N. 336 SENTENZA 13 - 15 giugno 1989
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Illegittimita' costituzionale parziale. D.-L. 30 dicembre 1987, n. 536, art. 5, nono comma, convertito in legge 29 febbraio 1988, n. 48). Previdenza e assistenza - Impresa artigiana - Regione e provincia autonoma - Violazione della riserva di legge statale in materia previdenziale - Limiti alla competenza primaria in materia di artigianato e della competenza integrativa e di attuazione in materia previdenziale - Difetto di rilevanza della questione - Inammissibilita'. Legge 8 agosto 1985, n. 443, art. 13, sesto comma). Cost., artt. 3, 38 e 116; legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, artt. 4 e 6)(GU n.25 del 21-6-1989 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma nono, del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536 (Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'INPS), convertito in legge 29 febbraio 1988, n. 48 e dell'art. 13, sesto comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge Quadro per l'Artigianato) promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 13 settembre 1988 dal Pretore di Trieste nel procedimento civile vertente tra Dagri L. e C. s.n.c. e l'I.N.P.S., iscritta al n. 727 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1988; 2) ordinanza emessa il 20 luglio 1988 dal Pretore di Trento nel procedimento civile vertente tra Montibeller Carmelo e l'I.N.P.S., iscritta al n. 751 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 1988; Visti gli atti di costituzione di Montibeller Carmelo e dell'I.N.P.S., nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica dell'11 aprile 1989 il Giudice relatore Ugo Spagnoli; Uditi gli avv.ti Fabio Lorenzoni per Montibeller Carmelo, Fabio Fonzo per l'I.N.P.S. e l'Avvocato dello Stato Luigi Siconolfi per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un procedimento civile promosso da Dagri L. e C. s.n.c., contro l'I.N.P.S., il Pretore di Trieste, con ordinanza del 13 settembre 1988 (r.o. n. 727/1988) ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5, nono comma, del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536, convertito nella legge 29 febbraio 1988, n. 48, nonche' dell'art. 13, sesto comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443, in relazione agli artt. 38, 3 e 116 Cost. e agli artt. 4 e 6 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto Speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia). All'origine della controversia oggetto del giudizio a quo era, in sostanza, l'appartenenza o meno della ricorrente alla categoria delle imprese artigiane ai fini della applicabilita' - per il periodo 1 maggio 1978 - 31 dicembre 1984 - del relativo regime contributivo; la medesima ricorrente infatti, iscritta all'albo fin dal 1 giugno 1977, aveva, nel periodo considerato, costantemente superato il numero massimo di dieci dipendenti fissato dalla legge statale 25 luglio 1956, n. 860, ma aveva rispettato il tetto di venti dipendenti stabilito invece dalla legge regionale Friuli- Venezia Giulia 10 aprile 1972, n. 17 e successive modificazioni. Ad avviso del Pretore, il sopravvenuto art. 5 del decreto-legge n. 536 del 1987 - convertito nella legge n. 48 del 1988 dichiaratamente interpretativo dell'art. 13, sesto comma, della legge quadro sull'artigianato n. 443 del 1985 - nello stabilire che nelle regioni e province a statuto speciale dotate di competenza primaria in materia, l'iscrizione nei relativi albi delle imprese artigiane ha efficacia costitutiva e fa stato a tutti gli effetti, anche in ordine alla definizione dell'impresa a fini previdenziali, sin dalla data di entrata in vigore delle rispettive leggi - incide, per la sua efficacia retroattiva, nella fattispecie oggetto del giudizio a quo: di qui la rilevanza della sollevata questione, nonche' la sua non manifesta infondatezza in relazione a: 1) all'art. 38 della Costituzione, che sancisce il principio in base al quale e' riservata alla legislazione statale la disciplina della previdenza e dell'assistenza sociale, e quindi anche degli aspetti relativi all'individuazione dei requisiti soggettivi per la costituzione del rapporto giuridico previdenziale (cfr. Corte cost., 10 giugno 1966, n. 59); 2) all'art. 3 della Costituzione, in quanto, considerando artigiane ai fini previdenziali imprese che tali non sono in base alla legislazione nazionale, induce, a parita' di altre condizioni ed in dipendenza del solo criterio della sede dell'impresa, una ingiustificata disparita' di trattamento fra cittadini (Cass. 26 maggio-27 novembre 1986, n. 7020); 3) all'art. 116 della Costituzione e agli artt. 4 e 6 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, in quanto: a) la potesta' legislativa regionale in materia di artigianato deve essere esercitata "in armonia con la Costituzione, con i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato... nonche' nel rispetto degli interessi nazionali" e, come rilevato anche da Cass. n. 7020 del 1986, l'interesse nazionale "comporta... che le gestioni previdenziali nazionali non siano gravate di oneri indebiti quali certamente sarebbero quelli derivanti dalle prestazioni in favore dei titolari di imprese non considerate artigiane dalla legislazione previdenziale nazionale"; b) la regione, in materia di previdenza, "ha facolta' di adeguare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, emanando norme di integrazione e di attuazione...", e tali non possono dirsi le disposizioni relative all'individuazione della nozione di impresa artigiana ai fini previdenziali. 2. - Nel giudizio dinanzi a questa Corte si e' costituito l'I.N.P.S., osservando che - premessa la irretroattivita' della legge quadro sull'artigianato n. 443 del 1985 - la disposizione interpretativa del decreto-legge n. 536 del 1987 non potrebbe estendere la propria efficacia retroattiva ad epoca anteriore all'entrata in vigore della stessa legge quadro interpretata, pena la violazione dell'art. 73, terzo comma, Cost.. Di conseguenza tale art. 5 dovrebbe intendersi nel senso che attribuisce rilevanza alle sole definizioni di impresa artigiana contenute nelle leggi regionali intervenute successivamente alla legge quadro e conformi ad essa. Da cio' l'irrilevanza della questione sollevata, essendo i rapporti in discussione nel giudizio a quo anteriori alla predetta legge. Chiede percio' a questa Corte una sentenza interpretativa di rigetto, deducendo che i rapporti regolati da leggi anche di Regioni a statuto speciale con competenza primaria, sotto l'impero della precedente legge sull'artigianato (n. 860 del 1956), sarebbero gia' stati definiti dalla Corte di cassazione come non rilevanti ai fini previdenziali (cfr. sentenze 27 novembre 1986, nn. 7020 e 7021). In via subordinata, condivide, nel merito, la censura di illegittimita' costituzionale proposta dal giudice a quo, ma la limita al solo art. 5 del decreto-legge n. 536 del 1987, convertito nella legge n. 48 del 1988. A suo avviso infatti l'art. 13, sesto comma, della legge-quadro n. 443 del 1985 non potrebbe attribuire valore ai fini previdenziali alle definizioni regionali di impresa artigiana diverse da quella risultante dalla legge statale poiche', cosi' facendo, determinerebbe quella disparita' di trattamento tra imprese a seconda della loro sede territoriale gia' rilevata dalle citate decisioni della Corte di cassazione in relazione alla legislazione della Provincia di Bolzano. Detto art. 13 dunque dovrebbe interpretarsi nel senso che l'efficacia costitutiva dell'iscrizione dell'impresa negli albi regionali sussista a tutti gli effetti "sempre che non contrasti con i principi inderogabili della legislazione statale in materie riservate alla legislazione esclusiva nazionale". Il successivo art. 5 del menzionato decreto-legge invece, espressamente attribuendo efficacia ai fini previdenziali a tale iscrizione, demanderebbe al legislatore regionale di disporre indirettamente anche sulla materia previdenziale con cio' violando il principio della riserva statale in argomento. 3. - Nel medesimo giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato, presentando una memoria le cui deduzioni peraltro non si riferiscono alla questione proposta dal Pretore di Trieste ma a quella, in parte analoga, sollevata dal Pretore di Trento (r.o. n. 751/1988) e qui di seguito riferita. 4. - Nel corso di un procedimento civile tra Montibeller Carmelo e I.N.P.S. - concernente il regime contributivo-previdenziale di un'impresa con sede nella Provincia di Trento per il periodo 1 novembre 1980 - 30 aprile 1983 - il Pretore di Trento, con ordinanza del 20 luglio 1988 (r.o. n. 751/1988) ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5, nono comma, del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536, convertito nella legge 29 febbraio 1988, n. 48, in relazione all'art. 3 Cost.. Il Pretore, premesso che la disposizione impugnata non potrebbe considerarsi contrastante con la riserva di legge statale ex art. 38 Cost. perche' posta essa stessa da una simile legge, ritiene pero' che la medesima disposizione - interpretativa dell'art. 13, sesto comma, della legge n. 443 del 1985, e dunque retroattiva - espressamente indicando tra gli effetti della iscrizione dell'impresa negli albi regionali degli artigiani anche quello della definizione della stessa impresa a fini previdenziali, creerebbe una situazione di privilegio a vantaggio degli imprenditori della Provincia di Trento, soggetti cosi' ai contributi previdenziali (minori) previsti per gli artigiani, mentre gli altri imprenditori, pur con caratteristiche identiche, operanti nelle altre Province e nelle Regioni ad autonomia ordinaria non situate nel Mezzogiorno, restando soggetti alla piu' restrittiva legislazione nazionale, e dovendo percio' considerarsi industriali, sarebbero gravati dai contributi (maggiori) previsti per questi ultimi. Tale privilegio non avrebbe, a parere del Pretore, alcuna giustificazione; la norma impugnata sarebbe anzi "un corpo estraneo" nel decreto-legge in cui e' contenuta, non essendo coordinata ad alcuno dei fini da questo perseguiti. Il trattamento di favore per gli imprenditori delle Province autonome infatti non potrebbe giustificarsi con la necessita' di prorogare gli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, attesa la collocazione geografica delle Province medesime, ne' potrebbe ritenersi finalizzato a fronteggiare la crisi del settore, e cio' sia per la mancanza di elementi dai quali desumere l'esistenza di tale crisi nelle dette Province, sia per la mancata valutazione, in sede di conversione del decreto, della effettiva capacita' delle diverse definizioni provinciali dell'impresa artigiana a rispondere allo scopo. 5. - Nel corso del giudizio cosi' instaurato si sono costituiti sia l'I.N.P.S. sia Montibeller Carmelo. Il primo ha presentato una memoria identica a quella concernente la questione sollevata dal Pretore di Trieste, sopra riferita. La difesa di Montibeller Carmelo - premesso che l'art. 5 del decreto-legge n. 536 del 1987 si limiterebbe a confermare ed esplicitare contenuti normativi gia' chiaramente presenti nell'art. 13, comma sesto, della legge-quadro sull'artigianato - osserva che, contrariamente a quanto presupposto dal Pretore remittente, tale articolo non creerebbe di per se stesso alcuna situazione di favore per una determinata categoria di imprenditori, essendo inteso esclusivamente a consentire che le definizioni di impresa artigiana poste con proprie leggi dalle Regioni e Province dotate in materia di competenza primaria operino anche nell'ordinamento generale e dunque pure ai fini previdenziali, con cio' evitando che nel loro territorio possano convivere due diverse definizioni di tale impresa o, meglio, che una stessa impresa possa essere considerata ad un tempo artigiana e non artigiana. La disposizione in esame dunque sarebbe del tutto ragionevole anche in relazione alle finalita' di sostegno dei settori in crisi. Conclude per l'infondatezza della questione, ricordando anche la recente sentenza n. 886 del 1988 di questa Corte che, proprio sulla base della norma ora oggetto di censura, ha dichiarato cessata la materia del contendere in ordine ad un conflitto di attribuzione sollevato dalla Provincia di Bolzano avverso le gia' ricordate sentenze n. 7020 e 7021 del 1986 della Corte di cassazione, relative a questione sostanzialmente identica alla presente: a suo parere, il fatto che questa Corte, pur non affrontando nel merito la questione, abbia considerato tale norma come risolutiva per il conflitto, farebbe presumere che non vi abbia ravvisato apprezzabili segnali di incostituzionalita'. 6. - E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri a mezzo dell'Avvocatura Generale dello Stato rilevando che - attesa la facolta' della Provincia di Trento di stabilire, in esercizio della propria competenza primaria, requisiti e criteri diversi da quelli posti dalla legislazione statale per l'iscrizione all'albo delle imprese artigiane e attesa, altresi', la clausola di salvezza di tale competenza contenuta nella legge-quadro (artt. 1, comma primo e 13, comma sesto, legge n. 443 del 1985) - la disposizione del decreto-legge impugnata, agganciando l'onere contributivo previdenziale alla normativa speciale ivi vigente, apparirebbe del tutto conforme ai criteri di logicita' e ragionevolezza, nonche' rispettosa del principio autonomistico. A conforto di tale conclusione ricorda anche la recente sentenza n. 447 del 1988 di questa Corte, secondo la quale il riconoscimento stesso di competenza legislativa alle Regioni in determinate materie implicherebbe l'eventualita', legittima secondo il sistema costituzionale, di una disciplina regionale differenziata da quella nazionale. Conclude pertanto per l'infondatezza della questione. Considerato in diritto 1. - Le ordinanze in epigrafe sollevano questioni analoghe; pertanto i giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza. L'art. 13, comma sesto, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge-quadro per l'artigianato) dopo avere dichiarato inapplicabili le norme della stessa legge nelle Regioni e Province autonome dotate di competenza primaria in materia di artigianato e formazione professionale, prescrive testualmente: "nelle medesime l'efficacia costitutiva dell'iscrizione agli albi disciplinati dai rispettivi ordinamenti fa stato a tutti gli effetti di legge". L'art. 5, comma nono, del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536 (Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'INPS), convertito in legge 29 febbraio 1988, n. 48, dispone espressamente che le suddette disposizioni debbano essere intese nel senso che, nelle Regioni e Province menzionate, l'efficacia costitutiva dell'iscrizione dell'impresa artigiana all'albo faccia stato, "sin dalla data di entrata in vigore delle medesime leggi", a tutti gli effetti, "ivi compresa la definizione dell'impresa ai fini previdenziali". Entrambi i giudici a quibus prospettano innanzi tutto il dubbio che quest'ultima prescrizione, considerata per se sola, ovvero - come vorrebbe il Pretore di Trieste - congiuntamente all'art. 13, comma sesto, della legge n. 443 del 1985, contrasti con l'art. 3 Cost.. Questa normativa infatti, consentendo che le imprese operanti in quelle Regioni o Province autonome, per effetto dell'applicazione della definizione di impresa artigiana posta dalle rispettive leggi, possano giovarsi del trattamento previdenziale agevolato degli artigiani, attribuirebbe a tali imprese un trattamento di privilegio rispetto alle imprese aventi identiche caratteristiche e operanti sul rimanente territorio nazionale, le quali, soggette invece alla piu' restrittiva disciplina stabilita dalla legge statale, resterebbero tenute al piu' gravoso regime contributivo-previdenziale previsto per gli industriali. Tale trattamento privilegiato si tradurrebbe in una discriminazione inammissibile perche' basata sul solo criterio della sede territoriale dell'impresa: esso infatti sarebbe privo di qualsiasi idoneo fondamento giustificativo nel quadro delle finalita' perseguite dallo stesso decreto-legge, poi convertito, che lo ha introdotto, non potendo ritenersi finalizzato ne' alla necessita' di prorogare gli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, ne' a fronteggiare la crisi del settore. Il Pretore di Trieste in aggiunta a tale censura, lamenta altresi' che la normativa impugnata si risolva in una violazione della riserva di legge statale in materia previdenziale (art. 38 Cost.), nonche' dei limiti costituzionali della competenza primaria in materia di artigianato (artt. 116 Cost., 4 St. Spec.) e della competenza integrativa e di attuazione in materia previdenziale (art. 6 St. Spec.), riconosciute alla Regione Friuli- Venezia Giulia. 2. - Prima di affrontare nel merito le censure proposte, e' necessario precisare che l'oggetto delle medesime - in relazione ai rapporti dedotti nei processi principali - deve essere circoscritto (come peraltro ritenuto dal Pretore di Trento) al solo art. 5, comma nono, del decreto-legge n. 536 del 30 dicembre 1987, convertito nella legge n. 48 del 1988. L'art. 13, comma sesto, della legge- quadro n. 443 del 1985 infatti non ha, per se solo considerato, efficacia retroattiva e non e' dunque applicabile a situazioni - come quelle di specie - verificatesi in un periodo di tempo antecedente alla sua entrata in vigore. La questione sollevata dal Pretore di Trieste a proposito di tale ultima disposizione e' pertanto inammissibile per irrilevanza. E' invece il menzionato art. 5 che, nell'interpretare autenticamente la suddetta disposizione, espressamente attribuisce efficacia retroattiva alla normativa contestata, e cio' senza dubbio - in mancanza di indicazioni diverse - con riferimento anche alla disciplina regionale e provinciale dell'impresa artigiana antecedente alla stessa legge-quadro, e, dunque, alle situazioni oggetto dei giudizi a quibus. 3. - La questione e' fondata. Invero, il principio costituzionale di eguaglianza non consente che in una materia quale quella previdenziale, sussistano disparita' di trattamento motivate dalla mera localizzazione territoriale dei soggetti interessati, senza cioe' che siano concretamente invocabili peculiari esigenze di questi, tali da richiedere l'adozione di discipline differenziate. Nel caso di specie, il particolare regime previdenziale, derivante dall'applicazione della norma impugnata a favore delle imprese con sede nelle Regioni e Province autonome da questa contemplate, non appare in effetti finalizzato a soddisfare interessi propri di queste in relazione ai particolari fini perseguiti con il decreto-legge n. 536 del 1987. D'altra parte, anche a voler prescindere dal puntuale collegamento con tali fini, e' da osservare che, in ogni caso, la possibilita' di trattamenti differenziati ratione loci in via generale e di principio, risulta esclusa dalla decisiva considerazione che lo stesso legislatore costituzionale, considerando quella previdenziale come materia a se stante, non ha attribuito in proposito alcuna competenza alle Regioni a statuto ordinario e - cio' che qui piu' interessa - ha riconosciuto di massima alle Regioni ad autonomia speciale una potesta' legislativa ristretta alla mera integrazione e attuazione delle norme statali (art. 5 lettera b) St. Sardegna; art. 3, lettera h) St. Valle d'Aosta; Art. 6 St. Trentino-Alto Adige; art. 6 St. Friuli-Venezia Giulia); alla sola Sicilia e' demandata una competenza di tipo "concorrente", peraltro assoggettata all'ulteriore limite del rispetto dei "minimi stabiliti dalle leggi dello Stato" (art. 17, lettera f) St.). In conformita' con tale quadro normativo, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente escluso la possibilita' che la potesta' legislativa delle Regioni a Statuto comune incida nei rapporti previdenziali (cfr. sentenze nn. 92 del 1976, 41 del 1982, 520, 979 del 1988) e, a proposito delle particolari attribuzioni della Regione siciliana, ha negato che essa possa autonomamente determinare i presupposti di tali rapporti, atteso il carattere nazionale del sistema previdenziale (cfr. sentenza n. 59 del 1966). Per quanto in particolare concerne gli enti nel cui territorio hanno sede le imprese protagoniste dei giudizi a quibus, e' da precisare che il Friuli- Venezia Giulia e' titolare in argomento di una competenza meramente integrativa - attuativa, mentre la Provincia di Trento e' priva di qualsiasi possibilita' d'intervento, essendo la potesta' di "integrare" le disposizioni legislative statali "nelle materie concernenti la previdenza e le assicurazioni sociali" attribuita alla Regione Trentino-Alto Adige (art. 6 St.). Alla luce di tali considerazioni, la disparita' di trattamento derivante dalla disposizione impugnata appare senza dubbio priva di idoneo fondamento giustificativo. Di conseguenza, l'art. 5, comma nono, del decreto-legge n. 536 del 1987, convertito nella legge n. 48 del 1988 deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo limitatamente alla parte in cui consente che la definizione di impresa artigiana posta dalle leggi delle Regioni o Province autonome dotate di competenza primaria in materia di artigianato abbia effetto ai fini previdenziali. Tale conclusione, naturalmente, non impedisce in alcun modo che le medesime Regioni o Province dettino, per effetti diversi da quelli previdenziali, proprie definizioni dell'impresa artigiana nell'esercizio e nei limiti della competenza esclusiva ad esse costituzionalmente attribuita. E' da osservare infine che la presente dichiarazione di illegittimita' costituzionale non e' in contraddizione con la sentenza n. 886 del 1988: questa Corte infatti non ha espresso in tale sentenza alcuna valutazione sulla costituzionalita' della norma oggetto dell'attuale giudizio, ma si e' limitata a prendere atto della sua entrata in vigore ai soli fini di dichiarare la cessazione della materia del contendere del conflitto di attribuzioni allora pendente.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi: 1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma nono, del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536 (Fiscalizzazione degli oneri sociali, proroga degli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme in materia di organizzazione dell'INPS), convertito nella legge 29 febbraio 1988, n. 48, nella parte in cui dispone che l'efficacia costitutiva dell'iscrizione dell'impresa artigiana negli albi, disciplinata dalle leggi emanate dalle Regioni a statuto speciale o dalle Province autonome che abbiano competenza primaria in materia di artigianato e formazione professionale, faccia stato agli effetti della definizione dell'impresa ai fini previdenziali; 2) dichiara l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma sesto, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge- quadro per l'artigianato) in riferimento agli artt. 3, 38, 116 della Costituzione; 4, 6 della legge cost. 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia) sollevata dal Pretore di Trieste con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 giugno 1989. Il Presidente: SAJA Il redattore: SPAGNOLI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 15 giugno 1989. Il direttore della cancelleria: MINELLI 89C0704