N. 353 ORDINANZA 14 - 22 giugno 1989

 
 
 Reato continuato - Minorenni - Reati commessi prima e dopo il
 compimento della maggiore eta' - Applicazione del concorso formale -
 Mancata previsione - Questione viziata per irrilevanza - Manifesta
 inammissibilita'.  R.D.-L. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 9).  Cost.,
 artt. 3, 24 e 25)
(GU n.26 del 28-6-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.   Vincenzo
 CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 9 del regio
 decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404  (Istituzione  e  funzionamento
 del  Tribunale  per  i minorenni), promosso con ordinanza emessa il 2
 giugno 1988 dal Pretore di Ispica nel procedimento penale a carico di
 Matarazzo  Pietro,  iscritta  al  n. 53 del registro ordinanze 1989 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  7,  prima
 serie speciale, dell'anno 1989;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 17 maggio 1989 il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
    Ritenuto  che  il  Pretore  di Ispica, con ordinanza 2 giugno 1988
 (pervenuta alla Corte il 25 gennaio  1989),  sollevava  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  9 del regio decreto-legge 20
 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del Tribunale per i
 minorenni),   in   riferimento   agli  articoli  3,  24  e  25  della
 Costituzione, in quanto non prevede la possibilita' di  applicare  la
 norma  di  cui all'art. 81, secondo comma, codice penale nell'ipotesi
 di reati commessi prima e dopo il compimento della maggiore eta';
      che,  nella  specie,  si trattava di due reati di furto semplice
 commessi dalla stessa persona, l'uno nella notte fra  il  10  e  l'11
 giugno  1986  e  l'altro nella notte fra il 2 ed il 3 settembre dello
 stesso anno, e sempre nel territorio di Ispica;
      che l'imputato, tra l'uno e l'altro episodio, aveva raggiunto la
 maggiore eta', sicche'  gli  atti  relativi  al  primo  furto  furono
 trasmessi per competenza al Tribunale minorile di Catania;
      che,  a  seguito  di  cio', il Pretore, ritenuto che i due reati
 commessi sono uniti dal  vincolo  della  continuazione,  osserva  che
 egli,  a  causa  della  competenza  del  giudice minorile per uno dei
 reati, si trova nell'impossibilita' di applicare il disposto  di  cui
 all'art. 81, secondo comma, codice penale, anche perche' afferma che,
 nonostante il tempo trascorso,  per  nessuno  dei  due  reati  si  e'
 formato il giudicato;
      che, peraltro, secondo il Pretore, non trattandosi di ipotesi di
 pregiudizialita', non sarebbe applicabile la norma di cui all'art. 18
 del  codice  di procedura penale, giacche' egli non condivide il piu'
 recente indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione che  ne
 ammette,  invece,  l'applicabilita' anche per l'ipotesi di semplice e
 generica dipendenza fra i due processi;
      che,  d'altra  parte,  il  Pretore  nemmeno  ritiene  di potersi
 avvalere del disposto di cui all'art. 432,  primo  comma,  codice  di
 procedura  penale, "stante la decorrenza dei termini prescrizionali",
 ed esclude che la continuazione possa  essere  ritenuta  in  sede  di
 legittimita'  in  ordine  all'eventuale giudicato che fosse frattanto
 intervenuto su di uno dei processi, in quanto la Corte di  Cassazione
 dovrebbe  estendere  la particolare giurisdizione di merito, prevista
 nell'art. 538, ultimo comma, codice  di  procedura  penale,  a  fatti
 accertati in sentenza diversa da quella impugnata;
      che,  infine,  nemmeno  e'  possibile  aderire  -  come  pure ha
 indicato la Corte di Cassazione - al  riconoscimento,  in  tal  caso,
 della  competenza  del  giudice  non  specializzato  su  ambo i reati
 perche',  successivamente  a  quell'indicazione,  questa  Corte,  con
 sentenza  15  luglio  1983, n. 222, ha giudicato essere funzionale la
 competenza del giudice minorile, e percio' inderogabile;
      che,  per  tutto  cio',  vengono  a risultare violati i prametri
 indicati, quanto all'art. 3 della  Costituzione,  perche'  colui  che
 viene  a  trovarsi  nella situazione denunziata riceve ingiustificato
 trattamanto deteriore rispetto a colui che ha commesso ambo  i  reati
 nell'una  o  nell'altra eta' o che, comunque, ha la fortuna di vedere
 passare in giudicato una delle due condanne prima che si esaurisca la
 fase di merito; e quanto ai parametri di cui agli artt. 24 e 25 della
 Costituzione, perche' l'imputato non  puo'  esercitare  un  integrale
 diritto  di difesa, e viene per giunta sottratto al giudice naturale,
 il   solo   competente   a   decidere    sull'applicabilita'    della
 continuazione;
      che  nel  giudizio  si e' costituito il Presidente del Consiglio
 dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato,  la
 quale  ha  innanzitutto  eccepito  l'inammissibilita' della sollevata
 questione, perche' il giudice a quo, a fronte delle ipotizzabili piu'
 soluzioni, non avrebbe indicato quella che ritiene costituzionalmente
 obbligata, secondo il costante indirizzo di questa Corte, e  comunque
 perche' allo stato la questione sarebbe irrilevante;
      che,  peraltro,  la  questione  sarebbe  ad  ogni modo infondata
 perche', quand'anche fosse vero che la Corte di Cassazione non  possa
 estendere  la  sua  eccezionale  valutazione di merito sulla sentenza
 passata in giudicato, ben puo' rinviare, pero', al giudice di  merito
 affinche' decida sull'applicabilita' della continuazione;
    Considerato  che  non  puo'  dirsi,  in verita', che il giudice di
 merito non abbia indicato la soluzione che ritiene costituzionalmente
 obbligata,   giacche'   egli  ha  invece  richiesto  la  declaratoria
 d'illegittimita' costituzionale dell'art. 9 della legge sul Tribunale
 dei  minorenni  (regio  decreto-legge  n.  1404  del  1934) ritenendo
 contrario ai parametri dedotti che quella disposizione non preveda la
 competenza  unica  del  giudice  minorile, anche per i reati commessi
 dall'imputato  in   eta'   maggiore,   quando   debba   farsi   luogo
 all'applicazione  del  disposto  di  cui  all'art. 81, secondo comma,
 codice penale, anche in relazione a  reati  commessi  durante  l'eta'
 minore;
      che,  peraltro,  a parte il dubbio che una siffatta disposizione
 dovesse essere necessariamente ricompresa nella norma impugnata,  ben
 potendo  il  legislatore  provvedere  piu' opportunamente in separata
 sede  come  espressa  ipotesi  di  competenza  per  connessione,   la
 questione appare piuttosto viziata per irrilevanza;
      che,  infatti,  il  Pretore,  ricevuto il rapporto della polizia
 giudiziaria nel settembre 1986, e dopo  avere  atteso  ben  due  anni
 prima di prendere in esame la situazione e sollevare la questione, ed
 ulteriori otto mesi circa prima di farla  pervenire  a  questa  Corte
 dopo  la pronunzia dell'ordinanza, osserva poi che non puo' avvalersi
 del disposto di cui all'art. 432 codice procedura penale  "stante  la
 decorrenza dei termini prescrizionali";
      che,  invece, a' sensi del combinato disposto degli artt. 157 n.
 4 e 160, secondo comma, codice penale, la prescrizione per il delitto
 di  furto  semplice  -  ove  sia  intervenuto,  come nella specie, un
 qualsiasi atto interruttivo  (mandato  di  comparizione,  decreto  di
 citazione  a  giudizio  etc...)  - si compie in anni 7 e mesi sei, in
 guisa che il reato sottoposto all'esame del Pretore va ad estinguersi
 soltanto  nel  marzo del 1994, per cui e' secondo l'id quod plerumque
 accidit che frattanto possa aversi sentenza  del  Tribunale  minorile
 passata  in  giudicato  (ne'  la  legge  vieta  che fra i due giudici
 competenti possa esservi un'intesa in proposito);
      che,  d'altra  parte,  nemmeno  e'  vero che la difesa non possa
 essere  correttamente  e  integralmente  espletata,  perche',   anzi,
 proprio da un diligente e piuttosto ovvio suo espletamento dipende la
 possibilita'  di  far  pervenire  ambo  i  procedimenti  in  sede  di
 legittimita', in modo che la Corte di Cassazione possa valutare senza
 problemi la  situazione  di  ambo  i  reati  e  decidere  se  ricorra
 l'ipotesi di cui all'art. 81, secondo comma, codice penale;
      che, percio', allo stato, non essendo in alcun modo pregiudicati
 i diritti  dell'imputato  ad  ottenere  nel  corso  del  giudizio  il
 riconoscimento  della  continuazione  fra  i  due reati, non sussiste
 nemmeno l'assoluta necessita' di  dichiarare  l'illegittimita'  della
 norma  denunziata,  indipendentemente  per ora dal problema della sua
 esatta indicazione e da quello dei poteri della Corte in relazione ai
 poteri discrezionali del legislatore;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte Costituzionale;
    Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'  della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 9, del regio  decreto-legge  20
 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del Tribunale per i
 minorenni), in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della  Costituzione,
 sollevata dal Pretore di Ispica con ordinanza 2 giugno 1988.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: GALLO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 22 giugno 1989.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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