N. 296 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 1988- 31 maggio 1989
N. 296 Ordinanza emessa l'11 maggio 1988 (pervenuta alla Corte costituzionale il 31 maggio 1989) dal tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, sul ricorso proposto da Modica Orazio contro il provveditore agli studi di Reggio Calabria ed altro. Pensioni - Dipendenti statali - Pensionamento anticipato ai sensi del d.-l. n. 17/1983 - Divieto di cumulo del trattamento di quiescenza con altra retribuzione da lavoro dipendente - Ingiustificata disparita' di trattamento tra lavoratori collocati anticipatamente a riposo e quelli collocati a riposo per limiti di eta' Violazione del principio della retribuzione (anche differita) proporzionata alla quantita' e qualita' del lavoro prestato e di quello della assicurazione di mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di vecchiaia. (D.-L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 10, settimo comma, convertito in legge 25 marzo 1983, n. 79). (Cost., artt. 3, 36 e 38).(GU n.25 del 21-6-1989 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente sentenza sul ricorso n. 14/87 r.g. proposto dal sig. Modica Orazio, rappresentato e difeso dall'avv. Arnaldo Postorino, presso il cui studio e' elettivamente domiciliato, in via Cappuccinelli n. 9, Reggio Calabria, contro il provveditore agli studi di Reggio Calabria ed il Ministero per la pubblica istruzione, rappresentati e difesi dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro, per ottenere l'annullamento del provvedimento prot. n. 1702/1 con cui, in data 3 novembre 1986, il provveditore agli studi di Reggio Calabria ha disposto, a carico del ricorrente, il recupero di somme corrisposte a titolo di trattamento pensionistico; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate; Viste le memorie prodotte dalle parti e gli atti tutti della causa; Uditi alla pubblica udienza dell'11 maggio 1988 il giudice relatore dott. Biagio Campanella, nonche' l'avv. Arnaldo Postorino, per il ricorrente, l'avv. Vincenzo Lacava per le amministrazioni resistenti; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O Il prof. Orazio modica, gia' docente di ruolo di "educcazione musicale" presso la scuola media "Vitrioli" di Reggio Calabria, ha presentato domanda di pensionamento anticipato in data 29 marzo 1983. Collocato a riposo dal 10 settembre 1983, ha prestato servizio, presso il predetto istituto, in qualita' di supplente annuale di violino. Per i periodi dal 1ยบ novembre 1983 al 30 settembre 1984, dal 14 dicembre 1984 al 30 settembre 1985 e dal 2 novembre 1985 al 28 febbraio 1986, il prof. Modica ha cumulato la retribuzione in qualita' di supplente con il trattamento di pensione. Con la determinazione in questa sede impugnata il Ministero per la p.i. ritiene che, per i periodi menzionati, il prof. Modica abbia indebitamennte cumulato il trattamento di pensione con la retribuzione. Si asserisce, al riguardo, che il divieto di un tale cumulo sia espressamente sancito dall'art. 10 del d.-l. 29 gennaio 1983, n. 17, convertito nella legge 30 aprile 1969, n. 153. Avverso tale atto l'interessato propone il ricorso in esame, notificato il 3 gennaio 1987 e depositato l'8 gennaio successivo. Si deduce: 1) violazione di legge; erronea e falsa interpretazione dell'art. 10 del d.-l. 29 gennaio 1983 convertito nella legge 25 marzo 1983, n. 79. Al ricorrente non sarebbe applicabile tale divieto di cumulo, avendo presentato la domanda di collocamento a riposo prima del 19 gennaio 1983, ossia prima dell'entrata in vigore della nuova normativa; 2) violazione di legge; eccesso di potere violazione del combinato disposto dagli artt. 206 e 256 t.u. n. 1092/1973. Per quanto concernne il disposto recupero delle somme erogate a titolo di trattamento pensionistico, si asserisce che tale recupero sia illegittimo, atteso che si tratta di somme percepite e consumate in buona fede per far fronte alle necessita' della famiglia; 3) violazione di legge; eccesso di potere. Si assume, infine, che un tale recupero avrebbe dovuto essere effettuato ratealmente. Le autorita' intimate si sono costituite in giudizio per chiedere la reiezzione del ricorso. Quest'ultimo e' stato tratto in decisione alla pubblica udienza dell'11 maggio 1988. D I R I T T O Il collegio ritiene di proporre, d'ufficio, il giudizio d'anticostituzionalita' del settimo comma dell'art. 10 del d.-l. 29 gennaio 1983, n. 17, convertito nella legge 25 marzo 1983, n. 79. Il predetto settimo comma cosi' recita: "Ai soggetti che fruiscono di pensionamenti anticipati in applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo si applicano le norme sui divieti di cumulo previsti dall'art. 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153". Quest'ultimo, con riferimento alla pensione d'anzianita' prevista per i lavoratori dipendenti da ditte private, stabilisce che tale trattamento pensionistico "non e' cumulabile con la retribuzione lorda percepita in costanza di un rapporto di lavoro alle dipendenze di terzi". La questione circa l'anticostituzionalita' della norma in questione non appare manifestamente infondata, per contrasto con i principi in materia di lavoro e di tutela previdenziale affermati dagli artt. 36 e 38 della Costituzione, oltreche' con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 5 della Carta costituzionale, ed e' sicuramente rilevante stante la caducazione del provvedimento impugnato che discenderebbe dal venir meno della norma di legge che ne costituisce il presupposto necessario. Costituisce jus receptum della giurisprudenza costituzionale (cfr. per tutte: Corte costituzionale: n. 26 del 13 marzo 1980 e n. 302 del 10 ottobre 1983) la concezione secondo cui "il trattamento di quiescenza e' proiezione di quello di attivita'", sicche' la particolare protezione accordata al lavoratore in costanza di servizio per assicurargli una retribuzione sufficiente a garantire a lui e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa (art. 36 della Costituzione) si estende anche al momento del suo collocamento a riposo ed, in prosieguo, durante lo stato di quiescenza (art. 38 della Costituzione). Il collegio non disconosce che rientra nella discrezionalita' del legislatore disciplinare diversamente e con minor favore rispetto alla normativa precedente il trattamento di quescenza dei pubblici dipendenti, ma e' pur vero che i mutamenti nella soggetta materia, come insegna la stessa Corte costituzionale (cfr.: sentenza n. 180 del 10 novembre 1982) devono essere contenuti nei limiti della "ragionevolezza"). Nel caso di specie, viceversa, il legislatore ha operato l'eliminazione dell'intero trattamento economico del dipendente collocato anticipatamente in pensione, e cio' in contrasto sia con il consolidato principio della reformatio in pejus (operante tanto nella fase di servizio attivo quanto in quello di quiescenza del dipendente), riconosciuto anche dalla Corte costituzionale (cfr.: sentenza n. 26/1980), sia con le legittime aspettative del pubblico dipendente in costanza di servizio attivo (a cui, peraltro, lo stesso legislatore aveva consentito di anticipare il collocamento a riposo) e, di conseguenza, con l'affidamento del dipendente medesimo. Il collegio non ignora che la normativa di cui si eccepisce l'anticostituzionalita' e' stata introdotta al fine di contenere il costo del lavoro e favorire l'occupazione. Tuttavia tale valutazione di carattere economico-sociale non sembra idonea e sufficiente per giustificare l'introduzione della grave disposizione prevista dal citato art. 10, settimo comma, e quanto meno per fugare del tutto la spettata incostituzionalita' della medesima disposizione. Il legislatore (per restare sul piano della ragionavolezza) avrebbe potuto fissare, anche per i pubblici dipenndenti collocati anticipatamente in pensione, il divieto di essere assunti presso una pubblica amministrazione (come e' stato stabilito, a suo tempo, dalla normativa di disciplina di collocamento a riposo degli ex combattenti), giammai consentire agli ex dipendenti di lavorare, senza ricevere in pratica un'adeguata retribuzione. La censurata disposizione dell'art. 10, settimo comma, del d.-l. 29 gennaio 1983, n. 17, convertito con legge n. 79/1983, mette in non cale gli stessi benefici collegati all'applicazione della normativa sul pensionamento anticipato creando oltretutto possibili situazioni di sperequazione tra docenti di strumenti musicali rimasti in servizio e docenti esodati con anticipo ai sensi della legge, in contrasto con diritto di uguaglianza sancito dall'art. 3.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, nn. 1 e 23 e segg. della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata - per contrasto con gli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione - la questione di legittimita' costituzionale del settimo comma dell'art. 10 del d.-l. 29 gennaio 1983 convertito nella legge 25 marzo 1983, n. 79; Sospende, conseguentemente, il giudizio in corso; Dispone la notifica - a cura della segreteria - della presente ordinanza a tutte le parti del giudizio e al presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' di darne comunicazione al Presidente del Senato e della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati; Ordina alla segreteria la successiva trasmissione alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Reggio Calabria, nella camera di consiglio dell'11 maggio 1988. (Seguono le firme) 89C0675