N. 406 SENTENZA 6 - 14 luglio 1989

 
 
 Conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato.  Corte dei conti -
 Decreti adottati ai sensi degli artt. 76 e 77 della Costituzione
 (atti del Governo di normazione primaria) Mancata previsione della
 sottoposizione al controllo preventivo della Corte - Proposizione del
 conflitto nei confronti di una legge - Inammissibilita'.  (Legge 23
 agosto 1988, n. 400, art. 16).  Corte dei conti - Decreti adottati ai
 sensi degli artt. 76 e 77 della Costituzione - Sottrazione al
 controllo ed al visto della Corte - Natura di atti aventi forza di
 legge - Legittimita' della esclusione dal controllo.
 
 (D.P.R. 27 dicembre 1985, n. 1142).
 
 (Cost., art. 100, secondo comma).
(GU n.30 del 26-7-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio promosso con ricorso della Corte dei conti notificato il
 2 maggio 1989, depositato in Cancelleria il 9 maggio 1989 ed iscritto
 al  n.  6  del  registro  ricorsi 1989, per conflitto di attribuzione
 sorto a seguito dell'omessa sottoposizione al controllo  della  Corte
 dei  conti  del  d.P.R. 27 dicembre 1985, n. 1142 e dell'approvazione
 dell'art. 16, comma primo, della legge 23 agosto  1988,  n.  400,  il
 quale  sottrae  al  controllo  della  Corte  dei conti "i decreti del
 Presidente della Repubblica, adottati su deliberazione del  Consiglio
 dei ministri, ai sensi degli artt. 76 e 77 della Costituzione";
    Visti  gli  atti  di  costituzione  della Camera dei deputati, del
 Senato e del Governo;
    Udito nell'udienza pubblica del 13 giugno 1989 il Giudice relatore
 Aldo Corasaniti;
    Uditi  gli  avvocati  Alessandro Pace e Federico Sorrentino per la
 Corte dei conti, Paolo Barile, Feliciano Benvenuti e Alberto Predieri
 per  la  Camera dei deputati e per il Senato e l'Avvocato dello Stato
 Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso depositato il 15 aprile 1989, la Corte dei conti,
 Sezione di controllo,  in  persona  del  presidente  pro-tempore,  ha
 sollevato  conflitto  di attribuzione nei confronti del Governo della
 Repubblica  nonche',  "ove  occorra",  del  Ministero  di  grazia   e
 giustizia,  in  relazione all'omessa sottoposizione ad essa Corte dei
 conti del d.P.R.  27  dicembre  1985,  n.  1142  (Trasferimento  alla
 regione  Valle  d'Aosta  delle  funzioni  in  materia  di  industria,
 commercio, annona e utilizzazione  delle  miniere)  prima  della  sua
 pubblicazione,  e  alla pubblicazione medesima, e nei confronti della
 Camera dei Deputati  e  del  Senato  della  Repubblica  in  relazione
 all'approvazione  dell'art.  16,  primo  comma, della legge 23 agosto
 1988, n. 400 (Disciplina  dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento
 della  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri)  -  che  sottrae al
 controllo della Corte dei  conti  "i  decreti  del  Presidente  della
 Repubblica,  adottati su deliberazione del Consiglio dei ministri, ai
 sensi degli artt. 76  e  77  della  Costituzione"  -,  lamentando  la
 lesione  del  potere  di  controllo  sugli "atti del Governo" ad essa
 attribuito dall'art. 100, secondo comma, della Costituzione.
    Espone  la  ricorrente  che  il  20  gennaio  1986  veniva ad essa
 trasmesso per il controllo  di  legittimita'  il  suindicato  decreto
 adottato  in  attuazione di delega conferita al Governo. L'ufficio di
 controllo aveva restituito il decreto, non  registrato,  con  rilievo
 istruttorio.
    La   Presidenza   del   Consiglio  dei  ministri,  che  non  aveva
 ritrasmesso alla Corte il decreto, a  seguito  dell'emanazione  della
 legge  23  agosto  1988,  n.  400  procedeva alla pubblicazione dello
 stesso  sulla  Gazzetta  Ufficiale  numero  4  del  5  gennaio  1989,
 pretermettendo il procedimento di controllo.
    La  Sezione  di  controllo, convocata dal Presidente della Corte a
 seguito della richiesta del consigliere delegato al  controllo  sugli
 atti  del  Governo,  rilevava: che era stato "esercitato il potere di
 procedere alla pubblicazione di un  decreto  legislativo  in  maniera
 tale  da compromettere l'esercizio delle attribuzioni della Corte dei
 conti in materia di  controllo  ad  essa  attribuite  dall'art.  100,
 secondo  comma,  della  Costituzione";  che  tale  comportamento  del
 Governo, peraltro, trovava  fondamento  nell'art.  16,  primo  comma,
 della  legge  n.  400  del  1988.  Affermata  la propria competenza a
 dichiarare  definitivamente  la  volonta'  del  potere  di  controllo
 spettante alla Corte dei conti, la Sezione di controllo deliberava di
 proporre conflitto di attribuzioni nei confronti delle Camere  e  del
 Governo   "per   avere  illegittimamente  menomato"  le  attribuzioni
 costituzionali della Corte dei conti, richiedendo a questa Corte  "di
 dichiarare che spetta alla Corte dei conti di effettuare il controllo
 preventivo di legittimita' sui decreti legislativi; per  il  caso  di
 ravvisata  inoppugnabilita' mediante conflitto di attribuzione di una
 disposizione di legge - l'art. 16, primo comma, della  legge  n.  400
 del  1988 -, e quindi di inammissibilita' del conflitto nei confronti
 delle Camere, deliberava di prospettare,  in  linea  subordinata,  la
 possibilita'  che  questa  Corte  sollevasse,  in via incidentale, la
 questione di illegittimita' costituzionale, in  riferimento  all'art.
 100, secondo comma, della Costituzione, di tale norma.
    2.  -  Con  ordinanza  del 22 aprile 1989, questa Corte dichiarava
 ammissibile il conflitto nei confronti del Senato  della  Repubblica,
 della  Camera  dei  deputati  e  del Governo della Repubblica, ma non
 anche nei confronti del Ministero di grazia e giustizia, e fissava il
 termine per la notifica del ricorso.
    3.  - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   dello   Stato,
 concludendo  per l'inammissibilita' e comunque per l'infondatezza dei
 conflitti.
    Il  resistente nega preliminarmente la legittimazione attiva della
 Corte dei conti a sollevare conflitto, nell'esercizio della  funzione
 di  controllo,  trattandosi di organo ausiliario del Governo, che non
 puo' essere considerato potere dello  Stato  a  norma  dell'art.  134
 della Costituzione ne' organo competente a dichiarare definitivamente
 la volonta' del  potere  cui  appartiene.  Quanto  al  conflitto  nei
 confronti  del Parlamento, soggiunge l'Avvocatura dello Stato che gli
 atti  aventi  forza  di  legge  non  possono  costituire  oggetto  di
 conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
    Nel  merito,  il  Presidente  del Consiglio contesta la fondatezza
 della tesi,  che  la  Corte  dei  conti  prospetta,  secondo  cui  la
 disciplina del controllo di legittimita' sarebbe posta non piu' dalle
 leggi,  bensi'  direttamente  dall'art.  100,  secondo  comma,  della
 Costituzione, ed avrebbe ad oggetto tutti gli atti del Governo, senza
 possibilita' di deroghe od eccezioni.
    La  formula "esercita il controllo preventivo", piu' che adombrare
 una modifica della disciplina del controllo posta  dall'art.  17  del
 regio  decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (testo unico delle leggi sulla
 Corte dei conti), sembra infatti attribuire dignita' costituzionale a
 regole  generali  della  legislazione  ordinaria,  che  non escludono
 deroghe ed eccezioni poste da leggi ordinarie.  Ma,  se  l'art.  100,
 secondo  comma,  ha  consacrato  una regola generale derogabile - che
 derogabile era gia' in forza dell'art. 17 del t.u.  del  1934  -,  il
 vaglio di legittimita' costituzionale dell'art. 16 della legge n. 400
 del 1988 va operato verificando se la sottrazione dei decreti legge e
 dei   decreti  delegati  al  controllo  della  Corte  dei  conti  sia
 giustificata da  altre  norme  e  princi'pi  costituzionali.  E  tale
 giustificazione  ben  si  trae:  dalla collocazione dell'art. 100 nel
 titolo della Costituzione dedicato al Governo, laddove gli artt. 76 e
 77  fanno parte della sezione che riguarda la formazione delle leggi;
 dalla incompatibilita' del controllo preventivo della Corte dei conti
 con   la   norma  contenuta  nell'art.  87  della  Costituzione,  che
 attribuisce  al  Presidente  della  Repubblica  la  promulgazione   e
 l'emanazione  dei  decreti aventi valore di legge; dal rilievo che il
 controllo della Corte dei conti sugli atti aventi valore di legge non
 solo  si  aggiunge,  ma anche male si distingue, per il contenuto, da
 quello della Corte costituzionale, ex art.  134  della  Costituzione,
 tendenzialmente  esclusivo;  dalla  considerazione, quanto ai decreti
 legge,  che  il  controllo  preventivo  e'  in   contrasto   con   la
 responsabilita'    attribuita   al   Governo   dall'art.   77   della
 Costituzione, con l'urgenza che ne giustifica  l'adozione  e  con  il
 controllo,  sia  pure successivo, ma necessario, del Parlamento, pure
 prescritto dall'art. 77, ultimo comma.
   4.  -  Si  e' costituito in giudizio il Senato della Repubblica, in
 persona del Presidente pro-tempore,  chiedendo  che  il  ricorso  sia
 dichiarato inammissibile e comunque infondato.
    In  ordine  all'ammissibilita'  del  conflitto  sotto  il  profilo
 soggettivo,  il  resistente  osserva  che   la   Corte   dei   conti,
 nell'esercizio  delle  funzioni di controllo, e' organo ausiliario di
 semplice rilievo costituzionale, sicche'  non  puo'  essere  ritenuta
 soggetto sostanziale del conflitto tra poteri.
    Quanto  all'oggetto  del giudizio, e segnatamente all'impugnazione
 dell'art. 16 della legge n.  400  del  1988  in  sede  di  conflitto,
 eccepisce  che per la contestazione della legittimita' costituzionale
 delle leggi ordinarie  la  Costituzione  ha  previsto  un  meccanismo
 tipico, che la ricorrente intende cosi' aggirare.
    Nel  merito,  rileva  che  la  prassi applicativa dell'art. 17 del
 regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, che ha esteso il controllo nei
 confronti   dei   decreti  legge  e  dei  decreti  delegati,  se  era
 giustificata dal quadro politico pre-repubblicano, nel quale non  era
 sufficiente il controllo parlamentare, contrasta invece con il quadro
 istituzionale definito  dalla  Costituzione,  che  ha  potenziato  il
 controllo  parlamentare  sugli  atti  aventi  forza  di  legge  ed ha
 introdotto, con il  controllo  di  legittimita'  costituzionale,  "un
 meccanismo di garanzia che completa e chiude il sistema dei controlli
 attivabili nei confronti di tali atti".
    La  formula  usata  dall'art.  100,  secondo  comma,  e' del resto
 generica, e lascia al legislatore ordinario ampi spazi  per  definire
 la consistenza e l'estensione dei poteri di controllo della Corte dei
 conti, esentandone, tra gli atti attribuibili al Governo,  i  decreti
 delegati.
    In   definitiva,   ad  avviso  del  resistente,  il  controllo  di
 legittimita' sull'esercizio delle funzioni legislative da  parte  del
 Governo    e'    necessariamente   un   controllo   di   legittimita'
 costituzionale, previsto ed ammissibile solo nelle sue sedi naturali:
 il  controllo  del  Parlamento (artt. 77 e 76 della Costituzione); il
 potere di rinvio del Presidente della Repubblica; il giudizio dinanzi
 alla Corte costituzionale.
    5.  -  Nel  giudizio  si  e'  altresi'  costituita  la  Camera dei
 deputati, in persona del  Presidente  pro-tempore,  che  ha  concluso
 negli   stessi   termini   del   Senato,   sulla   base  di  conformi
 argomentazioni.
    6. - In prossimita' dell'udienza hanno depositato memorie la Corte
 dei conti, e, con unico atto, il Senato e la Camera.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Con l'ordinanza pronunciata ai sensi del terzo e del quarto
 comma in relazione al primo comma dell'art. 37 della legge  11  marzo
 1953,  n.  87,  questa  Corte ha dato corso al presente conflitto nei
 confronti  del  Governo  in  ordine  alla  mancata  sottoposizione  a
 controllo  preventivo (visto e registrazione) della Corte dei conti e
 all'intervenuta pubblicazione, malgrado tale mancata  sottoposizione,
 del decreto delegato d.P.R 27 dicembre 1985, n. 1142, e nei confronti
 del Parlamento in ordine alla "approvazione" dell'art. 16 della legge
 23  agosto  1988,  n. 400, nella parte in cui non assoggetta al detto
 controllo preventivo i decreti adottati ai sensi degli artt. 76 e  77
 della Costituzione (atti del Governo di normazione primaria).
    Stante  il  carattere  delibativo  della pronuncia, vanno tuttavia
 ulteriormente verificati i requisiti  soggettivi  ed  oggettivi,  che
 sono  contestati  dai  resistenti  per quel che concerne l'attitudine
 della Corte dei conti a sollevare il conflitto,  nonche'  l'idoneita'
 della legge ad esserne oggetto.
    2.  - Quanto al primo punto, il problema non e' senz'altro risolto
 dalle pronunce di questa Corte (sent. n. 129 del 1981,  ord.  n.  150
 del  1980)  che  hanno riconosciuto la proponibilita' contro la Corte
 dei conti di conflitti di attribuzione sollevati  in  relazione  alla
 instaurazione  del  giudizio di conto. In tal caso, infatti, la Corte
 dei conti veniva  in  considerazione  relativamente  a  una  funzione
 giurisdizionale  (garantita  dall'art.  103  della  Costituzione).  E
 l'esercizio di una siffatta funzione e' stato costantemente  ritenuto
 da  questa  Corte  legittimante sotto l'aspetto attivo e sotto quello
 passivo al conflitto fra poteri dello Stato.
    Precedente   piu'   significativo   e'   quello   costituito   dal
 riconoscimento  del  potere  della  Corte  dei  conti  di   sollevare
 questioni di legittimita' costituzionale come operato da questa Corte
 con la sentenza n. 226 del 1976 sul presupposto della assimilabilita'
 della  funzione  di  controllo  preventivo  (esercitata  allora su un
 decreto delegato e nell'esercizio della quale era stata sollevata  la
 questione  di legittimita' costituzionale della legge di delega) alla
 funzione giurisdizionale.
    Tuttavia  non  si  puo'  non  avvertire  che altro e' il potere di
 sollevare   in   via   incidentale    questione    di    legittimita'
 costituzionale,  allora  esteso  alla  Corte  dei  conti  sul cennato
 presupposto, altro e' l'attitudine a sollevare conflitto fra  poteri,
 da  questa  Corte fino ad ora riconosciuta a qualsiasi giudice, ma in
 relazione all'esercizio della giurisdizione in senso stretto.
    Il  problema  va  quindi  impostato avendo riguardo alla posizione
 della Corte dei conti  nell'esercizio  della  funzione  di  controllo
 preventivo e tenendo conto delle obbiezioni sollevate dai resistenti,
 i quali contestano che tale posizione possa considerarsi  qualificata
 da  piena  autonomia,  in ragione del rapporto di ausiliarieta' della
 funzione in discorso rispetto al Governo e/o al Parlamento.
    Ma,  se  l'ausiliarieta'  di  una  funzione  consiste in cio', che
 questa e' attribuita direttamente dalla Costituzione a un dato organo
 dello  Stato al fine di assicurare il piu' corretto o di agevolare il
 piu'  efficiente  svolgimento  delle  funzioni   di   altri   organi,
 certamente ricorre nel primo quella posizione di piena autonomia, che
 lo abilita a  sollevare  conflitto  ai  sensi  dell'art.   134  della
 Costituzione contro un atto o comportamento di qualsiasi altro organo
 - ivi compresi gli organi costituzionali ausiliati in una delle forme
 sopraindicate  -  che  esso reputi lesivo dell'attribuzione di cui e'
 costituzionalmente investito.
    Orbene,  tanto  qui  si verifica per la Corte dei conti, la quale,
 investita dall'art.  100,  secondo  comma,  della  Costituzione,  del
 controllo  preventivo  sugli atti del Governo, denuncia la lesione da
 parte del Governo e del Parlamento di tale attribuzione, chiedendo  a
 tal   fine   la   verifica   dell'ambito   della   medesima.  E  cio'
 indipendentemente  dalla  soluzione  da  dare  al  problema,  se   il
 controllo in argomento si estenda agli atti del Governo aventi valore
 di legge, problema che attiene al merito del conflitto.
    3.  -  Quanto  al secondo punto, la Corte ritiene che, in linea di
 princi'pio, il conflitto di attribuzione fra poteri dello  Stato  non
 possa ritenersi dato contro una legge o un atto equiparato.
    Cio'   non   soltanto  in  vista  della  ragionevole  esigenza  di
 bilanciare  la  relativa  latitudine  della  cerchia   degli   organi
 abilitati   al  conflitto  fra  poteri  (non  necessariamente  organi
 costituzionali)  con  una  piu'  rigorosa  delimitazione  dell'ambito
 oggettivo del conflitto stesso. Ma soprattutto in quanto - a parte le
 difficolta', avvertite anche  dalla  dottrina  favorevole  alla  tesi
 opposta,  cui andrebbe incontro il coordinamento fra il sistema delle
 misure previsto per gli atti invasivi dall'art. 37 segg. della  legge
 n. 87 del 1953 (misura dell'annullamento ai sensi dell'art. 38, e, se
 applicabile, misura della sospensione ai sensi dell'art. 40) e quello
 sancito  per le leggi dichiarate costituzionalmente illegittime dagli
 artt. 136, primo comma, della Costituzione e 30, terzo  comma,  della
 legge  n. 87 del 1953 - la sperimentabilita' del conflitto contro gli
 atti suindicati finirebbe con il costituire un  elemento  di  rottura
 del  nostro  sistema  di  garanzia  costituzionale,  sistema che, per
 quanto concerne la legge (e gli atti equiparati), e'  incentrato  nel
 sindacato incidentale.
    Tale  strutturazione  della  nostra  garanzia costituzionale e' da
 ritenere, infatti, frutto  di  una  consapevole  scelta  operata,  in
 riferimento  agli  artt.  137  e 127 della Costituzione, con la legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1. E' una scelta, la quale,  oltre
 che  alla  ponderata valutazione dei modelli preesistenti di garanzia
 costituzionale, si correla  all'idea,  rimasta  portante  nel  nostro
 sistema  costituzionale,  della  preminenza  della legge e degli atti
 equiparati.
    In  considerazione  della  riferibilita' di tali atti al piu' alto
 livello  di  rappresentativita'  politica   generale   (riferibilita'
 diretta  per le leggi e indiretta per gli atti di normazione primaria
 del Governo) e al piu' alto livello di autonomia (leggi  regionali  e
 provinciali),  si  e'  cosi'  ritenuto, per un verso, di sottrarli in
 linea generale ad iniziative volte ad ostacolarne, in via preventiva,
 l'efficacia   (con  la  sola  eccezione  delle  impugnazioni  dirette
 promosse, entro brevi termini perentori, nei reciproci  rapporti  fra
 Stato   e   Regione   a   salvaguardia  delle  rispettive  competenze
 legislative, nella  prospettiva  di  un  conflitto  fra  enti  o  fra
 ordinamenti,  che e' distinta da quella del sindacato incidentale, ma
 non e' riconducibile, nel nostro sistema, a quella del conflitto  fra
 poteri).  Per  altro  verso,  di  impedire  che  gli  atti stessi, se
 sospetti di  incostituzionalita',  trovassero  applicazione  in  sede
 giurisdizionale,  con  irrimediabile pregiudizio per l'attuazione dei
 valori costituzionali nell'assetto dei rapporti giuridici.
    Complessa  disciplina,  questa,  cui  e'  sotteso  da  un  lato un
 particolare favore  per  l'operativita'  della  legge  e  degli  atti
 equiparati  e  dall'altro  il postulato che la loro costituzionalita'
 vada verificata nel loro impatto sociale, cioe' nella loro (concreta)
 incidenza sugli interessi reali.
    Certo  puo' avvenire che, in relazione a leggi (o atti equiparati)
 che concernano direttamente competenze di organi pubblici e non anche
 l'ordine   sostanziale   e   le  connesse  situazioni  soggettive,  e
 soprattutto non influiscano restrittivamente  su  queste  ultime,  si
 presentino  scarse  occasioni  di controversia, e conseguentemente si
 formino zone franche di incostituzionalita'. Ma a tale  inconveniente
 puo'  porsi rimedio (non gia' estendendo interpretativamente l'ambito
 del conflitto, bensi') modificando (ovviamente in  via  di  revisione
 costituzionale)  il  sistema con l'introduzione di nuove impugnazioni
 in via principale (eventualmente ad opera di dati soggetti od  organi
 e  contro  leggi  ed atti equiparati aventi dati oggetti e/o per dati
 vizi). E d'altra parte  va  considerato  che  questa  Corte,  con  la
 sentenza  n.  226  del 1976, aveva ritenuto il potere della Corte dei
 conti  (peraltro  con  le  conseguenti  limitazioni  per  lo   stesso
 controllante delle quali sara' detto appresso) di sollevare questioni
 incidentali di  legittimita'  costituzionale  in  sede  di  controllo
 preventivo:  potere  che,  per  la  parte  concernente  il  controllo
 preventivo sugli atti del Governo applicativi  della  legge  e  degli
 atti  equiparati,  non  sarebbe incompatibile con l'entrata in vigore
 della norma fatta oggetto di conflitto.
    Tutto  cio'  importa  l'inammissibilita'  del  conflitto in quanto
 proposto contro l'art. 16 delle legge n. 400 del 1988  e  quindi  nei
 confronti del Parlamento.
    Nulla  si  oppone,  invece,  all'ammissibilita'  del  conflitto in
 quanto  proposto  nei   confronti   del   Governo   contro   l'omessa
 sottoposizione  al  controllo  preventivo  della  Corte  dei conti, e
 contro l'intervenuta  pubblicazione,  malgrado  tale  omissione,  del
 decreto delegato n. 1142 del 1985.
    4. - Occorre dunque scendere all'esame del merito del conflitto, e
 cioe' del problema se il  comportamento  addebitato  al  Governo  sia
 lesivo  della  attribuzione  di  controllo  preventivo sugli atti del
 Governo conferita alla Corte dei conti dall'art. 100, secondo  comma,
 della   Costituzione,   problema   implicante  quello  relativo  alla
 legittimita', in riferimento al richiamato  precetto  costituzionale,
 della  norma  di  legge  (art.  16  della legge n. 400 del 1988), che
 esonera dal detto  controllo  gli  atti  del  Governo  di  normazione
 primaria.
    In  dottrina  non  erano mancati dubbi sulla stessa sopravvivenza,
 dopo l'entrata in  vigore  della  Costituzione  e  del  sindacato  di
 legittimita'  costituzionale  della legge e degli atti equiparati con
 essa introdotto e riservato a questa Corte costituzionale,  dell'art.
 17  del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo
 unico  delle  leggi  sulla  Corte  dei  conti)  nella  parte  in  cui
 assoggettava  a controllo preventivo della Corte dei conti (in quanto
 gia' "decreti reali") anche  gli  atti  di  normazione  primaria  del
 Governo.  E  cio'  anche  in relazione alla costante affermazione, da
 parte di questa Corte, della soggezione al detto  sindacato  sia  dei
 decreti  legge  che  dei decreti delegati, e di questi anche sotto il
 profilo della violazione della  legge  di  delega  (ricompresa  nella
 violazione dell'art. 76 della Costituzione).
    Ne'  erano  mancate  riserve circa la legittimita' costituzionale,
 per le ragioni suindicate, dello stesso art. 17 in parte qua.
    Ai  fini  del decidere e' peraltro sufficiente accertare se l'art.
 100, secondo comma, della Costituzione,  in  conformita'  della  tesi
 posta  a  base del ricorso per conflitto, implichi necessariamente la
 istituzione e, quindi,  la  conservazione  del  controllo  preventivo
 della   Corte   dei  conti  nei  confronti  degli  atti  del  Governo
 suindicati. Se cosi' fosse la sottrazione al controllo preventivo  di
 tali  atti  come  operata con la norma impugnata potrebbe apparire in
 contrasto con l'invocata norma costituzionale e in violazione di  una
 competenza da essa assicurata alla Corte dei conti.
    Ma  e'  manifesto che cosi' non e', tanto per quel che concerne il
 prospettato contrasto, rispetto al quale  non  e'  dunque  necessario
 sollevare    in    via    incidentale   questione   di   legittimita'
 costituzionale, quanto per quel che concerne le conseguenze che se ne
 vogliono trarre sulla soluzione del conflitto.
    L'art.  100  garantisce costituzionalmente il controllo preventivo
 di legittimita' della Corte dei conti sugli  atti  del  Governo,  non
 anche  l'assoggettamento  a  tale  controllo  degli  atti del Governo
 aventi valore di legge:  garanzia  ulteriore,  questa,  che  dovrebbe
 risultare   dal   sistema   costituzionale  nel  suo  complesso,  con
 particolare  riguardo  alle  norme  che  regolano  l'esercizio  della
 funzione  legislativa  del Governo ai sensi degli artt. 76 e 77 della
 Costituzione, ed a quelle che stabiliscono il regime  (valore)  della
 legge e degli atti equiparati.
    Sul  primo  punto  e'  decisiva,  per  quel che riguarda i decreti
 adottati ai sensi dell'art. 76 della Costituzione, la  considerazione
 della  necessita' della delegazione legislativa con i requisiti della
 delimitazione del tempo e  della  definizione  dell'oggetto,  nonche'
 della  prefissione  di princi'pi e criteri direttivi, e, per quel che
 riguarda i decreti legge, la considerazione  della  necessita'  della
 conversione  da  parte  del  Parlamento. A tali forme di controllo si
 aggiunge il controllo sulla responsabilita' politica del  Governo  in
 ordine al corretto uso complessivo del potere di normazione primaria.
 L'esercizio della funzione legislativa da  parte  del  Governo  vede,
 cioe',  in  primo  luogo,  nel  Parlamento  il titolare dei controlli
 costituzionalmente necessari.
    Fra  tali  controlli va tuttavia annoverato anche quello spettante
 al Presidente della Repubblica in sede di emanazione degli  atti  del
 Governo  aventi  valore di legge ai sensi dell'art. 87, quinto comma,
 della Costituzione, che e'  ritenuto  di  intensita'  almeno  pari  a
 quello   spettante  allo  stesso  Presidente  sulle  leggi  ai  sensi
 dell'art. 87, terzo comma, della Costituzione.
    Nel   quadro  dei  controlli  costituzionalmente  necessari  cosi'
 tracciato  non  entra  dunque  l'intervento  della  Corte  dei  conti
 mediante visto e registrazione preventivi.
    Del  resto  questa  Corte, con la citata sentenza n. 226 del 1976,
 affrontando ex  professo  il  problema  dei  rapporti  fra  il  detto
 controllo  preventivo  e il sindacato di legittimita' costituzionale,
 aveva  ritenuto  che  la  Corte  dei  conti  non  potesse   rifiutare
 senz'altro   il  visto  e  la  registrazione  in  caso  di  ravvisate
 incostituzionalita' - in che sarebbe consistito il contenuto  proprio
 di  un  controllo  preventivo  esteso  all'incostituzionalita'  -  ma
 dovesse, in tal caso, promuovere il sindacato incidentale  di  questa
 Corte.
    Che', se si pone mente al regime degli atti di normazione primaria
 (valore di legge), non puo' non riconoscersi che esso, se non esclude
 assolutamente,  almeno  non  implica  il controllo preventivo di tali
 atti esteso  alla  loro  legittimita'  costituzionale.  Anche  se  un
 controllo   cosi'  esteso  avrebbe  potuto  fungere,  secondo  quanto
 ritenuto dalla sentenza n. 226 del 1976 di questa Corte, da strumento
 del  sindacato  incidentale  di  costituzionalita' sugli atti stessi,
 fermo restando che, come sopra  osservato,  il  controllante  sarebbe
 stato   tenuto   a   denunciare   a   questa   Corte   la  sospettata
 incostituzionalita', e a sospendere la  registrazione,  senza  potere
 esso  stesso  rilevare  l'incostituzionalita'  al  fine  di negare la
 medesima.
    Da  quanto  detto  segue  che il conflitto va risolto nel senso di
 dichiarare che spetta al  Governo  adottare  i  decreti  legge  ed  i
 decreti   delegati   senza   successivamente  sottoporli  a  visto  e
 registrazione della Corte dei conti.
    5.  -  Tuttavia  la  Corte  non puo' nell'occasione non farsi eco,
 anche in considerazione della diffusa preoccupazione per la crescente
 ingovernabilita'  della  spesa  pubblica,  della  esigenza  che siano
 introdotti meccanismi idonei ad assicurare nel modo piu' efficace  la
 rigorosa  osservanza  dell'art. 81 della Costituzione e/o ad ampliare
 l'accesso al sindacato di legittimita'  costituzionale  da  parte  di
 questa Corte per violazione dello stesso art. 81.
    Tale  preoccupazione  del  resto  e'  stata espressa sia durante i
 lavori  preparatori  della  legge  n.  400  del  1988,  mediante   la
 presentazione di numerosi emendamenti, che attraverso la proposizione
 di autonome iniziative legislative dirette ai fini suindicati.
    Spetta ovviamente al Parlamento il perseguimento dei fini medesimi
 mediante la scelta fra gli strumenti gia' sottoposti, o  che  saranno
 sottoposti,  al  suo  esame. Cosi' come ad esso spetta la valutazione
 dell'opportuno equilibrio fra controllo preventivo e controllo  sulla
 gestione  e/o  sui  risultati,  in  vista  del quale da piu' parti si
 auspica la ristrutturazione delle funzioni della Corte dei conti o il
 rafforzamento  dei suoi poteri per un piu' efficiente svolgimento del
 ruolo che alla detta Corte compete  rispetto  al  controllo  politico
 parlamentare.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara inammissibile il conflitto fra poteri dello Stato promosso
 dalla  Corte  dei  conti  nei  confronti   del   Parlamento   avverso
 l'approvazione  dell'art.  16  della  legge  23  agosto  1988, n. 400
 (Disciplina dell'attivita' di Governo, ordinamento  della  Presidenza
 del Consiglio dei ministri), con il ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  che  spetta  al  Governo adottare i decreti delegati e i
 decreti legge ai sensi rispettivamente degli  artt.  76  e  77  della
 Costituzione,    senza   successivamente   sottoporli   a   visto   e
 registrazione della Corte dei conti.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  Sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 6 luglio 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                        Il redattore: CORASANITI
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
    Depositata in cancelleria il 14 luglio 1989.
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
 89C0834