N. 284 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 dicembre 1986- 24 maggio 1989
N. 284 Ordinanza emessa il 19 dicembre 1986 (pervenuta alla Corte costituzionale il 24 maggio 1989) dal tribunale di Como nel procedimento civile vertente tra S.p.a. R.A.S Riunione adriatica di sicurta' e Maestri Dario Lavoro (rapporto di) - Divieto per le rappresentanze aziendali dei lavoratori, eccettuate quelle legittimate ai sensi dell'art. 19 dello statuto dei lavoratori, di fruire per i loro dirigenti di permessi retribuiti allo scopo di svolgere attivita' sindacale Ingiustificata disparita' di trattamento delle organizzazioni sindacali, in base alla rappresentativita' - Incidenza sul principio della liberta' di associazione sindacale. (Legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 19, comb. disp. 17 e 23). (Cost., artt. 3 e 39).(GU n.24 del 14-6-1989 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa promossa dalla R.A.S. Riunione adriatica di sicurta' S.p.a., avv. L. Gelpi; contro Maestri Dario, avv. L. Grugnola. PREMESSO IN FATTO Con ricorso depositato il 25 novembre 1981 Maestri Dario conveniva in giudizio davanti al pretore di Milano la R.A.S. S.p.a. per sentir dichiarare il suo diritto, quale dirigente della rappresentanza costituita nell'azienda dal sindacato "Assi Ras" di fruire, in virtu' di un tacito accordo, o comunque di riconoscimento tradotto in prassi aziendale uniforme o generalizzata, di permessi retribuiti per l'esercizio dell'attivita' sindacale ex art. 23 della legge 20 maggio 1970, n. 300, cosi' come avvenuto fino all'8 maggio 1981, e per sentir conseguentemente condannare la societa' convenuta alla restituzione degli importi trattenuti dalla retribuzione per le ore di permesso sindacale fruite. Si costituiva la R.A.S. S.p.a. contestando il fondamento delle suddette richieste e chiedendo il rigetto delle domande ex adverso formulate. Il pretore, con sentenza 26 novembre 1982 accoglieva il ricorso, dichiarando il diritto di Maestri Dario ad usufruire dei permessi retribuiti nei limiti di cui all'art. 23 citato, ovvero nei limiti di clausole piu' favorevoli di contratti collettivi applicati in azienda e condannando la convenuta a restituire al ricorrente gli importi trattenuti relativamente ai permessi sindacali goduti, oltre interessi e rivalutazione. Avverso questa sentenza la R.A.S. S.p.a. proponeva appello avanti il tribunale di Milano contestando l'esistenza nell'ambito aziendale di una rappresentanza sindacale, sia pure di mero fatto, dell'organizzazione "Assi Ras" per mancanza dei requisiti previsti dall'art. 19 della legge n. 300/1970 e comunque deducendo la nullita' di qualsiasi regolamentazione pattizia, ovvero prassi aziendale, volta alla concessione dei benefici previsti dal titolo III dello statuto a rappresentanze sindacali aziendali extra art. 19 citato. Avverso la sentenza 10 giugno 1983 del tribunale di Milano, confermativa di quella di primo grado, proponeva ricorso per cassazione la R.A.S. S.p.a. censurando la pronuncia impugnata: 1) sotto il profilo della insufficienza e contraddittorieta' della motivazione e della correlata violazione dell'art. 112 del cod. proc. civ. per aver accolto la domanda che il resistente aveva fondato sull'assunto della sua qualita' di dirigente di rappresentanza aziendale, senza che della sussistenza di questa e della addotta qualifica fosse stata data prova, sul semplice rilievo che lo stesso, come appartenente al sindacato, aveva fruito di permessi con le stesse modalita' dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali riconosciute; 2) sotto il profilo della carenza di motivazione e della violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 19 e 23 della legge 20 maggio 1970, n. 300, per aver ritenuto legittima l'astensione pattizia, ravvisata nel caso del trattamento che le norme indicate riservano agli esponenti dei sindacati maggiormente rappresentativi, anche ad altri sindacati, per i quali doveva invece ritenersi sussistente un divieto di ordine pubblico. La Corte di cassazione, con sentenza n. 783/1986 depositata il 2 febbraio 1986, accoglieva il ricorso cassando la sentenza del tribunale di Milano e rinviando la causa per nuovo esame a questo tribunale. Riassumeva la causa davanti al giudice di invio la R.A.S. S.p.a. Il Maestri si costituiva mediante deposito del fascicolo e di memoria difensiva. OSSERVA IN DIRITTO Il principio di diritto al quale il giudice di rinvio deve uniformarsi e' stato enunciato dalla suprema Corte nei seguenti termini: "Contrariamente a quel che il tribunale ha ritenuto... le disposizioni dell'art. 19 dello statuto dei lavoratori, senza porsi in contrasto col precedente art. 14 e con l'art. 39 della Costituzione, che stabiliscono il principio generale della liberta' di associazione e di attivita' sindacale, riserva la particolare facolta' di costituire rappresentanze aziendali in ragione, come e' detto nella sentenza della Corte costituzionale del 6 marzo 1974, n. 54, della necessita', da un canto, che le funzioni di tali rappresentanze "particolarmente incisive nella vita dell'attivita' produttiva", siano affidate ad associazioni dotate di speciale idoneita' e di evitare, dall'altro, gli effetti gravissimi che sul piano economico-sociale comporterebbe una atomizzazione sindacale, alle associazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale; e per converso evidentemente esclude - dato che nell'ipotesi contraria la ratio della norma rimarrebbe frustata - che analoghe rappresentanze possano essere costituite da sindacati non forniti dei requisiti richiesti. Anche il diritto di fruire di permessi retribuiti per lo svolgimento di attivita' sindacali, che l'art. 23 dello statuto attribuisce solo ai membri delle rappresentanze aziendali costituite secondo legge, resta pertanto escluso per gli appartenenti ad organizzazioni sindacali non legittimate; ed un'eventuale deroga pattizia a tale regola, risolvendosi per i beneficiari in un trattamento di favore, verrebbe a porsi, oltreche' contro il principio di ordine pubblico cui le indicate norme si informano, contro l'espresso divieto fatto ai datori di lavoro dall'art. 17 dello statuto "di... sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori". Ritiene il tribunale che le disposizioni di cui agli articoli 19, nonche' 17 e 23 in combinato disposto, della legge 20 marzo 1970, n. 300, interpretate nel senso proposto (e doveroso per questo giudice) dalla Corte di cassazione non possono sfuggire ad una censura di incostituzionalita' per contrasto con gli artt. 3 e 39 della Costituzione, donde la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale da sollevarsi nei termini e per i motivi esposti nella apposita istanza di parte appellata. In particolare si osserva che lo statuto dei lavoratori, all'art. 14, contiene una norma di carattere generale che stabilisce, in conformita' del precetto di cui all'art. 39 della Costituzione, che il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attivita' sindacale e' garantito a tutti i lavoratori all'interno dei luoghi di lavoro. Rispetto a tale principio la previsione contenuta nell'art. 19 ha carattere evidente di norma speciale, il cui campo di applicazione, come risulta anche dalla collocazione sistematica della norma stessa, e' riferito esclusivamente al tipo di rappresentanza sindacale aziendale disciplinato dalla legge. Poiche' l'attivita' sindacale all'interno dei luoghi di lavoro altro non e' se non un particolare aspetto della liberta' sindacale, assumente una propria fisionomia quando la sua estrinsecazione implica un'interferenza nella sfera giuridica altrui, si e' imposta la previsione di norme che ne definissero il contenuto. Sotto questo profilo l'art. 19 dello statuto e' norma a carattere definitorio, in quanto mira ad identificare quei soggetti ai quali sono applicabili le norme del titolo III: in altre parole individua quali caratteristiche debbano avere le rappresentanze sindacali aziendali per accedere alla c.d. legislazione di sostegno. Solo ad esse, nel sistema concepito dal legislatore, e' garantito ex lege il diritto, tra gli altri, di permessi retribuiti in favore dei propri dirigenti, in considerazione della loro rappresentativita' sul piano extra aziendale. Che la scelta in tal senso compiuta dal legislatore sia perfettamente razionale e consapevole e' stato riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza 6 marzo 1974, n. 54; in essa la ratio della disciplina e' stata individuata nella volonta' di evitare che singoli individui o piccoli gruppi isolati di lavoratori, costituiti in sindacati non aventi requisiti per attuare una effettiva rappresentanza aziendale, possano pretendere di espletare tale funzione compiendo indiscriminatamente nell'ambito dell'azienda attivita' non idonee e non operanti per i lavoratori e possano cosi' dar vita ad un numero imprevedibile di organismi, ciascuno rappresentante pochi lavoratori; organismi i quali, interferendo nella vita dell'azienda a difesa di interessi individuali i piu' diversi ed anche in contrasto fra loro abbiano il potere di pretendere l'applicazione di norme che hanno fini assai piu' vasti, compromettendo o quanto meno ostacolando l'operosita' aziendale, quella dell'imprenditore ed anche la realizzazione degli interessi collettivi degli stessi lavoratori. Ed allora, non qualunque aggregazione di lavoratori all'interno del luogo di lavoro puo' pretendere l'applicazione della c.d. legislazione di sostegno e, correlativamente, l'imprenditore non e' obbligato ex lege a riconoscere ad esse quegli specifici diritti sindacali che e' tenuto a garantire alle rappresentanze sindacali aziendali tipizzate nello statuto. Peraltro, se da un lato alle rapresentanze sindacali costituite in azienda fuori dai moduli previsti dall'art. 19, non puo' essere impedito l'esercizio di una generica attivita' sindacale e l'esplicazione di una dinamica conflittuale, dall'altro deve ammettersi la possibilita' di patti o usi con i quali l'imprenditore conceda o contratti l'estensione a rappresentanze sindacali aziendali extra art. 19 delle prerogative previste dal titolo III dello statuto, in tutto o in parte. Tale possibilita' non e' stata affatto esclusa dalla cennata sentenza della Corte costituzionale, la quale non ha condiviso la tesi, assolutamente minoritaria in dottrina e giurisprudenza, della natura "permissiva" della norma dell'art. 19, per cui solo i sindacati aventi i requisiti di cui alle lettere a) e b) della stessa sarebbero legittimati a costituire rappresentanze sindacali aziendali. Diversamente opinando ed interpretando le norme statutarie, come ha fatto la Corte di cassazione, nel senso che non soltanto la previsione legislativa garantisce in via esclusiva alle rappresentanze ex art. 19 la titolarita' dei diritti previsti dal titolo III (previsione ritenuta non contrastante con i principi costituzionali dal giudice delle leggi), ma al contempo vieta ad altre organizzazioni la possibilita' di acquisizione (con la conseguenza che una eventuale deroga pattizia, ponendosi "oltreche' contro il principio di ordine pubblico cui le indicate norme si informano, contro l'espresso divieto fatto ai datori di lavoro dall'art. 17 dello statuto di sostenere, con mezzi finanziari o altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori" comporterebbe la nullita' del negozio con cui i benefici sono stati accordati per nullita' dell'oggetto "illecito", si legittimano fondati dubbi di incostituzionalita'. L'asserito divieto per le organizzazioni sindacali diverse da quelle individuate dall'art. 19 di costituire proprie rappresentanze nei luoghi di lavoro e conseguentemente di ottenere dall'imprenditore la possibilita' di usufruire di permessi retribuiti per lo svolgimento dell'attivita' sindacale si pone senza dubbio in contrasto con l'art. 39 della Costituzione, che garantisce in via immediatamente precettiva la liberta' di organizzazione sindacale, all'esterno come all'interno dei luoghi di lavoro, in quanto cio' significherebbe precludere di fatto alle espressioni sindacali aziendali "diverse" quella possibilita' di accesso ai livelli di rappresentativita' di cui all'art. 19 dello Statuto, nonche' irrigidire il sistema delle relazioni in azienda in uno schema immutabile ed innaturale: da un lato le rapresentanze sindacali legittimate secondo i criteri di effettivita' dettati in via generale ed astratta dal legislatore, dall'altro le organizzazioni sindacali non aventi i requisiti dell'art. 19, magari presenti in azienda in forme maggioritarie e non necessariamente di comodo, che tali dovrebbero pero' essere sempre ritenute, indipendentemente dalla prova della volonta' di sostegno antisindacale dell'imprenditore. Ognun vede che in tal modo, ignorando le mutevoli realta' aziendali, si opererebbe una pietrificazione dello status quo con la conseguente impossibilita' o l'estrema improbabilita' che, contro la garanzia costituzionale di liberta' sindacale, riaffermata specificatamente per i luoghi di lavoro dall'art. 14 dello statuto, altri sindacati, privati del potere di costituire propri organismi in azienda e destinati a vedersi sempre annullare qualsiasi riconoscimento o spazio gia' ottenuto in virtu' di accordo o prassi uniforme, possano raggiungere quel grado di rappresentativita' che consentirebbe loro di accedere ex lege alla c.d. legislazione di sostegno. Ne discende altresi' la violazione dell'art. 3, secondo comma, della Costituzione perche', se e' legittimo riconoscere per legge particolari prerogative a chi ha raggiunto effettivi livelli di rappresentativita' alla stregua dei requisiti di cui all'art. 19, non possono tollerarsi discriminazioni tra organizzazioni sindacali quanto all'esistenza e all'esercizio della propria attivita'. Deve pertanto ritenersi la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 17, 19 e 23 della legge 20 maggio 1970, n. 300, in relazione agli artt. 3 e 39 della Costituzione, se interpretati nel senso di imporre il divieto per le rappresentanze aziendali dei lavoratori costituite al di fuori di quelle legittimate ex art. 19 dello statuto, in quanto espressione sempre e comunque di sindacati di comodo, di accedere pattiziamente a forme piu' o meno estese di tutela, ed in particolare alla possibilita' di fruire per i loro dirigenti di permessi retribuiti allo scopo di svolgere attivita' sindacale. La questione e' indubbiamente rilevante perche' il giudizio, concernente l'accertamento del diritto del ricorrente, quale dirigente della rappresentanza costituita nell'azienda dal sindacato "Assi Ras", di fruire in virtu' di un tacito accordo o comunque di riconoscimento tradotto in prassi aziendale uniforme, di pemessi retribuiti, non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3 e 39 della Costituzione e nei limiti di cui in motivazione la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 19, nonche' 17 e 23 combinato disposto della legge 20 maggio 1970, n. 300; Sospende, per effetto, il giudizio in corso ordinando l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Como, addi' 19 dicembre 1986 (Seguono le firme) 89C0644