N. 316 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 gennaio 1989

                                 N. 316
 Ordinanza  emessa  il  24  gennaio  1989  dal  tribunale  di Roma nei
 procedimenti civili riuniti vertenti tra S.p.a. Telemilano ed altri e
 Siae
 Diritti  d'autore  -  Compiti  e  posizione  di preminenza (ma non di
 monopolio) della SIAE - Mancata previsione  di  controlli  preventivi
 per  evitare  possibili  abusi  o  di criteri generali ed uniformi di
 contrattazione (obbligo a contrattare  -  Parita'  di  trattamento  o
 predisposizione  di  tariffe)  - Richiamo alle sentenze nn. 25/1968 e
 65/1972.
 (Legge 22 aprile 1941, n. 663, art. 180).
 (Cost., artt. 3, 23 e 41).
(GU n.26 del 28-6-1989 )
                              IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nelle cause civili riunite di
 primo grado iscritte ai nn. 34307/87 e 5286/88 del ruolo generale per
 gli  affari contenziosi posta in deliberazione all'udienza collegiale
 del 13 gennaio 1989 e vertente tra Telemilano  S.p.a.,  con  sede  in
 Milano,  Teletorino  S.p.a., con sede in Torino, Video Veneto S.r.l.,
 con sede in Mestre, Video Adige S.r.l., con sede in  Trento,  A  e  G
 Television  S.r.l.,  con  sede  in  Genova,  Telemilia Romagna T.E.R.
 S.r.l. con sede in Bologna,  Teletoscana  Uno  S.r.l.,  con  sede  in
 Firenze,  Video  Umbria  S.r.l., con sede in Todi, Roma 2 S.r.l., con
 sede in Roma, Sole TV S.r.l., con sede in Ascoli  Piceno,  Antenna  2
 S.r.l.,  con  sede in Bari, R.T.D. Ischia S.r.l., con sede in Napoli,
 Tele Calabria S.r.l., con  sede  in  Reggio  Calabria,  Rete  Sicilia
 S.r.l.,  con  sede  in  Palermo,  Sardegna  TV  S.r.l.,  con  sede in
 Cagliari, aderenti al circuito canale 5;  Antenna  Nord  S.p.a.,  con
 sede  in  Milano,  Antenna  Nord Piemonte S.p.a., con sede in Torino,
 Nuova Televenezia S.r.l., con sede in Mestre,  Antenna  Nord  Liguria
 S.r.l., con sede in Genova, Video Athesia S.r.l., con sede in Trento,
 Antenna Emilia S.r.l., con sede in Bologna,  Canale  48  S.p.a.,  con
 sede in Firenze, Tele Adriatica S.r.l., con sede in Roma, Quinta Rete
 S.p.a., con sede in Roma, Tele Posillipo S.r.l., con sede in  Napoli,
 Tele  Azzurro S.r.l., con sede in Bari, Trinacria TV S.r.l., con sede
 in Palermo, Rete Sarda S.r.l.,  con  sede  in  Cagliari,  Rete  Dieci
 S.r.l.,  con sede in Milano, aderenti al circuito Italia 1; Antenna 4
 S.p.a., con sede in Roma, Teleuropa S.p.a., con sede in Napoli, Delta
 S.p.a.,  con sede in Milano, Antares S.p.a., con sede in Mestre, Tele
 Radio Editrice S.r.l., con sede in Torino, TVP S.p.a.,  con  sede  in
 Ascoli Piceno, Sert S.p.a., con sede in Genova, Videomare S.r.l., con
 sede in Bari, Video Emilia Romagna S.r.l., con sede in Bologna, Video
 Gamma  S.r.l.,  con  sede in Firenze, Retequattro S.p.a., con sede in
 Milano, Sicilia Televisiva S.p.a., con sede in Palermo,  aderenti  al
 circuito  Rete  4, nonche' la soc. Videotime con sede in Milano tutte
 in persona dei legali  rappresentanti  pro-tempore,  rappresentate  e
 difese  dagli  avvocati  Aldo  Bonomo di Milano e Antonio Pacifico di
 Roma, per procure alla lite  depositate  in  atti,  ed  elettivamente
 domiciliate  nello  studio del secondo in Roma, piazza della Rotonda,
 2,  attrici,  contro  S.I.A.E.  Societa'  italiana  degli  autori  ed
 editori,  con  sede  in  Roma,  in  persona del legale rappresentante
 pro-tempore,  rappresentata  e  difesa,  come  da  mandato  in  calce
 all'atto  di  citazione,  dagli  avvocati  Amedeo  Nicolai, Salvatore
 Pastore e prof. Paolo Picozza, elettivamente  domiciliata  presso  lo
 studio del primo in Roma, via della Letteratura n. 30, convenuta;
    Premesso  che le societa' attrici hanno citato in giudizio la SIAE
 chiedendo che il tribunale, dichiarata la non manifesta  infondatezza
 delle  eccezioni di legittimita' costituzionale precisate in seguito,
 accertasse l'illegittimita' delle  condizioni  poste  dalla  societa'
 degli  autori  relativamente ai corrispettivi per l'utilizzazione del
 repertorio  tutelato  ed  emettesse   sentenza   che   statuisse   la
 prosecuzione  a  tempo  indeterminato del rapporto contrattuale sulla
 base delle condizioni gia' stabilite nelle scritture private  del  31
 agosto   1985   inter   partes   o   comunque  determinasse  un  equo
 aggiornamento dei corrispettivi sopradetti;
    Rilevato  che  la  Siae,  costituendosi  in  giudizio, ha eccepito
 pregiudizialmente, il difetto di giurisdizione del giudice  adito  ed
 ha  chiesto,  nel  merito,  il  rigetto  delle domande attrici con la
 condanna  delle  stesse  societa',   in   via   riconvenzionale,   al
 risarcimento del danno per l'indebita utilizzazione del repertorio;
                                OSSERVA
    Le   societa'   attrici   hanno  eccepito,  pregiudizialmente,  la
 illegittimita' costituzionale dell'art. 180  della  legge  22  aprile
 1941,  n.  663,  per  contrasto  con  gli artt. 23, 41, 53 e 97 della
 Costituzione.
    In riferimento all'art. 43, l'art. 180 sarebbe incostituzionale in
 quanto obbligherebbe l'utente a  negoziare  per  tutte  le  opere  di
 competenza dell'ente e non per quelle effettivamente utilizzate.
    Con  riferimento agli artt. 23, 41 e 53 della Costituzione, l'art.
 180 sarebbe poi illegittimo in quanto la pretesa di corresponsione di
 un  compenso, rapportato ad una percentuale fissa su tutte le entrate
 aziendali, assumerebbe effettiva sostanza di tributo.
    Con  riferimento  agli  artt. 41 e 97 della Costituzione, la norma
 citata sarebbe illegittima per la mancata predeterminazione,  in  via
 generale,  delle  condizioni  necessarie  per  l'emanazione dell'atto
 autorizzato.
    La  difesa  Siae ha anzitutto rilevato l'inammissibilita' di tutte
 le censure  sollevate  in  quanto  riferite  non  gia'  al  contenuto
 normativo  proprio dell'art. 180 l.a., bensi' a concrete modalita' ed
 articolazioni del  rapporto  Siae-utente  del  repertorio,  modalita'
 previste  (non  dalla  legge) ma da fonti secondarie del diritto o da
 atti amministrativi o, addirittura,  da  atti  o  rapporti  negoziali
 instaurati dalla Siae con singoli utenti.
    In  altri  termini, oggetto di censura sarebbero, secondo la Siae,
 le concrete modalita' con le quali essa Siae gestisce  i  diritti  di
 sfruttamento  economico del repertorio tutelato e non le norme di cui
 all'art. 180 l.a., sicche' nessuna rilevanza  avrebbe,  nel  presente
 giudizio, la circostanza che la Siae eserciti o meno i suoi poteri in
 via esclusiva, cosi' come previsto dall'art. 180 l.a.
    Sia pure per considerazioni in parte diverse da quelle prospettate
 dalle attrici, le censure di illegittimita' costituzionale  dell'art.
 180  l.a.  non sono manifestate infondate. Detto art. 180 dispone che
 l'attivita' di intermediario, comunque attuata, sotto  forma  diretta
 di   intervento,  mediazione,  mandato  rappresentanza  ed  anche  di
 cessione per l'esercizio di diritti di rappresentazione  meccanica  e
 cinematografica  di  opere  tutelate  e' riservata, in via esclusiva,
 alla Societa' italiana autori ed editori (Siae).
    La Corte costituzionale con sentenza del 17 aprile 1968, n. 25, ha
 dichiarato costituzionalmente legittimo l'art. 180, primo comma, l.a.
 in  riferimento  all'art.  18  della  Costituzione,  ritenendo che la
 riserva alla Siae dell'attivita' in  questione  non  sia  lesiva  del
 diritto  degli  autori di associarsi per la tutela dei loro diritti e
 che, comunque, l'art. 18 della Costituzione  non  esclude  che  certe
 attivita',  per  la  loro  particolare  rilevanza,  siano riservate a
 pubblici poteri e penalmente protette.
    Con  sentenza  (19  aprile  1972,  n.  65)  la  Corte  ha altresi'
 dichiarato non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 180 della legge 22 aprile 1941, n. 633, in riferimento agli
 artt. 3, 24, 41 e 113 della Costituzione. Ha ritenuto la Corte che la
 posizione  di  preminenza in cui la Siae opera sul mercato troverebbe
 razionale giustificazione  nell'esigenza  di  interesse  generale  di
 adeguata  protezione  del diritto di autore e che questa esigenza non
 si pone in contrasto con  altri  interessi,  pure  costituzionalmente
 protetti,  in  quanto  all'ente  pubblico  non sono attribuiti poteri
 arbitrari o, comunque, incontrollabili.
    E  cio'  sia  perche',  quale ente pubblico, la Siae e' soggetta a
 vigilanza governativa, sia in quanto l'utente puo' ricorrere, in sede
 amministrativa  o  giurisdizionale, ove ritenga lesi i suoi diritti a
 seguito dell'illegittimo esercizio della potesta' (rectius  facolta')
 di determinare i compensi da parte della Siae.
    La  prima  pronuncia  citata (n. 25/1968) non viene in discussione
 nella fattispecie sottoposta  all'esame  del  tribunale.  L'art.  180
 viene  in  rilievo  in  questa  sede  non  gia'  nella  parte  in cui
 comprimerebbe l'esercizio della liberta' degli autori di  associarsi,
 per  la  tutela  dei  loro  diritti,  ma  nella parte in cui (primo e
 secondo comma) attribuisce alla Siae  un'esclusiva,  frangibile  solo
 dagli  autori  o  dai  loro  eredi,  nella  gestione  dei  diritti di
 utilizzazione economica delle opere tutelate.  In  virtu'  di  questa
 norma,  gli  utenti  o  consumatori si trovano di fronte un organismo
 che,  per  legge,  accentra,  nelle  sue  mani  la  quasi   totalita'
 dell'offerta,   almeno   per   alcuni  settori  (musica  leggera)  di
 determinati beni, con evidente tendenza al  monopolio  e  quindi  con
 pericolo di abuso.
    La  Corte  costituzione,  nella  sentenza  n.  64/1972, pur avendo
 escluso che la Siae operi in posizione di monopolio, di  fatto  o  di
 diritto,  ha  tuttavia  ritenuto che sia ravvisabile, nella posizione
 Siae, stante l'esclusione posta dalla legge, una posizione  dominante
 sul  mercato,  la quale tuttavia, non potrebbe dar luogo a situazioni
 di abuso e, quindi, illecite poiche' gli interessati avrebbero a loro
 disposizione  i  rimedi  giuridici  che  l'ordinamento  appresta  per
 reprimere l'esercizio di poteri arbitrari o incontrollabili.
    Un  attento  esame  della  fattispecie  sottoposta al giudizio del
 tribunale, porta tuttavia a dubitare che l'utente interessato abbia a
 sua  disposizione,  adeguati  rimedi  allorche'  la potesta' (rectius
 facolta') di determinare i  compensi,  da  parte  della  Siae,  venga
 esercitata in modo arbitrario.
    Ne'  puo'  considerarsi  risolutiva,  al  fine qui considerato, la
 natura pubblica dell'ente.  E'  ormai  conclusione  acquisita  quella
 secondo la quale lo svolgimento di attivita' economica da parte di un
 soggetto che abbia natura di ente pubblico  economico,  nel  rispetto
 delle  regole  del mercato e secondo forme di diritto privato, non e'
 certo garanzia della socialita' del risultato. In altri  termini,  la
 natura  di ente pubblico - economico della Siae, piu' volte affermata
 dalla giurisprudenza (v. Cass. 27 giugno 1966, n. 1646) non e' di per
 se'  sufficiente  a  garantire  che  l'ente (che opera sul mercato in
 posizione  dominante,   per   effetto   dell'esclusiva   accordatagli
 dall'art.  180  l.a.)  non  possa  praticare  condizioni di contratto
 sperequate tra gli utenti.
    Cio'  posto,  e'  da  escludere,  a  giudizio  del  collegio,  che
 l'autorita'  giudiziaria,  sia  essa  ordinaria  che  amministrativa,
 disponga  di  strumenti  giuridici per censurare il comportamento del
 soggetto (ente pubblico economico),  che  nell'esercizio  di  privata
 autonomia ponga condizioni contrattuali sperequate, rispetto a quelle
 normalmente praticate.
    E'  innegabile,  infatti  che,  allo  stato della legislazione non
 esiste un obbligo legale a contrattare  in  capo  alla  Siae  poiche'
 quest'ultima  non  opera in condizioni di monopolio ne' legale ne' di
 fatto, come ha ritenuto la stessa Corte costituzionale nelle sentenze
 citate (v. soprattutto la sentenza 19 aprile 1972, n. 65).
    Non  e'  dunque applicabile alla fattispecie, l'art. 2597 del c.c.
 che  impone  al  monopolista  legale  l'obbligo  di  contrattare  con
 chiunque   gliene   faccia   richiesta  e  di  osservare  parita'  di
 trattamento.
    Ne  consegue  che,  ove  la  Siae richieda un compenso esorbitante
 quale corrispettivo della concessione del  diritto  di  sfruttare  il
 repertorio   tutelato,   tale   comportamento   non  potrebbe  essere
 giuridicamente censurato.
    Dovrebbe  anzi  ritenersi che, operando il soggetto nell'esercizio
 di una piena autonomia, lo  stesso  rifiuto  di  contrattare  sarebbe
 lecito.
    E'   ancora  piu'  evidente,  poi,  come  non  sia  giuridicamente
 possibile, per il giudice, (in assenza di una norma  che  imponga  un
 obbligo  a contrattare in capo al soggetto in posizione di preminenza
 sul mercato) determinare o modificare il contenuto del contratto  che
 detto  soggetto  si  rifiuti  di concludere o pretenda di stipulare a
 condizioni  economicamente  insopportabili.  Il  giudice  non   puo',
 infatti,  emettere pronunce costitutive di tale specie, in assenza di
 una espressa previsione normativa.
    La  fattispecie  in cui pronunce determinative del contenuto di un
 obbligo  sono  ammesse  nel  nostro   ordinamento   sono,   come   ha
 correttamente rilevato la difesa della Siae, tassative.
    Neppure  puo'  ritenersi giuridicamente configurabile un controllo
 preventivo  sulle  condizioni  di  contratto  praticate  dalla  Siae:
 quest'ultima, operando "iure privatorum" e' libera sia di contrattare
 (o non) con chi gliene  faccia  richiesta,  sia,  e  ancor  piu',  di
 formulare intollerabili e immodificabili condizioni contrattuali.
    In  tale  situazione l'a.g.o. non puo' certo rilevare e dichiarare
 la  illegittimita'  di  determinate   condizioni   contrattuali   per
 avventura ritenute discriminatorie.
    Dovendo  ritenersi la Siae libera di stipulare o meno un contratto
 e di determinarne il  contenuto,  non  appare  possibile  individuare
 dunque un principio normativo in base al quale debba essere tenuta ad
 osservare parita' di trattamento tra gli utenti del repertorio.
    Imponendo  al  monopolista  legale  la  parita'  di trattamento il
 legislatore ha inteso evitare il pericolo  che  l'accessibilita'  del
 consumatore   al   prodotto  o  servizio  venga  impedita  non  tanto
 attraverso un rifiuto "tout court" di contrattare (in  realta'  raro)
 ma,  in  maniera  piu'  sottile  e  subdola,  attraverso  una marcata
 discriminazione delle condizioni contrattuali.
    Obbligo di contrattare e parita' di trattamento segnano certamente
 i limiti oltre i quali il rifiuto del monopolista e'  ingiustificato.
 Nondimeno  tali  limiti  non  operano  (non  possono  operare) per il
 soggetto che monopolista non e': nei suoi  confronti,  infatti,  sono
 evidentemente  inapplicabili  anche in via analogica le norme (2597 e
 1679  del  c.c.)  che  sanciscono  la  illiceita'  del   rifiuto   di
 contrattare e di violare la par condicio.
    Sicche',  anche  a  voler  ritenere  che  il  dovere di parita' di
 trattamento  possa  rappresentare  un  criterio  per  determinare  il
 contenuto  dell'obbligo  che  il  monopolista  si  sia  rifiutato  di
 perfezionare, nella fattispecie, difettando  in  capo  alla  Siae  un
 obbligo  legale a contrattare, non puo' essere dichiarata illecita la
 richiesta di un prezzo, di fatto  inaccettabile  o  comunque  diverso
 rispetto alle condizioni normalmente praticate.
    In  altri  ordinamenti  (es. quello inglese) la determinazione dei
 compensi da  praticare  da  parte  della  societa'  degli  autori  e'
 effettuata  per  legge;  oppure  esistono  (es.  Stati  Uniti)  norme
 "antitrust" che consentono  di  censurare  (come  in  molti  casi  e'
 effettivamente  avvenuto)  il  comportamento di societa' degli autori
 che abusino della loro posizione dominante sul mercato.
    Nell'ordinamento italiano, invece, mentre si attribuisce alla Siae
 una posizione di assoluta preminenza sul mercato  (l'esclusiva  nella
 concessione di licenze e autorizzazioni per lo sfruttamento economico
 di opere tutelate, nella percezione dei proventi derivanti da licenze
 o  autorizzazioni  e  nella loro ripartizione tra gli aventi diritto)
 non sembra sussistere un idoneo controllo  preventivo  o  successivo,
 per evitare eventuali tendenze all'abuso di tale posizione dominante.
    Ne consegue che, se da un lato puo' affermarsi che la posizione di
 preminenza   attribuita   alla   Siae   trova   piena   e   razionale
 giustificazione   nell'esigenza   di   salvaguardare  il  diritto  di
 sfruttamento economico delle opere  tutelate,  e  piu'  in  generale,
 nell'esigenza  di salvaguardare la produzione artistica e lo sviluppo
 culturale del paese, e' altresi' innegabile, che tale esigenza,  come
 ha  gia'  rilevato  la  Corte  costituzionale, non puo' giungere fino
 all'attribuzione  alla  Siae   di   poteri   arbitrari   e   comunque
 incontrollabili.
    In  diversa ipotesi la norma in questione (art. 180 l.a.) potrebbe
 essere in aperto contrasto non solo con l'art. 41 della  Costituzione
 ma, altresi', con gli artt. 3 e 24 della Carta costituzionale appunto
 nella parte in cui attribuisce alla Siae l'esclusiva senza  prevedere
 alcun  controllo  per  limitare una sua eventuale tendenza all'abuso;
 controllo da esercitarsi vuoi  mediante  imposizione  in  determinati
 casi  di  un  obbligo  a contrattare, vuoi mediante un'imposizione di
 parita' di trattamento,  vuoi  mediante  predisposizione  di  tariffe
 inderogabili.
    Ne  ha  pregio,  peraltro, il richiamo agli artt. 52 e segg. della
 legge autore.
    Tali  norme  hanno  infatti  la  funzione  di  attribuire all'ente
 statale esercente il servizio di  radiodiffondere  e  teletrasmettere
 opere  dell'ingegno  dai  teatri,  dalle  sale da concerto e da altri
 luoghi pubblici nei limiti stabiliti dalla legge stessa (salvo che si
 tratti di opere nuove o di prime rappresentazioni stagionali di opere
 non nuove, per le quali e' necessario il consenso dell'autore).
    In  tali  casi  l'autore ha solo il diritto di ottenere, dall'ente
 esercente il servizio di radiodiffusione, il pagamento di un compenso
 che,  in  caso di disaccordo, e' liquidato dall'autorita' giudiziaria
 (art. 56  legge  autore)  ma  non  puo'  evitare  la  radiodiffusione
 dell'opera.  E  cio'  in considerazione della natura e dei fini della
 radiodiffusione, come servizio riservato allo stato che  lo  esercita
 direttamente o per mezzo di suoi concessionari.
    Siamo  in presenza, in altri termini, di una licenza legale in cui
 il diritto di autore e' degradato a semplice diritto di compenso.
    Trattasi  di  una  limitazione tassativamente prevista dalla legge
 solo  in  favore  dell'ente  statale   esercente   il   servizio   di
 radiodiffusione e come tale non estensibile al di fuori della ipotesi
 normativamente prevista.
    In  ordine  alla  questione  della  rilevanza  della  eccezione di
 legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 180, primo  e
 secondo  comma,  l.a.,  se nessuno dubita che la Siae possa praticare
 condizioni generali di contratto differenziate ogni  volta  che  cio'
 sia  giustificato  dalla  differenza  tra i vari tipi di rapporto, e'
 altrettanto evidente che a dette condizioni debbono sempre presiedere
 criteri  di  ragionevolezza e di equita', specie in un mercato in cui
 sia impossibile, per il consumatore, rifornirsi altrove dello  stesso
 bene o servizio.
    In  altri  termini,  se  e' vero che gli stessi utenti delle opere
 tutelate (e in particolare di opere musicali di modeste  proporzioni)
 possano   trovarsi   di   fronte  a  difficolta'  insormontabili  per
 individuare il  soggetto  cui  rivolgersi  per  ottenere  la  licenza
 all'esecuzione  dell'opera di un determinato autore, per conoscere il
 costo, per sapere se l'autore viva tuttora o se occorra trattare  con
 i  suoi  eredi  e chi essi siano, ovvero se una determinata opera sia
 ancora protetta (il che dimostra l'evidente utilita'  della  funzione
 esercitata dalla Societa' degli autori), e' altresi' evidente che non
 meno gravi  difficolta',  anche  di  ordine  pratico,  si  vengono  a
 verificare  allorquando  in  relazione  alla  norma che stabilisce la
 riserva in via esclusiva alla Siae dell'attivita' di  intermediazione
 non  siano  previsti  espressamente  idonei  limiti  e  controlli per
 evitare abusi e disparita' di trattamento.
    Tale  mancanza  assoluta  di  predeterminati  criteri  generali ed
 uniformi e la non specifica previsione di forme  adeguate  di  tutela
 giudiziaria  (come  abbiamo  detto  la  Siae  agisce iure privatorum)
 inducono il collegio a ritenere - non sussistendo peraltro nel nostro
 ordinamento  una  legislazione  "antitrust"  - che sia ravvisabile un
 contrasto con gli artt. 41 e 3 della Costituzione (non  coordinamento
 dell'attivita'  pubblica  economica  a  fini  sociali;  disparita' di
 trattamento).
    Va  peraltro considerato in relazione all'attuale regolamentazione
 legislativa del rapporto tra Siae e utilizzatori delle opere tutelate
 (cfr.  sopra), e alla posizione di questi ultimi (specie nella vera e
 propria fase contrattuale) che non sembra  essere  adeguata  la  sola
 tutela  amministrativa,  in  concreto  utilizzabile  piu'  nella fase
 concessiva delle licenze e delle autorizzazioni, che relativamente al
 vero a proprio sinallagma contrattuale.
    Deve  anche  osservarsi che la posizione di preminenza sul mercato
 della Siae (in realta' molto vicina a quella del monopolista  legale:
 cfr. sopra) e, correlativamente, la situazione di evidente soggezione
 delle societa' (che operando nel settore della emittenza privata  non
 possano  fare  a  meno di utilizzare le opere tutelate) finiscono con
 rendere il corrispettivo determinato  ed  imposto  dalla  Siae  molto
 simile  ad  una  prestazione  patrimoniale  con  carattere pressoche'
 impositivo.
    Cio'  posto,  e  considerato  il  noto rigoroso orientamento della
 Corte  costituzionale  in  punto,  non  puo'  neanche  escludersi  un
 contrasto  della normativa in esame con l'art. 23 della Costituzione.
    Nella fattispecie, la Siae ha chiesto alle attrici, quale compenso
 per lo sfruttamento del repertorio tutelato, non gia' una percentuale
 parametrata  sugli  introiti  desumibili  dai loro bilanci secondo le
 condizioni da detta Siae normalmente praticate bensi' una percentuale
 degli  introiti  della  Pubblitalia  (soggetto  estraneo  al presente
 giudizio che svolge attivita' di raccolta di pubblicita'),  non  solo
 in favore delle societa' attrici).
    Tale  pretesa della Siae che sembra svincolata da ogni riferimento
 a criteri  i  quali  in  qualche  modo  garantiscono  la  parita'  di
 trattamento  degli  utilizzatori del repertorio (neppure giustificata
 apparendo la pretesa equiparazione fra R.A.I.  televisione  italiana,
 concessionaria di diritto pubblico dei servizi di radiotelediffusione
 in Italia - cui affluiscono  anche  i  canoni  dei  teleutenti  -  ed
 emittenti  private)  potrebbe  essere considerata non legittima sulla
 base delle considerazioni surriferite e dell'illustrato  sospetto  di
 non legittimita' costituzionale della normativa in esame.
                                P. Q. M.
   Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 180 della legge 22 aprile 1941,
 n. 633, in riferimento agli artt. 41, 3 e 23 della Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina che a cura della cancelleria copia della presente ordinanza
 sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri
 e che di essa sia data comunicazione ai Presidenti del Senato e della
 Camera dei deputati.
    Cosi'  deciso nella camera di consiglio della prima sezione civile
 del tribunale di Roma il 24 gennaio 1989.
                           (Seguono le firme)

 89C0715