali previsioni infatti costituiscono un riconoscimento della competenza regionale e non privano gli organi degli enti autonomi della facolta' di disciplinare i criteri relativi, ovviamente nell'ambito di quanto previsto dalla normativa comunitaria. Egualmente non invasive della competenza regionale sono sia la norma che impone l'obbligo di comunicazione delle copie degli atti di trasferimento agli organi delle regioni interessate all'estirpazione e al reimpianto (art. 4) sia la disposizione che indica il termine entro il quale tali organi debbono a loro volta comunicare al Ministero i dati relativi all'entita' delle aziende e delle superfici interessate dai trasferimenti (art. 6). Si tratta di adempimenti che sono indispensabili per garantire, con la necessaria omogeneita' nell'intero territorio nazionale, la possibilita' di conoscenza del fenomeno in questione, e cio' sia allo scopo di consentire i dovuti controlli nelle diverse sedi competenti, sia al fine di mettere in grado l'autorita' statale di ottemperare all'obbligo, imposto dall'art. 9 dello stesso Regolamento C.E.E., di informarne gli organismi comunitari.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara che non spetta allo Stato di disciplinare mediante decreto ministeriale gli oggetti di cui agli artt. 1 e 3 (salvo che per la parte concernente l'autorizzazione regionale all'esercizio del diritto trasferito), del decreto del Ministro dell'agricoltura del 12 ottobre 1988, n. 469 e di conseguenza annulla tale decreto limitatamente a tali disposizioni; Dichiara che non spetta allo Stato vietare qualsiasi autorizzazione di nuovi impianti di viti, previsti per le superfici a denominazione di origine controllata a norma dell'art. 6 del Regolamento CEE n. 822 del 1987, a favore di chi abbia ceduto il diritto di reimpianto di viti e di conseguenza annulla l'art. 5 del decreto del Ministro dell'agricoltura del 12 ottobre 1988, n. 469; Dichiara che spetta allo Stato di adottare la disciplina di cui agli artt. 2 e 3 (limitatamente alla parte concernente l'autorizzazione regionale all'esercizio del diritto trasferito), nonche' 4 e 6 del decreto del Ministro dell'agricoltura del 12 ottobre 1988, n. 469. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 maggio 1989. Il Presidente: SAJA Il redattore: SPAGNOLI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 25 maggio 1989. Il direttore della cancelleria: MINELLI 89C0597