N. 347 SENTENZA 14 - 22 giugno 1989
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Previdenza e assistenza - Sottufficiali dell'Esercito con anzianita' di servizio di anni quindici - Rimozione del grado e cessazione dal servizio per condanna penale - Diritto a pensione - Mancata previsione - Richiamo alle sentenze nn. 236/1985, 255/1982, 144/1971, 77/1963 e 4/1959 - Impossibilita' di incisione su diritti quesiti - Illegittimita' costituzionale parziale. R.D.-L. 16 ottobre 1919, n. 1986, art. 23). Cost., art. 3)(GU n.26 del 28-6-1989 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco P. CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 23 del regio decreto legge 16 ottobre 1919, n. 1986 (Stato giuridico ed economico dei sottufficiali del regio esercito), in relazione all'art. 12 del regio decreto 18 novembre 1920, n. 1626 (Estensione ai militari del regio esercito e della regia marina delle nuove disposizioni sulle pensioni), promosso con ordinanza emessa il 2 dicembre 1987 dalla Corte dei conti sui ricorsi riuniti proposti da Morati Antonio contro il Ministero della Difesa, iscritta al n. 27 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1989; Udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1989 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Ritenuto in fatto Nel corso di un giudizio proposto da un ex brigadiere dell'Arma dei carabinieri e diretto a contestare l'asserito mancato conseguimento del diritto a pensione per difetto dell'anzianita' minima di servizio effettivo, prescritta in 19 anni, 6 mesi e 1 giorno, la Corte dei conti, sezione IV giurisdizionale, con ordinanza emessa il 2 dicembre 1987 (e pervenuta alla Corte costituzionale il 12 gennaio 1989), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23 del regio decreto legge 16 ottobre 1919, n. 1986 che, nel prevedere che il sottufficiale consegua il diritto a pensione, con il compimento di un periodo di servizio effettivo di almeno 15 anni, solo se riformato e non anche se dispensato d'autorita' per perdita del grado o a seguito di condanna penale, si porrebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione in relazione all'art. 12 del regio decreto 18 novembre 1920, n. 1626 che tale diritto invece riconosce agli ufficiali. Ai fini della rilevanza, il giudice a quo precisa che il ricorrente, gia' brigadiere dei carabinieri (come tale rientrante nella categoria dei sottufficiali dell'esercito), e' cessato dal servizio in data 16 dicembre 1961, prima cioe' dell'entrata in vigore del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, il cui articolo 52 ha parificato la posizione di tutti i dipendenti cessati dal servizio per perdita del grado, elevando indiscriminatamente l'anzianita' minima per la pensione ad anni 20. Ne deriva, ad avviso del giudice rimettente, che - indipendentemente dagli artt. 254 (abrogativo di vecchie norme) e 256 (che dispone l'applicabilita' delle nuove norme ai casi in corso di trattazione) del medesimo testo unico - ove la norma denunciata fosse riconosciuta incostituzionale, il ricorrente risulterebbe gia' titolare, sin dal momento della sua cessazione dal servizio, del diritto pensionistico acquisito ed intangibile. Nel merito il giudice del rinvio richiama le sentenze di questa Corte n. 144 del 1971, n. 255 del 1982,n. 236 del 1985 e n. 154 del 1987 che, con riguardo ad altre categorie di sottufficiali, hanno dichiarato la illegittimita' costituzionale di norme di contenuto analogo. Non si e' costituita nel presente giudizio la parte privata, ne' ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri. Considerato in diritto 1. - La Corte dei conti dubita della legittimita' costituzionale del'art. 23 del regio decreto legge 16 ottobre 1919, n. 1986 nella parte in cui non prevede che il sottufficiale dell'esercito, rimosso dal grado e cessato dal servizio per condanna penale, possa conseguire il diritto a pensione al compimento di quindici anni di effettivo servizio anziche' dell'ordinario periodo di venti anni. Ad avviso del giudice a quo tale limitazione prevista per i sottufficiali e' in contrasto con l'art. 3 della Costituzione in relazione all'art. 12 del regio decreto 18 novembre 1920, n. 1626 che invece riconosce il diritto a pensione agli ufficiali, dispensati dal servizio di autorita', che abbiano maturato il piu' breve periodo di servizio di quindici anni. 2. - La questione e' fondata. Come e' gia' stato affermato da questa Corte (sentenze n. 236 del 1985, n. 255 del 1982 e n. 144 del 1971) in relazione ad analoghe questioni, nelle quali era stato invocato come tertium comparationis l'art. 12 del regio decreto 18 novembre 1920, n. 1626, riguardante gli ufficiali, non vi e' dubbio che, raffrontando con questa norma quella denunziata con l'ordinanza di rinvio, risulta una situazione di disparita' incompatibile con il parametro costituzionale invocato. Al riguardo si e' difatti rilevato (sentenza n. 144 del 1971 cit.) che e' privo di giustificazione il trattamento differenziato in materia di pensione operato nei confronti di persone appartenenti alle stesse forze armate "non avendo la differenza di grado alcuna rilevanza rispetto agli anni di servizio necessari per conseguire il diritto a pensione". Con riferimento poi all'avvenuta abrogazione di entrambe le norme poste fra loro a raffronto per effetto dell'art. 254 del testo unico approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, questa Corte ha in piu' occasioni gia' avuto modo di affermare (sentenze n. 255 del 1982 cit., n. 77 del 1963 e n. 4 del 1959) la sindacabilita' anche di norme abrogate ogni qualvolta possa parlarsi di efficacia e di applicazione della legge, indipendentemente dalla sua avvenuta abrogazione, e cio' salvo che si tratti di fatti verificatisi successivamente alla data in cui tale norma ha cessato di avere vigore. Quest'ultima ipotesi non ricorre nel caso oggetto del giudizio a quo, relativamente al quale i presupposti di fatto si erano verificati completamente sotto l'imperio della disciplina abrogata, il che, secondo quanto gia' affermato da questa Corte (sentenza n. 255 del 1982), rende inoperante la retroattivita' disposta dall'art. 256 del citato testo unico del 1973, che non puo' incidere sui diritti quesiti.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23 del regio decreto legge 16 ottobre 1919, n. 1986 (Stato giuridico ed economico dei sottufficiali del regio esercito) nella parte in cui non prevede il diritto a pensione dei sottufficiali dell'esercito che, avendo un'anzianita' di quindici anni di servizio, siano stati rimossi dal grado e siano cessati dal servizio per condanna penale. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1989. Il Presidente: SAJA Il redattore: CAIANIELLO Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 22 giugno 1989. Il direttore della cancelleria: MINELLI 89C0726