N. 292 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 aprile 1989

                                 N. 292
   Ordinanza emessa l'11 aprile 1989 dalla corte d'appello di Trento
 nel procedimento civile vertente tra Odorizzi Giovanni e Da Roit Mara
 in Odorizzi
 Separazione  giudiziale  dei coniugi - Sentenza dichiarativa di primo
 grado - Giudizio  di  appello  -  Prevista  procedura  in  camera  di
 consiglio  -  Compressione  del  diritto  di  difesa  in  assenza  di
 particolari ragioni che la giustifichino - Violazione  del  principio
 della pubblicita' del dibattimento giudiziario Richiamo alla sentenza
 n. 202/1975.
 (Legge  1º  dicembre  1970,  n.  898,  art. 4, dodicesimo comma, come
 sostituito dalla legge 6 marzo 1987, n. 74, artt. 8 e 23).
 (Cost., artt. 3, 24 e 101).
(GU n.25 del 21-6-1989 )
                           LA CORTE D'APPELLO
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta a
 ruolo in data 21 ottobre 1988 al n. 512/88 r.g. e promossa  con  atto
 di  citazione  in  appello  notificato  in  data  17 ottobre 1988, da
 Odorizzi  Giovanni,  rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati  David
 Biasetti  di  Bolzano  e  Wilma  Valentini  di  Trento,  quest'ultima
 domiciliataria,  per  delega  a  margine   dell'atto   di   citazione
 d'appello, appellante, contro Da Roit Mara in Odorizzi, rappresentata
 e difesa dagli avvocati Luigi de Guelmi di Bolzano e Marco Lorenzi di
 Trento,  quest'ultimo  domiciliatario,  per  delega  a  margine della
 comparsa di risposta d'appello, appellata, con l'intervento del  p.m.
 di questa corte d'appello.
    Oggetto: separazione coniugale.
    Appello  avverso la sentenza del tribunale di Bolzano n. 846/1988.
    Causa  ritenuta in decisione all'udienza collegiale dell'11 aprile
 1989.
                               F A T T O
    Il  tribunale  di  Bolzano,  con  sentenza  22 agosto 1988, n. 846
 (notificata  20  settembre  1988)  ha  pronunciato   la   separazione
 personale  dei  coniugi:  con  "addebito"  al convenuto marito, e con
 "affidamento" del figlio minore nato il 12 febbraio 1980, all'attrice
 moglie.  Con  atto  di citazione d'appello notificato 17 ottobre 1988
 (iscrizione a ruolo depositata il 21  ottobre  1988)  il  soccombente
 convenuto  ha  proposto impugnazione avanti a questa corte d'appello.
 In principalita' ha chiesto l'"addebito"  ad  entrambi  i  coniugi  e
 l'"affidamento"  del  minore  ad  esso appellante. La appellata si e'
 costituita resistendo all'impugnazione. Il c.i., visti gli artt. 8  e
 23 della legge 6 marzo 1987, n. 74, ha disposto la trasmissione degli
 atti al  presidente  della  sezione,  il  quale  ha  fissato  udienza
 collegiale in camera di consiglio.
    Alla  stessa,  i  difensori  hanno  discusso  la  causa ed il p.m.
 intervenutovi, ha chiesto  denuncia  di  incostituzionalita'  (contra
 difesa appellata, a favore difesa appellante).
                             D I R I T T O
    Questa  corte d'appello ha gia' avuto occazione, in altra causa di
 separazione personale (Pirhofer-Janser n. 334/88 r.g.:  ordinanza  17
 febbraio 1989) di denunciare di incostituzionalita' le norme suddette
 della legge n. 74/1987, laddove esse stabiliscono che l'appello  deve
 decidersi in camera di consiglio.
    Nella  presente causa, questa corte si e' riservata, in esito alla
 detta  udienza  collegiale  camerale  (come  tale  non  pubblica)  la
 decisione.
    Il  contenuto  di questa decisione e' pero' ora condizionato dalla
 validita' (costituzionale) o meno, delle citate norme. Se  esse  sono
 valide,  devesi entrare nel merito della causa e su di esso decidere;
 se esse non sono valide devesi, a  pena  di  nullita'  dell'emittenda
 sentenza,  disporre  la rinnovazione della udienza collegiale, ma non
 piu' in forma camerale, bensi' in quella pubblica di discussione.  La
 questione  di  costituzionalita'  e'  quindi  "rilevante"  in  causa.
 Distintamente osservasi  che  esiste  un  altro  autonomo  motivo  di
 rilevanza  in  causa.  Infatti,  le  impugnazioni, col rito camerale,
 vanno introdotte mediante ricorso  (depositato  nel  termine)  e  non
 mediante   citazione   (notificata   nel   termine).   Nella  specie,
 l'appellante Odorizzi ha depositato  il  proprio  atto  di  citazione
 (ammettesi:  di per se' "conservabile" come ricorso) oltre il termine
 predetto cioe' oltre il trentesimo giorno dalla  notificazione  della
 sentenza  (cfr.  date  sopra).  Il  che,  se  e'  valida la normativa
 suddetta che impone  il  rito  camerale  (rito  che  sarebbe  assurdo
 restringere  alla  sola  fase  collegiale  finale,  dappoiche' non si
 vedrebbe   lo   scopo   utile   della   innovazione),   comporterebbe
 inammissibilita' dell'impugnazione dell'Oderizzi.
    Passando  ora  all'esame  della  "non manifesta infondatezza della
 questione", osservasi  che  la  pubblicita'  dell'udienza  collegiale
 (rif.   art.  101,  primo  comma,  della  Costituzione),  puo'  esere
 rinunciata, dal legislatore ordinario, soltanto eccezionalmente:  per
 obbiettiva   e   razionale  giustificazione  (cfr.  da  ultimo  Corte
 costituzionale 16 febbraio 1989, n. 50). Non sembra a  questa  Corte,
 che,  nella  materia  delle separazioni personali e dei divorzi, tali
 giustificazioni  esistessero.  Le  necessita'  di  sollecitudine  non
 bastano:  altri infatti sono i mezzi processuali idonei a dar luogo a
 corsie  preferenziali:  ad  es.   codificazione   di   priorita'   di
 trattazione,  oppure  procedure  contenziose  particolari.  Lo stesso
 fatto che, per il primo grado, sia risultato  al  legislatore  ancora
 necessaria  la  forma  contenziosa,  contraddice la non necessita' di
 essa  per  il  secondo  grado.  Tanto  piu'  che  poi,  in  grado  di
 cassazione, il processo torna ad essere contenzioso. E tanto piu' che
 appare irrazionale che le maggiori garanzie del  contenzioso  vengano
 meno  proprio  nel grado ultimo della cognizione in punto di fatto, e
 cioe' nel grado piu' incisivo di "merito".
    Distintamente osservasi che tali rilievi finiscono col riflettersi
 sull'intera scelta del rito camerale  in  luogo  di  quello  naturale
 contenzioso  d'appello,  fatta  dal  legislatore (rif. artt. 3, primo
 comma, 24,  secondo  comma,  della  Costituzione).  La  assai  scarna
 normativa  del camerale appare insufficiente a ricevere e regolare un
 processo altamente conflittuale quale  quello  in  cui  si  accertano
 "addebitabilita'" di separazione personale ecc.
    La  formula  "Il  giudice  puo'  assumere  informazioni" contenuta
 nell'art. 738, terzo comma, del c.p.c. e' inidonea (se  non  mediante
 "evidente  forzatura") a "consentire il normale esercizio di facolta'
 di prova": la Corte costituzionale  lo  ha  gia'  detto  rispetto  ad
 analoga  formula  contenuta in altra legge (cfr. Corte costituzionale
 10 luglio 1975, n. 202). L'art. 4 mod. dodicesimo comma in esame, non
 solo  non  introduce la piena facolta' di ordinaria prova, ma neppure
 stabilisce quali norme procedurali debbano governare questi  processi
 d'appello  (rilevabilita'  o no d'ufficio dei motivi, specificita' di
 essi,  appello  incidentale,  preclusioni  varie).  Se,  data  l'alta
 conflittualita'  delle  materie  de  quibus,  le  norme da applicarsi
 dovessero  essere  tutte  quelle  del  processo  contenzioso,  allora
 ripetesi  che  non  si  vedrebbe  quale  utilita' pratica possa avere
 indotto il legislatore ad introdurre il camerale rispetto alla (sola)
 fase  finale del processo; se invece non sono quelle del contenzioso,
 constatasi che non si dice, nel dodicesimo comma stesso,  quali  esse
 siano (genericita' tale da viziare la norma).
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale  dell'art.  4,  dodicesimo  comma,  della
 legge  1º  dicembre  1970,  n. 898, come sostituito dall'art. 8 della
 legge 6 marzo 1987, n. 74, nonche' dell'art. 23 (in  quanto  ad  esso
 rinvia)  della  legge  stessa 6 marzo 1987, n. 74: con riferimento ai
 citt. artt. 3, 24, 101 della Costituzione;
    Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Sospende il giudizio in corso;
    Manda  alla  cancelleria  la  notificazione alle parti ed al p.m.,
 nonche' al Presidente del Consiglio  dei  Ministri,  ed  altresi'  la
 comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Cosi' deciso in Trento l'11 aprile 1989
                           (Seguono le firme)

 89C0671