N. 334 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 dicembre 1988- 21 giugno 1989

                                 N. 334
 Ordinanza   emessa   il   9   dicembre  1988  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale  il  21  giugno  1989)  dal  pretore  di  Milano   nel
 procedimento  civile  vertente  tra  Acciaro  Giovanna  e  il  Centro
 milanese per lo sport e la ricreazione
 Processo del lavoro - Potere di assegnazione del dirigente la sezione
 - Revoca con assegnazione ad altro giudice per pretesa connessione  -
 Lamentata eccessiva discrezionalita' nella valutazione della riunione
 delle cause  -  Conseguente  violazione  del  principio  del  giudice
 naturale.
 (Cod.   proc.  civ.  art.  274;  cod.  proc.  civ.  (disposizioni  di
 attuazione del) art. 151).
 (Cost., artt. 25 e 101).
(GU n.28 del 12-7-1989 )
                               IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella  causa tra Acciaro
 Giovanna con gli avvocati Raffa e  Amato,  ricorrente,  e  il  Centro
 milanese  per  lo  sport  e  la  ricreazione  con  gli avvocati Tosi,
 Zambrano e Frattarolo, resistente.
   Oggetto: impugnazione di sanzioni disciplinari.
                                PREMESSO
    La  presente  causa  e'  stata, subito dopo la iscrizione a ruolo,
 assegnata  dal  consigliere  dirigente  della  sezione  lavoro  della
 pretura di Milano al giudice Canosa.
    La  distribuzione delle cause tra i vari giudici che compongono la
 sezione  avviene  da  molti  anni  in  modo  totalmente   automatico,
 attraverso il sorteggio.
    In una fase successiva alla assegnazione iniziale, questa e' stata
 dal dirigente revocata  e  la  causa  e'  stata  assegnata  a  questo
 giudicante   per  pretesa  connessione  con  altra  causa  a  lui  in
 precedenza assegnata.
                              CONSIDERATO
    Questo  giudicante  ritiene che le modalita' con le quali nel caso
 di specie sono stati interpretati dal pretore dirigente della sezione
 gli  artt. 274, secondo comma, del c.p.c. e 151 delle disposizioni di
 attuazione dello stesso codice siano in contrasto con l'art. 25 della
 Costituzione  il  quale dispone che "nessuno puo' essere distolto dal
 giudice naturale precostituito per legge".
    Questo  giudicante  conosce  le  precedenti  decisioni della Corte
 costituzionale sul tema (sentenze nn. 15/1970, 142/1970,  139/1971  e
 117/1972)  le  quali hanno stabilito: "La nozione di giudice naturale
 non  si  cristallizza  nella  determinazione   legislativa   di   una
 competenza  generale,  ma si forma anche di tutte quelle disposizioni
 le quali derogano  a  tale  competenza  sulla  base  di  criteri  che
 razionalmente  valutano  i  disparati  interessi  posti  in gioco dal
 processo.
    Il  principio della precostituzione del giudice, sancito nel primo
 comma  dell'art.  25  della  Costituzione  e'  rispettato   allorche'
 l'organo  giudicante  sia istituito dalla legge sulla base di criteri
 generali  fissati  in  anticipo  e  non  gia'  in  vista  di  singole
 controversie, ne' risulta violato nei casi nei quali la legge prevede
 la possibilita' di spostamenti di competenza da  un  giudice  ad  uno
 diverso,  purche' anch'esso precostituito, allorche' tali spostamenti
 siano necessari per assicurare il rispetto di  altri  principi,  come
 quello  costituzionale  della  indipendenza ed imparzialita' o quello
 dell'ordine e coerenza nella decisione di cause tra loro connesse.
    Il  giudice  che  viene  a  conoscere,  in forza delle norme sulla
 connessione, di un processo che senza di essa dovrebbe  venir  deciso
 da  altro magistrato, e' pure esso giudice naturale e precostituito".
    Questo  giudicante condivide toto corde l'insegnamento della Corte
 costituzionale espresso nella massima citata.
    Anche   se   testualmente  formulata  con  riferimento  all'organo
 piuttosto che al giudice-persona, essa sancisce un principio che,  se
 si applica ai rapporti degli organi giudiziari tra loro, non puo' non
 applicarsi anche ai rapporti tra i singoli giudici all'interno  dello
 stesso   organo.   Non   e'  infatti  ammissibile  che  il  principio
 fondamentale del "giudice naturale" operi con la  grande  intensita',
 che  la  Corte  gli ha sempre riconosciuto, soltanto nel primo caso e
 che, invece, all'interno di  un  organo  giudiziario  con  un  grande
 numero  di magistrati possa regnare la discrezionalita' piu' assoluta
 del capo, quasi che  i  giudici  singoli  siano  dei  veri  e  propri
 "magistrati  in  sottordine"  e  non  invece  dei magistrati in senso
 pieno,  ai  quali  va  riconosciuta  la  stessa  pienezza  di  poteri
 giurisdizionali spettanti al capo dell'ufficio.
    E  tuttavia,  perche' questo principio possa correttamente operare
 e' necessario che le ragioni di connessione  invocate  dal  dirigente
 dell'ufficio  per  togliere  il  processo  al  primo giudice (giudice
 naturale per definizione) ed  assegnarlo  ad  un  secondo  sussistano
 realmente.
    Qualora,  al  contrario, le stesse non sussistano e la connessione
 venga  erroneamente  invocata  per  giustificare  il  mutamento   del
 giudice,  viene  ad  essere  posta  in  essere,  al  di  la'  di ogni
 intenzione soggettiva,  una  violazione  del  principio  del  giudice
 naturale precostituito per legge.
    Nel  caso  di specie si riscontra una ipotesi di mancanza assoluta
 di ragioni di connessione tra alcune delle cause (sette) delle  quali
 viene disposta la contestuale trasmissione alla Corte costituzionale.
    Infatti  le cause nn. 2073/1988, 6093/1988 e 6969/1988 vertono tra
 le stesse parti e pertanto  possono  correttamente  dirsi  legate  da
 connessione soggettiva tra loro.
    Le  altre  cause  invece  (nn.  7462/1988,  7501/1988, 7521/1988 e
 7575/1988) non presentano ictu oculi alcun elemento  di  connessione,
 ne' soggettiva, ne' oggettiva con la causa n. 2073/1988, in base alla
 quale  tutte  le  altre  cause  sono  state  riassegnate   a   questo
 giudicante.
    La  causa  n.  2073/1988  concerne  infatti  la impugnazione di un
 provvedimento disciplinare  inflitto  alla  lavoratrice  Acciaro  per
 assenza  ingiustificata,  per  aver  condotto  il figlio nel luogo di
 lavoro senza autorizzazione e per  averlo  rimproverato  e  picchiato
 mentre si trovava con lei nel luogo di lavoro.
    Le   cause   nn.   7462/1988,  7501/1988,  7521/1988  e  7575/1988
 concernono invece impugnazioni di sanzioni disciplinari  irrogate  ad
 altri  lavoratori per fatti del tutto diversi da quelli dedotti nella
 causa n. 2073/1988.
    In  sostanza l'unico elemento che "connette" le cause in questione
 e' il fatto che esse sono state proposte nei confronti  della  stessa
 parte  (il  Centro  milanese  per  lo  sport  e  la  ricreazione) per
 questioni relative a rapporti di lavoro.
    Un  fatto  del  genere  non  e' mai stato considerato fino a tempi
 recenti nella pretura del lavoro di Milano idoneo a giustificare  uno
 spostamento  di  cause da un giudice ad un altro e non puo' essere in
 alcun modo considerato sufficiente per integrare gli estremi  di  una
 "connessione"   ai  sensi  dell'art.  274  del  c.p.c.  e  151  delle
 disposizioni di attuazione dello stesso codice.
    La  "connessione"  regolata  dal  codice  di  procedura  civile e'
 prevista al  fine  di  rendere  possibile  la  riunione  delle  cause
 connesse,  con i congrui risparmi di tempo e di lavoro nella gestione
 dei processi.
    Nel  caso in cui la riunione non possa essere a priori disposta in
 quanto ognuna delle cause necessita di una attivita'  istruttoria  ad
 essa    esclusiva,   lo   spostamento   delle   cause   dal   giudice
 originariamente designato ad un altro nei fatti si pone  una  vera  e
 propria negazione del principio del "giudice naturale".
    A  questo  principio  sono tenuti ad uniformarsi anche i dirigenti
 degli uffici giudiziari.
    Come ha infatti ritenuto la Corte costituzionale nella sentenza n.
 143/1973, le attribuzioni del dirigente "sono  esclusivamente  quelle
 di  dirigere  l'ufficio  e  di  distribuire  il lavoro tra le sezioni
 nonche'  quelle  di  carattere  amministrativo  e   di   sorveglianza
 sull'andamento generale dei servizi.
    L'attribuzione  di tali funzioni al dirigente deve necessariamente
 intendersi disposta nei limiti delle norme costituzionali e  pertanto
 tali  funzioni  devono  intendersi preordinate e devono essere svolte
 esclusivamente per obbiettive ed imprescindibili esigenze di servizio
 al  solo scopo di rendere possibile il funzionamento della pretura ed
 agevolare l'efficienza di questa.
    Qualsiasi   applicazione   delle   norme   denunciate  diretta  al
 raggiungimento di scopi diversi da quelli predetti, rispondenti  alla
 ratio  voluta  dal  legislatore,  costituirebbe attivita' viziata per
 sviamento di fine o per eccesso di potere o per esercizio  arbitrario
 e  illeggittimo  di  funzioni pubbliche con le conseguenze giuridiche
 inerenti".
    Una  distribuzione  delle cause tra i vari giudici che fanno parte
 dello stesso ufficio giudiziario la quale  non  obbedisca  a  criteri
 concreti,  predeterminati e verificabili (nel senso della conformita'
 della assegnazione, originaria o "derivata", ad  una  interpretazione
 della  legge  conforme  al  dettato  costituzionale)  appare, come ha
 esattamente deciso la Corte costituzionale, in contrasto,  oltre  che
 con  l'art. 25 della Costituzione, anche con l'art. 101 della stessa,
 nella parte in cui dispone che "i giudici sono soggetti soltanto alla
 legge".
    Non va neppure dimenticato il principio costantemente ribadito sul
 punto dalla suprema Corte di cassazione della non impugnabilita'  del
 provvedimento  con  il quale il capo dell'ufficio ha deciso in ordine
 alla riunione.
    Questo principio sancisce in concreto la totale impossibilita' per
 le parti di rimuovere gli eventuali  "allontanamenti"  dal  principio
 del  giudice  naturale,  posti  in essere al momento dell'esame della
 esistenza o meno degli elementi di connessione.
    Concludendo,  questo  giudicante  ritiene di non essere il giudice
 naturale delle cause nn. 7462/1988, 7501/1988, 7521/1988 e  7575/1988
 e  pertanto ritiene rilevante che la Corte costituzionale si pronunci
 sulla costituzionalita' o meno della interpretazione degli artt.  274
 del  c.p.c.  e  151  del c.p.c., disp. att. in base alla quale queste
 cause sono  state  a  lui  assegnate,  dopo  essere  state  tolte  ai
 magistrati  originariamente  designati e che tuttora restano "giudici
 naturali" delle stesse.
                                P. Q. M.
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 274 del c.p.c.  e  151  delle
 disposizioni  di  attuazione  del  c.p.c., interpretati nel senso che
 attribuiscono al capo dell'ufficio giudiziario  poteri  assolutamente
 discrezionali  nella  riunione delle cause, in riferimento agli artt.
 25 e 101 della Costituzione;
    Sospende il presente giudizio;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
 notificata alle parti ed al Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri
 pro-tempore e comunicata al Presidente della Camera dei deputati e al
 Presidente del Senato della Repubblica.
      Milano, addi' 19 dicembre 1988
                           Il pretore: CANOSA

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