N. 53 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 giugno 1989

                                 N. 53
          Ricorso depositato in cancelleria il 30 giugno 1989
                 (della provincia autonoma di Bolzano)
 Acque  pubbliche  -  Coordinamento delle attivita' volte al riassetto
 organizzativo e funzionale del suolo e delle acque -  Attribuzione  a
 tutte  le disposizioni della legge impugnata della natura di principi
 fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione e di  principi
 di  riforma  economico-sociale  -  Poteri  di  emanazione  di atti di
 indirizzo e coordinamento attribuiti al Presidente del Consiglio  dei
 Ministri  su  proposta  del Ministro dei lavori pubblici, anziche' al
 Governo, su proposta del Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  -
 Illegittimo  potere  di  controllo  di  competenza  del  comitato dei
 ministri sull'attuazione dei programmi di intervento  delle  province
 autonome  - Illegittimo potere di controllo sostitutivo attribuito al
 Presidente del  Consiglio  per  attivita'  da  svolgersi  in  termini
 essenziali  - Irragionevole previsione di trasferimento o delegazione
 alla provincia autonoma di funzioni amministrative gia', peraltro,  a
 loro  spettanti  Violazione  della  norma  sul  bilinguismo  e  sulla
 proporzionale etnica nel pubblico impiego - Asserita violazione delle
 competenze  provinciali  in  materia di ordinamento degli uffici e di
 acque pubbliche ed  opere  idrauliche,  di  urbanistica,  tutela  del
 paesaggio,  porti  lacuali, opere di prevenzione e di pronto soccorso
 per calamita' pubbliche, miniere, cave, torbiere.
 (Legge  18  maggio  1989, n. 183, artt. 1, quinto comma, 3, 4, 9, 10,
 12, 17, 18, secondo comma, 21, terzo  comma,  22,  primo  comma,  24,
 primo comma, 28, 32, primo comma, e 35).
 (D.P.R.  31  agosto  1972, n. 670, artt. 8, primo comma, nn. 1, 5, 6,
 11, 13, 14, 16, 17, 18, 21 e 24; 9, primo comma,  nn.  9  e  10;  12,
 primo comma, 14, 16, primo comma, 68, 89, 100, 107 e 111).
(GU n.29 del 19-7-1989 )
   Ricorso  della  provincia  autonoma  di  Bolzano,  in  persona  del
 presidente  pro-tempore   della   giunta   provinciale   dott.   Luis
 Durnwalder,  giusta  deliberazione della giunta n. 3618 del 19 giugno
 1989, rappresentata e difesa - in virtu' di procura speciale  del  20
 giugno  1989,  rogata dall'avv. Giovanni Salghetti Drioli, segretario
 generale dell'amministrazione provinciale e ufficile rogante (rep. n.
 15629)  -  dagli  avvocati  professori Roland Riz e Sergio Panunzio e
 presso  quest'ultimo  elettivamente  domiciliata  in   Roma,   piazza
 Borghese  n.  3  (studio  legale  Guarino),  contro la Presidenza del
 Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente  del  Consiglio  in
 carica,  per  la  dichiarazione di incostituzionalita' degli artt. 1,
 quinto comma, 3; 4; 9; 10; 12;  17;  18,  secondo  comma;  21,  terzo
 comma;  22,  primo  comma; 24, primo comma; 28; 32, primo comma; e 35
 della legge 18 maggio 1989, n. 183, per  violazione  degli  artt.  8,
 primo  comma, nn. 1), 5), 6), 11), 13), 14), 16), 17), 18), 21), 24);
 9, primo comma, nn. 9) e 10); 12, primo comma; 14; 16,  primo  comma;
 68;  89;  100,  107 e 111 del d.P.R. 31 agosto 1972 (t.u. delle leggi
 costituzionali concernenti lo statuto speciale per  il  Trentino-Alto
 Adige),  e  delle  relative  norme  d'attuazione  (spec.  decreti del
 Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115; 22  marzo  1974,
 n.  279;  22  marzo 1974, n. 381; 28 marzo 1975, n. 474, e successive
 modifiche ed integrazioni; 26  luglio  1976,  n.  752,  e  successive
 modifiche  ed integrazioni; 26 marzo 1977, n. 235; 31 luglio 1978, n.
 1017, e successive modificazioni ed integrazioni; 19  novembre  1987,
 n. 526; e 19 novembre 1987, n. 527).
                               F A T T O
    Sulla  Gazzetta  Ufficiale n. 120 del 25 maggio 1989 (suppl. ord.)
 e' stata pubblicata la legge 18 maggio 1989, n. 183,  recante  "Norme
 per  il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo".
 Tale legge che, come e' detto al primo comma del suo art.  1,  ha  lo
 scopo di "assicurare la difesa del suolo, il risanamento delle acque,
 la fruizione e la gestione del  patrimonio  idrico  per  gli  usi  di
 razionale  sviluppo  economico  e  sociale,  la  tutela degli aspetti
 ambientali ad essi connessi", detta un'ampia e dettagliata disciplina
 della  materia.  In  particolare  essa - nel titolo primo - regola le
 attivita'  conoscitive,  di  programmazione  e  di  attuazione  degli
 interventi  diretti a realizzare le suddette finalita' (spec. artt. 2
 e 3); individua le autorita' centrali (artt.  4  e  segg.)  e  locali
 (artt.   10  e  segg.)  cui  competono  gli  interventi  in  materia,
 disciplinandone poteri e procedure; nel  titolo  secondo,  poi,  essa
 ancor  piu'  dettagliatamente  disciplina gli ambiti, gli strumenti e
 gli interventi (relativi soprattutto ai bacini idrografici),  nonche'
 le   risorse   (finanziarie  e  di  personale)  necessarie  per  dare
 applicazione alla legge n. 183/1989;  infine  la  legge  contiene  un
 titolo  terzo, dedicato a disposizioni transitorie e finali (artt. 26
 e segg.).
    Tale  disciplina  legislativa, dunque, interviene dettagliatamente
 in un complesso di materie di competenza della provincia autonoma  di
 Bolzano  ad  essa  attribuite  dalle norme costituzionali indicate in
 epigrafe (quali  le  materie  dell'ordinamento  degli  uffici  e  del
 personale;  dell'urbanistica;  tutela  del  paesaggio; porti lacuali;
 opere di prevenzione e di pronto soccorso  per  la  protezione  della
 flora  e  della  fauna;  viabilita',  acquedotti  e  lavori pubblici;
 comunicazioni e trasporti; agricoltura,  foreste  e  bonifica;  opere
 idrauliche  della  terza,  quarta  e  quinta categoria; utilizzazione
 delle acque pubbliche; ed igiene e sanita'); materie  che  sono  gia'
 state  oggetto  -  fra l'altro - di una organica disciplina stabilita
 dalla  legge  provinciale.  Cosi'  facendo,  tuttavia,  la  legge  n.
 183/1989  non  ha  tenuto  conto  della  esigenza  costituzionale  di
 salvaguardia delle competenze provinciali (salvo ipotesi  particolari
 e  marginali: art. 32, primo comma); onde tale disciplina legislativa
 statale - in particolare le  disposizioni  della  legge  n.  183/1989
 indicate  in epigrafe - si risolve in una violazione delle competenze
 della provincia autonoma di Bolzano che si trova quindi costretta  ad
 impugnarla per i seguenti motivi di
                             D I R I T T O
    Violazione delle competenze provinciali di cui agli artt. 8, primo
 comma, nn. 1), 5), 6), 11), 13), 14), 16),  17),  18),  21),  24;  9,
 primo  comma, nn. 9) e 10); 12, primo comma; 14; 16, primo comma; 68;
 89; 100; 107 e 111 del  d.P.R.  31  agosto  1972  (t.u.  delle  leggi
 costituzionali  concernenti  lo statuto speciale per il Trentino-Alto
 Adige),  e  delle  relative  norme  d'attuazione  (gia'  indicate  in
 epigrafe).
    1.  -  Molteplici  sono le violazioni delle competenze provinciali
 cui danno luogo le  disposizioni  legislative  impugnate:  alcune  di
 carattere  piu'  generale,  che  involgono  aspetti complessivi della
 disciplina della legge  n.  183/1989,  altre  che  riguardano  invece
 aspetti e disposizioni particolari di tale legge.
    Iniziando  dalle  prime,  viene innanzitutto in evidenza l'art. 1,
 quinto comma, della legge n. 183/1989, secondo cui  "Le  disposizioni
 della  presente  legge  costituiscono  norme  fondamentali di riforma
 economico-sociale della Repubblica nonche' principi  fondamentali  ai
 sensi dell'art. 117 della Costituzione".
    Come  risulta  dalle norme statutarie indicate in epigrafe, alcune
 delle  competenze  provinciali  su  cui  interferisce  la  disciplina
 legislativa impugnata sono di tipo concorrente (per es. utilizzazione
 delle acque pubbliche) e quindi, in base all'art.  9  dello  statuto,
 soggiacciono  anche  al  limite  dei  principi fondamentali stabiliti
 dalle leggi dello Stato; ma la maggior  parte  sono  invece  di  tipo
 esclusivo (diversamente da quelle spettanti nelle stesse materie alle
 regioni ad autonomia ordinaria) e quindi, in base  all'art.  8  dello
 statuto,  soggiacciono  solo al limite delle norme fondamentali delle
 riforme economico sociali della Repubblica.
    La  legge  impugnata  vorrebbe  pero'  stravolgere e superare tale
 fondamentale distinzione. Essa,  infatti,  stabilisce  che  tutte  le
 disposizioni  da  essa  stabilite  costituiscono,  al  tempo  stesso,
 "principi fondamentali" limitativi della  competenza  concorrente,  e
 "norme  fondamentali  di  riforma economico-sociale" limitative della
 competenza esclusiva.
    In  tal  modo  ogni  differenza fra i due tipi di competenze viene
 appiattita  e  confusa  al  grado  piu'   basso   (della   competenza
 concorrente)  e viene meno ogni distinzione fra la speciale autonomia
 (competenza esclusiva) spettante alla provincia  ricorrente  rispetto
 alle regioni ad autonomia ordinaria.
    E' vero che la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte ha affermato
 (da ultimo sentenza n. 1002/1988) che una legge contenente "principi"
 ex  art.  117 della Costituzione puo' al tempo stesso caratterizzarsi
 come legge di riforma economico-sociale: di modo che essa puo' essere
 "suscettibile  di  condizionare, attraverso le norme fondamentali che
 in essa e' dato identificare, la legislazione esclusiva delle regioni
 e  delle  province a speciale autonomia". Ma si tratta sempre, pero',
 di trarre in via interpretativa dal complesso della  legge  le  norme
 fondamentali  in  essa  identificabili.  Norme che sono tali per loro
 natura intrinseca.
    Nel  caso  della  legge  n. 183/1989, invece, il caso e' del tutto
 diverso. Ammesso e non concesso che si tratti effettivamente  di  una
 legge  di "riforma economico-sociale", qui il legislatore pretende di
 potere  attribuire  con  un  colpo  di  bacchetta  magica   ad   ogni
 disposizione in essa contenuta - sia che si tratti di disposizioni di
 principio che di dettaglio, ed indipendentemente dalla loro natura  e
 rilevanza  e  dagli  specifici  interessi  alle  stesse  sottesi - la
 qualificazione, non solo di norme di  principio,  ma  addirittura  di
 norme fondamentali di legge di riforma.
    Cio'  non  solo  risulta  essere  intimamente  contraddittorio, ma
 risulta palesemente smentito dal  tenore  stesso  delle  disposizioni
 contenute  nella  legge  impugnata, la maggior parte delle quali, sia
 per il loro carattere dettagliato, sia - soprattutto - per  l'oggetto
 stesso   che   disciplinano,   non   possono  in  alcun  modo  essere
 ragionevolmente   considerate   norme   fondamentali    di    riforma
 economico-sociale.
    2.  -  Come  si  e'  gia'  detto  in  precedenza,  le disposizioni
 contenute nella impugnata legge n. 183/1989 non si limitano a dettare
 norme fondamentali di riforma economico-sociale, ne' - in realta' - a
 porre principi fondamentali nelle materie di competenza  provinciale.
 Esse  invece  disciplinano anche nel dettaglio attivita', istituti ed
 uffici concernenti  la  difesa  del  suolo  invadendo  le  competenze
 legislative  ed  amministrative  della provincia nelle materie che ad
 essa sono attribuite  dalle  norme  statutarie  e  d'attuazione  gia'
 indicate  in  epigrafe  (ordinamento  degli  uffici  e  del personale
 provinciale, urbanistica, tutela  del  paesaggio  e  le  varie  altre
 materie  gia'  precedentemente  richiamate).  Materie  che oltretutto
 (come  e'  ben  noto  a  codesta  ecc.ma  Corte)  sono   gia'   state
 disciplinate ampiamente dalla provincia ricorrente con proprie leggi.
    D'altra  parte,  lo  rileviamo  sin  d'ora,  tale  disciplina  non
 potrebbe  ritenersi   costituzionalmente   giustificata   in   quanto
 espressione  della  funzione  di  "indirizzo  e  coordinamento" dello
 Stato, ne' in quanto direttamente fondata su  esigenze  di  interesse
 nazionale.   Infatti,  il  richiamo  alla  funzione  di  indirizzo  e
 coordinamento  non  sarebbe  pertinente  sia  perche'  la  disciplina
 legislativa  in  questione  e' diretta a soddisfare interessi che non
 sono   "insuscettibili   di   frazionamento   e   di   localizzazione
 territoriale";  sia  perche'  a  quella disciplina - anche per il suo
 carattere analitico - non  possono  riconoscersi  i  caratteri  e  la
 funzione  che,  secondo  l'insegnamento  di  codesta ecc.ma Corte (da
 ultimo sentenza n. 177/1988) sono proprie degli atti di  indirizzo  e
 coordinamento.  Cio'  a  maggior  ragione  ove  poi si considerino le
 particolari  attenuazioni  che  i  poteri  statali  di  indirizzo   e
 coordinamento incontrano nei confronti della provincia di Bolzano, in
 considerazione dei caratteri del tutto peculiari della  sua  speciale
 autonomia,  secondo  quanto  recentemente affermato da codesta ecc.ma
 Corte con la sentenza n. 242/1989.
    Tanto   meno   -   sempre   alla  luce  degli  insegnamenti  della
 giurisprudenza costituzionale (spec. sentenza n. 217/1988) potrebbero
 poi  rinvenirsi  nella  disciplina in questione quei requisiti minimi
 essenziali perche' un intervento statale  in  materia  di  competenza
 esclusiva   della   provincia   di   Bolzano  possa  trovare  diretta
 giustificazione alla stregua dell'interesse nazionale.
    Vero  e'  che  l'art.  32,  primo  comma,  della legge n. 183/1989
 stabilisce che "Per le acque appartenenti  al  demanio  idrico  delle
 province  autonome di Trento e Bolzano restano ferme le competenze in
 materia di utilizzazione delle acque pubbliche ed in materia di opere
 idrauliche    previste   dallo   statuto   speciale   della   regione
 Trentino-Alto Adige e dalle relative norme d'attuazione".  Si  vedra'
 peraltro  fra  breve  come  tale "norma di salvezza", in realta', non
 risolva  neppure  tutti  i  problemi  di  costituzionalita'  che   la
 disciplina  legislativa  impugnata  pone in relazione alle competenze
 spettanti alla provincia proprio  in  relazione  alle  materie  delle
 acque  pubbliche  e  delle opere idrauliche. Ma in ogni caso resta il
 fatto che, al di la' di  tali  particolari  materie,  molte  altre  -
 egualmente  di  competenza provinciale - sono incise dalla disciplina
 della legge n. 183/1989 (quali - come si e' gia' detto in  precedenza
 -  l'ordinamento  degli uffici e del personale, l'urbanistica, tutela
 del paesaggio; porti  lacuali;  opere  di  prevenzione  e  di  pronto
 soccorso   per   calamita'   pubbliche;  miniere,  cave  e  torbiere;
 alpicoltura e parchi per la protezione della  flora  e  della  fauna;
 viabilita',  acquedotti e lavori pubblici; comunicazioni e trasporti;
 agricoltura, foreste e bonifica; ed igiene e sanita'), senza  che  vi
 sia  per  esse  alcuna  norma  di  salvezza  contenuta nella legge n.
 183/1989. Sono le materie che, del resto, si evincono dalla  semplice
 lettura  della elencazione della attivita' ed interventi disciplinati
 dalla legge, di  cui  specialmente  agli  artt.  3,  12  e  17  della
 medesima.
    Proprio  tale  circostanza  -  che  sono  "tenute  ferme"  solo le
 competenze  provinciali  in  materia  di  acque  pubbliche  ed  opere
 idrauliche,  e  non  anche le altre incise dalla legge - determina la
 incostituzionalita' dello stesso art. 32, primo  comma.  Peraltro  si
 deve  anche  osservare  che  ove tale disposizione venisse dichiarata
 incostituzionale proprio nella parte in cui non  fa  salve  le  altre
 materie   di  competenza  provinciale,  allora  potrebbero  ritenersi
 superate  parte   delle   seguenti   censure,   concernenti   singole
 disposizioni  ed  aspetti  particolari  della  disciplina posta dalla
 legge n. 183/1989.
    3.  -  Si  e'  gia'  detto  come  l'art. 3 della legge n. 183/1989
 individui (in particolare al primo comma) i settori e gli oggetti cui
 sono  rivolte  le attivita' di pianificazione, di programmazione e di
 attuazione degli interventi previsti  dalla  legge,  tutte  ricadenti
 nelle   materie   di   competenza  provinciale  gia'  precedentemente
 richiamate.
    In  particolare  il  secondo comma dell'art. 3 stabilisce che tali
 attivita'  "sono  svolte,  sulla  base  delle  deliberazioni  di  cui
 all'art. 4, primo comma, secondo criteri, metodi e standards, nonche'
 modalita'  di  coordinamento  e  di  collaborazione  tra  i  soggetti
 pubblici   comunque  competenti...".  A  sua  volta  il  primo  comma
 dell'art. 4 stabilisce  che  tutta  una  serie  di  atti  statali  di
 indirizzo  e  coordinamento  (lettere  da  a)  ad  f) nelle materie e
 settori disciplinati dalla  legge  sono  approvati  con  decreto  del
 "Presidente  del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dei
 lavori pubblici ovvero del Comitato dei Ministri di  cui  al  secondo
 comma  nel  caso  in  cui  alla  lett. d), e previa deliberazione del
 Consiglio dei Ministri".
    Si  ha  in  tal  modo  che  l'esercizio  non solo delle competenze
 amministrative, ma delle stesse  competenze  legislative  provinciali
 (oltretutto  di  tipo  esclusivo)  viene  vincolato  al  contenuto di
 semplici atti amministrativi ministeriali.
    Ne  deriva  una  lesione  delle  competenze  provinciali  sotto un
 duplice profilo. In primo luogo perche' la funzione  di  indirizzo  e
 coordinamento  nei  confronti  delle  leggi  provinciali  puo' essere
 esercitata dallo Stato solo con atti legislativi.  In  secondo  luogo
 perche'  comunque,  nel  caso  in  questione, gli atti di indirizzo e
 coordinamento - diversamente da quello che e' il regime loro  proprio
 quando  si tratta di atti di esercizio della funzione di indirizzo in
 via amministrativa - verrebbero adottati su proposta di  un  ministro
 (anziche'  del  Presidente  del Consiglio dei Ministri: art. 3, primo
 comma, legge n. 382/1975) ed emanati con decreto del  Presidente  del
 Consiglio, anziche' con decreto del Presidente della Repubblica.
    4.  -  Il  gia'  richiamato  primo  comma  dell'art. 4 della legge
 impugnata,  oltre  che  prevedere  i  vari  atti   di   indirizzo   e
 coordinamento  di cui si e' detto (lettere da a) ad f), prevede anche
 - con essi - la riserva allo Stato di poteri di verifica,  controllo,
 sostituzione  approvazione  e  vigilanza  relativi  ad attribuzioni e
 poteri di esclusiva competenza provinciale.  I  commi  successivi,  a
 loro  volta,  istituiscono  il  Comitato  dei  ministri per i servizi
 tecnici nazionali e gli  interventi  nel  settore  della  difesa  del
 suolo.  In particolare il terzo comma stabilisce che esso adotta atti
 di indirizzo e coordinamento  delle  attivita'  dei  servizi  tecnici
 nazionali e coordina lo schema di programma nazionale di intervento (
 ex art. 25, terzo comma) con quelli delle regioni  e  delle  province
 autonome.
    In genere per tutti tali atti di indirizzo e coordinamento valgono
 le censure gia' formulate al punto precedente. Tanto piu' per  quelli
 previsti  dal terzo comma dell'art. 3, che non corrispondono in alcun
 modo ai principi che regolano l'esercizio della funzione di indirizzo
 e  coordinamento,  soprattutto  dal  punto  di  vista procedurale (si
 tratta infatti di atti di indirizzo che non provengono dal  Consiglio
 dei  Ministri,  neppure  indirettamente  in  base ad una delega dello
 stesso).
    La  previsione  legislativa di tali atti, inoltre, non corrisponde
 ai principi e limiti che secondo la giurisprudenza di codesta  ecc.ma
 Corte  valgono  nei confronti del potere governativo di indirizzo. In
 primo luogo tali disposizioni non sono rispettose  del  principio  di
 legalita',  in  base  al  quale  quando  il  potere  di  indirizzo  e
 coordinamento e' esercitato in via amministrativa, "esso deve basarsi
 su  una  previa  norma  di  legge diretta a delimitarne l'oggetto, le
 finalita', i principi e i criteri direttivi" (sentenza n.  242/1989).
 Infatti  le  disposizioni in questione, se pure indicano l'oggetto e,
 talvolta, le finalita' degli atti  di  indirizzo  in  questione,  non
 fissano   tuttavia  alcun  principio  e  criterio  direttivo  atto  a
 vincolare l'esercizio del potere governativo,  con  evidente  lesione
 della autonomia provinciale.
    Infine,   per   quanto  riguarda  il  particolare  potere  statale
 sostitutivo previsto dalla lett. e)  del  primo  comma  dell'art.  4,
 anch'esso  appare  incompatibile  con  i  principi costituzionali che
 garantiscono l'autonomia provinciale e che regolano  l'esercizio  del
 potere  sostitutivo dello Stato nelle materie di esclusiva competenza
 della provincia.
    Gia'  appare  assai  problematico  l'inquadramento  di un siffatto
 potere di controllo sostitutivo nel  principio  -  individuato  dalla
 giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte (spec. sentenza n. 177/1988) -
 secondo cui il controllo sostitutivo stesso  puo'  essere  esercitato
 dallo Stato solo in relazione ad "attivita' regionali sostanzialmente
 prive di discrezionalita' nell'  an".  Non  sembra  infatti  che  sia
 questo  il caso delle attivita' di competenza provinciale considerate
 dalla disposizione legislativa in questione.
    Ma  a  parte  cio',  certamente il potere di controllo sostitutivo
 previsto dalle disposizioni impugnate non e' assistito minimamente da
 quelle  "garanzie  sostanziali  e  procedurali" rispondenti ai valori
 fondamentali cui la Costituzione informa i rapporti fra lo Stato e la
 provincia   autonoma   e,   specialmente,   al  principio  di  "leale
 cooperazione", ed alla "regola di proporzionalita'" (come ancora  una
 volta da ultimo illustrati nella sentenza n. 177/1988). Prova ne sia,
 solo per fare un esempio, che l'art. 4, primo comma, lett. e),  della
 legge  impugnata non prevede neppure che il provvedimento sostitutivo
 del Governo  sia  preceduto  da  una  consultazione  della  provincia
 autonoma.
    5.  - L'art. 9 della legge impugnata disciplina i "servizi tecnici
 nazionali" (idrografico e mareografico, sismico, dighe, e  geologico)
 costituiti  presso  la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Inoltre
 (settimo  comma)  istituisce  un  nuovo  organismo  operativo  -   il
 Consiglio dei direttori - che ha soprattutto il compito di coordinare
 i vari servizi tecnici nazionali, nonche'  i  servizi  tecnici  degli
 altri  enti  competenti in materia (fra cui la provincia ricorrente).
 Ulteriormente, il nono comma prevede che i servizi tecnici  nazionali
 abbiano  una  "articolazione  territoriale";  e  che  con regolamento
 verranno stabiliti i criteri  generali  per  il  coordinamento  delle
 attivita'  anche  dei  servizi tecnici della provincia ricorrente. Lo
 stesso nono comma (lett. c) ed i commi successivi (spec. tredicesimo)
 dettano  poi  disposizioni  relative  alla  disciplina  dei ruoli del
 personale dei servizi tecnici.
    Anche  tale disciplina e' lesiva delle competenze provinciali. Per
 quanto riguarda  i  poteri  statali  di  coordinamento  ivi  previsti
 valgono  a maggior ragione le censure e le considerazioni gia' svolte
 in precedenza, in relazione all'art. 4.
    Ulteriormente  la  provincia  deve  anche  lamentare  che con tale
 disciplina lo Stato  ha  disposto  la  riorganizzazione  dei  servizi
 tecnici  (in  particolare  quello  idrografico,  geologico, sismico e
 dighe) gia'  trasferiti  alla  provincia;  riservandosi  agli  uffici
 statali  (servizi  tecnici  e  consiglio  dei  direttori)  poteri  di
 organizzazione, rilevamenti, sorveglianza e coordinamento in  settori
 di  esclusiva  competenza  provinciale. La legge, inoltre, disciplina
 l'ordinamento dei  servizi  tecnici  non  solo  nazionali,  ma  anche
 provinciali, cosi' invadendo le competenze della provincia in materia
 di ordinamento dei propri uffici. Infine,  anche  in  relazione  alla
 disciplina   delle  articolazioni  periferiche  dei  servizi  tecnici
 nazionali e  del  relativo  personale,  la  disciplina  impugnata  e'
 incostituzionale  perche'  non  tiene  conto delle speciali norme sul
 bilinguismo  e  sulla  proporzionale  nel  pubblico   impiego   nella
 provincia  di  Bolzano (artt. 89 e 100 dello statuto e relative norme
 d'attuazione).
    6.1.  - L'art. 10 della legge impugnata concerne l'esercizio delle
 competenze delle regioni e  delle  province  autonome  nelle  materie
 interessate  dalla  legge, ed in particolare quelle di gestione delle
 risorse d'acqua e di terra. Il primo comma dell'art. 1 enumera  dalla
 lett.  a)  alla  lett.  l)  -  tutta  una serie di attivita', gia' di
 competenza provinciale, delimitandone la portata, e quindi  definendo
 le   reciproche   competenze   dello   Stato  e  della  provincia,  e
 disciplinandone l'esercizio.
    In  particolare il terzo, quarto e quinto comma dell'art. 10 cosi'
 dispongono:
      "3.   Il   servizio   tecnico   nazionale  dighe  provvede  alla
 identificazione, alla valutazione di  fattibilita'  tecnico-economica
 ed  al  controllo  dei  progetti  di massima di tutti gli sbarramenti
 artificiali, nonche' al controllo dei progetti esecutivi dei serbatoi
 artificiali  aventi  capacita'  superiore  ai  100.000  metri cubi di
 invaso o che richiedano sbarramenti  di  altezza  superiore  a  dieci
 metri.
      4.  Rientrano nella competenza delle regioni a statuto ordinario
 e a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano
 le  attribuzioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1ยบ
 novembre 1959, n. 1363, per gli sbarramenti che non superano i  dieci
 metri  di  altezza  e  che  determinano un invaso inferiore a 100.000
 metri cubi, ad eccezione degli  sbarramenti  al  servizio  di  grandi
 derivazioni di acqua di competenza statale.
      5.  Resta  di  competenza  statale la normativa tecnica relativa
 alla progettazione  e  costruzione  delle  dighe  di  sbarramento  di
 qualsiasi altezza e capacita' di invaso".
    La  disciplina  dell'art. 10 e' incostituzionale nel suo complesso
 perche' con essa si pretende di delimitare  le  rispettive  sfere  di
 competenza  fra  Stato  e  provincia  autonoma  -  nelle  materie ivi
 considerate  -  con  uno  strumento  normativo  inidoneo:  la   legge
 ordinaria.  Cio'  mentre,  ai  sensi  dell'art. 107 dello statuto, si
 sarebbe semmai dovuto provvedere con  apposite  "norme  d'attuazione"
 statutarie,  adottate  con  decreto  legislativo,  sentita l'apposita
 commissione paritetica.
    6.2.  -  In  particolare  la disciplina del terzo, quarto e quinto
 comma dell'art. 10 e' poi incostituzionale  per  una  piu'  specifica
 violazione  delle competenze provinciali di cui all'art. 8, n. 13, n.
 14, n. 17, n. 21 e n. 24, nonche' all'art. 9, n. 9,  ed  all'art.  16
 (concernenti  le materie dei lavori pubblici, delle opere idrauliche,
 della utilizzazione  delle  acque  pubbliche,  nonche'  -  per  certi
 aspetti  - agricoltura e bonifica, opere di prevenzione per calamita'
 pubbliche, coltivazione delle miniere e delle cave).
    Infatti,  in  base  alla  disciplina  stabilita  dallo  statuto di
 autonomia  e  dalle  relative  norme  di  attuazione,  la  competenza
 provinciale in ordine alla progettazione, costruzione ed esercizio di
 tali dighe (sia per quanto riguarda la  sua  disciplina  legislativa,
 sia  per  quanto  riguarda  l'esercizio delle corrispondenti potesta'
 amministrative) puo' essere esclusa solo:
       a)  ove  i lavori di costruzione degli sbarramenti non siano di
 "interesse provinciale" (art. 8, n. 17, dello statuto; ed art. 1  del
 d.P.R. n. 381/1974);
       b)  ove  si  tratti  di  opere  idrauliche  "di prima e seconda
 categoria" (art. 8, n. 24, dello statuto) le quali, peraltro, secondo
 quanto disposto dal primo comma del d.P.R. n. 381/1974, sono soltanto
 le opere idrauliche "che riguardano il demanio idrico riservato  allo
 Stato  dall'art.  8,  lett.  e),  del  d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115
 (cioe' i fiumi Adige e Drava, in parte, il fiume Isarco, ed  il  lago
 di  Garda); mentre il secondo comma dello stesso art. 7 del d.P.R. n.
 381/1974 ribadisce che "Tutte  le  altre  opere  idrauliche  sono  di
 competenza delle province nell'ambito del rispettivo territorio";
       c)  ove  si  tratti  di  dighe costruite in funzione di "grandi
 derivazioni a scopo idroelettrico" (art. 9, n. 9, dello statuto), per
 le  quali  e  per i "relativi impianti di produzione, trasformazione,
 trasporto e  distribuzione  dell'energia  elettrica"  la  riserva  di
 competenza  statale  e' ribadita dall'art. 19, lett. f, del d.P.R. n.
 381/1974.
    Al  di  fuori  di  queste  ipotesi particolari, ben circoscritte e
 definite dalle disposizioni dello statuto e dalle norme d'attuazione,
 la  competenza  in  materia appartiene alla provincia, salvi i limiti
 che al suo esercizio potranno eventualmente derivare  dagli  atti  di
 indirizzo   e   coordinamento   dello  Stato,  ove  ne  sussistano  i
 presupposti e nei confini  che  sono  propri  della  stessa  funzione
 statale  di  indirizzo  e  coordinamento (ma al riguardo e' lo stesso
 art. 7 del d.P.R. n. 381/1974 - al secondo e terzo comma  -  che,  in
 ordine  alle  opere  di grande regolazione delle piene da realizzarsi
 eventualmente sul demanio idrico provinciale, prevede  un  potere  di
 direttiva dello Stato, il quale pero' va a sua volta esercitato sulla
 base di apposita disciplina stabilita "d'intesa" con la provincia;  e
 cosi'  pure  "d'intesa" tra lo Stato e ciascuna provincia deve essere
 predisposto il piano  di  coordinamento  delle  opere  idrauliche  di
 rispettiva  competenza:  qui  come  in  altri casi, infatti, esigenze
 unitarie e funzione statale di indirizzo  e  coordinamento  implicano
 una  necessaria  collaborazione fra Stato e province autonome, ma non
 possono  comportare  una  sottrazione  alle  province  delle  proprie
 competenze).
    Soprattutto  e'  di  piena  evidenza  come  i  limiti fissati alla
 competenza provinciale  dallo  statuto  e  dalle  relative  norme  di
 attuazione   (cioe'  gli  unici  limiti  generali  costituzionalmente
 ammissibili) non dipendono mai dall'altezza degli sbarramenti o dalla
 capienza dell'invaso in se' e per se' considerati.
    Viceversa  la disciplina stabilita dal primo comma dell'art. 2 del
 decreto-legge impugnato  sottrae  alla  competenza  provinciale  ogni
 attribuzione    (legislativa   ed   amministrativa)   relativa   alla
 progettazione, costruzione  ed  esercizio  di  dighe  di  sbarramento
 individuate  esclusivamente  in  relazine  alla  loro altezza ed alla
 capienza del relativo invaso.
    La  limitazione  delle  competenze  della  provincia ricorrente in
 materia di dighe di sbarramento stabilita dal quarto comma  dell'art.
 10  della  legge  n. 183/1989 e' dunque fondata su elementi (relativi
 alle dimensioni degli sbarramenti) diversi da quelli  indicati  dalle
 disposizioni  dello  statuto e dalle relative norme di attuazione. In
 tal  modo  la  disciplina  legislativa  impugnata  stabilisce   delle
 limitazioni  ulteriori  alla competenza provinciale rispetto a quelle
 che sono gia'  stabilite  da  specifiche  disposizioni  statutarie  e
 d'attuazione   (disposizioni,   queste  ultime,  che  derogando  alla
 competenza provinciale hanno evidentemente carattere tassativo).
    Risulta  da  quanto  si  e'  detto il carattere chiaramente lesivo
 delle competenze costituzionali della provincia che e' proprio  della
 disciplina  legislativa  impugnata.  Tanto piu' palesemente lesivo se
 poi si considera che, in realta', tale  disciplina  precluderebbe  in
 modo  assoluto alla provincia di esercitare le attribuzioni di cui al
 d.P.R. n. 1363/1959 (richiamato dallo stesso quarto  comma  dell'art.
 10), dato che il d.P.R. n. 1363/1959 si applica solo agli sbarramenti
 di altezza superiore a dieci metri, o con invaso superiore a  100.000
 mc.
    Osserviamo  infine,  al  riguardo,  che  considerazioni analoghe a
 quelle gia' svolte in relazione al quarto comma  dell'art.  10  della
 legge  n.  183/1989  possono  esserre  fatte  anche  in  relazione al
 successivo quinto comma, il quale - come gia' si e' detto  -  riserva
 in toto allo Stato l'emanazione della normativa tecnica relativa alla
 progettazione ed alla  costruzione  delle  dighe  di  sbarramento  di
 qualsiasi altezza e capacita' di invaso.
    In  via  di  principio  la  emanazione  delle  c.d. norme tecniche
 compete a quella  stessa  autorita'  che,  in  base  alla  disciplina
 costituzionale  delle  fonti,  ha  potesta'  normativa in ordine alla
 materia di cui si tratta. E poiche' si e' detto  che  in  materia  di
 progettazione  e costruzione di dighe - purche' si tratti di opere di
 interesse provinciale - le attribuzioni legislative ed amministrative
 spettano  alla  provincia  autonoma ricorrente, e' ad essa che spetta
 pure di emanare  la  relativa  normazione  tecnica.  Infatti  nessuna
 limitazione, al riguardo, e' stabilita dallo statuto, e neppure dalle
 norme di attuazione (si veda, in particolare, l'art. 19 del d.P.R. n.
 381/1974  che elenca le competenze riservate allo Stato in materia di
 opere pubbliche).
    Anche  il  quinto  comma  dell'art. 10 della legge impugnata viola
 dunque le suddette  competenze,  costituzionalmente  attribuite  alla
 provincia,  che  si  erano gia' viste essere violate dalla disciplina
 del comma precedente. Ma qui  la  violazione  e'  per  certi  aspetti
 ancora piu' grave ed evidente, perche' la legge pretende di sottrarre
 alla provincia la competenza ad emanare  la  normazione  tecnica  per
 ogni tipo di diga, anche per quelle di piu' modeste dimensioni per le
 quali il primo comma riconosce invece la  competenza  provinciale  in
 ordine alla progettazione, costruzione ed esercizio.
    Sotto  quest'ultimo  profilo  la  disciplina legislativa impugnata
 appare essere, oltre che  lesiva  delle  competenze  provinciali,  al
 tempo stesso contraddittoria ed irrazionale. Infatti, se si riconosce
 - da parte del legislatore statale - la competenza della provincia  a
 disciplinare  la  progettazione  e la costruzione e l'esercizio delle
 dighe di dimensioni  minori  (art.  2,  primo  comma)  cio'  implica,
 evidentemente,  anche  un  riconoscimento  circa  la  competenza e la
 adeguatezza degli uffici provinciali in ordine agli  aspetti  tecnici
 della  materia;  ma  allora  non  ha  motivo di essere la contestuale
 esclusione della competenza ad emanare la normativa  tecnica.  Ed  in
 effetti  appare del tutto irragionevole la pretesa del legislatore di
 precludere radicalmente alla provincia  ricorrente  di  dettare  essa
 stessa  le norme tecniche per la progettazione e costruzione di dighe
 di sua competenza, anche quando si tratta di invasi  di  modestissima
 portata,  come  sono  in genere, ad esempio, quelli costruiti ai fini
 della irrigazione (oltre tutto i piu' numerosi).
    7.  -  L'art. 12 della legge impugnata prevede la istituzione, nei
 bacini idrografici di rilievo nazionale, della "Autorita' di bacino";
 inoltre  disciplina  l'organizzazione  di tali uffici, ne determina i
 compiti ed i poteri. Fra i bacini di rilievo nazionale il  successivo
 art.  14  individua  anche  quello  dell'Adige, che interessa tutti i
 corsi d'acqua ed i laghi del territorio della provincia  di  Bolzano:
 sia  quelli ancora appartenenti al demanio statale, sia quelli invece
 trasferiti al demanio provinciale (v. art. 8 del  d.P.R.  20  gennaio
 1973,  n. 115), che sono la maggior parte e sui quali ogni competenza
 e' riservata alla provincia  in  base  allo  statuto  ed  alle  norme
 d'attuazione.
    L'art.  12  e' lesivo delle competenze provinciali sia nella parte
 in cui demanda ad un ufficio statale (l'autorita' di  bacino)  ed  ai
 suoi   organi   deliberanti   e   tecnici   l'esercizio  di  funzioni
 amministrative proprie della provincia (nella materia e  nei  settori
 particolarmente considerati dai commi 4, 7 dell'art. 12); sia perche'
 esso (cfr.  commi  quinto  e  seguenti),  in  relazione  agli  uffici
 periferici  dell'autorita' di bacino, o comunque con competenza sulla
 provincia di Bolzano e la regione Trentino-Alto Adige,  non  rispetta
 le  gia'  richiamate norme statutarie relative al bilinguismo ed alla
 "proporzionale"  etnica  nell'impiego  pubblico  nella  provincia  di
 Bolzano.
    8.  - L'art. 17 della legge impugnata disciplina "Valore finalita'
 e contenuti del piano di bacino". Il piano, che ha  valore  di  piano
 territoriale  di  settore,  e'  redatto  ai sensi dell'art. 81, primo
 comma, lett. a), del d.P.R. n. 616/1977. Il terzo comma dell'art.  17
 elenca  minuziosamente  il  contenuto necessario del piano: le opere,
 gli interventi, le limitazioni che da esso debbono essere previste  e
 disciplinate.  La  disciplina dell'art. 17 e' una disciplina comune a
 tutti i piani  di  bacino  (nazionali,  interregionali,  regionali  e
 provinciali): si applica dunque anche al piano del bacino dell'Adige.
 In  particolare  il  quarto,  quinto  e  sesto  comma  dell'art.   17
 stabiliscono che:
      "4. I piani di bacino sono coordinati con i programmi nazionali,
 regionali e sub-regionali di sviluppo economico e di uso  del  suolo.
 Di  conseguenza,  le autorita' competenti, in particolare, provvedono
 entro dodici mesi dall'approvazione del piano di bacino ad adeguare i
 piani  territoriali  e  i programmi regionali previsti dalla legge 27
 dicembre 1977, n. 984; i piani di risanamento  delle  acque  previsti
 dalla legge 10 maggio 1976, n. 319; i piani di smaltimento di rifiuti
 di cui al d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915; i piani di cui all'art. 5
 della  legge  29 giugno 1939, n. 1497, e all'art. 1- bis del d.-l. 27
 giugno 1985, n. 312, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  8
 agosto  1985,  n.  431;  i piani di disinquinamento di cui all'art. 7
 della legge 8 luglio 1986, n. 349; i piani generali di bonifica.
      5. Le disposizioni del piano di bacino approvato hanno carattere
 immediatamente vincolante per le amministrazioni  ed  enti  pubblici,
 nonche'   per  i  soggetti  privati,  ove  trattasi  di  prescrizioni
 dichiarate di tale efficacia dallo stesso piano di bacino.
      6. Fermo il disposto del quinto comma, le regioni, entro novanta
 giorni dalla data di pubblicazione nella  Gazzetta  Ufficiale  o  nei
 bollettini  ufficiali  dell'approvazione del piano di bacino, emanano
 ove necessario le disposizioni  concernenti  l'attuazione  del  piano
 stesso  nel  settore  urbanistico.  Decorso  tale  termine,  gli enti
 territorialmente interessati dal piano di bacino sono comunque tenuti
 a  rispettarne  le  prescrizioni nel settore urbanistico. Qualora gli
 enti predetti non provvedano  ad  adottare  i  necessari  adempimenti
 relativi ai propri strumenti urbanistici entro sei mesi dalla data di
 comunicazione delle predette disposizioni, e comunque entro nove mesi
 dalla   pubblicazione   dell'approvazione   del   piano   di  bacino,
 all'adeguamento, provvedono d'ufficio le regioni".
    La  surrichiamata  disciplina  dell'art. 17 della legge impugnata,
 nella parte in cui attribuisce al piano di  bacino  valore  di  piano
 territoriale di settore e di strumento normativo e tecnico-operativo,
 vincolante per tutte le amministrazioni, ivi  compresa  la  provincia
 autonoma  di  Bolzano,  e' lesiva delle competenze costituzionalmente
 riservate in materia alla provincia stessa. In  particolare  essa  e'
 lesiva   delle   competenze   provinciali  esclusive  in  materia  di
 urbanistica e relativa programmazione economico-territoriale (art. 8,
 n.  5,  dello  statuto).  Lesione tanto piu' grave ed evidente ove si
 consideri che  tutto  cio'  che  e'  riconosciuto  dalla  legge  alla
 provincia  autonoma  e'  solo  di formulare un parere sul progetto di
 piano (art. 18, nono comma, della legge n. 183/1989).
    9.  -  L'art.  18  della  legge  impugnata,  nel  disciplinare  la
 procedura di elaborazione ed approvazione  dei  piani  di  bacino  di
 rilievo  nazionale,  al  secondo  comma  stabilisce  che,  in caso di
 inerzia in ordine agli adempimenti "regionali" (ma si  deve  ritenere
 anche  "provinciali", in relazione alle province autonome di Trento e
 Bolzano) "il Presidente del Consiglio dei Ministri, su  proposta  del
 Ministro  dei  lavori  pubblici  o  del Ministro dell'ambiente per le
 materie di rispettiva competenza, sentito il  comitato  istituzionale
 di bacino, assume i provvedimenti necessari per garantire comunque lo
 svolgimento delle procedure e l'adozione degli atti necessari per  la
 formazione  dei  piani secondo quanto disposto dal presente articolo,
 ivi compresa la  nomina  di  commissari  ad  acta".  Gli  adempimenti
 provinciali  sono  quelli  di cui ai successivi commi e si risolvono,
 sostanzialmente, nel gia' ricordato parere di cui al nono comma.
   Il  potere  statale di intervento sostitutivo ora richiamato non e'
 compatibile con i principi piu' volte  affermati  da  codesta  ecc.ma
 Corte circa i caratteri, i presupposti ed i requisiti minimi che - in
 base  alla  disciplina  legislativa  che  lo  prevede  -  il   potere
 sostitutivo  dello  Stato deve avere allorquando esso sia rivolto nei
 confronti delle regioni  e  delle  province  autonome  (sentenze  nn.
 177/1988  e  338/1989).  Tali  principi  son  gia'  stati  richiamati
 precedentemente in questo atto (supra n. 4), onde si rinvia a  quanto
 gia'  detto  per  motivi di brevita' (salvo a ritornare sul punto nei
 successivi atti difensivi). Va comunque sottolineato come  anche  qui
 la disciplina del potere sostitutivo non sia conforme al principio di
 "leale collaborazione" ed alla "regola di proporzionalita'" (sentenza
 n.  177/1988),  come  risulta  in  particolare  dal  fatto che non e'
 neppure previsto che la  provincia  venga  consultata  prima  che  si
 proceda all'esercizio del potere sostitutivo.
    La  provincia  ricorrente  deve  anche  lamentare  il fatto che la
 disciplina impugnata non subordina neppure  l'intervento  sostitutivo
 del  Presidente  del Consiglio dei Ministri alla previa deliberazione
 del Consiglio stesso  (come  invece  prescritto  dall'art.  2,  primo
 comma, lett. f), della legge 23 agosto 1988, n. 400).
    10.  -  L'art.  21  della  legge  impugnata disciplina i programmi
 triennali di intervento per l'attuazione dei  piani  di  bacino.  Per
 quanto  riguarda  in  particolare l'attuazione dei piani di bacino di
 rilievo nazionale (quindi anche quello dell'Adige),  il  terzo  comma
 dell'art.  21  stabilisce che le regioni (e quindi anche la provincia
 autonoma di Bolzano) "conseguito il parere favorevole del comitato di
 bacino di cui all'art. 18, possono provvedere con propri stanziamenti
 alla realizzazione di opere e di interventi  previsti  dai  piani  di
 bacino di rilievo nazionale, con il controllo del predetto comitato".
    Tale  disciplina, nella parte in cui demanda ad un ufficio statale
 - il comitato istituzionale  di  bacino  -  il  potere  di  controllo
 sull'operato  dei  competenti  organismi  provinciali,  effettuato su
 materie di competenza provinciale e con fondi anch'essi  provinciali,
 e'  incostituzionale, perche' lesivo delle competenze statutariamente
 riservate alla provincia ricorrente nelle materie fatte oggetto delle
 opere e degli interventi in questione.
    11.  -  Anche  il  successivo  art.  22  disciplina i programmi di
 intervento per l'attuazione dei piani di bacino.  In  particolare  il
 primo  comma  stabilisce che "I programmi di intervento nei bacini di
 rilievo   nazionale   sono   adottati   dai    competenti    comitati
 istituzionali" (cioe' il comitato istituzionale di cui al terzo comma
 dell'art. 12 della legge impugnata).
    Gia'  si  e'  visto  come  gli  interventi  di cui ai programmi in
 questione riguardino per lo piu' materie di  competenza  provinciale.
 Orbene  la  suddetta  disciplina  del primo comma dell'art. 22, nella
 parte  in  cui  demanda  esclusivamente  ai  comitati   istituzionali
 l'adozione dei programi di intervento, senza fare in alcun modo salve
 le attribuzioni dei competenti  organi  provinciali,  e'  palesemente
 lesiva delle competenze riservate alla provincia ricorrente.
    Si  noti che la disciplina in questione e' del tutto incompatibile
 con quel principio di "leale collaborazione" cui deve necessariamente
 informarsi  la  disciplina  dei  rapporti fra lo Stato e la provincia
 autonoma  allorquando  vi  siano  interferenze  fra   le   rispettive
 competenze.  L'art.  22,  infatti,  non prevede neppure una procedura
 collaborativa fra i due enti: ne' l'intesa e nemmeno il parere.
    12.  -  L'art.  24  della  legge  impugnata  detta  una disciplina
 relativa  al  personale  degli  uffici   pubblici,   necessario   per
 realizzare le finalita' della legge. Si tratta, in particolare, degli
 uffici, centrali e periferici, dei servizi tecnici nazionali  di  cui
 all'art.  9  della  legge  n.  183/1989.  Al  riguardo il primo comma
 dell'art. 24 stabilisce che "In relazione alle  esigenze  determinate
 dall'applicazione  della  presente  legge,  con  la  procedura di cui
 all'art. 9, nono comma, ed entro gli stessi termini ivi previsti,  si
 procede alla rideterminazione delle dotazioni organiche del Ministero
 dei lavori pubblici".
    Cio'  significa,  allora, che con un semplice regolamento (art. 9,
 nono comma, della legge  impugnata)  dovrebbe  essere  stabilita  una
 disciplina  che  -  per  quanto  riguarda  il personale statale nella
 provincia di Bolzano - e' invece riservata alle norme d'attuazione ex
 art. 117 dello statuto. Una disciplina che, infatti, incide sui ruoli
 speciali del personale statale nella provincia di Bolzano (  ex  art.
 89  dello  statuto  e relative norme d'attuazione), ed in particolare
 sulle stesse tabelle relative ai ruoli  speciali  del  Ministero  dei
 lavori pubblici allegate al d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752.
    Non solo. Oltre che per il motivo appena illustrato, la disciplina
 in questione e' altresi', incostituzionale perche'  comunque  non  fa
 salve  le  norme sul bilinguismo e sulla proporzionale etnica vigenti
 per l'impiego pubblico nella provincia di Bolzano  (artt.  89  e  100
 dello statuto).
    13. - Anche l'art. 28 della legge impugnata riguarda il personale,
 in particolare il personale regionale. Esso dispone che:
      "1. Possono essere distaccati presso i servizi per la segreteria
 del comitato nazionale per la difesa del suolo e presso le segreterie
 tecnico-operative  dei  comitati  tecnici  di bacino dipendenti delle
 regioni e province autonome  di  Trento  e  Bolzano.  Al  trattamento
 economico   del  predetto  personale  provvedono  le  istituzioni  di
 provenienza".
    Tale  disciplina,  come  e'  evidente, viene ad incidere su di una
 materia  di  esclusiva  competenza  provinciale:  quale  e'   appunto
 l'ordinamento  degli  uffici  provinciali  e  del  personale  ad essi
 addetto (art. 8,  n.  1,  e  16  dello  statuto).  Essa  e'  pertanto
 incostituzionale. Il rispetto dell'autonomia e delle competenze della
 provincia ricorrente  ed  il  gia'  richiamato  principio  di  "leale
 collaborazione"  avrebbero  richiesto  almeno  che  la  legge  avesse
 previsto che il  distacco  del  personale  provinciale  debba  essere
 necessariamente preceduto ad una intesa con la provincia.
    14.  -  Si deve infine richiamare l'art. 35 della legge impugnata,
 che disciplina la "Organizzazione dei servizi idrici pubblici".  Esso
 stabilisce che:
      "1.  Nei  piani  di  bacino,  in  relazione  a  quanto  previsto
 dall'art. 17, terzo  comma,  lett.  e),  e  compatibilmente  con  gli
 interventi programmati dal Ministero dei lavori pubblici con il piano
 nazionale  degli  acquedotti,  possono  essere   individuati   ambiti
 territoriali ottimali per la gestione mediante consorzio obbligatorio
 dei  servizi  pubblici  di  acquedotto,  fognatura,  collettamento  e
 depurazione  delle  acque  usate".  Tale  disciplina riguarda tutti i
 piani di bacino, sia  quello  di  rilievo  nazionale  riguardante  il
 territorio  provinciale, sia gli eventuali piani di bacino di rilievo
 provinciale.
    Anche  l'art.  35  interferisce  dunque  con specifiche competenze
 provinciali (quali appunto quelle in materia di acquedotti, fognature
 e depurazione delle acque, ex artt. 8 e 16 dello statuto). Non avendo
 pero' tale articolo fatte salve le competenze provinciali in materia,
 la relativa disciplina e' anch'essa incostituzionale.
                                P. Q. M.
    Voglia l'eccellentissima Corte costituzionale, in accoglimento del
 presente   ricorso,   dichiarare   la    incostituzionalita'    delle
 disposizioni  della  legge  18  maggio  1989,  n.  183,  come  meglio
 specificato in epigrafe.
    Con ogni conseguenza di legge.
      Roma, 23 giugno 1989
           Prof. avv. Roland RIZ - Prof. avv. Sergio PANUNZIO
 89C0760