N. 324 SENTENZA 18 maggio - 6 giugno 1989

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.  Ambiente
 - Provincia autonoma di Trento - Normazione in materia di smaltimento
 di rifiuti tossici - Competenza primaria Violazione - Atto di
 programmazione di competenza statale di carattere transitorio ed
 integrativo - Non fondatezza.  D.-L. 9 settembre 1988, n. 397, artt.
 1, quarto comma, 6, 7 e 8, convertito in legge 9 novembre 1988, n.
 475, con modificazioni).  Cost., artt. 9, 97 e 116; d.P.R. 31 agosto
 1972, n. 670, artt.  8, nn. 5, 6 e 17, 9, nn. 10 e 16)
(GU n.24 del 14-6-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, prof. Renato DELL'ANDRO,  avv.
 Ugo   SPAGNOLI,   prof.   Francesco  Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio
 BALDASSARRE, prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.
 Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  del  decreto-legge 9
 settembre 1988,  n.397,  convertito  con  modificazioni  in  legge  9
 novembre  1988, n.475 (Disposizioni urgenti in materia di smaltimento
 dei  rifiuti  industriali),  promosso  con  ricorso  della  Provincia
 autonoma  di  Trento,  notificato  il 10 dicembre 1988, depositato in
 cancelleria il 20 dicembre 1988 ed iscritto al  n.  37  del  registro
 ricorsi 1988;
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica del 7 marzo 1989 il Giudice relatore
 Enzo Cheli;
    Uditi  l'avv.  Valerio Onida per la Provincia autonoma di Trento e
 l'avv. dello Stato Pier Luigi Ferri per il Presidente  del  Consiglio
 dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ricorso  notificato  il  10 dicembre 1988 la Provincia
 autonoma di Trento ha impugnato gli artt.1, comma quarto, 6,  7  e  8
 del  decreto-legge  9  settembre  1988, n. 397, recante "Disposizioni
 urgenti  in  materia  di  smaltimento   dei   rifiuti   industriali",
 convertito con modificazioni nella legge 9 novembre 1988, n. 475, per
 violazione degli artt. 9, 97 e 116 Cost. nonche' degli artt. 8 nn. 5,
 6  e  17;  9  n.  10  e  16 del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (Statuto
 speciale del Trentino-Alto Adige) e relative norme di attuazione.
    Nel ricorso si premette che la Provincia di Trento ha recentemente
 proceduto all'emanazione di un "Testo unico delle  leggi  provinciali
 in  materia  di  tutela  dell'ambiente  dagli inquinamenti" (delibera
 Giunta provinciale 9 settembre 1988, n.10050), che  nella  Parte  III
 (artt. 63 e ss.) reca la disciplina dello smaltimento dei rifiuti.
    Ad  avviso  della  ricorrente, la legge impugnata, sovrapponendosi
 alle  procedure  previste  dalla  legislazione  provinciale,  sarebbe
 costituzionalmente  illegittima  in  quanto  violerebbe la competenza
 legislativa primaria  della  Provincia  in  materia  di  urbanistica,
 tutela  del paesaggio, lavori pubblici di interesse provinciale (art.
 8 nn. 5, 6 e 17 del d.P.R. n. 670 del 1972),  nonche'  la  competenza
 legislativa  concorrente in materia di igiene e sanita' (art. 9 n. 10
 del d.P.R. n. 670 del 1972), competenze da  intendersi  estese  anche
 alla disciplina della tutela ambientale.
    Aggiunge  la  ricorrente  che,  nell'attuazione di tali competenze
 statutarie, essa si e' data una disciplina completa ed organica tanto
 in  materia  di  tutela dell'ambiente dagli inquinamenti (Testo unico
 citato,  approvato  con  deliberazione  della  Giunta  provinciale  9
 settembre 1988, n. 10050), quanto in tema di valutazione dell'impatto
 ambientale (legge prov. 29 agosto 1988, n. 28), e di lavori  pubblici
 di interesse provinciale (legge prov. 3 gennaio 1983, n. 2).
    In  particolare,  il  Testo unico delle leggi provinciali relative
 alla  tutela  dell'ambiente   ha   disciplinato   esplicitamente   lo
 smaltimento dei rifiuti, tenendo conto di tutta la disciplina statale
 in materia sino al decreto-legge 31 agosto 1987  n.  361,  convertito
 nella  legge  29  ottobre  1987 n. 441. Nel suddetto Testo unico sono
 state, infatti, distribuite le competenze in materia  di  smaltimento
 dei  rifiuti;  e' stata dettata la normativa per il piano provinciale
 di smaltimento dei rifiuti; sono stati regolati gli aspetti  relativi
 alla  gestione  dei  rifiuti  urbani,  dei  rifiuti assimilabili e di
 quelli speciali nonche' alle discariche, agli impianti  e  tecnologie
 complesse,  alle bonifiche, agli interventi di urgenza. Il sistema e'
 stato poi completato da una disciplina  delle  autorizzazioni,  delle
 garanzie  finanziarie  e  del  trasporto, carico e scarico di rifiuti
 speciali, tossici e nocivi nonche'  dalla  creazione  di  un  sistema
 informativo  e  dalla previsione di interventi di sensibilizzazione e
 di incentivazione.
    A   questa   organica  disciplina  risulta  inoltre  collegata  la
 normazione  relativa   alla   valutazione   dell'impatto   ambientale
 contenuta  nella  legge  provinciale  29  agosto 1988, n. 28, dove si
 prevede la sottoposizione a tale valutazione  dei  vari  impianti  di
 smaltimento, a seconda della loro importanza.
    2.  -  Secondo  la Provincia autonoma di Trento il decreto-legge 9
 settembre 1988, n. 397 si sarebbe  inserito  nell'articolato  disegno
 della  normativa  provinciale  creando  in  piu'  punti situazioni di
 incompatibilita' e di intralcio.
    In  particolare,  con  riferimento  agli  artt.  6,  7  ed  8,  la
 ricorrente ritiene che o si  riconosce  che  detti  articoli  non  si
 applicano  alla  Provincia  di Trento oppure essi sono da considerare
 costituzionalmente illegittimi. Al riguardo si  esclude  che  le  tre
 disposizioni   in   questione   -   relative,  rispettivamente,  alla
 accelerazione delle procedure, agli impianti di  iniziativa  pubblica
 ed  alla valutazione di compatibilita' ambientale - possano contenere
 norme di principio, ovvero esprimere un interesse  nazionale,  ovvero
 risultare   vincolanti  in  virtu'  della  funzione  di  indirizzo  e
 coordinamento.
    Con  specifico  riferimento  alle procedure per la realizzazione e
 l'ampliamento degli impianti di smaltimento, previste dall'art. 6, la
 Provincia  osserva  che  il  Testo unico delle leggi provinciali gia'
 richiamato prevede in materia norme precise (artt. 95, 67, 69 e  84),
 di  talche'  nella  disposizione  impugnata rimarrebbe soltanto, come
 previsione ulteriore, il ricorso al Ministro per l'ambiente nel  caso
 di mancata decisione, cioe' un potere assolutamente incompatibile con
 l'autonomia provinciale, specie versandosi in materia  di  competenza
 primaria.
    Altrettanto  vale,  sempre  secondo  la  ricorrente, per l'art. 7,
 relativo agli  impianti  di  iniziativa  pubblica,  che  verrebbe  ad
 incidere, senza apportare nessuna novita' di principio, sulle materie
 gia' regolate dagli artt. 95 e 96 del Testo unico.
    Del tutto illegittima sarebbe poi anche l'applicazione dell'art. 8
 alla Provincia di Trento. Detta  norma  viene  ritenuta  incongrua  e
 contraddittoria  in  quanto,  mentre  da  un lato essa, attraverso il
 richiamo all'art. 3 bis del decretolegge n. 361 del 1987,  convertito
 nella  legge  n.  441  del 1987, riconosce la competenza regionale (o
 provinciale) in tema di valutazione di  impatto  ambientale  per  gli
 impianti  di  smaltimento  di rifiuti, demandando ad una "conferenza"
 regionale (o provinciale)  l'istruttoria  dei  progetti  relativi  ai
 nuovi  impianti,  dall'altro attribuisce al Ministro dell'ambiente la
 valutazione di compatibilita', ipotizzando cosi'  la  partecipazione,
 con  funzione  decisionale,  del  Ministro  ad  un procedimento tutto
 interno alla Regione (o alla Provincia).
    La  Provincia di Trento si sofferma poi sull'art. 1, quarto comma,
 dove si prevede, per la riduzione della quantita' e pericolosita' dei
 rifiuti  prodotti, per il recupero di materiali e di energia e per la
 limitazione dell'uso di materiali non biodegradabili,  l'assegnazione
 di contributi in conto capitale finalizzati alla promozione, da parte
 delle associazioni di categoria di artigiani e  di  commercianti,  di
 societa'   di  servizi  ambientali  connessi  all'applicazione  delle
 disposizioni della legge. Ad avviso della ricorrente tale  norma,  se
 applicabile   alla   Provincia  di  Trento,  sarebbe  da  considerare
 illegittima,  non  dovendo  ritenersi  ammissibile   che   lo   Stato
 intervenga  a  finanziare  attivita'  svolte in materia di competenza
 provinciale. Simile conclusione varrebbe anche per quanto attiene  ai
 mutui  ventennali  che  la Cassa depositi e prestiti e' autorizzata a
 concedere a Comuni, Province e loro Consorzi, ai sensi  dell'art.  7,
 comma terzo, del decreto-legge in esame.
    Infine,  la  Provincia  ricorrente indirizza le sue censure contro
 l'art. 7, comma secondo, dello  stesso  decreto-legge,  secondo  cui,
 qualora  entro il termine di sei mesi dalla definizione del programma
 di emergenza di cui all'art. 5 e della localizzazione degli impianti,
 la   Regione   non  provveda  all'affidamento  delle  concessioni  di
 costruzione e di esercizio, il Ministro dell'ambiente  interviene  in
 via  sostitutiva  a  mezzo  di commissario straordinario nominato con
 proprio  decreto.  A   giudizio   della   ricorrente   anche   questa
 disposizione,  se applicabile alla Provincia di Trento, violerebbe le
 disposizioni costituzionali di riferimento  e,  soprattutto,  non  si
 uniformerebbe  alle direttive enunciate dalla Corte costituzionale in
 tema di potere sostitutivo.
    A  conclusione  del  suo  ricorso  la Provincia autonoma di Trento
 deduce anche la violazione dell'art. 9 Cost. (in relazione alla  piu'
 recente    giurisprudenza   costituzionale,   che   ha   riconosciuto
 l'esistenza di una competenza regionale -o provinciale -  in  materia
 di  protezione  ambientale  e paesistica), nonche' dell'art. 97 Cost.
 (dal momento che la legge  impugnata  imporrebbe  all'amministrazione
 provinciale di "disapplicare" la normativa provinciale in materia per
 far riferimento alle sole procedure previste negli artt. 6 e 7).
    3.  -  Nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  si  e'  costituito  il
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato.
    Nella memoria si evidenzia come la principale finalita' perseguita
 dalla disciplina di cui e' causa sia stata quella di promuovere -  in
 tempi  rapidi  -  un adeguamento dell'offerta di corretto smaltimento
 alla domanda dei produttori di rifiuti.
    Per  raggiungere  questo  obiettivo,  il decreto-legge 9 settembre
 1988, n.  397  ha  introdotto  un  complesso  di  misure  che,  senza
 apportare  radicali  modifiche  al  regime di trattamento dei rifiuti
 risultante dal d.P.R. n. 915 del 1982 (attuativo delle direttive  CEE
 n. 75/442, 76/402 e 78/319), sono essenzialmente rivolte a potenziare
 e migliorare il controllo  e  l'intervento  pubblico,  con  l'ausilio
 temporaneo  di iniziative di vera e propria emergenza. In particolare
 - sostiene l'Avvocatura - le innovazioni apportate dal  decreto-legge
 n.397, facendo leva sia sulla responsabilizzazione dei produttori sia
 sul concorso dell'iniziativa pubblica, risultano dirette a ridurre la
 quantita'  e  la  pericolosita'  dei  rifiuti (art. 1); a favorire la
 riutilizzazione dei rifiuti  sia  come  fonti  di  energia  sia  come
 materie  prime  secondarie, suscettibili di essere impiegate in altri
 processi produttivi (artt. 1 e 2); a promuovere la  realizzazione  di
 impianti  e  di  discariche  costruite e gestite da imprese pubbliche
 (artt. 3, 5 e 7); a favorire il  trattamento  dei  rifiuti  ad  opera
 dello  stesso  produttore,  nonche'  ad agevolare l'ampliamento degli
 impianti di smaltimento gia' autorizzati (artt. 4 e 6).
    Tali azioni sono dalla legge articolate nella forma di "programmi"
 (programma per la  riduzione  ed  il  recupero  dei  rifiuti  di  cui
 all'art.  1;  programma di emergenza per l'adeguamento del sistema di
 smaltimento di cui all'art. 5), deliberati dal Consiglio dei ministri
 su  proposta  del  Ministro  dell'ambiente  e  degli  altri  Ministri
 interessati: e mentre il primo dei suindicati programmi ha valore  di
 atto  di indirizzo e coordinamento, il secondo e' adottato sentite le
 Regioni.
    Queste attivita', secondo l'Avvocatura, si inscriverebbero a pieno
 titolo nelle competenze appartenenti allo Stato  ai  sensi  dell'art.
 102 del d.P.R. n. 616 del 1977, in particolare per quanto concerne le
 voci  di  cui  al  n.  3  (rilevazione  nazionale  di   fenomeni   di
 inquinamento),  al  n.  5  (programmi  di  disinquinamento) e al n. 6
 (provvedimenti straordinari a tutela dell'incolumita' pubblica).
    Inoltre  -  sempre  secondo  l'Avvocatura  -  la predisposizione e
 l'attuazione di questi programmi non potrebbero avere  alcun  effetto
 di intralcio nell'esercizio delle funzioni regionali e provinciali in
 tema di smaltimento dei rifiuti, dal momento che il programma per  la
 riduzione ed il recupero dei rifiuti, costituendo una manovra di base
 per alleggerire le difficolta' inerenti al  normale  trattamento  dei
 rifiuti  secondo  la  disciplina  generale  vigente, non potrebbe che
 agevolare il normale svolgimento  dei  compiti  di  pertinenza  delle
 Regioni  e  degli altri enti preposti al settore, mentre il programma
 di emergenza dovrebbe solo incidere in  diversa  misura  sulle  varie
 situazioni  regolate  dalle  discipline  regionali  e  provinciali, a
 seconda che gli assetti esistenti siano piu' o meno soddisfacenti  in
 rapporto alle esigenze di protezione ambientale.
    In  forza di queste considerazioni l'Avvocatura ritiene dimostrata
 la piena legittimita' costituzionale  delle  norme  denunciate  dalla
 ricorrente.  E  cio'  in  quanto  gli  artt. 1, quarto comma, e 7 del
 decreto-legge rappresenterebbero i contenuti operativi dei  programmi
 statali   sovramenzionati,   mentre   l'art.   6   si   inscriverebbe
 nell'esigenza di agevolare l'azione degli operatori  privati  per  lo
 smaltimento  sia  all'interno  degli  stabilimenti produttori sia con
 l'ampliamento  degli  impianti   esistenti.   Inoltre,   l'intervento
 sostitutivo  dello  Stato,  reso  operante soltanto ad iniziativa del
 privato interessato, non interferirebbe con  il  normale  svolgimento
 delle  competenze  regionali o provinciali se non nella misura in cui
 l'inerzia o il ritardo degli  organi  regionali  e  provinciali  puo'
 essere  tale  da mettere in pericolo il raggiungimento dell'obiettivo
 primario di adeguare le strutture di smaltimento alle esigenze  della
 produzione.   Quanto,   infine,  alla  competenza  statale  stabilita
 dall'art. 8 in tema di valutazione di compatibilita'  ambientale  dei
 progetti  degli  impianti  di  gestione  dei rifiuti, essa troverebbe
 fondamento in ragioni gia' convalidate dalla Corte costituzionale con
 la sentenza n. 210 del 1987.
    L'Avvocatura  dello  Stato  chiede  pertanto  che il ricorso venga
 respinto perche' infondato.
                         Considerato in diritto
    1.  - Formano oggetto d'impugnativa alcune norme del decreto-legge
 9 settembre 1988, n. 397, recante "Disposizioni urgenti in materia di
 smaltimento  dei  rifiuti  industriali", convertito con modificazioni
 nella legge 9 novembre 1988, n. 475.
    In particolare, di tale decreto-legge vengono censurati: a) l'art.
 1, quarto comma, dove  si  prevede  l'assegnazione,  nell'ambito  del
 programma  triennale  per la riduzione ed il recupero dei rifiuti, di
 contributi in conto capitale diretti a promuovere societa' di servizi
 ambientali  per  lo smaltimento dei rifiuti industriali; b) l'art. 6,
 concernente l'accelerazione delle procedure relative all'approvazione
 regionale  dei  progetti di costruzione ed ampliamento degli impianti
 di smaltimento nonche' al rinnovo delle  autorizzazioni  scadute;  c)
 l'art.  7,  dove si disciplina la realizzazione, mediante concessione
 di costruzione e di esercizio, degli impianti e delle  discariche  di
 iniziativa  pubblica, prevedendosi altresi' un potere sostitutivo del
 Ministro dell'ambiente nel caso  di  inattivita'  delle  Regioni;  d)
 l'art. 8, concernente la valutazione di compatibilita' ambientale per
 i nuovi impianti di trattamento e di stoccaggio dei  rifiuti  urbani,
 speciali, tossici e nocivi.
    Ad  avviso  della  Provincia  autonoma  di  Trento  la  disciplina
 espressa da tali norme risulterebbe lesiva degli artt. 9,  97  e  116
 Cost.   nonche'   delle   competenze  legislative  ed  amministrative
 conferite alla stessa Provincia dallo Statuto speciale in materia  di
 urbanistica,  tutela  del  paesaggio,  lavori  pubblici  di interesse
 provinciale ed igiene e sanita' (artt. 8 n. 5, 6 e 17; 9 n. 10  e  16
 del  d.P.R.  31 agosto 1972, n. 670, e relative norme di attuazione).
 La lesione della competenza provinciale  -  sempre  ad  avviso  della
 ricorrente  -  risulterebbe  altresi'  aggravata dal fatto che, prima
 dell'adozione delle norme impugnate, la  Provincia  di  Trento  aveva
 provveduto ad emanare (con il T.U. approvato dalla Giunta provinciale
 di Trento il 9 settembre 1988,  n.  10050)  una  disciplina  organica
 della  materia relativa alla tutela dell'ambiente dagli inquinamenti,
 nonche' una disciplina in tema di valutazione dell'impatto ambientale
 (legge  provinciale n. 28 del 29 agosto 1988) e di lavori pubblici di
 interesse provinciale (legge provinciale n. 2 del 3 gennaio 1983).
    2. - Le questioni sollevate non sono fondate.
    Il  decreto-legge  9  settembre  n.  397  del 1988, convertito con
 modificazioni nella legge n. 475 del 1988, ha provveduto ad adottare,
 in  via  di  urgenza,  alcune disposizioni in tema di smaltimento dei
 rifiuti industriali, che hanno  in  parte  modificato  la  precedente
 disciplina  -  sempre posta in via di urgenza - adottata con la legge
 n. 441 del 1987, concernente la conversione del decreto-legge n.  361
 del 1987.
    Il nuovo intervento, a meno di un anno di distanza dal precedente,
 e' stato determinato dall'accentuarsi della situazione  di  emergenza
 connessa  alle  necessita'  dello smaltimento dei rifiuti industriali
 nonche' dall'allarme suscitato nell'opinione pubblica dal  succedersi
 di  episodi  che  hanno concorso sempre piu' a illuminare la gravita'
 del problema.
    Il  decreto-legge  n. 397 si e' venuto, pertanto, a caratterizzare
 come intervento destinato ad affrontare  una  situazione  eccezionale
 con   mezzi   straordinari,   al  fine  di  restaurare,  entro  tempi
 ragionevolmente  brevi  e  attraverso  il  concorso  tra   iniziativa
 pubblica e imprese private, una situazione di normalita' nel settore:
 e questo anche al fine di ottemperare a  precisi  doveri  imposti  in
 sede  comunitaria (direttive CEE nn. 75/442; 76/403 e 78/319, attuate
 mediante  il  d.P.R.  10  settembre  1982,  n.  915).  Tali  esigenze
 affiorano  con  evidenza  particolare nei contenuti e nelle procedure
 dei due strumenti di programmazione  previsti  dal  decreto-legge  ed
 affidati  alla competenza del Consiglio dei ministri, su proposta del
 Ministro dell'ambiente e degli altri ministri interessati: cioe'  del
 programma triennale (con valore di atto di indirizzo e coordinamento)
 per ridurre la quantita' e  la  pericolosita'  dei  rifiuti  prodotti
 nonche' per favorire il recupero di materiali o di energia e limitare
 l'uso di materiali non biodegradabili (art. 2); e  del  programma  di
 emergenza  volto  ad  individuare  un  sistema  integrato  di aree di
 stoccaggio, di impianti di smaltimento e di discariche  in  grado  di
 garantire  la  copertura del fabbisogno programmato e di fronteggiare
 le situazioni piu' urgenti (art. 5).
    La   disciplina   in  esame  si  collega,quindi,  nel  suo  nucleo
 essenziale,  ad  una  esigenza  di  protezione  connessa   a   valori
 costituzionali  primari  (quali  quelli  espressi  dagli artt. 32 e 9
 Cost.) nonche' a finalita' straordinarie di  tutela  dell'incolumita'
 pubblica  (quali  quelle che il d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, in sede
 di ripartizione delle competenze amministrative concernenti la tutela
 dell'ambiente dagli inquinamenti, ha ritenuto di dover riservare alla
 competenza dello Stato: art. 102 n. 6).
    3. - Queste premesse consentono di valutare in concreto le singole
 censure enunciate nel ricorso.
    Va,  in  primo  luogo,  affermata  la  palese  infondatezza  della
 questione prospettata nei confronti del quarto comma dell'art. 1,  in
 tema  di  assegnazione  di  contributi  in conto capitale, nel limite
 massimo di 20 miliardi, da parte  dello  Stato.  Con  tale  norma  si
 rinvia  al  programma  triennale,  di cui al primo comma dello stesso
 art.  1,  la  previsione  dei  "criteri"  e  delle  "modalita'"   per
 l'assegnazione  di  tali  contributi,  finalizzati alla promozione di
 societa' di servizi ambientali su iniziativa  delle  associazioni  di
 categoria  di  artigiani  e  commercianti. Ora - a parte ogni rilievo
 circa il carattere preliminare della norma  che  potrebbe  escludere,
 allo   stato,   finanche   la   presenza   di  un  interesse  attuale
 all'impugnativa - nessuna lesione della competenza  provinciale  puo'
 essere  configurata  in relazione alla previsione di un finanziamento
 di tipo straordinario  connesso  ad  un  atto  di  programmazione  di
 competenza  statale,  cui  la  stessa legge ha conferito il valore di
 atto di indirizzo e  di  coordinamento.  Per  gli  stessi  motivi  va
 esclusa  anche l'illegittimita' della disposizione espressa nell'art.
 7, terzo comma, del decreto-legge impugnato,  dove  si  autorizza  la
 Cassa  depositi  e  prestiti  a  concedere  a comuni, province e loro
 consorzi,  nonche'  ad  aziende  municipalizzate,  mutui   ventennali
 rimborsabili con onere a carico dello Stato ai fini della costruzione
 di impianti di smaltimento di iniziativa pubblica:  anche  in  questo
 caso,  infatti,  l'intervento finanziario concerne l'attuazione di un
 programma   di   competenza   statale,    quale    quello    relativo
 all'adeguamento  del sistema di smaltimento, e connotato, per giunta,
 nella stessa disciplina, con  i  caratteri  dell'emergenza  (art.  7,
 primo   comma,   con   riferimento  all'art.  5,  quinto  comma,  del
 decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397).
    4.  -  Del pari infondate risultano le censure riferite agli artt.
 6, 7 e 8 in tema di accelerazione delle  procedure,  di  impianti  di
 iniziativa pubblica e di valutazione di compatibilita' ambientale.
    L'art. 6 ha introdotto una disciplina transitoria - limitata nella
 sua efficacia al 31 dicembre 1989  -  destinata  a  ridurre  i  tempi
 dell'approvazione  da parte delle regioni (o delle province autonome)
 dei progetti relativi all'attuazione o all'ampliamento degli impianti
 di smaltimento nonche' del rinnovo delle autorizzazioni scadute. Tale
 disciplina non deroga alle norme procedurali  poste  dalla  provincia
 con  il  richiamato  T.U.  in  materia  di tutela dell'ambiente dagli
 inquinamenti (approvato  dalla  Giunta  provinciale  il  9  settembre
 1988),  ma si limita a integrare tali norme mediante l'apposizione di
 un termine finale per  lo  svolgimento  delle  diverse  procedure  di
 approvazione  e la successiva possibilita' di ricorso al Ministro per
 l'ambiente.  L'una   e   l'altra   previsione   appaiono,   pertanto,
 giustificate dalla necessita' di provvedere, in via transitoria, alla
 situazione di emergenza che ha ispirato l'intero decreto-legge di cui
 e' causa.
    L'art.  7  regola la realizzazione da parte delle regioni (o delle
 province autonome) degli impianti e  delle  discariche  previsti  nel
 piano  di  emergenza  di cui all'art. 5, prevedendo l'espletamento di
 gare esplorative ed il  conseguente  affidamento  in  concessione  ad
 imprese  pubbliche e private della costruzione e dell'esercizio degli
 impianti  e  delle  discariche.  Anche  tale  disciplina,  in  quanto
 strettamente   collegata   all'attuazione   concreta   del  piano  di
 emergenza, trova la sua giustificazione fondamentale nella situazione
 eccezionale  maturata  nel  settore  in  esame,  che  ha  imposto  al
 legislatore statale un intervento transitorio e urgente.
    In  questo  quadro  ed entro questi limiti risulta, d'altro canto,
 giustificato anche il potere d'intervento sostitutivo riconosciuto  -
 dal   secondo   comma   dell'art.   7  -  al  Ministro  dell'ambiente
 nell'ipotesi in cui, entro sei mesi dalla definizione  del  piano  di
 emergenza  e  della  localizzazione  degli impianti, la regione (o la
 provincia  autonoma)  non  abbia  provveduto  all'affidamento   delle
 concessioni  di  costruzione e di esercizio. Tale potere, riferito ad
 un organo del Governo centrale, oltre a  trovare  il  suo  fondamento
 nell'esigenza  del  rispetto  di  un termine perentorio fissato dalla
 legge   ai   fini   dell'intervento   regionale,   appare,   infatti,
 proporzionato  alla  necessita'  di  far  salvo un interesse primario
 quale quello connesso alla tempestiva attuazione del piano  nazionale
 di emergenza (v. sentt. n. 177 del 1988 e n. 101 del 1989).
    Va,  infine, respinta la censura formulata nei confronti dell'art.
 8, che  attribuisce  al  Ministro  dell'ambiente  la  valutazione  di
 compatibilita'  con le esigenze ambientali di cui all'art. 3- bis del
 decreto-legge n. 361 del 1987, convertito nella legge n. 441 del 1987
 -  dove la competenza risulta, invece, riferita alla Giunta regionale
 -, fatti salvi il procedimento ed i termini temporali  fissati  dallo
 stesso art. 3-bis. La norma si riferisce chiaramente agli impianti di
 cui al precedente art. 7 del decreto-legge n.  397  e  va,  pertanto,
 anch'essa  inquadrata  nel  programma di emergenza di cui all'art. 5,
 quarto comma, destinato a individuare un sistema integrato di aree di
 stoccaggio  e  di  pretrattamento  nonche'  di  impianti e discariche
 necessari alla copertura del fabbisogno programmato ed a fronteggiare
 le situazioni piu' urgenti. In questo quadro, ispirato ad un'esigenza
 di contemperamento  dei  diversi  interessi  locali  alla  protezione
 ambientale secondo un'ottica nazionale, la scelta operata dalla norma
 - nel ricalcare l'impianto dell'art. 6 della legge 8 luglio  1986  n.
 349  (Istituzione  del  Ministero dell'ambiente e norme in materia di
 danno ambientale), anche alla luce dei  principi  seguiti  da  questa
 Corte  con  la  sentenza  n.  210  del  1987 - non merita censura dal
 momento che consente,  da  un  lato,  la  collaborazione  tra  potere
 centrale e poteri locali ai fini dell'istruttoria e dell'approvazione
 dei singoli progetti, mentre, dall'altro, non intacca le  competenze,
 diverse  dalla  valutazione dell'impatto ambientale, attribuite dalla
 legge ai poteri locali in ordine alla realizzazione di tali impianti.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondate  le questioni di legittimita' costituzionale
 degli artt. 1, quarto comma, 6, 7 e 8 del decreto-legge  9  settembre
 1988, n. 397, recante "Disposizioni urgenti in materia di smaltimento
 dei rifiuti", convertito con modificazioni  nella  legge  9  novembre
 1988,  n.  475,  sollevate,  con il ricorso di cui in epigrafe, dalla
 Provincia autonoma di Trento in relazione agli  artt.  9,  97  e  116
 Cost.  ed  agli  artt.  8,  n.  5, 6 e 17; 9 n. 10 e 16 del d.P.R. 31
 agosto 1972 n. 670 (Statuto speciale per il  Trentino-Alto  Adige)  e
 delle relative norme di attuazione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 maggio 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: CHELI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 6 giugno 1989.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 89C0658