N. 324 SENTENZA 18 maggio - 6 giugno 1989
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Ambiente - Provincia autonoma di Trento - Normazione in materia di smaltimento di rifiuti tossici - Competenza primaria Violazione - Atto di programmazione di competenza statale di carattere transitorio ed integrativo - Non fondatezza. D.-L. 9 settembre 1988, n. 397, artt. 1, quarto comma, 6, 7 e 8, convertito in legge 9 novembre 1988, n. 475, con modificazioni). Cost., artt. 9, 97 e 116; d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, artt. 8, nn. 5, 6 e 17, 9, nn. 10 e 16)(GU n.24 del 14-6-1989 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, prof. Renato DELL'ANDRO, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale del decreto-legge 9 settembre 1988, n.397, convertito con modificazioni in legge 9 novembre 1988, n.475 (Disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti industriali), promosso con ricorso della Provincia autonoma di Trento, notificato il 10 dicembre 1988, depositato in cancelleria il 20 dicembre 1988 ed iscritto al n. 37 del registro ricorsi 1988; Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 7 marzo 1989 il Giudice relatore Enzo Cheli; Uditi l'avv. Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento e l'avv. dello Stato Pier Luigi Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso notificato il 10 dicembre 1988 la Provincia autonoma di Trento ha impugnato gli artt.1, comma quarto, 6, 7 e 8 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, recante "Disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti industriali", convertito con modificazioni nella legge 9 novembre 1988, n. 475, per violazione degli artt. 9, 97 e 116 Cost. nonche' degli artt. 8 nn. 5, 6 e 17; 9 n. 10 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (Statuto speciale del Trentino-Alto Adige) e relative norme di attuazione. Nel ricorso si premette che la Provincia di Trento ha recentemente proceduto all'emanazione di un "Testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell'ambiente dagli inquinamenti" (delibera Giunta provinciale 9 settembre 1988, n.10050), che nella Parte III (artt. 63 e ss.) reca la disciplina dello smaltimento dei rifiuti. Ad avviso della ricorrente, la legge impugnata, sovrapponendosi alle procedure previste dalla legislazione provinciale, sarebbe costituzionalmente illegittima in quanto violerebbe la competenza legislativa primaria della Provincia in materia di urbanistica, tutela del paesaggio, lavori pubblici di interesse provinciale (art. 8 nn. 5, 6 e 17 del d.P.R. n. 670 del 1972), nonche' la competenza legislativa concorrente in materia di igiene e sanita' (art. 9 n. 10 del d.P.R. n. 670 del 1972), competenze da intendersi estese anche alla disciplina della tutela ambientale. Aggiunge la ricorrente che, nell'attuazione di tali competenze statutarie, essa si e' data una disciplina completa ed organica tanto in materia di tutela dell'ambiente dagli inquinamenti (Testo unico citato, approvato con deliberazione della Giunta provinciale 9 settembre 1988, n. 10050), quanto in tema di valutazione dell'impatto ambientale (legge prov. 29 agosto 1988, n. 28), e di lavori pubblici di interesse provinciale (legge prov. 3 gennaio 1983, n. 2). In particolare, il Testo unico delle leggi provinciali relative alla tutela dell'ambiente ha disciplinato esplicitamente lo smaltimento dei rifiuti, tenendo conto di tutta la disciplina statale in materia sino al decreto-legge 31 agosto 1987 n. 361, convertito nella legge 29 ottobre 1987 n. 441. Nel suddetto Testo unico sono state, infatti, distribuite le competenze in materia di smaltimento dei rifiuti; e' stata dettata la normativa per il piano provinciale di smaltimento dei rifiuti; sono stati regolati gli aspetti relativi alla gestione dei rifiuti urbani, dei rifiuti assimilabili e di quelli speciali nonche' alle discariche, agli impianti e tecnologie complesse, alle bonifiche, agli interventi di urgenza. Il sistema e' stato poi completato da una disciplina delle autorizzazioni, delle garanzie finanziarie e del trasporto, carico e scarico di rifiuti speciali, tossici e nocivi nonche' dalla creazione di un sistema informativo e dalla previsione di interventi di sensibilizzazione e di incentivazione. A questa organica disciplina risulta inoltre collegata la normazione relativa alla valutazione dell'impatto ambientale contenuta nella legge provinciale 29 agosto 1988, n. 28, dove si prevede la sottoposizione a tale valutazione dei vari impianti di smaltimento, a seconda della loro importanza. 2. - Secondo la Provincia autonoma di Trento il decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397 si sarebbe inserito nell'articolato disegno della normativa provinciale creando in piu' punti situazioni di incompatibilita' e di intralcio. In particolare, con riferimento agli artt. 6, 7 ed 8, la ricorrente ritiene che o si riconosce che detti articoli non si applicano alla Provincia di Trento oppure essi sono da considerare costituzionalmente illegittimi. Al riguardo si esclude che le tre disposizioni in questione - relative, rispettivamente, alla accelerazione delle procedure, agli impianti di iniziativa pubblica ed alla valutazione di compatibilita' ambientale - possano contenere norme di principio, ovvero esprimere un interesse nazionale, ovvero risultare vincolanti in virtu' della funzione di indirizzo e coordinamento. Con specifico riferimento alle procedure per la realizzazione e l'ampliamento degli impianti di smaltimento, previste dall'art. 6, la Provincia osserva che il Testo unico delle leggi provinciali gia' richiamato prevede in materia norme precise (artt. 95, 67, 69 e 84), di talche' nella disposizione impugnata rimarrebbe soltanto, come previsione ulteriore, il ricorso al Ministro per l'ambiente nel caso di mancata decisione, cioe' un potere assolutamente incompatibile con l'autonomia provinciale, specie versandosi in materia di competenza primaria. Altrettanto vale, sempre secondo la ricorrente, per l'art. 7, relativo agli impianti di iniziativa pubblica, che verrebbe ad incidere, senza apportare nessuna novita' di principio, sulle materie gia' regolate dagli artt. 95 e 96 del Testo unico. Del tutto illegittima sarebbe poi anche l'applicazione dell'art. 8 alla Provincia di Trento. Detta norma viene ritenuta incongrua e contraddittoria in quanto, mentre da un lato essa, attraverso il richiamo all'art. 3 bis del decretolegge n. 361 del 1987, convertito nella legge n. 441 del 1987, riconosce la competenza regionale (o provinciale) in tema di valutazione di impatto ambientale per gli impianti di smaltimento di rifiuti, demandando ad una "conferenza" regionale (o provinciale) l'istruttoria dei progetti relativi ai nuovi impianti, dall'altro attribuisce al Ministro dell'ambiente la valutazione di compatibilita', ipotizzando cosi' la partecipazione, con funzione decisionale, del Ministro ad un procedimento tutto interno alla Regione (o alla Provincia). La Provincia di Trento si sofferma poi sull'art. 1, quarto comma, dove si prevede, per la riduzione della quantita' e pericolosita' dei rifiuti prodotti, per il recupero di materiali e di energia e per la limitazione dell'uso di materiali non biodegradabili, l'assegnazione di contributi in conto capitale finalizzati alla promozione, da parte delle associazioni di categoria di artigiani e di commercianti, di societa' di servizi ambientali connessi all'applicazione delle disposizioni della legge. Ad avviso della ricorrente tale norma, se applicabile alla Provincia di Trento, sarebbe da considerare illegittima, non dovendo ritenersi ammissibile che lo Stato intervenga a finanziare attivita' svolte in materia di competenza provinciale. Simile conclusione varrebbe anche per quanto attiene ai mutui ventennali che la Cassa depositi e prestiti e' autorizzata a concedere a Comuni, Province e loro Consorzi, ai sensi dell'art. 7, comma terzo, del decreto-legge in esame. Infine, la Provincia ricorrente indirizza le sue censure contro l'art. 7, comma secondo, dello stesso decreto-legge, secondo cui, qualora entro il termine di sei mesi dalla definizione del programma di emergenza di cui all'art. 5 e della localizzazione degli impianti, la Regione non provveda all'affidamento delle concessioni di costruzione e di esercizio, il Ministro dell'ambiente interviene in via sostitutiva a mezzo di commissario straordinario nominato con proprio decreto. A giudizio della ricorrente anche questa disposizione, se applicabile alla Provincia di Trento, violerebbe le disposizioni costituzionali di riferimento e, soprattutto, non si uniformerebbe alle direttive enunciate dalla Corte costituzionale in tema di potere sostitutivo. A conclusione del suo ricorso la Provincia autonoma di Trento deduce anche la violazione dell'art. 9 Cost. (in relazione alla piu' recente giurisprudenza costituzionale, che ha riconosciuto l'esistenza di una competenza regionale -o provinciale - in materia di protezione ambientale e paesistica), nonche' dell'art. 97 Cost. (dal momento che la legge impugnata imporrebbe all'amministrazione provinciale di "disapplicare" la normativa provinciale in materia per far riferimento alle sole procedure previste negli artt. 6 e 7). 3. - Nel giudizio innanzi alla Corte si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. Nella memoria si evidenzia come la principale finalita' perseguita dalla disciplina di cui e' causa sia stata quella di promuovere - in tempi rapidi - un adeguamento dell'offerta di corretto smaltimento alla domanda dei produttori di rifiuti. Per raggiungere questo obiettivo, il decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397 ha introdotto un complesso di misure che, senza apportare radicali modifiche al regime di trattamento dei rifiuti risultante dal d.P.R. n. 915 del 1982 (attuativo delle direttive CEE n. 75/442, 76/402 e 78/319), sono essenzialmente rivolte a potenziare e migliorare il controllo e l'intervento pubblico, con l'ausilio temporaneo di iniziative di vera e propria emergenza. In particolare - sostiene l'Avvocatura - le innovazioni apportate dal decreto-legge n.397, facendo leva sia sulla responsabilizzazione dei produttori sia sul concorso dell'iniziativa pubblica, risultano dirette a ridurre la quantita' e la pericolosita' dei rifiuti (art. 1); a favorire la riutilizzazione dei rifiuti sia come fonti di energia sia come materie prime secondarie, suscettibili di essere impiegate in altri processi produttivi (artt. 1 e 2); a promuovere la realizzazione di impianti e di discariche costruite e gestite da imprese pubbliche (artt. 3, 5 e 7); a favorire il trattamento dei rifiuti ad opera dello stesso produttore, nonche' ad agevolare l'ampliamento degli impianti di smaltimento gia' autorizzati (artt. 4 e 6). Tali azioni sono dalla legge articolate nella forma di "programmi" (programma per la riduzione ed il recupero dei rifiuti di cui all'art. 1; programma di emergenza per l'adeguamento del sistema di smaltimento di cui all'art. 5), deliberati dal Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e degli altri Ministri interessati: e mentre il primo dei suindicati programmi ha valore di atto di indirizzo e coordinamento, il secondo e' adottato sentite le Regioni. Queste attivita', secondo l'Avvocatura, si inscriverebbero a pieno titolo nelle competenze appartenenti allo Stato ai sensi dell'art. 102 del d.P.R. n. 616 del 1977, in particolare per quanto concerne le voci di cui al n. 3 (rilevazione nazionale di fenomeni di inquinamento), al n. 5 (programmi di disinquinamento) e al n. 6 (provvedimenti straordinari a tutela dell'incolumita' pubblica). Inoltre - sempre secondo l'Avvocatura - la predisposizione e l'attuazione di questi programmi non potrebbero avere alcun effetto di intralcio nell'esercizio delle funzioni regionali e provinciali in tema di smaltimento dei rifiuti, dal momento che il programma per la riduzione ed il recupero dei rifiuti, costituendo una manovra di base per alleggerire le difficolta' inerenti al normale trattamento dei rifiuti secondo la disciplina generale vigente, non potrebbe che agevolare il normale svolgimento dei compiti di pertinenza delle Regioni e degli altri enti preposti al settore, mentre il programma di emergenza dovrebbe solo incidere in diversa misura sulle varie situazioni regolate dalle discipline regionali e provinciali, a seconda che gli assetti esistenti siano piu' o meno soddisfacenti in rapporto alle esigenze di protezione ambientale. In forza di queste considerazioni l'Avvocatura ritiene dimostrata la piena legittimita' costituzionale delle norme denunciate dalla ricorrente. E cio' in quanto gli artt. 1, quarto comma, e 7 del decreto-legge rappresenterebbero i contenuti operativi dei programmi statali sovramenzionati, mentre l'art. 6 si inscriverebbe nell'esigenza di agevolare l'azione degli operatori privati per lo smaltimento sia all'interno degli stabilimenti produttori sia con l'ampliamento degli impianti esistenti. Inoltre, l'intervento sostitutivo dello Stato, reso operante soltanto ad iniziativa del privato interessato, non interferirebbe con il normale svolgimento delle competenze regionali o provinciali se non nella misura in cui l'inerzia o il ritardo degli organi regionali e provinciali puo' essere tale da mettere in pericolo il raggiungimento dell'obiettivo primario di adeguare le strutture di smaltimento alle esigenze della produzione. Quanto, infine, alla competenza statale stabilita dall'art. 8 in tema di valutazione di compatibilita' ambientale dei progetti degli impianti di gestione dei rifiuti, essa troverebbe fondamento in ragioni gia' convalidate dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 210 del 1987. L'Avvocatura dello Stato chiede pertanto che il ricorso venga respinto perche' infondato. Considerato in diritto 1. - Formano oggetto d'impugnativa alcune norme del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, recante "Disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti industriali", convertito con modificazioni nella legge 9 novembre 1988, n. 475. In particolare, di tale decreto-legge vengono censurati: a) l'art. 1, quarto comma, dove si prevede l'assegnazione, nell'ambito del programma triennale per la riduzione ed il recupero dei rifiuti, di contributi in conto capitale diretti a promuovere societa' di servizi ambientali per lo smaltimento dei rifiuti industriali; b) l'art. 6, concernente l'accelerazione delle procedure relative all'approvazione regionale dei progetti di costruzione ed ampliamento degli impianti di smaltimento nonche' al rinnovo delle autorizzazioni scadute; c) l'art. 7, dove si disciplina la realizzazione, mediante concessione di costruzione e di esercizio, degli impianti e delle discariche di iniziativa pubblica, prevedendosi altresi' un potere sostitutivo del Ministro dell'ambiente nel caso di inattivita' delle Regioni; d) l'art. 8, concernente la valutazione di compatibilita' ambientale per i nuovi impianti di trattamento e di stoccaggio dei rifiuti urbani, speciali, tossici e nocivi. Ad avviso della Provincia autonoma di Trento la disciplina espressa da tali norme risulterebbe lesiva degli artt. 9, 97 e 116 Cost. nonche' delle competenze legislative ed amministrative conferite alla stessa Provincia dallo Statuto speciale in materia di urbanistica, tutela del paesaggio, lavori pubblici di interesse provinciale ed igiene e sanita' (artt. 8 n. 5, 6 e 17; 9 n. 10 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e relative norme di attuazione). La lesione della competenza provinciale - sempre ad avviso della ricorrente - risulterebbe altresi' aggravata dal fatto che, prima dell'adozione delle norme impugnate, la Provincia di Trento aveva provveduto ad emanare (con il T.U. approvato dalla Giunta provinciale di Trento il 9 settembre 1988, n. 10050) una disciplina organica della materia relativa alla tutela dell'ambiente dagli inquinamenti, nonche' una disciplina in tema di valutazione dell'impatto ambientale (legge provinciale n. 28 del 29 agosto 1988) e di lavori pubblici di interesse provinciale (legge provinciale n. 2 del 3 gennaio 1983). 2. - Le questioni sollevate non sono fondate. Il decreto-legge 9 settembre n. 397 del 1988, convertito con modificazioni nella legge n. 475 del 1988, ha provveduto ad adottare, in via di urgenza, alcune disposizioni in tema di smaltimento dei rifiuti industriali, che hanno in parte modificato la precedente disciplina - sempre posta in via di urgenza - adottata con la legge n. 441 del 1987, concernente la conversione del decreto-legge n. 361 del 1987. Il nuovo intervento, a meno di un anno di distanza dal precedente, e' stato determinato dall'accentuarsi della situazione di emergenza connessa alle necessita' dello smaltimento dei rifiuti industriali nonche' dall'allarme suscitato nell'opinione pubblica dal succedersi di episodi che hanno concorso sempre piu' a illuminare la gravita' del problema. Il decreto-legge n. 397 si e' venuto, pertanto, a caratterizzare come intervento destinato ad affrontare una situazione eccezionale con mezzi straordinari, al fine di restaurare, entro tempi ragionevolmente brevi e attraverso il concorso tra iniziativa pubblica e imprese private, una situazione di normalita' nel settore: e questo anche al fine di ottemperare a precisi doveri imposti in sede comunitaria (direttive CEE nn. 75/442; 76/403 e 78/319, attuate mediante il d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915). Tali esigenze affiorano con evidenza particolare nei contenuti e nelle procedure dei due strumenti di programmazione previsti dal decreto-legge ed affidati alla competenza del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e degli altri ministri interessati: cioe' del programma triennale (con valore di atto di indirizzo e coordinamento) per ridurre la quantita' e la pericolosita' dei rifiuti prodotti nonche' per favorire il recupero di materiali o di energia e limitare l'uso di materiali non biodegradabili (art. 2); e del programma di emergenza volto ad individuare un sistema integrato di aree di stoccaggio, di impianti di smaltimento e di discariche in grado di garantire la copertura del fabbisogno programmato e di fronteggiare le situazioni piu' urgenti (art. 5). La disciplina in esame si collega,quindi, nel suo nucleo essenziale, ad una esigenza di protezione connessa a valori costituzionali primari (quali quelli espressi dagli artt. 32 e 9 Cost.) nonche' a finalita' straordinarie di tutela dell'incolumita' pubblica (quali quelle che il d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, in sede di ripartizione delle competenze amministrative concernenti la tutela dell'ambiente dagli inquinamenti, ha ritenuto di dover riservare alla competenza dello Stato: art. 102 n. 6). 3. - Queste premesse consentono di valutare in concreto le singole censure enunciate nel ricorso. Va, in primo luogo, affermata la palese infondatezza della questione prospettata nei confronti del quarto comma dell'art. 1, in tema di assegnazione di contributi in conto capitale, nel limite massimo di 20 miliardi, da parte dello Stato. Con tale norma si rinvia al programma triennale, di cui al primo comma dello stesso art. 1, la previsione dei "criteri" e delle "modalita'" per l'assegnazione di tali contributi, finalizzati alla promozione di societa' di servizi ambientali su iniziativa delle associazioni di categoria di artigiani e commercianti. Ora - a parte ogni rilievo circa il carattere preliminare della norma che potrebbe escludere, allo stato, finanche la presenza di un interesse attuale all'impugnativa - nessuna lesione della competenza provinciale puo' essere configurata in relazione alla previsione di un finanziamento di tipo straordinario connesso ad un atto di programmazione di competenza statale, cui la stessa legge ha conferito il valore di atto di indirizzo e di coordinamento. Per gli stessi motivi va esclusa anche l'illegittimita' della disposizione espressa nell'art. 7, terzo comma, del decreto-legge impugnato, dove si autorizza la Cassa depositi e prestiti a concedere a comuni, province e loro consorzi, nonche' ad aziende municipalizzate, mutui ventennali rimborsabili con onere a carico dello Stato ai fini della costruzione di impianti di smaltimento di iniziativa pubblica: anche in questo caso, infatti, l'intervento finanziario concerne l'attuazione di un programma di competenza statale, quale quello relativo all'adeguamento del sistema di smaltimento, e connotato, per giunta, nella stessa disciplina, con i caratteri dell'emergenza (art. 7, primo comma, con riferimento all'art. 5, quinto comma, del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397). 4. - Del pari infondate risultano le censure riferite agli artt. 6, 7 e 8 in tema di accelerazione delle procedure, di impianti di iniziativa pubblica e di valutazione di compatibilita' ambientale. L'art. 6 ha introdotto una disciplina transitoria - limitata nella sua efficacia al 31 dicembre 1989 - destinata a ridurre i tempi dell'approvazione da parte delle regioni (o delle province autonome) dei progetti relativi all'attuazione o all'ampliamento degli impianti di smaltimento nonche' del rinnovo delle autorizzazioni scadute. Tale disciplina non deroga alle norme procedurali poste dalla provincia con il richiamato T.U. in materia di tutela dell'ambiente dagli inquinamenti (approvato dalla Giunta provinciale il 9 settembre 1988), ma si limita a integrare tali norme mediante l'apposizione di un termine finale per lo svolgimento delle diverse procedure di approvazione e la successiva possibilita' di ricorso al Ministro per l'ambiente. L'una e l'altra previsione appaiono, pertanto, giustificate dalla necessita' di provvedere, in via transitoria, alla situazione di emergenza che ha ispirato l'intero decreto-legge di cui e' causa. L'art. 7 regola la realizzazione da parte delle regioni (o delle province autonome) degli impianti e delle discariche previsti nel piano di emergenza di cui all'art. 5, prevedendo l'espletamento di gare esplorative ed il conseguente affidamento in concessione ad imprese pubbliche e private della costruzione e dell'esercizio degli impianti e delle discariche. Anche tale disciplina, in quanto strettamente collegata all'attuazione concreta del piano di emergenza, trova la sua giustificazione fondamentale nella situazione eccezionale maturata nel settore in esame, che ha imposto al legislatore statale un intervento transitorio e urgente. In questo quadro ed entro questi limiti risulta, d'altro canto, giustificato anche il potere d'intervento sostitutivo riconosciuto - dal secondo comma dell'art. 7 - al Ministro dell'ambiente nell'ipotesi in cui, entro sei mesi dalla definizione del piano di emergenza e della localizzazione degli impianti, la regione (o la provincia autonoma) non abbia provveduto all'affidamento delle concessioni di costruzione e di esercizio. Tale potere, riferito ad un organo del Governo centrale, oltre a trovare il suo fondamento nell'esigenza del rispetto di un termine perentorio fissato dalla legge ai fini dell'intervento regionale, appare, infatti, proporzionato alla necessita' di far salvo un interesse primario quale quello connesso alla tempestiva attuazione del piano nazionale di emergenza (v. sentt. n. 177 del 1988 e n. 101 del 1989). Va, infine, respinta la censura formulata nei confronti dell'art. 8, che attribuisce al Ministro dell'ambiente la valutazione di compatibilita' con le esigenze ambientali di cui all'art. 3- bis del decreto-legge n. 361 del 1987, convertito nella legge n. 441 del 1987 - dove la competenza risulta, invece, riferita alla Giunta regionale -, fatti salvi il procedimento ed i termini temporali fissati dallo stesso art. 3-bis. La norma si riferisce chiaramente agli impianti di cui al precedente art. 7 del decreto-legge n. 397 e va, pertanto, anch'essa inquadrata nel programma di emergenza di cui all'art. 5, quarto comma, destinato a individuare un sistema integrato di aree di stoccaggio e di pretrattamento nonche' di impianti e discariche necessari alla copertura del fabbisogno programmato ed a fronteggiare le situazioni piu' urgenti. In questo quadro, ispirato ad un'esigenza di contemperamento dei diversi interessi locali alla protezione ambientale secondo un'ottica nazionale, la scelta operata dalla norma - nel ricalcare l'impianto dell'art. 6 della legge 8 luglio 1986 n. 349 (Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale), anche alla luce dei principi seguiti da questa Corte con la sentenza n. 210 del 1987 - non merita censura dal momento che consente, da un lato, la collaborazione tra potere centrale e poteri locali ai fini dell'istruttoria e dell'approvazione dei singoli progetti, mentre, dall'altro, non intacca le competenze, diverse dalla valutazione dell'impatto ambientale, attribuite dalla legge ai poteri locali in ordine alla realizzazione di tali impianti.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 1, quarto comma, 6, 7 e 8 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, recante "Disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti", convertito con modificazioni nella legge 9 novembre 1988, n. 475, sollevate, con il ricorso di cui in epigrafe, dalla Provincia autonoma di Trento in relazione agli artt. 9, 97 e 116 Cost. ed agli artt. 8, n. 5, 6 e 17; 9 n. 10 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e delle relative norme di attuazione. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 maggio 1989. Il Presidente: SAJA Il redattore: CHELI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 6 giugno 1989. Il direttore della cancelleria: MINELLI 89C0658