N. 313 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 febbraio 1989

                                 N. 313
      Ordinanza emessa il 16 febbraio 1989 dal pretore di Bologna
 nel  procedimento  civile vertente tra Naldi Pietro e ditta Marzocchi
 S.p.a.
 Lavoro  -  Collocamento  obbligatorio - Soggetti aventi diritto - Non
 prevista inclusione, tra  di  essi,  degli  invalidi  civili,  se  la
 menomazione  e'  di  natura  psichica  -  Irrazionale  disparita'  di
 trattamento rispetto ad altre categorie protette (invalidi di guerra,
 per  servizio  o lavoro) per i quali la minorazione psichica non osta
 all'avviamento al lavoro - Violazione del principio  del  diritto  al
 lavoro  e, in particolare, all'avviamento professionale degli inabili
 - Richiamo alla sentenza n. 1088/1988.
 (Legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 5).
 (Cost., artt. 3, 4 e 38).
(GU n.25 del 21-6-1989 )
                               IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella controversia iscritta
 al n. 324/1987 ruolo generale,  sezione  lavoro,  promossa  da  Naldi
 Pietro,  elettivamente  domiciliato in Bologna in via Indipendenza n.
 24, presso lo studio dell'avv. Dario Bompani, che  lo  rappresenta  e
 difende  come da mandato a margine del ricorso, ricorrente, contro la
 ditta Marzocchi S.p.a., elettivamente domiciliata in Bologna  in  via
 San  Felice  n.  65,  presso  lo  studio  dell'avv. Giuseppe Camorani
 Scarpa, che la rappresenta e difende come da mandato a margine  della
 memoria di costituzione, convenuto.
    In punto a: "Mancata assunzione invalido civile".
                        SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    1.  -  Pietro  Naldi,  deducendo di essere stato avviato al lavoro
 dall'ufficio del lavoro di Bologna presso  la  S.p.a.   Marzocchi  di
 Zola  Predosa, quale invalido civile ai sensi della legge n. 482/1968
 e di non essere stato assunto dall'impresa, "sul dato che egli  fosse
 affetto da minorazione di natura psichica, tale veniva considerata la
 'sindrone di Down', nonostante la contraria precisazione della U.S.L.
 20 di Casalecchio di Reno"; deducendo di aver "diritto all'assunzione
 e al conseguente trattamento economico", ha chiamato in  giudizio  la
 societa'  Marzocchi,  precisando le domande come alle conclusioni che
 si trascrivono di seguito:
      "in  via  principale:  dato  atto  che  il Naldi e' disoccupato,
 dichiarare che dall'8 aprile 1986 o dalla  diversa  data  che  verra'
 ritenuta  di  giustizia  e'  in atto tra il ricorrente e la Marzocchi
 S.p.a. un rapporto di lavoro subordinato  e  pertanto  condannare  la
 convenuta,  con sede in Zola Predosa, via Grazia n. 2, in persona del
 legale rappresentante, al pagamento delle mensilita' di  retribuzione
 non  corrisposte  dall'8  aprile  1986 o dalla data che risultera' di
 giustizia, alla data della sentenza, sulla base di  una  retribuzione
 mensile di L. 1.200.000 o di quella diversa risultante;
      in  via subordinata: ai sensi dell'art. 2932 del c.c. costituire
 gli effetti del contratto di lavoro non concluso tra Naldi  Pietro  e
 la  Marzocchi  S.p.a.  e  conseguentemente condannare quest'ultima in
 persona del legale rappresentante, con  sede  come  sopra  detto,  al
 risanamento  del  danno  subito  eventualmente comprensivo, atteso lo
 stato  di  disoccupazione  del  ricorrente,   delle   mensilita'   di
 retribuzione  non corrisposte dall'8 aprile 1986 o dalla diversa data
 risultante, alla data della sentenza, sulla base di una  retribuzione
 mensile di L. 1.200.000 o di quella diversa risultante;
      in  via di estremo subordine: condannare la Marzocchi S.p.a., in
 persona del  legale  rappresentante,  con  sede  gia'  precisata,  al
 risarcimento   dei   danni   patiti,   atteso   l'attale   stato   di
 disoccupazione  del  ricorrente,   che   si   indicano   nell'importo
 equivalente  alle  mensilita'  di retribuzione non corrisposte dall'8
 aprile 1986 alla data della sentenza, sulla base di una  retribuzione
 mensile  di  L.  1.200.000  o di quella diversa risultante, dei danni
 patiendi  da  valutarsi  in  via  equitativa  oltre  che  del   danno
 previdenziale da valutarsi anch'esso in via equitativa".
    2.  -  La  societa'  Marzocchi  si  e'  costituita in giudizio. Ha
 dedotto che essa operava nel settore metalmeccanico della lavorazione
 di  materiali  ferrosi con macchinari di grande potenza: in relazione
 alla struttura dell'azienda e al tipo  di  lavoro  non  esisteva  "un
 posto di lavoro compatibile con il particolare stato" del ricorrente.
    La societa' aveva contestato nei confronti dell'ufficio del lavoro
 la legittimita' dell'avviamento fatto ed ha contestato in giudizio di
 avere l'obbligo di assumere come lavoratore un "irregolare psichico",
 richiamando in proposito la specifica sentenza n. 52 del 22  febbraio
 1985 della Corte costituzionale.
    3.  -  Dopo  il  tentativo di conciliazione, dopo l'interrogatorio
 delle parti, sono state chieste ed ottenute informazioni  all'ufficio
 del lavoro sui precedenti avviamenti al lavoro del ricorrente.
    Il   pretore   ha   quindi   disposto   un   accertamento  tecnico
 medico-legale,   affidato   al    prof.    Pier    Ludovico    Ricci,
 dell'Universita'  di  Bologna,  sulle  infermita'  riscontrabili  nel
 ricorrente, ai fini dell'avviamento obbligatorio  al  lavoro  di  cui
 alla legge 2 aprile 1968, n. 482.
    E'   stato   anche   disposto  un  accertamento  tecnico  affidato
 all'ispettore del lavoro dott.  Dalmonte  per  accertare  se,  tenuto
 conto  delle  condizioni  di  lavoro in atto nell'impresa Marzocchi e
 delle infermita' del lavoratore  ricorrente,  questo  potesse  essere
 occupato  nell'azienda  ai  sensi  di  quanto previsto dalla legge n.
 482/1968.
    4.  -  Dopo  il deposito delle relazioni dei consulenti tecnici la
 causa e' stata discussa.
                         MOTIVI DELLA DECISIONE
    1.  I fatti della controversia. - I fatti del processo hanno messo
 in evidenza, come sempre piu'  frequentemente  avviene  nei  casi  di
 giudizio   sull'avviamento   obbligatorio   di  invalidi  civili,  il
 contrasto subito sorto tra l'impresa cui l'invalido viene  avviato  e
 l'ufficio  del lavoro, che ha provveduto al collocamento coattivo del
 lavoratore iscritto nelle liste degli invalidi.
    In  questo  caso,  prima  ancora del conflitto di interessi tra il
 lavoratore e la societa' imprenditrice, e' emerso il rifiuto motivato
 da  parte dell'impresa; si nega nei confronti dell'ufficio del lavoro
 l'obbligo di assumere la persona avviata.
    1.1.  - Nella lettera all'ufficio del lavoro la societa' comunica:
 "Non accettiamo tale collocamento  obbligatorio  in  quanto  il  sig.
 Naldi e' affetto da sindrome di Down.
    Saprete  infatti  che  la Corte di cassazione ha affermato, in una
 sentenza, che nei confronti dei cosiddetti irregolari psichici non e'
 possibile  quell'accertamento sanitario che la legge delle assunzioni
 obbligatorie rimette ad un collegio medico, al fine di  stabilire  se
 la  natura e il grado dell'invalidita' sia in concreto dannoso per la
 salute e incolumita' dei compagni di lavoro, nonche' per la sicurezza
 degli impianti.
    L'obbligo   di  assunzione  da  parte  delle  aziende  e'  infatti
 subordinato all'esito positivo di questo  accertamento,  che  sarebbe
 inconcepibile  nei  confronti  di  soggetti  affetti  da  minorazioni
 psichiche, poiche' l'imprevedibilita' delle loro azioni non  consente
 di  accertare  preventivamente che il rapporto di lavoro si svolga in
 condizioni di sicurezza".
    1.2. - Dopo la risposta dell'ufficio del lavoro, che ribadisce che
 al Naldi, "quale portatore di  menomazione  fisica  superiore  ad  un
 terzo",  si applica l'art. 5 della legge n. 482/1968, l'impresa cosi'
 risponde: "La Corte di cassazione ha affermato l'assoluta irrilevanza
 delle cause, psichiche o organiche, che determinano la menomazione.
    Il  sig.  Naldi  e'  affetto da sindrone di Down e trattasi di una
 anomalia  congenita   caratterizzata   da   deficenza   di   sviluppo
 psichico...".
    1.3. - Dall'interrogatorio del ricorrente, cosi' come e' risultato
 documentato nel libretto di lavoro e dalle informazioni, risulta  che
 egli  aveva  lavorato, a seguito di avviamento obbligatorio, dal 1977
 al 1984 come operaio in una impresa.
    2.  La  valutazione  medico  legale.  -  Il  consulente prof. Pier
 Ludovico Ricci ha riferito della visita  fatta  ed  ha  descritto  le
 condizioni   del   ricorrente.   Ha   concluso   la  valutazione  con
 l'affermazione che il Naldi "come mongoloide, e' perfettamente  sano,
 anzi rappresenta il meglio della categoria: robusto, sano disinvolto,
 attento  ed   anche   intelligente".   "L'evoluzione   mentale   puo'
 confrontarsi  con  quello di un bambino di 9 anni cui sia stata tolta
 la vivacita' espressiva".
    Aggiunge  il  professore  Ricci:  "Invece,  andando  al confronto,
 rimane un mongoloide, cioe' un soggetto gravemente menomato in  tutte
 le sue espressioni fisiche e corrispettivamente funzionali.
    Ma  non e' la menomazione fisica voluta dall'art. 5, che riguarda,
 come si e' appena detto, un soggetto cosiddetto normale, e con esso i
 corrispettivi funzionali, ivi comprese le espressioni psichiche.
    Pero',  scendendo  nella  scala  sociale,  si  trovano molti altri
 soggetti, che equivalgono ai mongoloidi,  che  vengono  assunti  come
 invalidi  civili,  per  solo difetto fisico, ed anzi ricercati per il
 lavoro, proprio per la  loro  'umilta''.  Di  solito  riguardano  gli
 uomini di fatica per la sola utilita' del datore di lavoro.
    Nel caso in esame verrebbe scelto il soggetto innocuo e certamente
 poco produttivo per uno scopo sociale, che del  resto  e'  alla  base
 dell'assunzione obbligatoria, di cui si discute.
    Correndo  il  rischio di diventare monotoni nella ripetizione, non
 si riesce allora a comprendere perche' il predetto  uomo  di  fatica,
 che  vale  quanto  un  mongoloide,  venga  assunto partendo dal metro
 espresso dal medesimo e non dal confronto, e cio' non debba  avvenire
 per  il mongoloide. Non si potra' certamente rispondere: in quanto la
 loro produttivita' e' diversa.  Sono  entrambi  idonei  se  rimangono
 nella categoria e non soggiacciono alle 'leggi' del mercato di lavoro
 che, se applicate crudamente, debbono esserlo per tutti".
    Il   consulente,   nel  concludere  la  valutazione  medico-legale
 chiestagli,  afferma  che  il  ricorrente  "poteva   essere   assunto
 obbligatoriamente  al  lavoro,  solo  in  rapporto  alla  complessiva
 menomazione fisica e funzionale che scaturisce dal confronto  con  la
 presunta normalita' degli altri.
    La  sua  capacita' lavorativa e' in tal senso ridotta di oltre 2/3
 (circa il 70%, come e' gia' stato detto dall'apposita commissione).
    Non  risulta  inoltre  pericoloso per se' e per gli altri e per la
 sicurezza degli impianti, purche' immesso in un ambiente idoneo".
    3.  La  valutazione  del tecnico del lavoro. - Il consulente dott.
 Dalmonte, dopo un accurato esame analitico dell'azienda  Marzocchi  e
 delle  condizioni  del  Naldi,  formulate secondo le indicazioni e le
 valutazioni   congiuntamente    concordate    con    il    consulente
 medico-legale,  ha espresso il giudizio che era possibile inserire il
 Naldi  nel  reparto  di  montaggio  degli   ammortizzatori   per   lo
 "svolgimento   di   mansioni   quali  quelle  dell'inserimento  delle
 guarnizioni di gomma in piccoli particolari gia' preparati, l'attacco
 di  decalcomanie,  la pulizia e la preparazione di alcuni particolari
 costituenti l'ammortizzatore".
    Ha   aggiunto   che   tali   mansioni   appaiono  compatibili  con
 l'invalidita' e non sono pericolose, ne' per lui ne'  per  gli  altri
 lavoratori  e  che  l'inserimento  del  ricorrente  puo' "in concreto
 essere attuato senza imporre alla  Marzocchi  S.p.a.  alcun  obbligo,
 generico  o  specifico,  di  modificare  le  strutture aziendali o la
 distribuzione dell'impiego della mano d'opera".
    4.  I  criteri  interpretativi delle norme. - Alla stregua di tali
 acquisizioni di fatto e delle valutazioni dei consulenti tecnici,  si
 potrebbe   pervenire   all'accoglimento  della  domanda,  secondo  la
 interpretazione  costante  data  da  questo  giudice  alle  norme  da
 applicare.
    Si  e'  giudicato  e  si  ritiene,  secondo l'orientamento tuttora
 comune ad altri giudici della sezione e ad altri organi giudiziari di
 merito  e  un tempo seguito anche dalla stessa Corte di legittimita',
 che la dizione usata dall'art.  5  della  legge  n.  482/1968:  "Sono
 considerati  invalidi  civili coloro che siano affetti da minorazioni
 fisiche...", vada interpretata nel complesso sistematico delle  norme
 della legge n. 482/1968 e delle altre norme del nostro ordinamento in
 tema di tutela e di avviamento al lavoro di persone svantaggiate,  in
 maniera  diversa da quella ora seguita dalla maggioranza dei giudici,
 ivi compresa la Corte di cassazione.
    Riassumendo   molto   sistematicamente  tale  interpretazione,  si
 ritiene che la disposizione citata non possa costituire la  base  per
 la   creazione,  la  definizione  e  la  disciplina  giuridica  delle
 contrapposte  categorie  degli  "invalidi  civili  fisici"  e   degli
 "invalidi    civili    psichici";   la   prima   categoria   compresa
 nell'applicazione dell'avviamento obbligatorio al lavoro; la  seconda
 esclusa, in virtu' della disposizione citata.
    Si  ritiene  che  la  enunciazione  delle  due  categorie,  con il
 conseguente effetto giuridico di cui si  e'  detto,  costituisca  una
 elaborazione  interpretativa,  certamente  consentita  dalla  lettera
 della norma,  ma  basata  su  una  specifica  discutibile  concezione
 culturale  medico-sociale  (di  cui  ha fatto menzione anche il prof.
 Ricci); una interpretazione che non  discende  per  necessita'  dalla
 lettera  e  dalla  logica  della  disposizione;  che  appare anche in
 contrasto con  il  complesso  sistema  normativo  dell'avviamento  al
 lavoro degli invalidi, da interpretare in senso costituzionale, anche
 alla luce delle norme degli artt. 3, 4 e 28 della Costituzione.
    In  estrema sintesi si espone la interpretazione ritenuta corretta
 e costituzionalmente legittima.
    La   disposizione  riportata  dall'art.  5  riguarda  soltanto  le
 conseguenze di riduzione della "capacita'  lavorativa"  dell'invalido
 civile,   intesa   ed   indicata   come   materiale  possibilita'  di
 applicazione della forza fisica dell'organismo umano. In tale  ottica
 del  lavoro subordinato, strettamente ergonomica, come svolgimento di
 una mera attivita'  materiale,  l'uso  da  parte  della  legge  della
 dizione  "minorazioni  fisiche"  ha  la  funzione  di  individuare un
 criterio medico-legale tradizionale di  misurazione  della  riduzione
 della "capacita' lavorativa".
    A  criterio  del giudice la disposizione non consente di derivarne
 la categoria giuridica dei c.d.  "invalidi  psichici",  non  espressa
 dalla  legge,  come contrapposta a quella degli "invalidi fisici": e,
 pertanto, di giudicare in base ad essa che i lavoratori  che  fossero
 considerati  appartenere alla prima sarebbero esclusi dalla categoria
 (questa si', normativa) degli  "invalidi  civili",  e  percio'  dalla
 applicazione del collocamento.
    Si  osserva  che  la  esclusione  dalla  concreta applicazione del
 collocamento obbligatorio al lavoro di cui alla  legge  n.  482/1968,
 per coloro che presentano carenza di capacita' lavorativa e che siano
 stati dichiarati invalidi civili ed inseriti nelle liste speciali,  a
 causa   di   menomazioni   intellettuali   e/o   volitive,  cioe'  di
 comportamento, si potrebbe avere ai sensi dell'art. 20  della  legge,
 sia  nella  ipotesi  in  cui  la  "natura...  dell'invalidita'  possa
 riuscire di pregiudizio alla salute o all'incolumita' dei compagni di
 lavoro e alla sicurezza degli impianti", oppure ai sensi dell'art. 10
 "quando sia accertata la perdita di ogno capacita'  lavorativa  o  di
 aggravamento  di  invalidita'  tale  da  determinare pregiudizio alla
 salute ed incolumita' dei compagni di lavoro, nonche' alla  sicurezza
 degli impianti".
    In   sostanza,   senza   approfondire  in  questa  sede  l'analisi
 ermeneutica del sistema normativo che  ha  integrato  negli  anni  le
 disposizioni  della  legge  n.  482/1968,  si  puo'  ritenere  che la
 valutazione della  possibilita'  dell'avviamento  obbligatorio  degli
 svantaggiati,  nell'ambito  delle  categorie  specificamente previste
 dalla legge  n.  482/1968  (art.  2  "invalidi  di  guerra";  art.  3
 "invalidi  per  servizio";  art.  5  "invalidi civili"; art. 6 "privi
 della vista"; art. 7 "sordomuti";)  e  delle  relative  liste,  debba
 essere  fatta  con  riferimento  al  singolo  lavoratore  ed alle sue
 specifiche menomazioni, alle attitudini e alle  capacita'  lavorative
 residue  e  alla eventuale pericolosita' ed alla situazione del posto
 di lavoro, solo con riferimento concreto ad ogni  singolo  caso,  ove
 sussistano ipotesi di non controllabilita' di comportamento; cio' sia
 da  parte  dell'ufficio  del  lavoro  nella  gestione  amministrativa
 dell'avviamento,  sia da parte delle commissioni mediche, sia, infine
 e residualmente, dal giudice nei casi di controversia.
    5.   La   rilevanza   della  gestione.  -  Ribadito  sommariamente
 l'orientamento interpretativo che si e' seguito fin qui - espressione
 del  diritto - dovere del giudice di soggezione "soltanto alla legge"
 (art. 101 della Costituzione) - si prende  atto  che  la  maggioranza
 della  giurisprudenza  edita  segue una diversa interpretazione delle
 norme; quella per cui l'art. 5 della legge  2  aprile  1968,  n.  482
 "esclude  dall'ambito di applicazione della stessa legge la categoria
 degli invalidi civili affetti da minorazione di natura psichica".
    Tale  interpretazione  certamente  costituisce  la maggioranza del
 c.d. "diritto vivente", ove si faccia riferimento  agli  orientamenti
 della giurisprudenza ordinaria.
    In virtu' della constatazione di tale orientamento interpretativo,
 di cui non si possono non prevedere le  possibili  conseguenze  nella
 risoluzione  della  controversia  tra  il  ricorrente  e  la  impresa
 convenuta in giudizio, si giudica rilevante ai fini  della  decisione
 la  questione  della  legittimita' costituzionale dell'art. 5 citato,
 secondo la interpretazione  da  ultimo  riferita,  per  il  possibile
 contrasto  con  gli  artt. 3, 4 e 38 della Costituzione; questione di
 legittimita' che si intende sollevare di  ufficio  e  rimettere  alla
 Corte costituzionale.
    6.  Le  ragioni della eccezione di legittimita'. - La questione se
 la interpretazione della norma di cui si  e'  detto  violi  le  norme
 della  Costituzione,  in  particolare  gli  artt.  3, primo e secondo
 comma, 4, primo  comma,  38,  terzo  comma,  e'  stata  ripetutamente
 sollevata  e  rimessa al giudizio della Corte costituzionale, con una
 ampia gamma di deduzioni e di argomentazioni.
    Da  ultimo,  in  particolare, il tribunale di Milano con ordinanze
 emesse il 7 ottobre e il 2 dicembre 1987 aveva sollevato questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge 2 aprile 1968, n.
 482 (Disciplina generale  delle  assunzioni  obbligatorie  presso  le
 pubbliche  amministrazioni  e  le  aziende  private)  con riferimento
 all'art. 3 della Costituzione per la disparita'  di  trattamento  che
 esso  determina  tra  invalidi civili affetti da infermita' di natura
 psichica,  i  quali  sono  esclusi  dall'assunzione  obbligatoria  al
 lavoro,  e  invalidi  di guerra, di lavoro o di servizio, per i quali
 non sussiste tale esclusione anche in presenza  di  identico  deficit
 funzionale  produttivo  della  riduzione  della capacita' di lavoro".
 Secondo  il  tribunale  di  Milano,  "la  menzionata  disparita'   di
 trattamento  della  invalidita'  in  relazione  all'occasione  che ha
 prodotto l'invalidita' stessa trasmoda nell'irrazionalita'  allorche'
 diventi   esclusione   degli   invalidi   civili   psichici  da  ogni
 opportunita' di inserimento in un contesto produttivo protetto".
    "Le   considerazioni   politiche   che  inducono  a  trattare  con
 particolare  favore  gli  invalidi  di  guerra,  del  lavoro  o   per
 servizio,"  prosegue  l'ordinanza "non possono giustificare dal punto
 di vista dell'art. 3 della Costituzione la esclusione degli  invalidi
 psichici  dall'avviabilita'  al lavoro in un sistema legislativo che,
 in via generale, ammette l'avviamento per i primi".
    Peraltro  tale questione e' stata ritenuta non fondata dalla Corte
 costituzionale, con sentenza n. 1088 del 30 novembre 1988.
    In   tale   decisione  e'  stato  affermato  che  "e'  rimessa  al
 legislatore la determinazione di adeguati rimedi  operando  valide  e
 meditate scelte legislative sulla base degli opportuni rilevamenti ed
 apprezzamenti tecnici, nell'ambito di soluzioni le piu' confacenti ed
 idonee,  ancorche' diversificate, con una normazione esaustiva intesa
 a soddisfare le esigenze prospettate nell'attuazione  dei  richiamati
 precetti costituzionali".
    Si  prende  atto  di  tale  decisione e si concorda con l'auspicio
 espresso dalla Corte che  l'intera  materia  del  collocamento  degli
 svantaggiati   sia   rielaborata  dal  Parlamento,  posto  che  anche
 l'esperienza  giurisprudenziale  quotidiana  mette  in  evidenza   le
 incertezze  oggettive  e  le  difficolta'  di  interpretazione  e  di
 applicazione della intera normativa;  incertezze  e  difficolta'  che
 sono  fonte  non  solo  di  gravi sofferenze individuali, ma anche di
 disordine e di corruzione morale e  sociale  e  che  non  si  possono
 contrastare efficacemente nei singoli casi.
    Si  prende  anche atto che nella stessa sentenza la Corte dichiara
 che "a tutt'oggi nulla e' stato fatto  (dal  Parlamento),  mentre  le
 rilevate  esigenze si sono fatte piu' pressanti ed urgenti... per cui
 la auspicata disciplina della materia e' ormai indilazionabile".
    La  Corte  afferma  anche:  "se sara' ancora una volta chiamata ad
 esaminare altri incidenti nella stessa materia, non potra' sottrarsi,
 superate  le esigenze contingibili del fenomeno, ad una decisione che
 applichi rigorosamente i precetti costituzionali...".
    Di  fronte  a  tale  severo  ammonimento  del supremo organo della
 legalita'  costituzionale  il  giudice  ordinario  ha  il  dovere  di
 recepire  la  indicazione fornita dalla Corte, perche' il richiamo ai
 precetti costituzionali non resti una predica inutile, per quanto gli
 compete.
    E'  quanto  basta  per  ritenere  non  manifestamente infondata la
 questione della legittimita' costituzionale della norma.
    In  particolare,  per quanto concerne il profilo dell'art. 3 della
 Costituzione, il criterio si rinviene nelle parole usate dalla  Corte
 nella   sentenza   n.  163/1983:  non  sono  ammissibili  "sul  piano
 costituzionale, oltre che  su  quello  morale"...  "le  esclusioni  e
 limitazioni  dirette  a  relegare  in  situazioni  di isolamento e di
 assura discriminazione soggetti che,  particolarmente  colpiti  nella
 loro  efficienza  fisica o mentale, hanno all'incontro, pieno diritto
 di inserirsi nel mondo del lavoro, specie in un paese come il  nostro
 di  intesa  socialita' e nel quale tutti i cittadini hanno diritto di
 concorrere all'organizzazione politica, economica e sociale del paese
 (art.  3  della  Costituzione),  ed, in particolare, hanno diritto al
 lavoro in una Repubblica impegnata a  promuovere  le  condizioni  per
 rendere effettivo tale diritto".
    Tale  affermazione  e'  rafforzata  dal  riferimento  che va fatto
 all'art. 4, primo comma, per cui "la Repubblica riconosce a  tutti  i
 cittadini  il  diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano
 effettivo questo diritto".
    Inoltre  la  indicazione  e' resa specifica dal precetto dell'art.
 38,  secondo  comma,  per  cui  "gli  inabili  ed  i  minorati  hanno
 diritto... all'avviamento professionale".
    Per  queste  ragioni  si  rimette alla Corte la questione, per una
 decisione "che applichi rigorosamente i precetti costituzionali".
                                P. Q. M.
    Ritenuta   la   rilevanza   e  non  manifesta  infondatezza  della
 questione,   solleva   d'ufficio   l'incidente   della   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  5 della legge 2 aprile 1968, n. 482, nella
 parte in cui  esclude  gli  invalidi  civili,  la  cui  riduzione  di
 capacita'  lavorativa derivi da minorazione psichica, dall'avviamento
 obbligatorio al lavoro, per la violazione  degli  artt.  3,  primo  e
 secondo  comma,  4,  primo comma, 38, terzo comma, della Costituzione
 per le ragioni di cui alla motivazione;
    Ordina  che  la ordinanza sia comunicata alle parti, al Presidente
 del Consiglio dei Ministri, ai Presidenti della Camera dei deputati e
 del Senato della Repubblica;
    Ordina  la  sospensione  del  procedimento e la trasmissione degli
 atti alla Corte costituzionale.
      Bologna, addi' 16 febbraio 1989
                        Il pretore: GOVERNATORI

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