N. 314 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 febbraio 1989
N. 314 Ordinanza emessa il 24 febbraio 1989 dal pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Ricchi Alessandro e la ditta Weber S.r.l. Lavoro - Collocamento obbligatorio - Soggetti aventi diritto - Non prevista inclusione, tra di essi, degli invalidi civili, se la menomazione e' di natura psichica - Irrazionale disparita' di trattamento rispetto ad altre categorie protette (invalidi di guerra, per servizio o lavoro) per i quali la minorazione psichica non osta all'avviamento al lavoro - Violazione del principio del diritto al lavoro e, in particolare, all'avviamento professionale degli inabili - Richiamo alla sentenza n. 1088/1988. (Legge 2 aprile 1968, n. 482, art. 5). (Cost., artt. 3, 4 e 38).(GU n.25 del 21-6-1989 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella controversia iscritta al n. 324/1987 ruolo generale, sezione lavoro, promossa da Ricchi Alessandro, elettivamente domiciliato in Bologna in via Mattuiani n. 5, presso lo studio dell'avv. Elena Passanti, che lo rappresenta e difende come da mandato in calce al ricorso, ricorrente, contro la ditta Weber S.r.l. in persona del suo procuratore, con sede in Torino, ed elettivamente domiciliato in Bologna in via Zamboni n. 9, presso lo studio dell'avv. Germano Dondi, che la rappresenta e difende come da mandato in calce alla copia notificata del ricorso, convenuta. In punto a: "Assunzione ope legis ex art. 5 della legge n. 482/1968". Svolgimento del processo 1. - Alessandro Ricci ha dedotto che l'ufficio del lavoro di Bologna lo aveva avviato al lavoro con la qualifica di impiegato presso la S.r.l. Weber, ai sensi della legge n. 482/1968, quale invalido civile iscritto nelle apposite liste. La societa', dopo "aver provveduto a farlo sottoporre a visite mediche presso studi medici privati", aveva impugnato di nullita' l'atto davanti al t.a.r. dell'Emilia Romagna ed aveva rifiutato di assumerlo al lavoro con la affermazione che, in quanto affetto da epilessia, "malattia di natura psichica", non avrebbe dovuto essere avviato al lavoro ai sensi dell'art. 5 della legge 2 aprile 1968, n. 482. Il ricorrente ha dedotto che la epilessia di cui soffriva aveva origine, secondo gli accertamenti specialistici, in "lesioni organiche del tessuto cerebrale in regione frontale sinistra", ed era classificabile come "parziale secondaria, di esclusiva origine neurologica... senza alcuna manifestazione psichica". Il ricorrente ha aggiunto che, nonostante la malattia, aveva conseguito il diploma di maturita' scientifica; il "quadro sintomatologico e' parzialmente dominato dalla terapia... che contiene le crisi per intensita' e frequenza..."; percio' non sussisteva in concreto alcuna pericolosita'. Nel ricorso, dopo la contestazione delle varie argomentazioni svolte dalla societa' Weber davanti al t.a.r. sulla asserita illegittimita' dell'avviamento disposto dall'ufficio di Bologna e la affermazione di un diritto soggettivo del lavoratore ad essere assunto, sono state precisate le domande che si trascrivono di seguito: "1) dichiarare l'obbligo della S.r.l. Weber ad assumere Ricchi Alessandro dalla data dell'avviamento al lavoro del 29 agosto 1987; 2) costituire ex art. 2932 del c.c. il rapporto di lavoro tra Ricchi Alessandro e la Weber S.r.l. con qualifica di impiegato di concetto, con conseguente condanna della convenuta a pagare al ricorrente un importo pari alle retribuzioni contrattuali dovute per il periodo intercorso tra la data di avviamento e la effettiva assunzione; 3) in subordine, condannare la societa' stessa, previa affermazione dell'obbligo di assunzione, al risarcimento di danni nella misura che risiultera' di giustizia; 4) sempre in via subordinata dichiararsi rilevante e non manifestamente infondata la eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge n. 482/1968 nella parte in cui esclude gli invalidi civili psichici della propria tutela, tenendo presenti gli artt. 1, 2 e 3 della stessa legge, in quanto in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, disponendo la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con tutti i provvedimenti di legge e del caso". 2. - La societa' ha eccepito che il procedimento avrebbe dovuto essere sospeso ai sensi dell'art. 295 del c.p.c. per la pendenza del giudizio sulla legittimita' dell'atto amministrativo di avviamento dell'ufficio del lavoro di Bologna davanti al t.a.r. Nel merito la societa' ha dedotto come dalla stessa documentazione medica prodotta dal ricorrente risultasse che la malattia, "i cui effetti si riverbano sulla sfera volitiva del sig. Ricchi" che durante le crisi non e' compos sui, non poteva essere qualificata "come puramente fisica". Ha eccepito che l'atto dell'ufficio del lavoro non era legittimo soltanto per la dedotta "incollocabilita' coattiva degli irregolari psichici", ma anche perche' l'avviamento "e' stato disposto nonostante il sostanziale giudizio di 'pericolosita'' dell'attore che ne avrebbe dovuto escludere l'avviamento, con opinabile ricorso all'istituto dello scorrimento e sulla base di una delibera (della commissione provinciale per il collocamento obbligatorio) invalida". Dopo aver illustrato tali eccezioni e sostenuto la non fondatezza della dedotta questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge n. 482/1968 la difesa della societa' ha concluso per il rigetto della domanda. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. - La rilevanza della eccezione. 1.1. - La eccezione della legittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge 2 aprile 1968, n. 482, e' rilevante ai fini della decisione della controversia, dato che riguarda la norma posta alla base dell'atto di avviamento coattivo al lavoro, e percio' del diritto soggettivo del lavoratore fatto valere in questo giudizio. 1.2. - La rilevanza della eccezione non e' affatto scalfita dalla pendenza del giudizio di impugnazione davanti al t.a.r. della legittimita' dell'atto di avviamento al lavoro. La definizione di tale giudizio davanti al giudice amministrativo, oltre a non vincolare la decisione di questa controversia, appare a sua volta condizionata e subordinata alla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale della norma che regola l'avviamento al lavoro degli invalidi civili. 1.3. - La rilevanza della questione non e' toccata nemmeno dalle altre eccezioni proposte dalla difesa della societa' nei riguardi della validita' e della efficacia dell'atto di avviamento al lavoro. La controversia sulla applicazione del c.d. scorrimento tra gli iscritti alle varie categorie e liste degli inabili da collocare al lavoro e' sicuramente successiva alla valutazione della estensione della tutela della legge nei confronti degli "invalidi civili". Anche il giudizio sulla "pericolosita'" in concreto del lavoratore avviato e' condizionato dal riconoscimento della legittimita' dell'atto di avviamento, contestata in radice dal convenuto. 2. - La fondatezza della questione. 2.1. - La questione della legittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge 2 aaprile 1968, n. 482, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 4, primo comma, 38, terzo comma, della Costituzione non appare manifestamente infondata: cio' che e' appunto sufficiente per far divenire doveroso al giudice di rimetterne la decisione alla Corte costituzionale. 3. - A sostegno di tale valutazione si adducono, molto sinteticamente le seguenti considerazioni. 3.1. - Da una parte, innanzitutto, stanno la lettera e l'ampio categorico significato normativo dell'art. 38, terzo comma, della Costituzione: "gli inabili e i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale". Tale norma va integrata ed applicata, nel suo contenuto e nel senso, e nella parte in cui ne e' rimessa l'attuazione al Parlamento e al Governo, con le disposizioni dell'art. 3 e dell'art. 4 della Costituzione: con il rispetto del principio di uguaglianza formale e sostanziale, di quello di ragionevolezza e di non arbitrarieta' nella traduzione normativa del precetto costituzionale, e di quello di rendere effettivo il diritto al lavoro. 3.2. - In contrasto con tali norme sta la realta' effetuale dell'ordinamento sociale e giuridico, la realta' della interpretazione giurisprudenziale divenuta dominante negli ultimi anni (il c.d. diritto vivente), quale e' stata ricordata anche dal difensore della societa' Weber. Gli invalidi civili, la cui riduzione di capacita' lavorativa sia ritenuta derivare da cause diverse da quella che l'art. 5 denomina "minorazioni fisiche", dovrebbero percio' solo essere esclusi dalla applicazione della legge e quindi dalla possibilita' dell'avviamento obbligatorio. La esclusione per tale ragione dal collocamento di tali invalidi civili, secondo tale interpretazione giurisprudenziale, prescinderebbe dalle condizioni generali di applicazione del collocamento coattivo di cui all'art. 1, primo comma, della stessa legge 2 aprile 1968, per il quale collocamento non troverebbe luogo "nei confronti di coloro che abbiano perduto ogni capacita' lavorativa o che, per la natura ed il grado della loro invalidita' possono riuscire di danno alla salute e alla incolumita' dei compagni di lavoro o alla sicurezza degli impianti". Si tratterebbe di una causa di esclusione che riguarderebbe soltanto gli invalidi civili, perche' enunciata nella disposizione dell'art. 5; non gia' gli invalidi di guerra, gli invalidi civili di guerra, gli invalidi per servizio e del lavoro di cui agli artt. 2, 3 e 4 della legge. Infine, la esclusione dal collocamento obbligatorio per tali inabili - da includere nella categoria dei cosidetti "invalidi civili psichici", (a criterio del giudice non prevista dalla legge) - sicuramente non e' compensata, ne' nella legge n. 482/1968 ne' in altre leggi, da altre forme di "avviamento professionale" a sostegno di tali "inabili", a prescindere dalla perdita di ogni capacita' lavorativa e dalla possibile loro pericolosita'. 3.3. - Da quanto esposto consegue come si possa prospettare la questione della illegittimita' costituzionale di tale interpretazione della norma, ravvisabile, tra l'altro, nella diversita' di trattamento e nella carenza di ogni "avviamento professionale", la cui ragionevolezza e giustificabilita' ai sensi dell'art. 3 della Costituzione deve essere valutato dalla Corte costituzionale, di per se' ed in rapporto con gli interventi previsti per tutti gli altri inabili e per gli altri invalidi civili. 4. - Con particolare riferimento all'art. 3 della Costituzione, si richiama quanto e' stato affermato nella ordinanza di rimessione del 17 febbraio 1989 con identica questione di legittimita' alla Corte costituzionale pronunciata nella causa tra Naldi e la S.p.a. Marzocchi, a proposito della interpretazione dell'art. 5 della legge citata. Si contesta che la dizione "minorazioni fisiche" contenuta nel citato art. 5 possa legittimare, come interpretazione della norma in se' ed anche sotto il profilo della legalita' costituzionale la individuazione di una categoria giuridica di "invalidi civili psichici", come contrapposta alla categoria di "invalidi civili fisici". Peraltro pur contestandosi la rispondenza alla Costituzione di tale interpretazione, si prende atto che essa e' ora adottata dalla giurisprudenza della Corte di cassazione e di gran parte della giurisprudenza, ed e' stata presa in considerazione dalla Corte costituzionale, nell'esaminare in tempi diversi le eccezioni e le questioni ripetutamente rimesse alla sua decisione su tali norme. Da ultimo la Corte costituzionale, con sentenza n. 1088 del 30 novembre-13 dicembre 1988 ha ritenuto non fondata la questione rimessa dal tribunale di Milano ed ha giudicato che "e' rimesso al legislatore la determinazione di adeguati rimedi operando valide e mediate scelte legislative sulla base degli opportuni rilevamenti ed apprezzamenti tecnici, nell'ambito di soluzioni le piu' confacenti ed idonee, ancorche' diversificate, con una normazione esaustiva intesa a soddisfare le esigenze prospettate nell'attuazione dei richiamati precetti costituzionali". Si prende atto di tale decisione e si concorda con l'auspicio espresso dalla Corte che l'intera materia del collocamento degli svantaggiati sia rielaborata dal Parlamento, posto che anche l'esperienza giurisprudenziale quotidiana mette in evidenza le incertezze oggetive e le difficolta' di interpretazione e di applicazione della intera normativa; incertezze e difficolta' fonte non solo di gravi sofferenze individuali, ma anche di disordine e di corruzione morale e sociale che non si possono contrastare efficacemente nei singoli casi. Si prende anche atto che nella stessa sentenza la Corte dichiara che "a tutt'oggi nulla e' stato fatto (dal Parlamento), mentre le rilevate esigenze si sono fatte piu' pressanti ed urgenti... per cui la auspicata disciplina della materia e' ormai indilazionabile". La Corte afferma anche: "se sara' ancora una volta chiamata ad esaminare altri incidenti nella stessa materia, non potra' sottrarsi, superate le esigenze contingibili del fenomeno, ad una decisione che applichi rigorosamente i precetti costituzionali...". Di fronte a tale severo ammonimento del supremo organo della legalita' costituzionale il giudice ordinario ha il dovere di recepire la indicazione fornita dalla Corte, perche' il richiamo ai precetti costituzionali non resti una predica inutile, per quanto gli compete. E' quanto basta per ritenere non manifestamente infondata la questione della legittimita' costituzionale della norma. In particolare, per quanto concerne il profilo dell'art. 3 della Costituzione, il criterio si rinviene nelle parole usate dalla Corte nella sentenza nn. 163/1983: non sono ammissibili "sul piano costituzionale, oltre che su quello morale"... "le esclusioni e limitazioni dirette a relegare in situazioni di isolamento e di assurda discriminazione soggetti che, particolarmente colpiti nella loro efficienza fisica o mentale, hanno all'incontro, pieno diritto di inserirsi nel mondo del lavoro, specie in un paese come il nostro di intensa socialita' e nel quale tutti i cittadini hanno diritto di concorrere all'organizzazione politica, economica sociale del paese (art. 3 della Costituzione), ed, in particolare, hanno diritto al lavoro in una Repubblica impegnata a promuovere le condizioni per rendere effettivo tale diritto". Per queste ragioni si rimette alla Corte la questione, chiedendo una decisione "che applichi rigororamente i precetti costituzionali".
P. Q. M. Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione, rimette alla Corte costituzionale l'incidente della legittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge 2 aprile 1968, n. 482, nella parte in cui esclude gli invalidi civili, la cui riduzione di capacita' lavorativa derivi da minorazione psichica, dall'avviamento obbligatorio al lavoro, per la violazione degli artt. 3, primo e secondo commaa, 4, primo comma, 38, terzo comma, della Costituzione, per le ragioni di cui alla motivazione; Ordina che la ordinanza sia comunicata alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Ordina la sospensione del procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Bologna, addi' 24 febbraio 1989 Il pretore: GOVERNATORI 89C0700