N. 338 SENTENZA 13 - 15 giugno 1989

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e provincia autonoma
 e tra Stato e regione.  Sanita' pubblica - Provincie autonome di
 Trento e Bolzano Regioni Toscana ed Umbria - Determinazione degli
 standards del personale sanitario - Funzione demandata al Ministro
 della sanita' - Inammissibilita'.  Sanita' pubblica - Provincie
 autonome di Trento e Bolzano Regioni Toscana ed Umbria -
 Rideterminazione dei posti letto Non spettanza allo Stato -
 Annullamento parziale del d.m.  sanita' 13 settembre 1978.  Sanita'
 pubblica - Provincie autonome di Trento e Bolzano Regioni Toscana ed
 Umbria - Potere di indirizzo nella riorganizzazione degli ospedali e
 nella politica direzionale dei presidi ospedalieri - Spettanza allo
 Stato
(GU n.25 del 21-6-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof.
 Gabriele   PESCATORE,   avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
 CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei giudizi promossi con ricorsi della Provincia autonoma di Bolzano,
 delle Regioni Toscana e Umbria e della Provincia autonoma di  Trento,
 notificati  il  22  novembre  1988,  depositati  in cancelleria il 29
 novembre, il 6 e il 9 dicembre 1988 ed iscritti ai nn. 28, 29,  30  e
 31  del  registro ricorsi 1988, per conflitto di attribuzione sorto a
 seguito del decreto del Ministro della Sanita' 13 settembre 1988, dal
 titolo: "Determinazione degli standards del personale ospedaliero".
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica del 7 marzo 1989 il Giudice relatore
 Antonio Baldassarre;
    Uditi  gli  Avvocati  Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di
 Bolzano, Alberto Predieri per le Regioni Toscana ed Umbria e  Valerio
 Onida  per  la  Provincia autonoma di Trento e l'Avvocato dello Stato
 Antonio Bruno per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                            Ritenuto in fatto
    1.  - Con ricorso del 22 novembre 1988, la Provincia di Bolzano ha
 sollevato conflitto di attribuzione  nei  confronti  dello  Stato  in
 relazione  agli  artt.  1,  2,  5  e 6 del Decreto del Ministro della
 Sanita' del 13  settembre  1988,  dal  titolo  "Determinazione  degli
 standards  del  personale  ospedaliero".  Secondo la ricorrente, tali
 articoli lederebbero le competenze ad essa assicurate dagli artt.  9,
 n.  10,  (potesta'  legislativa  concorrente  in  materia di igiene e
 sanita') e 8, n. 1 (potesta'  legislativa  esclusiva  in  materia  di
 ordinamento del personale dipendente, compreso quello sanitario) e 16
 (funzioni  amministrative  nelle  materie  attribuite  alle  potesta'
 legislative  delle Province autonome) dello Statuto (d.P.R. 31 agosto
 1972, n. 670), competenze gia' esercitate dalla Provincia di  Bolzano
 con  la  legge  18  agosto  1988,  n. 33 (Piano sanitario provinciale
 1988-91).
    Piu' in particolare, la Provincia sottolinea che in base al d.l. 8
 febbraio 1988, n. 27, convertito con legge 8  agosto  1988,  n.  109,
 mentre  spetta  al  Ministro  della Sanita' fissare gli standards del
 personale ospedaliero per posto-letto e  per  tipologia  di  ospedali
 (art. 1, primo comma), e' attribuita alle Regioni e Province autonome
 la  successiva  rideterminazione  dei  posti-letto  e  delle   piante
 organiche   in   armonia   con   i  criteri  stabiliti  dal  medesimo
 decreto-legge (art. 2, secondo e terzo comma), salvo  il  potere  del
 Ministro di adottare, su delega del Consiglio dei Ministri, "gli atti
 sostitutivi necessari" in caso  di  inerzia  regionale  relativamente
 agli adempimenti previsti dai commi precedenti (art. 2, terzo comma).
 Tuttavia,  ad  avviso  della  ricorrente,  il  decreto   ministeriale
 impugnato,  pur  se  dice  di  voler  determinare  gli  standards del
 personale ospedaliero, in realta' dedica a questo argomento,  che  e'
 l'unico  affidato  alla competenza del Ministro, solo alcuni articoli
 (in particolare, gli artt. 3 e 4), disciplinando per il resto  -  ora
 con   la   predisposizione   di  criteri  e  di  indirizzi,  ora  con
 disposizioni puntuali e poteri sostitutivi del Ministro non  previsti
 da  leggi  -  aspetti che il d.l. n. 27 del 1988 affida all'autonomia
 regionale o provinciale, quali la rideterminazione dei posti-letto  e
 delle piante organiche del personale ospedaliero, le assunzioni e, in
 genere, la riorganizzazione dei servizi e dei  presi'di  ospedalieri,
 nonche'  le  istituzioni  sanitarie convenzionate. In queste materie,
 gia' regolate dalla Provincia di Bolzano con  una  propria  legge,  i
 criteri  direttivi  necessari  per garantire i minimi di uniformita',
 per un verso, sono gia' stabiliti dal d.l. n. 27 del 1988 e da  altre
 disposizioni legislative e, per altro verso, sono riservati al futuro
 Piano sanitario nazionale  che  sara'  approvato  dal  Parlamento  e,
 pertanto,  sempre  secondo  la  ricorrente, non potrebbero mai essere
 adottati dal Ministro al di la' di ogni previsione legislativa.
    Anche   se  il  decreto  impugnato  volesse  essere  imposto  alla
 Provincia come atto di indirizzo  e  di  coordinamento,  continua  la
 ricorrente,  esso  sarebbe  privo dei requisiti formali e sostanziali
 propri della predetta funzione. Per un verso,  infatti,  risulterebbe
 violato  il  principio  di  legalita',  in  base al quale, secondo la
 giurisprudenza  costituzionale,  l'atto  governativo   di   indirizzo
 dovrebbe   fondarsi   su   norme   di  legge  volte  a  vincolare  la
 discrezionalita' del Governo stesso. Per altro verso, il  potere  del
 Ministro,  esercitato  con  il  decreto  impugnato, non avrebbe alcun
 fondamento legislativo, poiche' l'unico potere di indirizzo  affidato
 dalle  leggi vigenti al Ministro della Sanita' riguarda "le direttive
 concernenti le attivita' delegate alle regioni" (art. 5, comma terzo,
 della legge n. 833 del 1978), attivita' che non ricorrono nel caso di
 specie. In  particolare,  sarebbero  macroscopicamente  lesivi  delle
 competenze  provinciali  gli  artt. 2, terzo comma, e 1, comma sesto,
 del decreto impugnato: il primo  in  quanto,  oltre  a  imporre  alla
 Provincia  di  conformarsi alle indicazioni del decreto impugnato (in
 aggiunta a quelle contenute nel decreto-legge), estende  senza  alcun
 supporto   legislativo  il  potere  sostitutivo  del  Ministro  anche
 all'ipotesi di mancato adeguamento  della  legge  relativa  al  piano
 sanitario  provinciale  alle determinazioni del decreto impugnato; il
 secondo in quanto, nello stabilire che il  provvedimento  provinciale
 di  deroga in ordine alla disattivazione dei presi'di sanitari minori
 debba essere approvato dal Ministro della  Sanita',  si  scontrerebbe
 con  l'insegnamento  di questa Corte (sent. n. 610 del 1988), secondo
 il quale spetta solo alla Provincia il definitivo apprezzamento delle
 peculiari  esigenze  locali  dirette  a  giustificare  le  deroghe in
 questione.
    In  generale, conclude la ricorrente, l'illegittimita' del decreto
 impugnato sarebbe resa evidente dall'esplicito intento di  costituire
 "una  anticipazione  del  piano  sanitario  nazionale" (art. 2, primo
 comma, lett. e) o da  quello  di  porre  disposizioni  temporanee  di
 salvaguardia   dell'assetto   definitivo   del   servizio   sanitario
 nazionale:  in  ambedue  le  ipotesi  il  Ministro  pretenderebbe  di
 sostituirsi illegittimamente al Parlamento, poiche', per un verso, le
 disposizioni di salvaguardia, in base alla sentenza n. 610 del  1988,
 vanno approvate con legge e sono legittime solo se provvisorie e, per
 altro verso, il Piano sanitario nazionale esige l'approvazione  delle
 Camere con un atto di indirizzo non legislativo.
    2.  - Un identico conflitto di attribuzione e' stato sollevato con
 un ricorso del 22 novembre 1988 dalla Provincia autonoma di Trento in
 relazione  agli  artt. 1, 2, 5 e 6 del ricordato Decreto del Ministro
 della Sanita' del 23 settembre 1988.
    Con  motivazioni  molto simili a quelle addotte dalla Provincia di
 Bolzano, la ricorrente  sottolinea  l'assenza  di  qualsivoglia  base
 legislativa  del  decreto impugnato, soffermandosi in una dettagliata
 analisi della giurisprudenza  di  questa  Corte,  che  sarebbe  stata
 disattesa   nel  caso  di  specie,  secondo  la  quale,  stando  alla
 ricostruzione della Provincia di Trento, il legittimo affidamento  ai
 poteri   centrali   di   compiti   di   programmazione  ed  anche  di
 anticipazione dei contenuti del  Piano  sanitario  nazionale  sarebbe
 stato  sempre  subordinato  al presupposto che quei compiti dovessero
 svolgersi attraverso interventi  legislativi.  Piu'  in  particolare,
 poi,  la  ricorrente  osserva  che  il  decreto impugnato conterrebbe
 puntuali violazioni del d.l. n. 27  del  1988,  poiche',  mentre  gli
 artt.   1   e  2  di  quest'ultimo  conferiscono  la  priorita'  alla
 determinazione degli standards di personale ospedaliero rispetto alla
 ristrutturazione  dei  presi'di  ospedalieri,  il  decreto  impugnato
 invece invertirebbe tale rapporto.
    3.  - Con ricorso del 22 novembre 1988 anche la Regione Toscana ha
 sollevato un analogo conflitto  di  attribuzione  in  relazione  agli
 artt.  1,  2,  3,  primo, secondo e terzo comma, 4, 5 e 6 del Decreto
 Ministeriale 13 settembre 1988, ritenendoli invasivi della  sfera  di
 competenza  assicurata  alle  regioni  dagli  artt.  117  e 118 della
 Costituzione, come definita dalla legge 23 dicembre 1978,  n.  833  e
 dal  d.l.  n. 27 del 1988, convertito dalla legge n. 109 dello stesso
 anno.
    Oltre   a   sottolineare   l'esorbitanza  del  decreto  impugnato,
 limitatamente agli artt. 1, 2 e 6, rispetto alle previsioni del  d.l.
 n.  27  del  1988,  e oltre a contestare l'illegittimita' delle norme
 indicate  come  anticipazioni  del  Piano  sanitario  nazionale   con
 motivazioni  analoghe  a  quelle  addotte  dai precedenti ricorsi, la
 Regione Toscana individua piu' specifiche violazioni della  legge  n.
 833   del   1978   nell'art.  3,  che,  introducendo  i  concetti  di
 "preospedalizzazione",  "dimissione  protetta"  e   "ciclo   diurno",
 estenderebbero i referenti cui parametrare gli standards di personale
 ospedaliero a una serie di funzioni e di attivita' esorbitanti quelle
 tipiche  del  personale  ospedaliero,  in  quanto  riferite a momenti
 antecedenti e successivi a quelli della degenza ospedaliera,  nonche'
 a  qualsiasi  tipo  di  struttura assistenziale. Allo stesso modo, il
 secondo  e  terzo  comma  dello   stesso   art.   3,   imponendo   la
 riorganizzazione    funzionale   degli   ospedali   secondo   "moduli
 organizzativi tipo", contrasterebbero con gli artt. 17 della legge n.
 833  del  1978  e  10 della legge n. 595 del 1985, che riservano alle
 regioni le relative attivita'.  Da  tali  osservazioni,  continua  la
 Regione, discenderebbero, per via consequenziale, ulteriori motivi di
 illegittimita' degli  artt.  4  e  5  del  decreto  impugnato  e,  in
 particolare,  dell'art.  5,  primo comma, che, secondo la ricorrente,
 darebbe al Ministro di potere di estendere  gli  standards  anche  ai
 fini    della    individuazione    degli    istituti    convenzionati
 obbligatoriamente.
    In  conclusione, secondo la ricorrente, non essendo state adottate
 con un atto legislativo o approvate dal Parlamento  e  non  potendosi
 considerare  misure  temporanee  o  di  salvaguardia, le disposizioni
 impugnate lederebbero  le  competenze  costituzionalmente  attribuite
 alle regioni.
    4.  -  In  data 23 novembre 1988 la Regione Umbria ha sollevato un
 conflitto di attribuzione identico, nei termini e  nelle  motivazioni
 addotte, a quello promosso dalla Regione Toscana.
    5. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri per
 chiedere l'inammissibilita' e, in ogni caso, il rigetto  dei  ricorsi
 presentati dalle regioni.
    La  richiesta  d'inammissibilita'  si  basa  sul  rilievo  che  le
 ricorrenti, anziche' far valere  lesioni  delle  proprie  competenze,
 prospetterebbero asserite esorbitanze di un potere del Ministro della
 Sanita' nei confronti del potere del Parlamento, in conseguenza della
 mancata approvazione dell'atto impugnato con legge. Un secondo motivo
 di inammissibilita' riguarderebbe poi le  doglianze  concernenti,  in
 sostanza,   competenze  amministrative  dei  comuni  e  delle  unita'
 sanitarie locali.
    Nel merito, l'Avvocatura dello Stato osserva che lo stesso art. 2,
 primo comma,  lett.  c,  del  d.l.  n.  27  del  1988,  nell'indicare
 l'obiettivo  di "applicare gli standards di cui all'art. 1 alla nuova
 consistenza dei posti  letto",  avrebbe  stabilito  una  sequenza  di
 quattro    momenti    unitariamente   raffigurati   e   disciplinati:
 rideterminazione  dei  posti  letto,  applicazione  degli  standards,
 conseguente  revisione  degli  organici  del personale, mobilita' del
 personale   eventualmente   in   eccedenza.   E'   logico,    secondo
 l'Avvocatura,  che  non  si  possono  determinare gli standards senza
 toccare nel contempo la rideterminazione  dei  posti-letto.  In  ogni
 caso,  non  si  potrebbe sostenere che le linee-guida siano tracciate
 dal Decreto Ministeriale, essendo invece stabilite dalla legge n. 109
 del   1988.   Quest'ultima  avrebbe,  altresi'  modificato  le  leggi
 previgenti, che, conseguenzialmente, non potrebbero  essere  invocate
 come parametri.
    6.  -  In  prossimita'  dell'udienza  hanno  presentato memorie la
 Provincia autonoma di Bolzano, le Regioni Toscana e  Umbria,  nonche'
 il Presidente del Consiglio dei ministri.
    La   Provincia   di  Bolzano,  dopo  aver  respinto  l'ipotesi  di
 inammissibilita' prospettata dall'Avvocatura dello Stato in quanto la
 ritiene  basata su una visione formalistica dell'individuazione delle
 norme delimitanti le competenze regionali o provinciali,  sottolinea,
 in  particolare,  che  la  stessa  difesa  dello Stato ammette che il
 decreto impugnato disciplina la rideterminazione dei posti-letto,  la
 quale  e'  affidata dalla legge n. 595 del 1985 alla competenza delle
 regioni o  delle  province  autonome  nel  rispetto  degli  indirizzi
 stabiliti dall'art. 10, primo comma, lett. a, della stessa legge.
    Le  Regioni  Toscana  e  Umbria  replicano  anch'esse,  di  fronte
 all'eccezione di inammissibilita' dell'Avvocatura dello Stato, che la
 ripartizione orizzontale delle competenze fra Stato e regioni (che si
 assomma a quella verticale, per materie) esige di considerare lesa la
 sfera  di  autonomia  regionale quando, come nel caso, si pongano, in
 luogo  di  "principi"  o  "indirizzi",  statuizioni   dettagliate   o
 addirittura provvedimentali oppure si adottino quelle statuizioni con
 un atto non abilitato  e  posto  da  un'autorita'  incompetente.  Nel
 merito,  oltre a ribadire le censure gia' prospettate nei ricorsi, le
 suddette regioni sottolineano, in  particolare,  che,  nonostante  il
 richiamo  all'art.  2,  comma  terzo, della legge n. 109 del 1988, il
 decreto impugnato prevede poteri sostitutivi del Ministro che nessuna
 legge  in  realta'  configura  (v. artt. 1, commi secondo e sesto; 2,
 comma terzo, del decreto impugnato).
    7.  -  Nella  propria memoria l'Avvocatura dello Stato sottolinea,
 innanzitutto, che molte censure nascono da un'erronea interpretazione
 di  varie  disposizioni  del  decreto  impugnato.  In particolare, ad
 avviso dell'Avvocatura, le norme sui poteri sostitutivi del  Ministro
 non   innovano   l'ordinamento,  ma  si  limitano  a  richiamare  una
 previsione gia' contenuta nell'art. 2, comma terzo,  della  legge  n.
 109  del  1988. Analogamente, le disposizioni contenute nei primi tre
 commi dell'art. 1 costituirebbero una ripetizione - certo  superflua,
 ma  non  illegittima  - di disposizioni gia' presenti nel citato atto
 legislativo. Allo stesso modo, le "anticipazioni" del piano sanitario
 non sarebbero lesive delle competenze regionali o provinciali, per il
 fatto che, lungi dal modificare la situazione normativa o  di  fatto,
 costituirebbero,   per   l'Avvocatura,   un   semplice  incentivo  ad
 accelerare i processi di programmazione sanitaria regionale o locale,
 riconducibile  ala  funzione  di  indirizzo dello Stato ( ex art. 53,
 della legge n. 833 del 1978 e successive modificazioni). Inoltre, gli
 "indirizzi"  posti  alle regioni per la riorganizzazione dei presi'di
 ospedalieri conterrebbero una sorta di memorandum degli  aspetti  che
 le  programmazioni  regionali o locali dovrebbero "indicare" o, se si
 preferisce, un modello per la completezza e la  confrontabilita'  dei
 provvedimenti  regionali  e  locali. Secondo l'Avvocatura, le regioni
 ricorrenti male interpreterebbero anche i primi tre  commi  dell'art.
 3,  che,  a  suo avviso, conterrebbero semplici delucidazioni su come
 gli standards ospedalieri sono  stati  costruiti  e  su  come  devono
 essere  applicati in relazione all'intera gamma dei servizi erogabili
 dagli ospedali. Infine, anche le censure  mosse  dalle  regioni  agli
 artt. 5 e 6 dimenticherebbero che, mentre il secondo conterrebbe solo
 esortazioni di buon senso circa l'applicazione delle disposizioni del
 provvedimento,  l'art.  5,  invece, se lo si interpreta correttamente
 secondo il suo tenore letterale, non permette affatto al Ministro  di
 estendere gli standards ai fini dell'individuazione delle istituzioni
 convenzionate obbligatoriamente.
    Per   l'Avvocatura   il   vero  punto  di  conflitto  riguarda  la
 disattivazione dei presi'di minimi (art. 1, commi  quarto,  quinto  e
 sesto),  la  quale  sarebbe  giustificata  in quanto inquadrata in un
 piano di contenimento della spesa sanitaria disposto dalla  legge  n.
 109  del  1988,  che,  a  suo tempo, non fu oggetto di contestazioni.
 Essa, inoltre, esprimerebbe, per lo piu',  una  posizione  "ottativa"
 dello  Stato, mentre solo eventuale e successivo sarebbe l'intervento
 sostitutivo di cui all'art. 1, comma sesto,  che  avrebbe,  peraltro,
 precise radici nella legge.
    In  generale,  conclude l'Avvocatura, le ricorrenti non contestano
 la spettanza del potere statale, ma le modalita' di esercizio di tale
 potere   nel  caso  concreto,  lamentando  la  natura  amministrativa
 dell'atto statale, senza tuttavia precisare quale sia  il  turbamento
 delle  proprie competenze e senza giustificare, pertanto, perche' non
 abbiano adi'to il giudice amministrativo.
                         Considerato in diritto
    1.  -  I  conflitti  di attribuzione oggetto degli attuali giudizi
 sono stati sollevati dalle Province autonome di Trento e di  Bolzano,
 nonche' dalle Regioni della Toscana e dell'Umbria.
    Mentre le Province ritengono che gli artt. 1, 2, 5 e 6 del Decreto
 del  Ministro  della  Sanita'  del  13  settembre  1988,  dal  titolo
 "Determinazione  degli  standards  del personale ospedaliero", ledano
 tanto la loro competenza esclusiva in materia di  "ordinamento  degli
 uffici  provinciali  e  del personale ad essi addetto" (art. 8, n. 1,
 dello Statuto), quanto quella concorrente in  materia  di  "igiene  e
 sanita'",  ivi  compresa "l'assistenza sanitaria e ospedaliera" (art.
 9,  n.  10,  dello   Statuto),   oltreche'   le   relative   funzioni
 amministrative ad esse assicurate nelle stesse materie (art. 16 dello
 Statuto), le Regioni Toscana e  Umbria,  invece,  sospettano  che  le
 competenze  ad esse assegnate in materia di sanita' dagli artt. 117 e
 118 della Costituzione (come attuati dalla legge 23 dicembre 1978, n.
 833  e  dal  d.l.  8  febbraio  1988, n. 27, convertito nella legge 8
 aprile 1988, n. 109) risultino lese  dagli  artt.  1,  2,  3,  primo,
 secondo e terzo comma, 4, 5 e 6 del medesimo decreto.
    Dal  momento che i quattro conflitti ora indicati hanno ad oggetto
 disposizioni identiche o fra loro connesse, i relativi giudizi  vanno
 riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.
   2.  -  Va,  innanzitutto,  respinta  l'eccezione d'inammissibilita'
 presentata dall'Avvocatura dello  Stato  nei  confronti  di  tutti  i
 ricorsi.   Secondo  tale  eccezione  le  richieste  delle  ricorrenti
 sarebbero da rigettare in limine, in quanto, dolendosi di una pretesa
 esorbitanza  del  potere  del Ministro della Sanita' nei confronti di
 competenze proprie del Parlamento in  conseguenza  dell'adozione  con
 decreto  ministeriale di disposizioni che dovrebbero essere approvate
 dalle Camere, prospetterebbero in realta'  un  conflitto  tra  poteri
 dello  Stato.  In senso contrario e' appena il caso di ricordare che,
 secondo una giurisprudenza da  tempo  consolidata  (v.,  ad  esempio,
 sentt.  nn.  110  del 1970, 211 del 1972, 191 del 1976, 129 del 1981,
 152  del  1986,  731  del  1988),  gli  estremi  del   conflitto   di
 attribuzione  tra  Stato  e  regione  sussistono, non soltanto quando
 l'uno o l'altro dei soggetti ora menzionati contestino  la  spettanza
 di  un  determinato  potere,  ma anche quando la regione (o lo Stato)
 assuma che il corretto svolgimento delle proprie  competenze  risulti
 pregiudicato  o  turbato  dall'illegittimo  esercizio  di  un  potere
 spettante allo Stato (o alla regione). E poiche' nel caso  di  specie
 le  ricorrenti  contestano  che  lo  Stato,  violando  le norme sulle
 competenze relative a poteri di propria spettanza,  produca  indebite
 interferenze  sull'esercizio  di attribuzioni ad esse assegnate dalla
 Costituzione o dagli statuti speciali, nessun dubbio puo' sussistere,
 sotto   tale   profilo,   circa  l'ammissibilita'  dei  conflitti  in
 discussione.
    3.  -  Il  decreto ministeriale impugnato costituisce un'immediata
 attuazione del d.l. n. 27 del 1988, convertito nella legge n. 109 del
 1988,  che,  nel  determinare  le  misure  urgenti  per  le dotazioni
 organiche del personale ospedaliero e per la razionalizzazione  della
 spesa  sanitaria,  prevede un intervento, in parte statale e in parte
 regionale (o provinciale), composto da quattro fasi poste fra loro in
 successione cronologica e corrispondenti ad altrettante competenze.
    La  prima  di  queste fasi e' costituita dall'esercizio del potere
 del Ministro della Sanita' di fissare  gli  standards  del  personale
 ospedaliero  per  posto  letto  e  per tipologie di ospedali (art. 1,
 primo  comma).  Entro  un   termine   perentorio   decorrente   dalla
 pubblicazione del decreto ministeriale di fissazione degli standards,
 il procedimento si snoda  in  una  seconda  fase,  consistente  nella
 rideterminazione  dei  posti  letto  da  parte  delle regioni o delle
 province autonome su proposta delle UU.SS.LL. (art. 2, primo  comma).
 Entro un successivo termine, decorrente da quello finale indicato per
 la fase precedente, se ne apre una terza, di competenza delle regioni
 o  delle  province  autonome,  costituita  dalla determinazione delle
 piante organiche e dall'applicazione delle misure sulla mobilita' del
 personale  eventualmente  in esubero (art. 2, comma secondo). Infine,
 una quarta fase e' data dal compimento da parte  del  Ministro  della
 Sanita',  su delega del Consiglio dei ministri (della quale dev'esser
 data notizia al Parlamento), degli atti sostitutivi resisi  necessari
 in  conseguenza  dell'eventuale  omissione  da  parte delle regioni o
 delle province autonome degli  adempimenti  precedentemente  previsti
 (art. 2, comma terzo).
    Con   l'adozione   del   decreto  13  settembre  1988,  intitolato
 "Determinazione  degli  standards  del  personale  ospedaliero",   il
 Ministro  della Sanita' ha esercitato le competenze ad esso demandate
 come  prima  fase  dell'intervento   programmatico   ora   delineato.
 Tuttavia,   esprimendo   nel   primo  "considerato"  del  decreto  la
 convinzione che "la ristrutturazione dei presi'di ospedalieri  assume
 per  un  verso  carattere  di  priorita' rispetto alla determinazione
 degli standards di personale ospedaliero" e ritenendo, come si  legge
 nel  secondo "considerato", che "la standardizzazione di cui trattasi
 presuppone altresi' la esplicitazione delle finalita'  da  perseguire
 nel riordinamento degli ospedali", lo stesso Ministro ha conferito al
 proprio decreto un  contenuto  piu'  complesso,  avente  la  seguente
 struttura:  art.  1,  norme  per la rideterminazione dei posti letto;
 art. 2, indirizzi  organizzativi  in  materia  ospedaliera;  art.  3,
 standards  di  personale  da  applicarsi  nelle  unita'  operative di
 degenza; art. 4, maggiorazioni delle dotazioni organiche in relazione
 alle  applicazioni degli standards prima citati; art. 5, valore degli
 standards    in    relazione    alle    istituzioni     convenzionate
 obbligatoriamente;  art.  6,  norme  e direttive per l'attuazione del
 decreto.
    Poiche'   ciascuno   di   tali   articoli   e'  oggetto  di  varie
 contestazioni, si rende opportuno esaminare  le  censure  prospettate
 articolo per articolo.
    4.  - L'art. 1 del d.M. 13 settembre 1988 e' impugnato da tutte le
 ricorrenti con il duplice argomento, in base al quale, per un  verso,
 tale   articolo   conterrebbe   la  disciplina  di  una  materia,  la
 rideterminazione dei posti letto, che l'art. 2, primo comma, del d.l.
 n.  27  del  1988  conferisce  alla  competenza delle regioni e delle
 province autonome e, per  altro  verso,  ove  dovesse  ritenersi  che
 prevede  misure  di indirizzo e di coordinamento, sarebbe privo della
 dovuta base legale.
    In  effetti,  il  complesso  contenuto  dell'art. 1 consiste nella
 previsione di norme finalistiche e di poteri sostitutivi del Ministro
 della Sanita' che si pongono in un vario rapporto con le disposizioni
 di legge contenute nel d.l. n. 27 del 1988. E' certo,  comunque,  che
 l'intero  articolo  disciplina  una materia - la rideterminazione dei
 posti letto - che, ai sensi dell'art. 2, primo comma, del d.l. n. 27,
 e'   indiscutibilmente   attribuita  alle  regioni  e  alle  province
 autonome.
    In  senso  contrario  non possono valere le osservazioni contenute
 nel preambolo del decreto impugnato (primo e secondo  "considerato"),
 e  riformulate  nel  corso  di  questi  giudizi dall'Avvocatura dello
 Stato,  secondo   le   quali   la   connessione   finalistica   della
 riorganizzazione   dei  presi'di  ospedalieri  (di  competenza  delle
 regioni e delle province autonome) con la fissazione degli  standards
 di personale ospedaliero (di competenza del Ministro della Sanita') e
 la  priorita'  logica  della  prima  materia  rispetto  alla  seconda
 imporrebbero  al Ministro della Sanita' di disciplinare insieme l'una
 e l'altra. Per un  verso,  infatti,  e'  giurisprudenza  costante  di
 questa Corte (v., ad esempio, sentt. nn. 94 e 165 del 1985, 304 e 433
 del 1987) che la ripartizione delle materie fra Stato e  regioni  non
 puo'  essere  identificata  nei  suoi  precisi  confini in base a una
 correlazione di strumentalita' rispetto  a  un  determinato  scopo  o
 risultato,  ma  va  determinata,  piuttosto,  in  base alla oggettiva
 consistenza ontologica della materia stessa; e, per altro  verso,  il
 decreto  ministeriale impugnato non puo', certo, rovesciare un ordine
 di  priorita'  logiche  che  il  d.l.  n.   27   del   1988   delinea
 ragionevolmente  in  modo inverso, ponendo, cioe', come pregiudiziale
 alla  ristrutturazione  ospedaliera  e  alla  rideterminazione  delle
 relative   piante   organiche   la  fissazione  (ministeriale)  degli
 standards di personale ospedaliero.
    Posto,  dunque,  che  l'art. 1 del decreto impugnato ha ad oggetto
 una materia assegnata alle competenze  regionali  (o  provinciali)  e
 che,  in  relazione  a  questa,  pone  norme  di  indirizzo  volte  a
 coordinare la futura disciplina regionale (o provinciale), si  tratta
 di   verificare,   ai   fini   della  risoluzione  dei  conflitti  in
 discussione, se le disposizioni impugnate rispondano ai requisiti  di
 forma  e  di sostanza propri della funzione statale di indirizzo e di
 coordinamento.
    4.1.  -  Per quel che concerne i primi tre commi dell'art. 1 - con
 l'eccezione delle ultime due  proposizioni  normative  contenute  nel
 secondo  comma,  laddove e' previsto un potere sostitutivo che verra'
 esaminato nel successivo punto 4.3 -,  le  censure  delle  ricorrenti
 sono  inammissibili, poiche', come ha sottolineato l'Avvocatura dello
 Stato, le disposizioni ivi contenute riformulano gli  obiettivi  gia'
 posti  alle regioni e alle province autonome dal d.l. n. 27 del 1988.
    Piu' precisamente, il primo comma riproduce il contenuto normativo
 dell'art. 2,  primo  comma,  del  decreto-legge  appena  citato,  che
 disciplina   le   procedure  e  i  criteri  direttivi  relativi  alla
 rideterminazione dei posti letto. Il secondo comma riformula le norme
 poste  dall'art. 2, secondo comma, del d.l. n. 27, nella parte in cui
 si riferisce alla consistenza dei posti letto nei singoli ospedali  e
 alla  conseguente  dotazione organica del personale. Infine, il terzo
 comma riproduce l'art.  2,  secondo  comma,  lett.  a,  dello  stesso
 decreto-legge  esplicitando i rinvii normativi che vi sono contenuti,
 nonche' la prescrizione, peraltro implicita nelle  norme  riprodotte,
 secondo  la quale i posti letto ad esaurimento, ai sensi dell'art. 64
 della legge n. 833 del 1978, vanno esclusi dal computo relativo  alla
 rideterminazione  dei posti letto. Da cio' consegue che le ricorrenti
 non hanno interesse a chiedere l'annullamento delle disposizioni  ora
 indicate,  le  quali,  essendo gia' contenute nel d.l. n. 27 del 1988
 (decreto che, peraltro, non e' stato oggetto di  alcuna  impugnazione
 da parte delle regioni o delle province autonome), continuerebbero ad
 avere vigore nella loro forma legislativa anche  nell'ipotesi  che  i
 ricorsi in discussione fossero riconosciuti fondati.
    4.2. - Meritano, invece, accoglimento le censure che le ricorrenti
 prospettano in  relazione  ai  commi  quarto,  quinto,  sesto  (salva
 l'ultima  proposizione che verra' esaminata nel successivo punto 4.3)
 e settimo del decreto ministeriale impugnato,  in  quanto  contengono
 disposizioni di indirizzo e di coordinamento sprovviste dei requisiti
 di forma e di sostanza propri di questa funzione.
    In  particolare,  le norme contenute nel quarto e nel quinto comma
 prescrivono ("le regioni e province autonome debbono programmare...")
 la  predisposizione di misure coordinate al fine della disattivazione
 dei  presi'di  ospedalieri  con  meno  di  centoventi   posti   letto
 (prevedendo,  in  certi  casi,  la  loro  riconversione  in strutture
 sanitarie diversamente finalizzate) e fissano termini  perentori  per
 l'adozione   dei  suddetti  programmi.  Inoltre,  il  sesto  comma  -
 diversamente dall'art. 2, comma secondo, del d.l. n. 27 del 1988, che
 prevede  la  possibilita',  previo  parere  del  Consiglio  sanitario
 nazionale, di evitare la  soppressione  di  divisioni  o  di  servizi
 specialistici   quando   non   esistano   ospedali   con  specialita'
 corrispondenti entro distanze o percorrenze predeterminate  per  tipi
 di area - autorizza semplicemente le regioni e le province autonome a
 derogare   al   principio   della   disattivazione   per   le   "zone
 particolarmente  disagiate, obiettivamente verificabili sulla base di
 indicatori di accessibilita'".
    Si tratta, in breve, di disposizioni che pongono indirizzi diversi
 da quelli legislativamente fissati, i quali, per le espressioni usate
 e per la loro disciplina complessiva, non possono essere qualificati,
 secondo la prospettazione difensiva dell'Avvocatura dello Stato, come
 manifestazioni  ottative  o  come  consigli  rivolti dallo Stato alle
 regioni  e  alle  province  autonome.  Pertanto,  pur  a  non   voler
 considerare  che  lo  stesso  decreto  impugnato  le  configura  come
 anticipazioni del piano sanitario nazionale - di un piano, cioe', per
 il   quale   e'   previsto  un  particolare  procedimento  culminante
 nell'approvazione parlamentare  con  atto  non  legislativo  -,  tali
 disposizioni,  per  essere  ritenute valide, esigono, per lo meno, la
 forma richiesta per l'approvazione  degli  atti  di  indirizzo  e  di
 coordinamento,  vale  a  dire esigono che siano adottate, quantomeno,
 con  deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri   o   con   decreto
 ministeriale  emanato su delega del Consiglio dei ministri (v. sentt.
 nn. 111 del 1975; 245 del 1984; 304 del 1987; 242 del 1989). Inoltre,
 sempre  ai  fini  della  loro validita', alle stesse disposizioni non
 puo' mancare un'adeguata copertura legislativa, nel  senso  che  esse
 devono  avere  il loro fondamento in puntuali norme di legge, volte a
 determinarne, se pure nelle loro  linee  essenziali,  il  sostanziale
 contenuto  normativo  (v.  sentt. nn. 150 del 1982; 340 del 1983; 177
 del 1988).
    Poiche'  le  disposizioni  ora  esaminate contravvengono all'uno e
 all'altro requisito, ne'  possono  essere  giustificate  come  misure
 provvisorie  di  salvaguardia  del Servizio sanitario nazionale, dato
 che anche di queste, alla luce della sentenza  n.  610  del  1988  di
 questa  Corte, sono prive della forma (atto legislativo o d'indirizzo
 e coordinamento) e della sostanza  (provvisorieta'),  non  resta  che
 dichiararle illegittime e annullarle.
    Per  gli stessi motivi, identica conclusione deve trarsi in ordine
 al settimo comma dello stesso art. 1. In questo  comma  si  prescrive
 ("le  regioni e le province autonome debbono, altresi', indicare...")
 il contenuto strutturale dei provvedimenti  di  riorganizzazione  dei
 presi'di   ospedalieri,   che  dovranno  essere  adottati,  ai  sensi
 dell'art. 2, secondo comma, del d.l. n. 27 del 1988, dalle regioni  e
 dalle  province  autonome.  Anche  in  tal caso si tratta, dunque, di
 misure di indirizzo e di coordinamento che si aggiungono ai criteri e
 agli   obiettivi   indicati   dall'art.   2,   secondo   comma,   del
 decreto-legge, senza peraltro averne la necessaria copertura, e  che,
 non potendo essere interpretate come dotate di un'efficacia meramente
 "indicativa" (come suppone, invece, l'Avvocatura dello Stato)  e  non
 essendo  fornite  della  forma  richiesta  dalle  leggi  per gli atti
 governativi di  indirizzo  e  di  coordinamento,  non  possono  esser
 considerate legittime.
    4.3.  -  L'art.  1  del decreto impugnato prevede, al secondo e al
 sesto comma, che, in caso di omissione degli adempimenti  previsti  a
 carico  delle  regioni  e  delle province autonome, il Ministro della
 Sanita' possa adottare gli atti sostitutivi  necessari  in  luogo  di
 quelli omessi dalle competenti autorita'.
    Piu'   precisamente,  il  secondo  comma  di  tale  articolo,  nel
 richiamare l'art. 2, comma terzo, del d.l.  n.  27,  che  prevede  un
 analogo  potere  in caso di omissione degli adempimenti relativi alle
 procedure ivi stabilite a proposito della rideterminazione dei  posti
 letto,   della   riorganizzazione   dei   singoli  ospedali  e  delle
 corrispondenti piante organiche, ne estende l'ambito di  operativita'
 anche alle ipotesi "di applicazione non conforme alle norme di cui al
 presente decreto", norme che, come si e' gia' detto e si dira'  anche
 in  seguito,  dispongono  adempimenti  ulteriori  rispetto  a  quelli
 determinati dai ricordati primo e secondo comma dell'art. 2 del  d.l.
 n.   27   del  1988.  In  particolare,  esse  riferiscono  il  potere
 sostitutivo del Ministro  della  Sanita'  anche  all'eventualita'  di
 inadempimento  da parte delle regioni e delle province autonome delle
 prescrizioni relative alle disattivazioni e  alle  riconversioni  dei
 presi'di ospedalieri previste nei commi precedenti.
    Nella  parte  in cui tali disposizioni estendono le ipotesi per le
 quali e' previsto il  potere  sostitutivo  contemplato  nell'art.  2,
 terzo  comma,  del  d.l. n. 27 del 1988 - e, segnatamente, per quanto
 disposto nell'ultima proposizione contenuta nel sesto comma dell'art.
 1 del decreto impugnato e per l'inciso "o in caso di applicazione non
 conforme  alle  norme  di  cui  al   presente   decreto",   contenuto
 nell'ultima  proposizione  del secondo comma dello stesso articolo -,
 esse devono considerarsi illegittime.
    Questa  Corte,  infatti, ha gia' avuto modo di affermare (v. sent.
 n. 177 del 1988) che le ipotesi  in  cui  puo'  esser  esercitato  un
 potere  sostitutivo  dello Stato nei confronti delle regioni (o delle
 province autonome) e le modalita' di esercizio dello  stesso  debbono
 essere  previste  da  un  atto  fornito  di  valore  di legge, che le
 determini in via generale (com'e' nell'ipotesi  dell'art.  5,  quarto
 comma,  della legge n. 833 del 1978) o caso per caso. E cio', come e'
 stato precisato dalla stessa  sentenza,  dipende  dal  fatto  che  il
 potere  di sostituzione di un organo di governo verso enti che godono
 di autonomia costituzionale deve considerarsi un evento  eccezionale,
 in  quanto l'esercizio di quel potere comporta, se pure in un'ipotesi
 puntuale e in presenza di un evidente pericolo di  grave  pregiudizio
 ad  interessi  unitari  dovuto alla persistente inerzia regionale, il
 superamento della separazione  costituzionale  delle  competenze  fra
 Stato e regioni (o province autonome).
    5.  - Per ragioni identiche a quelle espresse nel precedente punto
 4.2. della motivazione deve ritenersi illegittimo anche l'art. 2  del
 decreto  impugnato (salvando, per ora, le ultime due proposizioni del
 comma terzo, che verranno esaminate immediatamente dopo).
    Con  l'eccezione  del primo periodo contenuto nel terzo comma, che
 riproduce il contenuto normativo dell'art. 2, secondo comma, del d.l.
 n. 27 del 1988, le restanti disposizioni dell'art. 2 ora in esame - e
 precisamente  quelle  previste  nei  primi  due  commi  dello  stesso
 articolo  -  determinano  gli indirizzi cui "le regioni e le province
 autonome debbono  ispirarsi"  nel  disciplinare  la  riorganizzazione
 degli  ospedali,  incluse  la  gestione del personale e delle risorse
 materiali e tecniche (v. lett. c ed e), nonche'  nel  predisporre  le
 politiche direzionali dei presi'di ospedalieri (v. comma secondo).
    Anche tali disposizioni vanno considerate illegittime per il fatto
 che esse sono state adottate senza la forma richiesta  per  gli  atti
 governativi  di  indirizzo  e  di  coordinamento  e senza un'adeguata
 copertura legislativa.
    Per  ragioni  analoghe  a quelle espresse nel precedente punto 4.3
 della motivazione, vanno pure considerate illegittime le  ultime  due
 proposizioni  del  comma  terzo  dell'art.  2,  laddove si prevede un
 termine perentorio  per  gli  adempimenti  descritti  nel  precedente
 capoverso  e  si  introduce  un potere sostitutivo del Ministro della
 Sanita' non previsto, relativamente a  quelle  attivita',  da  alcuna
 norma di legge.
    6.  -  Gli  artt.  3  e  4  del decreto impugnato stabiliscono gli
 standards del personale ospedaliero, nonche' una maggiorazione  delle
 dotazioni   organiche  per  alcuni  servizi.  Poiche'  si  tratta  di
 disposizioni adottate dal Ministro della Sanita' in attuazione  delle
 competenze  a lui attribuite dall'art. 1, primo comma, del d.l. n. 27
 del 1988, nessuna delle ricorrenti ne contesta  la  legittimita'  per
 quel che riguarda il loro fondamento legale o la loro forma. Tuttavia
 le Regioni Toscana e Umbria, rilevando che l'art. 3, comma primo,  si
 riferisce  anche  alle  fasi  di  preospedalizzazione e di dimissione
 protetta, nonche' all'assistenza dei degenti a  ciclo  continuo  e  a
 ciclo  diurno,  contestano  la  legittimita'  di  tale  estensione  a
 funzioni e ad attivita' che, a  loro  giudizio,  esorbiterebbero  dal
 tipico ambito ospedaliero.
    Siffatte  censure  non  possono essere accolte, poiche', se e' pur
 vero  che  si  tratta  di   attivita'   sostitutive   dell'assistenza
 ospedaliera,  altrettanto  certo  e'  che  esse  adempiono a funzioni
 equivalenti a quelle connesse  all'assistenza  ospedaliera.  Sarebbe,
 pertanto,  palesemente  illogico  pretendere  che attivita' del tutto
 analoghe siano sottoposte a parametri diversi sol perche'  svolte  in
 strutture diverse da quelle ospedaliere. In considerazione di cio' e'
 del tutto ragionevole che il  Ministro  della  Sanita',  con  proprio
 decreto,  determini  gli  standards  di  personale  in relazione alla
 globalita'  delle  attivita'  assistenziali  erogate   dai   presi'di
 ospedalieri o dalle istituzioni di cura similari.
    Le  stesse  ricorrenti  contestano,  poi,  anche i commi secondo e
 terzo dell'art. 3, in quanto vincolerebbero le regioni nell'esercizio
 delle  competenze  programmatorie  ad  esse  spettanti  in materia, a
 seguire, nell'organizzazione delle unita' operative,  i  moduli  tipo
 delineati  nello  stesso  articolo.  Pur in tal caso le censure vanno
 rigettate, in quanto, come e' espressamente detto nel comma terzo,  i
 moduli  tipo  costituiscono tanto "la soglia minima al di sotto della
 quale  la  gestione  dell'unita'  operativa  diviene  antieconomica",
 quanto  "una  indicazione  parametrica  per  la  determinazione della
 dotazione organica del personale delle divisioni, sezioni o servizi".
 Pertanto,  come  e'  precisato  nella  susseguente proposizione dello
 stesso comma, i moduli tipo non sono diretti a  vincolare  le  scelte
 programmatorie  delle  regioni,  dal  momento  che "non costituiscono
 riferimento per la strutturazione formale delle unita' operative", ma
 assolvono,  piuttosto,  alla  funzione  connessa  alla determinazione
 degli standards del  personale,  vale  a  dire  alla  fissazione  dei
 criteri  di  proporzionalita' relativi al rapporto tra il personale e
 le attivita' ospedaliere, da un lato, e i  posti  letto,  dall'altro.
 Poiche',  a  norma dell'art. 1 del d.l. n. 27 del 1988, tale funzione
 e' appunto demandata al Ministro della Sanita', i  suddetti  ricorsi,
 per gli aspetti indicati, vanno rigettati.
    Restano  assorbiti  i  profili  relativi  all'art.  4  del decreto
 impugnato, i quali sono stati sollevati dalle regioni ricorrenti come
 aspetti  consequenziali  delle  contestazioni  relative  ai primi tre
 commi dell'art. 3.
    7.   -  Tutte  le  ricorrenti  contestano,  poi,  la  legittimita'
 dell'art. 5 del decreto ministeriale impugnato,  in  quanto,  a  loro
 giudizio, andrebbe al di la' dei limiti posti dal d.l. n. 27 del 1988
 al Ministro  della  Sanita',  in  conseguenza  dell'estensione  degli
 standards anche a soggetti ulteriori rispetto ai presi'di ospedalieri
 (istituti di ricovero o cura a  carattere  scientifico,  universita',
 istituti, enti ed ospedali convenzionati).
    Le  censure vanno rigettate. Nell'ambito di una legislazione volta
 alla razionalizzazione e al contenimento della spesa sanitaria  nella
 sua  globalita',  non  puo'  apparire  esorbitante  dai  limiti posti
 dall'art. 1 del d.l. n. 27 del 1988 alla competenza  ministeriale  di
 determinazione  e  di  applicazione  degli  standards  del  personale
 ospedaliero  che  questi  ultimi  siano  diretti   ad   operare   con
 riferimento  a  tutti  gli  enti  la cui attivita' incide sulla spesa
 sanitaria statale.
    8.  -  Oggetto  di impugnazione e', infine, l'art. 6, che dispone,
 nei  suoi  otto  commi,  varie  norme  collegate  all'attuazione  dei
 molteplici  aspetti regolati dal decreto ministeriale. La valutazione
 della legittimita' delle diverse disposizioni contenute nei  predetti
 commi  e',  pertanto,  in  gran parte conseguenziale alla valutazione
 data alle disposizioni esaminate nei  punti  precedenti,  alle  quali
 quelle ora analizzate si collegano.
    Su  tali  basi, vanno respinte le censure proposte contro il primo
 comma, il quale, precisando che gli standards fissati nei  precedenti
 articoli  si  riferiscono  al dimensionamento massimo della dotazione
 complessiva  in  ambito   regionale   (o   provinciale),   salve   le
 determinazioni  delle  stesse  regioni (o delle province autonome) in
 tema di ripartizione di tale  dotazione  complessiva  fra  i  singoli
 presi'di,  disciplinano la materia che l'art. 1, primo comma del d.l.
 n. 27 del 1988 riserva alla competenza del Ministro della Sanita'.
    Al  contrario,  gli  obiettivi,  i  criteri e i termini posti alle
 regioni (e alle province autonome)  in  materia  di  riorganizzazione
 ospedaliera  nei  commi che vanno dal secondo al quinto costituiscono
 misure di indirizzo relative all'esercizio di competenze regionali (o
 provinciali)  che non hanno una specifica base legislativa e non sono
 adottate con un atto idoneo a porre in essere forme di indirizzo e di
 coordinamento.  Per  le stesse ragioni, vanno considerati illegittimi
 gli indirizzi stabiliti nel settimo comma, che riguardano una materia
 di  spettanza  regionale, quale la riqualificazione professionale del
 personale eccedente, stabilendo  disposizioni  parzialmente  difformi
 rispetto alla disciplina legislativa vigente.
    Inoltre,  va dichiarata inammissibile la censura che le ricorrenti
 muovono  al  comma   sesto   dell'art.   6,   in   quanto   riproduce
 sostanzialmente  l'indirizzo  gia'  contenuto  nell'art.  2,  secondo
 comma, lett. c, del d.l. n. 27 del 1988.
    Infine,  va respinta la censura mossa al comma ottavo dell'art. 6,
 il  quale  stabilisce  semplicemente  doveri  di  informazione  e  di
 relazione  sullo stato di attuazione del decreto che le regioni (e le
 province  autonome)  sono  tenute  ad  adempiere  nei  confronti  del
 Ministro  della  Sanita',  doveri  che,  per  loro natura, secondo la
 costante giurisprudenza di questa Corte, non possono essere lesivi di
 competenza   alcuna   e   sono,   anzi,  giustificati  dal  principio
 fondamentale della "leale cooperazione" fra le regioni e lo Stato (v.
 sentt.  nn.  359 del 1985; 153, 177 e 294 del 1986; 201 del 1987; 730
 del 1988).
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
      1)   dichiara   inammissibili   i   ricorsi   per  conflitto  di
 attribuzione  sollevati  dalle  Province  autonome  di  Trento  e  di
 Bolzano,  e  dalle  Regioni della Toscana e dell'Umbria nei confronti
 dell'art. 1, commi primo, secondo,  salvo  l'inciso  "o  in  caso  di
 applicazione  non  conforme  alle norme di cui al presente decreto" e
 terzo, nonche' dell'art. 6, comma sesto,  del  decreto  del  Ministro
 della  Sanita'  13 settembre 1988 (Determinazione degli standards del
 personale ospedaliero), in attuazione del decreto  legge  8  febbraio
 1988,  n. 27, convertito con modificazioni dalla legge 8 aprile 1988,
 n. 109 (Misure urgenti per le dotazioni organiche del personale degli
 ospedali e per la razionalizzazione della spesa sanitaria);
      2)  dichiara  che  non spetta allo Stato adottare con il decreto
 del Ministro della Sanita' sopra indicato le  disposizioni  contenute
 nell'art.  1,  comma  secondo, limitatamente all'inciso "o in caso di
 applicazione non conforme alle norme di  cui  al  presente  decreto",
 nonche'  commi  quarto,  quinto,  sesto e settimo; nell'art. 2, commi
 primo, secondo  e  terzo,  limitatamente  agli  ultimi  due  periodi;
 nell'art.  6,  commi  secondo,  terzo,  quarto,  quinto e settimo; e,
 conseguentemente, annulla le suddette disposizioni;
      3)  dichiara  che  spetta allo Stato adottare con il decreto del
 Ministro della  Sanita'  sopra  indicato  le  disposizioni  contenute
 nell'art. 2, comma terzo, limitatamente al primo periodo; negli artt.
 3, 4, 5 e 6, commi primo e ottavo.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 13 giugno 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                       Il redattore: BALDASSARRE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 15 giugno 1989.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 89C0706