N. 350 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 marzo 1989

                                 N. 350
 Ordinanza emessa l'8 marzo 1989 dalla commissione tributaria di primo
 grado  di  Verbania  sul  ricorso  proposto  da   Taban   S.p.a.   in
 liquidazione contro l'ufficio registro di Verbania
 Responsabilita'  civile  -  Magistrato  -  Azione  di responsabilita'
 civile del privato nei confronti dei magistrati che con dolo o  colpa
 grave,  nell'esercizio  della funzione giudiziaria, abbiano provocato
 allo stesso danno ingiusto - Mancata previsione che lo  Stato,  parte
 in  causa  nei  processi  tributari,  possa  esercitare  un'azione di
 responsabilita'  civile  nei  confronti  del  giudice  Ingiustificata
 disparita'   di   trattamento  dello  Stato  rispetto  ai  privati  e
 violazione dei principi dell'indipendenza della magistratura e  della
 soggezione  dei  giudici  soltanto alla legge, per la minore garanzia
 che conseguentemente risulta assicurata, fra le parti, allo Stato.
 (Legge 13 aprile 1988, n. 117, art. 2, primo comma).
 (Cost., artt. 3, 101 e 108).
(GU n.35 del 30-8-1989 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso prodotto da Taban
 S.p.a. in liquidazione, con sede  in  Milano,  Foro  Buonaparte,  31,
 avverso l'ufficio registro di Verbania;
    Lettti gli atti;
    Sentiti il dott. Francesco Giusti e l'avv. Giuseppe Imperatori per
 la ricorrente e, per l'Ufficio Registro di Verbania, il  sig.  Walter
 Migliorini;
    Udito il relatore dott. Mario Piscitello;
                           RITENUTO IN FATTO
    La  Taban  S.p.a.  in  liquidazione,  con  sede  in  Milano,  Foro
 Buonaparte, 31, rappresentata  dall'ing.  Carlo  Casale,  in  data  3
 ottobre  1986  proponeva  ricorso  contro  l'avviso di accertamento -
 notificatole in data 23 giugno 1986 - con il quale l'ufficio registro
 di  Verbania  aveva rettificato, ai fini dell'Invim straordinaria, 1º
 gennaio 1983, per i terreni ed  i  fabbricati  industriali,  siti  in
 Verbania,   il  "valore  finale",  elevandolo  da  L.  4.000.000.000,
 dichiarate, a L. 14.911.000.000.
    La  ricorrente  chiedeva  l'annullamento  dell'impugnato avviso di
 accertamento per mancanza di adeguata motivazione e per  infondatezza
 del valore finale accertato.
    L'ufficio  registro di Verbania risisteva al ricorso con deduzioni
 scritte.
    Questa  commissione  tributaria con ordinanza del 16 dicembre 1987
 nominava, per accertare il valore alla  data  del  1º  gennaio  1983,
 consulente  tecnico il dott. arch. Emilio Sironi, il quale depositava
 relazione di consulenza nella quale indicava in L.  6.455.384.505  il
 valore degli immobili anzidetti al 1º gennaio 1983.
    All'udienza  dell'8  marzo  1989  le  parti  concludevano  come da
 verbale in atti.
    La decisione del ricorso, a parere di questo collegio, deve essere
 preceduta  dalla  soluzione  di   una   questione   di   legittimita'
 costituzionale.
    Questo  collegio,  a prescindere dai dubbi sulla costituzionalita'
 di una legge che prevede la responsabilita' civile  del  giudice  non
 solo  per  dolo  ma anche per colpa (la questione, peraltro, e' stata
 gia' sottoposta da diversi  organi  giurisdizionali  all'esame  della
 Corte  costituzionale, la quale, con la recente sentenza n. 18/1z989,
 ne ha affermato la legittimita'), ritiene  che  la  legge  13  aprile
 1988,  n.  117 "Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle
 funzioni giudiziarie e responsabilita' civile dei  magistrati"  possa
 essere illegittima sotto un altro profilo, non ancora esaminato dalla
 Corte, almeno per quanto riguarda i giudici e i processi tributari.
    Stabilisce,  in  particolare,  l'art. 2, primo comma, della citata
 legge che "chi  ha  subito  un  danno  ingiusto  per  effetto  di  un
 comportamento,  di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in
 essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell'esercizio delle sue
 funzioni  ovvero  per diniego di giustizia puo' agire contro lo Stato
 per ottenere il risarcimento dei danni...".
    Qualunque  soggetto,  quindi,  puo'  chiedere  il risarcimento del
 danno allo Stato, ma tra le parti del processo tributario  vi  e'  lo
 Stato  -  Amministrazione  finanziaria,  il  quale,  a  causa  di  un
 comportamento doloso o colposo del giudice,  puo'  subire,  come  una
 qualsiasi altra parte, un danno ingiusto.
    Lo  Stato-Amministrazione  finanziaria, pero', non puo' esercitare
 alcuna azione di responsabilita' civile nei confronti del  magistrato
 in caso di "colpa grave".
    Il  disegno  di  legge  presentato dal Ministro Vassalli prevedeva
 un'ipotesi  di  responsabilita'  diretta  del  magistrato  per  danni
 nell'esercizio delle funzioni; precisamente nell'art. 11, secondo cui
 "quando,  per  effetto  di  un  comportamento  posto  in  essere  dal
 magistrato con dolo o colpa grave, lo Stato ha subito, quale parte in
 giudizio, un danno ingiusto non riparato con i mezzi di  impugnazione
 ordinari, puo' agire direttamente contro il magistrato".
    La  norma  era  stata  formulata  soprattutto, in riferimento alle
 commissioni tributarie, ove con maggiore frequenza  puo'  verificarsi
 l'ingiusto  pregiudizio per l'erario; comunque la norma sarebbe valsa
 a tutelare in modo paritetico ogni utente della  giustizia,  compreso
 lo  Stato  che certo non avrebbe potuto agire contro se stesso per il
 fatto del giudice e poi rivalersi su di questi.
    Alla  Camera  dei  deputati  la  norma  non  passo';  ripresentata
 all'altro ramo del Parlamento come emendamento dai senatori Battello,
 Macis  e Corleone, prima in commissione e poi in aula, neppure trovo'
 consensi. (Senato 29 gennaio e 18 febbraio 1988).
    Il  risultato  e'  che,  se un organo giudiziario - l'esempio piu'
 calzante e' quello del giudice tributario, ma  ci  si  puo'  riferire
 all'intero  contenzioso amministrativo - cagiona un danno ingiusto ad
 un  privato,  puo'  avere  conseguenze  anche  patrimoniali,  ma   e'
 pressocche' immune da fastidi se da' torto allo Stato.
    Ai  giudici tributari - retribuiti con compensi che sono un'offesa
 per la funzione che svolgono (L. 5.000 per ogni ricorso³) - un errore
 a  danno  di un contribuente o di un evasore fiscale potrebbe costare
 caro "una somma pari al terzo di una annualita' dello  stipendio  che
 compete  al  magistrato  di  tribunale"  e quindi... quindici o venti
 milioni di lire.
    D'altra parte, a parere di questo collegio, sarebbe velleitario ed
 ingiusto pretendere atti di eroismo dagli attuali giudici  tributari,
 non professionali e mal retribuiti.
    Ne consegue che, inevitabilmente, i giudici tributari, nel momento
 della decisione di ogni controversia, hanno  un  interesse  personale
 (alla  prudenza,  al  conformismo,  alle  scelte meno rischiose...) e
 potrebbero essere indotti a non dar torto a chi lo  ha,  ma  a  colui
 rispetto  al  quale  non esiste la possibilita' di essere chiamati in
 giudizio e quindi... allo Stato.
    Ne'  potrebbe  seriamente  obiettarsi  che i giudici tributari che
 "per dolo, colpa grave o diniego di giustizia" dovessero recare danni
 allo Stato, anche se non in sede civile, potrebbero essere chiamati a
 rispondere in sede disciplinare.
    Non  solo  perche' la responsabilita' disciplinare non puo' essere
 considerata equivalente o alternativa alla responsabilita' civile, ma
 perche'   per   i   giudici  tributari  non  esiste  un  vero  organo
 disciplinare (di  certo,  non  potrebbe  esserlo  il  Ministro  delle
 finanze,  parte  in  causa  nei  processi tributari o, quanto meno, a
 questi interessato).
    Pertanto  la  legge 13 aprile 1988, n. 117 "Risarcimento dei danni
 cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilita'
 civile dei magistrati" ed, in particolare, l'art. 2, primo comma - in
 quanto non  prevede  che  lo  Stato,  parte  in  causa  nei  processi
 tributari,  possa  esercitare un'azione di responsabilita' civile nei
 confronti del giudice - potrebbe essere in contrasto con gli artt. 3,
 primo  comma,  101,  secondo  comma,  e  108,  secondo  comma,  della
 Costituzione.
    Per  le  argomentazioni esposte la presente questione, a parere di
 questo  collegio,  e'  "non  manifestamente   infondata"   ed   anche
 "rilevante"  perche'  la  soluzione  della  questione di legittimita'
 costituzionale,  la  quale  concerne  la  capacita'  in  senso   lato
 dell'organo   giurisdizionale   adito,   costituisce  un  antecedente
 necessario alla definizione della controversia in esame.
                                P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara, d'ufficio "non manifestamente infondata" la questione di
 legittimita' costituzionale  della  legge  13  aprile  1988,  n.  117
 "Risarcimento  dei  danni  cagionati  nell'esercizio  delle  funzioni
 giudiziarie  e  responsabilita'  civile  dei   magistrati"   ed,   in
 particolare,  dell'art. 2, primo comma - in quanto non prevede che lo
 Stato, parte  in  causa  nei  processi  tributari,  possa  esercitare
 un'azione  di  responsabilita'  civile nei confronti del giudice - in
 relazione agli artt. 3, primo  comma,  101,  secondo  comma,  e  108,
 secondo  comma,  della  Costituzione;  e  "rilevante"  per  quanto in
 motivazione;
    Sospende   il   procedimento   in   corso  ed  ordina  l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che, a cura della segreteria, la presente ordinanza venga
 notificata alla ricorrente e all'ufficio tegistro di  Verbania  e  al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e comunicata ai Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
      Verbania, addi' 8 marzo 1989
                        Il presidente: GENOVESE

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