N. 58 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 4 luglio 1989

                                 N. 58
           Ricorso depositato in cancelleria il 4 luglio 1989
                         (della regione Veneto)
 Previdenza  -  Imposizione  per le regioni a statuto ordinario (nella
 specie: Veneto) di stipulare convenzioni ex  art.  16,  terzo  comma,
 della  legge n. 845/1978 con istituti previdenziali Accantonamento da
 parte del Ministero del tesoro, in assenza di  tali  convenzioni,  di
 somme,  pari all'importo dovuto per gli anni precedenti dalle singole
 regioni, da prelevarsi a  favore  degli  istituti  previdenziali  dal
 fondo  di  cui  all'art.  8  della  legge  n.  271/1970 - Surrettizia
 modifica del sistema normativo in materia di formazione professionale
 (legge  n.  845/1978  e  d.P.R.  n.   616/1977) - Declassamento della
 regione ad ente di mera esecuzione e di erogazione sotto il controllo
 di  un  organo  centrale  dello  Stato  -  Lesione  della  competenza
 legislativa e amministrativa  della  regione  -  Conseguente  lesione
 dell'autonomia  regionale,  in  particolare  di  quella finanziaria -
 Violazione dei principi  relativi  alla  gestione  finanziaria  dello
 Stato.
 (Legge,  19  gennaio  1955, n. 25, art. 21; d.P.R. 24 luglio 1977, n.
 616, art. 36; legge 21 dicembre 1978, n. 845 (artt. 3,  4,  5,  16  e
 22).   (Cost.,  artt.  81,  117,  118,  119  e 125 anche in relazione
 all'art. 5).
(GU n.34 del 23-8-1989 )
    Ricorso  in  via  principale  della regione Veneto, in persona del
 presidente  pro-tempore  della  giunta  regionale,  autorizzato   con
 deliberazione  della  giunta  regionale  20  giugno  1989,  n.  3329,
 rappresentato  e  difeso  dal  professore  avv.   Giorgio   Berti   e
 domiciliato  in Roma presso l'ufficio di rappresentanza della regione
 Veneto, piazza Borghese, 91, contro il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri, in persona del Presidente pro-tempore, per la dichiarazione
 di illegittimita' costituzionale della disposizione normativa dettata
 con  l'art.  6 del d.-l. 29 maggio 1989, n. 196, disposizioni urgenti
 in materia di evasione contributiva, di fiscalizzazione  degli  oneri
 sociali,  di  sgravi  contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamento
 dei  patronati,  disposizione  intitolata  "assicurazione   per   gli
 apprendisti  artigiani"  (Gazzetta  Ufficiale  n.  123  del 29 maggio
 1989).
                               F A T T O
    L'impugnata  disposizione dell'art. 6 del d.-l. 29 maggio 1989, n.
 196, dettata per le sole regioni a statuto ordinario, prevede che  le
 regioni  comunichino,  entro  il mese di giugno 1989, ai Ministri del
 lavoro e delle previdenza sociale e  del  tesoro  "la  stipula  delle
 convenzioni  di cui all'art. 16, terzo comma, della legge 21 dicembre
 1978, n. 845".
    Il  secondo  comma  del  citato  art.  6  predetermina in parte il
 contenuto delle convenzioni, le quali dovrebbero stabilire anche  "il
 pagamento  in  cinque annualita' costanti dei contributi per gli anni
 1988 e precedenti";  dette  annualita'  non  dovrebbero  superare  il
 limite  "per  ogni regione e per ciascuno degli anni interessati alla
 rateizzazione" del 4% della quota del fondo comune di cui all'art.  8
 della  legge  16  maggio  1970, n. 281, fondo determinato, per l'anno
 1989, con l'art. 1 della legge  1ยบ  febbraio  1989,  n.  40;  ove  la
 rateizzazione  fosse  insufficiente  rispetto  ai  contributi dovuti,
 dovrebbe automaticamente aumentarsi il  numero  delle  annualita'  di
 contribuzione  a  carico  della  regione.  Quanto  poi al terzo comma
 dell'art. 6, in esso si prevede che, in caso di mancata  stipulazione
 delle  convenzioni  da  parte  delle regioni, il Ministero del tesoro
 provveda ad accantonare importi annuali corrispondenti a  quelli  cui
 le  regioni sarebbero tenute sulla base delle stipulande convenzioni;
 tali importi dovrebbero essere scomputati dalle erogazioni  spettanti
 alle  regioni,  per gli anni 1989 e successivi, come risultante dalla
 ripartizione del fondo comune ex art. 8 della legge  n.  281/1970,  e
 quindi  direttamente  corrisposti agli istituti assicuratori entro il
 termine di ogni esercizio.  Infine,  il  quarto  comma  dell'art.  6,
 sempre  per  gli  anni  1989 e successivi, dispone che comunque, sino
 alla  stipula  delle  suddette  convenzioni,  i  contributi  che   si
 affermano  dovuti  da  ogni  regione siano trattenuti sulle quote del
 fondo comune "sulla  base  dei  crediti  annualmente  comunicati  dal
 Ministero  del  lavoro  e  della  previdenza  sociale  ai  fini della
 successiva erogazione a favore degli istituti assicuratori".
    L'applicazione   della  illustrata  norma  determinerebbe  per  la
 regione Veneto le seguenti conseguenze:
       a)  stipulazione  delle  convenzioni  con  l'I.N.A.I.L.  e  con
 l'I.N.P.S. entro il 30 giugno 1989 (pena la riduzione della quota del
 fondo  comune  operata d'ufficio dal Ministro del tesoro ai sensi del
 comma 3 dell'art. 6);
       b)  pagamento,  rateizzato  in  cinque  annualita', delle quote
 arretrate sino  al  1988:  da  notare  che  il  corrispondente  costo
 presuntivo   ammonterebbe   per   la   regione   Veneto  a  circa  L.
 90.000.000.000, onere del tutto insostenibile nell'ambito complessivo
 della  finanza regionale, a fronte del quale risultano inadeguati sia
 il numero delle annualita' di rateizzazione (troppo  poche),  sia  la
 troppo  ampia percentuale della quota del fondo comune che si prevede
 venga impiegata a tale scopo (4%); per tale via  verrebbe  invero  in
 pratica assorbito l'intero incremento annuo del fondo medesimo;
       c)  iscrizione,  gia'  in  sede  di  assestamento  del bilancio
 preventivo per il 1989 di una spesa di circa L. 18.000.000.000 (prima
 annualita'),  attualmente  di  assai  difficile  se  non  impossibile
 reperibilita'.
    Ci  si  e'  soffermati dettagliatamente sulla norma impugnata e su
 alcune delle conseguenze  che  in  fatto  discenderebbero  dalla  sua
 applicazione  perche'  l'uno  e  l'altro  profilo  sono necessari per
 inquadrare compiutamente la vera e propria disamina  giuridica  della
 disposizione  dell'art.  6  del  d.-l.  n. 196/1989, e quindi mettere
 meglio in luce la illegittimita' della norma stessa a confronto con i
 principi costituzionali sull'ordinamento regionale.
                             D I R I T T O
 Violazione   dei  principi  contenuti  nei  seguenti  articoli  della
 Costituzione: art. 117, 118, 119 e 125, anche in  relazione  all'art.
 5, nonche' alle norme sul trasferimento delle funzioni amministrative
 dettate con il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (art.  36) e alle  norme
 della  legge  quadro in materia di formazione professionale, legge 21
 dicembre 1978, n. 845 (artt. 16 e 22, artt. 3, 4 e 5) e di disciplina
 dell'apprendistato, legge 19 gennaio 1955, n. 25 (art. 21).
    La  norma impugnata, per espressa menzione del suo primo comma, si
 collega alla legge quadro sulla formazione professionale n.  845/1978
 (in  particolare  all'art.  16  di tale legge), la quale ha ripartito
 nella materia, gia' definita con l'art. 36 del d.P.R. n. 616/1977,  i
 poteri e le funzioni tra Stato e regioni. Va subito posto in luce che
 la disposizione del d.-l. n. 196/1989 non  introduce  dichiaratamente
 alcuna  modificazione  in  questo  assetto  di poteri, ma si limita a
 richiamarlo, inserendosi in esso come norma di  completamento  di  un
 sistema  preesistente.  O,  almeno,  cio'  e'  quanto si ricava dalla
 lettura del primo comma dell'articolo  in  esame,  giacche'  i  commi
 successivi,  come  vedremo  meglio  nel prosieguo, introducono invece
 rilevanti modificazioni del quadro normativo, e cio' fanno in termini
 surretizi  e  indiretti,  nel tentativo evidentemente di nascondere o
 mimetizzare i gravi aspetti di illegittimita' costituzionale di dette
 modificazioni.
    Secondo le ricordate norme del d.P.R. n. 616/1977 e della legge n.
 745/1978,  spettano  alle  regioni  le  funzioni  legislative  e   le
 corrispondenti funzioni amministrative nella materia della formazione
 professionale, da intendersi come  complesso  di  attivita'  volte  a
 favorire  la crescita morale e professionale del (futuro) lavoratore;
 trattasi, in termini piu' precisi, di una attivita' pubblicistica  o,
 meglio, come si esprime la legge (art. 2 della legge n. 845/1978), di
 una  serie  di  iniziative  costituenti  un  servizio  di   interesse
 pubblico,  rivolte  certamente ad un primo inserimento del lavoratore
 nel mondo della produzione, ma completamente distinte da  tutto  cio'
 che  attiene  al  costituirsi e svolgersi del rapporto di lavoro, ivi
 compresi  naturalmente  gli  aspetti  retributivi,   contributivi   e
 previdenziali.  Il  che  si  ricava  con  molta chiarezza da numerose
 disposizioni: l'art. 36 del d.P.R. n.  616/1977,  che  esplicitamente
 ribadisce  la  statualita'  della  disciplina  del rapporto di lavoro
 degli apprendisti; l'art. 2 della legge n. 845/1978, secondo  cui  la
 formazione   professionale   si  concretizza  in  interventi  per  la
 diffusione delle conoscenze tecniche e  pratiche;  norma  specificata
 dall'art.   16,   secondo  comma,  secondo  cui  i  progetti  per  la
 formazione,  attuativi  dei  programmi  e  dei  piani  regionali,  si
 articolano in attivita' teoriche, tecniche e pratiche.
    E'  da  sottolineare  che  tale disciplina "materiale" trova piena
 corrispondenza  nella  disciplina  dei  profili  "finanziari"   delle
 attivita'  formative,  quale  risulta  dall'art.  22  della  legge n.
 845/1978, ove sono con nettezza distinti le attivita'  di  formazione
 professionale promosse dalle regioni, da finanziarsi "nell'ambito del
 fondo comune di cui all'art. 8 della legge 16 maggio 1970,  n.  281",
 dalle   "attivita'   di  formazione  professionale  rientranti  nelle
 competenze dello  Stato",  le  quali  trovano  invece  copertura  "in
 apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero
 del lavoro e della  previdenza  sociale";  secondo  l'art.  18  della
 medesima   legge,   spettano  appunto  allo  Stato  i  profili  della
 formazione  professionale  che  hanno  maggiori  connessioni  con  il
 rapporto  di  lavoro  vero  e  proprio (v. in particolare la lett. a)
 dell'art. 18).
    E' in questo quadro che deve collocarsi e leggersi la disposizione
 dell'art. 16, terzo comma, della legge n. 245/1978, richiamata  dalla
 norma impugnata: in base a tale disposizione, "le regioni, per i fini
 di cui all'art. 21 della legge 19 gennaio 1955, n. 25, stipulano  con
 gli  istituti assicuratori convenzioni per il pagamento, a valere sui
 fondi di cui all'art. 22, primo comma, della  presente  legge,  delle
 somme  occorrenti  per  le  assicurazioni in favore degli apprendisti
 artigiani". Nel sistema che si e' illustrato, appare  chiaro  insomma
 che  l'onere  contributivo-assicurativo  che  legittimamente puo' far
 carico alle regioni e' soltanto quello corrispondente agli interventi
 per  la  formazione  posti in essere dalle regioni stesse: non quindi
 l'obbligo a prestazioni contributive inerenti al rapporto  di  lavoro
 dell'apprendista,  ma  quel  piu'  limitato,  ed  eventuale,  obbligo
 contributivo che puo' sorgere in occasione delle "attivita' teoriche,
 tecniche   e  pratiche"  in  cui  si  concretizzano  come  detto  gli
 interventi regionali nel campo  della  formazione  professionale.  E'
 solo  per  questa  via,  tra l'altro, che puo' trovare spiegazione la
 previsione, ex  art.  16,  terzo  comma,  della  legge  n.  845/1978,
 dell'utilizzo  dello strumento convenzionale per regolare il rapporto
 tra regione ed istituti assicuratori: lo stesso prodursi dell'obbligo
 contributivo e la sua entita' saranno invero da valutarsi di volta in
 volta, caso per caso, in relazione al tipo  di  intervento  formativo
 posto  in  essere:  e  la  convenzione,  data  la sua adattabilita' e
 flessibilita', si rivela allora mezzo adeguato.
    E'  ancora  da  dire,  prima  di  passare  ad  una  piu'  puntuale
 considerazione della norma impugnata,  che  il  sistema,  che  si  e'
 brevemente   illustrato,   dei  poteri  e  delle  funzioni  regionali
 ricostruibile sulla base delle  citate  disposizioni  del  d.P.R.  n.
 616/1977  e  della legge n. 845/1978, e' coerente e in armonia con il
 quadro  costituzionale  del  rapporto  Stato-regioni,   e   piu'   in
 particolare   con   l'attribuzione  di  materie  ex  art.  117  della
 Costituzione; con il  principio  della  corrispondenza  tra  funzioni
 legislative  e funzioni amministrative (art. 118 della Costituzione);
 con la fondamentale previsione dell'autonomia  finanziaria  regionale
 ex art. 119 della Costituzione.
    La   disposizione  impugnata,  apparentemente  collegandosi,  come
 accennato, a questo quadro, tenta in  realta'  di  stravolgerlo:  non
 solo   invero  si  configura,  con  detta  disposizione,  un  sistema
 contributivo  obbligatorio  a  carico  della  Regione,  ma  si  cerca
 altresi'  di  collegare  detto  obbligo  contributivo  al rapporto di
 lavoro dell'apprendista, quasi che potesse ad un tratto venir meno la
 netta e precisa distinzione tra servizio di interesse pubblico per la
 formazione (regionale) e rapporto dell'apprendista (statale).
    La   dimostrazione   piu'   evidente   di   un  tale  inamissibile
 capovolgimento la si ha considerando i termini della nuova disciplina
 dettata  con  la  norma  impugnata  per  le convenzioni tra regione e
 istituti  assicurativi:  tali  "convenzioni"  (ma   e'   chiaro   che
 l'espressione non corrisponde piu' al significato vero) vengono fatte
 corrispondere a un comportamento doveroso che le regioni sono  tenute
 sempre  e  comunque  a  porre in essere, indipendentemente dal tipo e
 dalla  quantita'  di  interventi  per  la  formazione   professionale
 previsti  e  da realizzarsi nell'ambito dei piani regionali. Si tenta
 insomma di introdurre e di porre a carico della regione un sistema di
 assicurazione  obbligatoria  del rapporto di lavoro degli apprendisti
 artigiani. E'  solo  accettando  questo  presupposto  che  gli  altri
 profili  della  "convenzione",  come  regolati  dall'art.  6, possono
 trovare giustificazione: cosi' e' a dirsi sia per la imposizione  del
 pagamento delle annualita' pregresse (sino al 1988) e dalle modalita'
 della rateizzazione; sia, soprattutto, per il  potere  attribuito  al
 Ministro  del  tesoro di disporre d'ufficio l'accantonamento di somme
 corrispondenti a dette annualita', sottraendole al  fondo  comune  ex
 art.   8   della   legge  n.   281/1970,  nella  ipotesi  di  mancata
 stipulazione delle convenzioni (e cio', si badi, senza distinguere se
 la   convenzione   non   sia   stipulata   per   fatto  dell'istituto
 assicurativo, piuttosto che per fatto della regione); sia infine, per
 il  potere  ministeriale  di ritenere o trattenere, in relazione alle
 annualita'  contributive  successive  al  1989  e  fino  a   che   le
 convenzioni non siano state stipulate, i corrispondenti importi sulle
 quote spettanti a ciascuna regione a titolo di ripartizione del fondo
 comune.
    E'   appena   il  caso  di  sottolineare  come  pure  il  risvolto
 "organizzativo" di un siffatto sistema  contributivo  sia  del  tutto
 illegittimo:  la  regione  non  sarebbe  invero  che  un ente di mera
 esecuzione ed erogazione nell'ambito  di  una  struttura  che  ha  il
 proprio  vertice  nelle  autorita'  dello Stato (Ministro del tesoro;
 Ministro del lavoro). Insieme all'art. 117, viene cosi' violato anche
 l'art.  118  della  Costituzione,  sotto il profilo della limitazione
 delle funzioni amministrative spettanti alle regioni.
    Quanto all'art. 119, e' evidente come di fronte a un congegno come
 quello costruito dalla disposizione  impugnata,  non  si  possa  piu'
 seriamente   configurare   un'autonomia  finanziaria  della  regione;
 gravissima  e'  comunque  anche  la  violazione   di   un   principio
 costituzionale  relativo al sistema finanziario dello Stato (art. 81,
 ultimo  comma,  della  Costituzione):   la   disposizione   normativa
 impugnata,  pur  introducendo  un  nuovo onere a carico della finanza
 pubblica (da cui sarebbe troppo comodo pretendere di escludere,  solo
 a  questi  fini,  la  regione)  non  indica i mezzi per farvi fronte,
 pretendendo di far gravare il relativo onere su  di  un  fondo,  come
 quello  ex  art.  8 della legge n. 281/1970, predeterminato e fissato
 indipendentemente dalla considerazione degli importi contributivi  in
 questione.
   Per i motivi suesposti, si chiede e conclude: voglia l'ecc.ma Corte
 adita dichiarare l'illegittimita' costituzionale  delle  disposizioni
 normative contenute nell'art. 6 del d.-l. 29 maggio 1989, n. 196.
                        Prof. avv. Giorgio BERTI

 89C0765