N. 351 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 dicembre 1988- 4 luglio 1989
N. 351 Ordinanza emessa il 9 dicembre 1988 (pervenuta alla Corte costituzionale il 4 luglio 1989) dal pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra Acciaro Giovanna e il Centro milanese per lo sport e la ricreazione Processo del lavoro - Potere di assegnazione del dirigente la sezione - Revoca con assegnazione ad altro giudice per pretesa connessione - Lamentata eccessiva discrezionalita' nella valutazione della riunione delle cause - Conseguente violazione del principio del giudice naturale. (C.P.C., art. 274; c.p.c. (disposizioni di attuazione del), art. 151). (Cost., artt. 25 e 101).(GU n.35 del 30-8-1989 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa vertente tra Acciaro Giovanna con gli avvocati Raffa e Amato, ricorrente, e il Centro milanese per lo sport e la ricreazione con gli avvocati Tosi, Zambrano e Frattarolo, resistente. Oggetto: impugnazione di sanzioni disciplinari; PREMESSO La presente causa e' stata, subito dopo la iscrizione a ruolo, assegnata dal consigliere dirigente della sezione lavoro della pretura di Milano al giudice Muntoni. La distribuzione delle cause tra i vari giudici che compongono la sezione avviene da molti anni in modo totalmente automatico, attraverso il sorteggio. In una fase successiva alla assegnazione iniziale, questa e' stata dal dirigente revocata e la causa e' stata assegnata a questo giudicante per pretesa connessione con altra causa a lui in precedenza assegnata. CONSIDERATO Questo giudicante ritiene che le modalita' con le quali nel caso di specie sono stati interpretati dal pretore dirigente della sezione gli artt. 274, secondo comma, del c.p.c. e 151 disposizioni di attuazione dello stesso codice siano in contrasto con l'art. 25 della Costituzione il quale dispone che "nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge". Questo giudicante conosce le precedenti decisioni della Corte costituzionale sul tema (sentt. nn. 15/1970, 142/1970, 139/1971 e 117/1972) le quali hanno stabilito: "La nozione di giudice naturale non si cristallizza nella determinazione legislativa di una competenza generale, ma si forma anche di tutte quelle disposizioni le quali derogano a tale competenza sulla base di criteri che razionalmente valutano i disparati interessi posti in gioco dal processo. Il principio della precostituzione del giudice, sancito nel primo comma dell'art. 25 della Costituzione e' rispettato allorche' l'organo giudicante sia istituito dalla legge sulla base di criteri generali fissati in anticipo e non gia' in vista di singole controversie, ne' risulta violato nei casi nei quali la legge preveda la possibilita' di spostamenti di competenza da un giudice ad uno diverso, purche' anch'esso precostituito, allorche' tali spostamenti siano necessari per assicurare il rispetto di altri principi', come quello costituzionale della indipendenza ed imparzialita' o quello dell'ordine e coerenza nella decisione di cause tra loro connesse. Il giudice che viene a conoscere, in forza delle norme sulla connessione, di un processo che senza di essa dovrebbe venir deciso da altro magistrato, e' pure esso giudice naturale e precostituito". Questo giudicante condivide toto corde l'insegnamento della Corte costituzionale espresso nella massima citata. Anche se testualmente formulata con riferimento all'organo piuttosto che al giudice-persona, essa sancisce un principio che, se si applica ai rapporti degli organi giudiziari tra loro, non puo' non applicarsi anche ai rapporti tra i singoli giudici all'interno dello stesso organo. Non e' infatti ammissibile che il principio fondamentale del "giudice naturale" operi con la grande intensita', che la Corte gli ha sempre riconosciuto, soltanto nel primo caso e che invece all'interno di un organo giudiziario con un grande numero di magistrati possa regnare la discrezionalita' piu' assoluta del capo, quasi i giudici singoli siano dei veri e propri "magistrati in sottordine" e non invece dei magistrati in senso pieno, ai quali va riconosciuta la stessa pienezza di poteri giurisdizionali spettanti al capo dell'ufficio. E tuttavia, perche' questo principio possa correttamente operare e' necessario che le ragioni di connessione invocate dal dirigente dell'ufficio per togliere il processo al primo giudice (giudice naturale per definizione) ed assegnarlo ad un secondo sussistano realmente. Qualora, al contrario, le stesse non sussistano e la connessione venga erroneamente invocata per giustificare il mutamento del giudice, viene ad essere posta in essere, al di la' di ogni intenzione soggettiva, una violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge. Nel caso di specie si riscontra una ipotesi di mancanza assoluta di ragioni di connessione tra alcune delle cause (sette) delle quali viene disposta la contestuale trasmissione alla Corte costituzionale. Infatti le cause nn. 2073/1988, 6093/1988 e 6969/1988 vertono tra le stesse parti e pertanto possono correttamente dirsi legate da connessione soggettiva tra loro. Le altre cause invece (nn. 7462/1988, 7501/1988, 7521/1988 e 7575/1988) non presentano ictu oculi alcun elemento di connessione, ne' soggettiva ne' oggettiva con la causa n. 2073/1988, in base alla quale tutte le altre cause sono state riassegnate a questo giudicante. La causa n. 2073/1988 concerne infatti la impugnazione di un provvedimento disciplinare inflitto alla lavoratrice Acciaro per assenza ingiustificata, per aver condotto il figlio nel luogo di lavoro senza autorizzazione e per averlo rimproverato e picchiato mentre si trovava con lei nel luogo di lavoro. Le cause nn. 7462/1988, 7501/1988, 7521/1988 e 7575/1988 concernono invece impugnazioni di sanzioni disciplinari irrogate ad altri lavoratori per fatti del tutto diversi da quelli dedotti nella causa n. 2073/1988. In sostanza l'unico elemento che "connette" le cause in questione e' il fatto che esse sono state proposte nei confronti della stessa parte (il Centro milanese per lo sport e la ricreazione) per questioni relative a rapporti di lavoro. Un fatto del genere non e' mai stato considerato fino a tempi recenti nella pretura del lavoro di Milano idoneo a giustificare uno spostamento di cause da un giudice ad un altro e non puo' essere in alcun modo considerato sufficiente per integrare gli estremi di una "connessione" ai sensi degli artt. 274 del c.p.c. e 151 disposizioni di attuazione dello stesso codice. La "connessione" regolata dal codice di procedura civile e' prevista al fine di rendere possibile la riunione delle cause connesse, con i congrui risparmi di tempo e di lavoro nella gestione dei processi. Nel caso in cui la riunione non possa essere a priori disposta, in quanto ognuna delle cause necessita di una attivita' istruttoria ad essa esclusiva, lo spostamento delle cause dal giudice originariamente designato ad un altro nei fatti si pone come una vera e propria negazione del principio del "giudice naturale". A questo principio sono tenuti ad uniformarsi anche i dirigenti degli uffici giudiziari. Come ha infatti ritenuto la Corte costituzionale nella sentenza n. 143/1973, le attribuzioni del dirigente "sono esclusivamente quelle di dirigere l'ufficio e di distribuire il lavoro tra le sezioni nonche' quelle di carattere amministrativo e di sorveglianza sull'andamento generale dei servizi. L'attribuzione di tali funzioni al dirigente deve necessariamente intendersi disposta nei limiti delle norme costituzionali e pertanto tali funzioni devono intendersi preordinate e devono essere svolte esclusivamente per obiettive ed imprescindibili esigenze di servizio al solo scopo di rendere possibile il funzionamento della pretura ed agevolare l'efficienza di questa. Qualsiasi applicazione delle norme denunciate diretta al raggiungimento di scopi diversi da quelli predetti, rispondenti alla ratio voluta dal legislatore, costituirebbe attivita' viziata per sviamento di fine o per eccesso di potere o per esercizio arbitrario e illegittimo di funzioni pubbliche con le conseguenze giuridiche inerenti". Una distribuzione delle cause tra i vari giudici che fanno parte dello stesso ufficio giudiziario la quale non obbedisca a criteri concreti, predeterminati e verificabili (nel senso della conformita' della assegnazione, originaria o "derivata", ad una interpretazione della legge conforme al dettato costituzionale) appare, come ha esattamente deciso la Corte costituzionale, in contrasto, oltre che con l'art. 25 della Costituzione, anche con l'art. 101 della stessa, nella parte in cui dispone che "i giudici sono soggetti soltanto alla legge". Non va neppure dimenticato il principio costantemente ribadito sul punto della suprema Corte di cassazione della non impugnabilita' del provvedimento con il quale il capo dell'ufficio ha deciso in ordine alla riunione. Questo principio sancisce in concreto la totale impossibilita' per le parti di rimuovere gli eventuali "allontanamenti" dal principio del giudice naturale, posti in essere al momento dell'esame della esistenza o meno degli elementi di connessione. Concludendo, questo giudicante ritiene di non essere il giudice naturale delle cause nn. 7462/1988, 7501/1988, 7521/1988 e 7575/1988 e pertanto ritiene rilevante che la Corte costituzionale si pronunci sulla costituzionalita' o meno della interpretazione degli artt. 274 del c.p.c. e 151 del c.p.c., disp. att. in base alla quale queste cause sono state a lui assegnate, dopo essere state tolte ai magistrati originariamente designati e che tuttora restano "giudici naturali" delle stesse.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 274 del c.p.c. e 151 disposizioni di attuazione del c.p.c., interpretato nel senso che attribuiscono al capo dell'ufficio giudiziario poteri assolutamente discrezionali nella riunione delle cause, in riferimento agli artt. 25 e 101 della Costituzione; sospende il presente giudizio; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore e comunicata al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. Milano, addi' 9 dicembre 1988 Il pretore: CANOSA 89C0800