N. 413 SENTENZA 6 - 18 luglio 1989
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Opere pubbliche - Gare di appalto - Offerte in rialzo ed in ribasso ed offerte anomale - Giudizio di anomalia - Criteri Difetto di rilevanza - Inammissibilita' delle questioni. (D.-L. 23 settembre 1987, n. 393, art. 4; legge 11 marzo 1988, n. 67, art. 17, secondo comma; legge 10 febbraio 1953, n. 62, artt. 59 e 60; legge regione Piemonte 12 agosto 1976, n. 42, artt. 18 e 19). (Cost., art. 97).(GU n.31 del 2-8-1989 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto legge 25 settembre 1987, n. 393 (Norme in materia di locazione di immobili ad uso non abitativo, di alloggi di edilizia agevolata e di prestiti emessi dalle ferrovie dello Stato, nonche' interventi per il settore distributivo), dell'art. 17, secondo comma, della legge 11 marzo 1988, n. 67 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 1988), degli artt. 59 e 60 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 (Costituzione e funzionamento degli organi regionali) e degli artt. 18 e 19 della legge della Regione Piemonte 12 agosto 1976, n. 42 (Norme per il funzionamento dell'Organo regionale di controllo) e successive modificazioni, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 5 ottobre 1988 dal TAR per il Piemonte sul ricorso proposto dalla S.p.a. Imprebeton contro la Regione Piemonte ed altri, iscritta al n. 83 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1989; 2) ordinanza emessa l'11 gennaio 1989 dal TAR per il Piemonte sul ricorso proposto dalle Imprese Riunite Garzena S.p.a. ed altro contro la Comunita' Montana Pinerolese Pedomontano ed altri, iscritta al n. 206 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 1989; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 14 giugno 1989 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un giudizio amministrativo, concernente il provvedimento con cui il Comitato regionale di controllo aveva annullato un atto di aggiudicazione di una gara per l'esecuzione di opere pubbliche, il Tar per il Piemonte, con ordinanza in data 5 ottobre 1988 (r.o. n. 83 del 1989), ha sollevato, in riferimento all'art. 97 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 4 del decreto legge 25 settembre 1987, n. 393 (soppresso dall'art. 1, primo comma, della legge di conversione 25 novembre 1987, n. 478, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dal secondo comma della medesima disposizione), 59 e 60 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, 18 e 19 della legge reg. Piemonte 12 agosto 1976, n. 42 e successive modificazioni. Dall'ordinanza di rinvio emerge che l'organo regionale di controllo aveva annullato la delibera comunale di aggiudicazione in quanto, nell'individuazione delle offerte anomale da escludere dalla gara, l'ente appaltante, contrariamente a quanto prescrive l'art. 4 del decreto legge n. 393 del 1987, aveva tenuto conto (nella media delle percentuali delle offerte ammesse) anche delle offerte in aumento e non soltanto di quelle a ribasso. Il giudice a quo ritiene che la predetta disposizione vada invece interpretata nel senso che al calcolo della media delle percentuali delle offerte ammesse debbano concorrere sia quelle al rialzo che quelle al ribasso, mentre, in base al dato letterale della norma, l'esclusione potra' colpire solo le seconde. Nonostante tale interpretazione, che consentirebbe di definire il giudizio nel senso invocato dal ricorrente, il Tribunale adito dubita, per altri versi, della legittimita' costituzionale della norma in questione. Le censure attengono al nuovo sistema introdotto dal legislatore che, modificando il precedente, non consente piu' alcuna discrezionalita' nell'individuazione delle offerte anomale. L'esclusione di quest'ultime dalla gara in base ad un mero calcolo matematico e non piu' ad una valutazione dell'ente appaltante, sarebbe del tutto irrazionale soprattutto nei casi in cui (art. 1 lett. a) e d) legge 2 febbraio 1973, n. 14), il procedimento di aggiudicazione, prescinde dal raffronto con un prezzo base preventivamente stabilito dall'amministrazione: in tali ipotesi, l'esclusione verrebbe a dipendere da elementi esclusivamente forniti dagli stessi concorrenti. Il sistema introdotto dalla disposizione impugnata costringe infatti l'amministrazione a considerare come anomale offerte che traggono tale qualificazione non dalla verifica con un parametro obiettivo e rapportato al costo preventivo delle opere, ma bensi' dalle altre offerte presentate, le quali, gia' di per se', potrebbero risultare anomale, quando addirittura non siano abnormi ed esclusivamente finalizzate a spostare il livello di anomalia. La determinazione del margine di accettabilita' delle offerte, ad avviso del giudice a quo, non puo' non comportare una valutazione che solo il destinatario delle stesse e' in grado di compiere (come era peraltro giustamente previsto dall'art. 24, terzo comma, della legge 8 agosto 1977, n. 584) e sarebbe quindi del tutto illogico e lesivo del principio di buon andamento dell'amministrazione (art. 97 della Costituzione) affidare la tutela di tale interesse, mediante un meccanismo di esclusione meramente automatico, alle stesse parti interessate. Una ulteriore violazione dell'invocato principio di buon andamento consisterebbe, inoltre, nel fatto che la disposizione censurata, invece di disporre che la verifica dell'anomalia avvenga anteriormente all'aggiudicazione e con un procedimento autonomo, prevede che l'offerta sospetta, confluendo negli elementi da cui e' tratta la media, concorra anch'essa a determinare il risultato della gara, consentendo cosi' che quest'ultima risulti alterata da eventuali componenti anomale. 2. - In ordine alla rilevanza della prospettata questione, il Tribunale remittente ritiene che, pur non potendo condividere l'interpretazione data dal Coreco alla norma impugnata, non potrebbe limitarsi ad annullare l'atto negativo di controllo perche' cosi' facendo "darebbe pur sempre applicazione ad una norma della cui legittimita' dubita". L'accoglimento del ricorso, difatti, significherebbe accettare quell'automatismo di determinazione dell'offerta anomala che la disposizione censurata impone. Poiche', inoltre, all'eventuale dichiarazione di incostituzionalita' della norma impugnata conseguirebbe - attraverso l'annullamento giurisdizionale dell'atto impugnato - l'automatica esecutivita' del provvedimento controllato, il quale "ancor piu' dell'atto di controllo, ha fatto rigorosa applicazione della norma nel frattempo dichiarata incostituzionale", il giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale dell'attuale sistema di controlli regionali, in quanto, seppure indirettamente, costringerebbe l'organo di giustizia amministrativa, a conferire legittimita' ad atti addirittura applicativi di una norma incostituzionale. Vengono cosi' denunciati in relazione all'art. 97 della Costituzione, gli artt. 59 e 60 della legge 10 febbraio 1953 n. 62, e gli artt. 18 e 19 della legge reg. Piemonte 12 agosto 1976, n. 42, nella parte in cui non prevedono che, dopo l'annullamento giurisdizionale dell'atto negativo di controllo, il controllo debba essere di nuovo esercitato nelle stesse forme e negli stessi tempi originariamente previsti. 3. - Nel corso di un altro giudizio concernente non solo il provvedimento con cui il Coreco aveva annullato l'aggiudicazione di un appalto di lavori pubblici, ma anche l'atto con cui l'ente locale, uniformandosi alle indicazioni emesse dall'organo di controllo, aveva successivamente modificato l'aggiudicazione, lo stesso Tribunale amministrativo, con ordinanza in data 11 gennaio 1989 (r.o. n. 206 del 1989), ha sollevato con eguale motivazione e sempre in relazione all'art. 97 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, secondo comma, della legge 11 marzo 1988, n. 67, avente contenuto sostanzialmente identico alla prima delle norme impugnate con il precedente atto di rimessione, nonche' delle medesime disposizioni statali e regionali (del Piemonte) che disciplinano l'attivita' di controllo sugli atti degli enti locali, gia' denunciate nell'altra ordinanza di rinvio. 4. - In entrambi i giudizi non si sono costituite le parti private, mentre ha spiegato intervento l'Avvocatura Generale dello Stato che ha preliminarmente eccepito l'inammissibilita' della questione concernente le norme sui controlli regionali. Un'eventuale sentenza additiva, nel senso invocato dal giudice a quo, comporterebbe, difatti, la sostanziale sostituzione di una nuova disciplina a quella vigente, operazione che sarebbe preclusa a questa Corte, rientrando nella sfera di esclusiva discrezionalita' del legislatore. Nel merito, poi, la questione risulterebbe comunque infondata, in quanto, accettando la soluzione auspicata dal Tribunale remittente, il controllo sugli atti degli enti locali, previsto da una norma costituzionale (art. 130 della Costituzione) verrebbe in sostanza ad essere esercitato dal giudice amministrativo, che finirebbe per sovrapporsi all'organo tutorio nell'individuazione dei vizi dell'atto sottoposto a controllo. Essendo dunque inammissibile e comunque infondata la seconda delle questioni sollevate, al cui accoglimento le ordinanze di rinvio hanno subordinato la rilevanza della prima questione, quest'ultima, ad avviso dell'Avvocatura risulterebbe irrilevante in base alla stessa prospettazione del giudice a quo. L'interveniente osserva, poi, che la questione sarebbe comunque infondata nel merito. Il sistema di esclusione automatica delle offerte anomale e' stato infatti adottato al fine di accelerare le procedure relative all'affidamento degli appalti, in quanto la precedente norma (art. 24, terzo comma, legge 8 agosto 1977, n. 584), basata sulla verifica e sul contraddittorio, si era rivelata densa di inconvenienti, sia in ordine ai tempi di svolgimento, sia in ordine alle difficolta' tecniche nel valutare la serieta' dell'offerta sospetta. Il criterio di esclusione automatica che elimina ogni discrezionalita' dell'ente appaltante, predeterminando un limite al di sotto del quale l'offerta e' presunta anomalmente bassa, tutela nel modo migliore l'interesse pubblico alla buona realizzazione dell'opera. Tale sistema, quindi, che si inserisce peraltro in una materia nella quale il legislatore gode di ampia discrezionalita', non sembra affatto irragionevole, ma appare anzi basato "sull'obbiettivita' dei dati risultanti dal mercato" e quindi maggiormente teso a garantire la par condicio dei concorrenti. Considerato in diritto 1. - Nel corso di un giudizio concernente l'impugnativa dell'atto con cui il Comitato regionale di controllo del Piemonte aveva annullato una deliberazione comunale di aggiudicazione di una gara di appalto - nel presupposto che l'esclusione di alcune "offerte anomale" da parte di ditte concorrenti era stata disposta sulla base di una errata interpretazione della legge da applicare - il Tribunale amministrativo regionale adito, ha sollevato di ufficio, in riferimento all'art. 97 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto legge 25 settembre 1987, n. 393 (soppresso dall'art. 1, primo comma, della legge di conversione 25 novembre 1987, n. 478, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dal secondo comma della stessa disposizione). Nel dubbio che la questione cosi' proposta fosse irrilevante ai fini della definizione del giudizio a quo, essendo l'ambito di quest'ultimo limitato al petitum di annullamento dell'atto dell'organo di controllo, il giudice a quo ha sollevato, sempre di ufficio, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 59 e 60 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 e 18 e 19 della legge regionale del Piemonte 12 agosto 1976, n. 42 e successive modificazioni, in quanto queste norme, secondo la giurisprudenza, non consentono all'organo regionale di controllo, che si sia visto annullare in sede giurisdizionale il proprio atto negativo, di rinnovare il potere di controllo. Il giudice a quo, in altri termini, in questa prospettazione alternativa, subordina la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto legge 25 settembre 1987, n. 393 - cioe' della normativa sostanziale che regolava all'epoca la materia della esclusione dalle gare di appalto delle c.d. offerte anomale - alla possibilita' che l'organo regionale di controllo possa vedersi restituito nella propria potesta' di annullamento in conseguenza della declaratoria di illegittimita' costituzionale della normativa che attualmente glielo impedisce (artt. 59 e 60 della legge n. 62 del 1953 e artt. 18 e 19 della legge regionale del Piemonte n. 42 del 1976), e possa quindi applicare lo jus superveniens conseguente alla dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma in materia di offerte anomale, annullando la deliberazione comunale che su di essa si fonda. Con identiche argomentazioni, nel corso di un altro giudizio relativo all'impugnativa sia dell'atto negativo di controllo che di quello conseguente con cui il Comune si era uniformato al primo, lo stesso Tribunale ha sollevato questione di legittimita' costituzionale sia dell'art. 17, comma secondo, della legge 11 marzo 1988, n. 67, che ha successivamente disciplinato la materia delle offerte in modo sostanzialmente identico all'art. 4 del decreto legge n. 393 del 1987, sia della normativa statale e regionale in tema di controlli gia' censurata nella precedente ordinanza. 2. - I giudizi possono essere riuniti e le relative questioni affrontate congiuntamente essendo ininfluente, ai fini della loro soluzione, la circostanza che nel secondo dei giudizi a quo era stata impugnata anche la delibera comunale che si era successivamente uniformata all'indirizzo dell'organo di controllo. 3. - Le questioni, nei termini in cui risultano sollevate, sono inammissibili in quanto irrilevanti ai fini della definizione dei giudizi a quo. Per quel che concerne l'art. 4 del decreto legge n. 393 del 1987, nonche' l'art. 17, comma secondo, della legge 11 marzo 1988, n. 67, e' la stessa prospettazione del giudice a quo a far concludere per la irrilevanza della questione, dato che nelle ordinanze di rimessione testualmente si afferma che "il ricorso e' proposto contro l'interpretazione che l'organo di controllo ha dato alla norma. Il Tribunale non ritiene di poter accettare questa interpretazione, ma non puo' limitarsi ad annullarla, in quanto in questo modo darebbe pur sempre applicazione ad una norma della cui costituzionalita' si dubita", soggiungendo che "anche la decisione della Corte che si limitasse a dichiarare l'incostituzionalita' della norma in questione non farebbe completamente giustizia. Se venisse meno infatti l'art. 4 del decreto legge 23 settembre 1987, n. 393, questo Tribunale si vedrebbe costretto ad annullare l'interpretazione che il CO.RE.CO. ne ha data, ma la conseguenza sarebbe che - annullato l'atto di controllo - diventerebbe esecutiva quella aggiudicazione" facendo si' "che l'organo di giustizia amministrativa finisca con il conferire legittimita' ad atti per altro verso dichiaratamente illegittimi (e, nel caso in esame, addirittura applicativi di una norma incostituzionale)". Lo scopo che dichiaratamente intende perseguire il giudice rimettente, al fine di rendere rilevante la pronunzia di illegittimita' costituzionale della normativa denunciata, in tema di c.d. offerte anomale, e' dunque quello di pervenire alla caducazione della delibera comunale di aggiudicazione, di un atto cioe' al di fuori del giudizio a quo, essendone l'oggetto delimitato dalla richiesta di annullamento dell'atto di controllo. Peraltro, come si e' gia' avuto modo di illustrare in precedenza, il Tribunale rimettente, dubitando della rilevanza della questione cosi' sollevata, si propone di pervenire al risultato dell'annullamento della deliberazione comunale, in quanto solo in questo modo, la questione di legittimita' costituzionale della norma sulla quale detta deliberazione si fonda diverrebbe rilevante. Viene pertanto denunciata l'incostituzionalita' delle norme che escludono la possibilita' di reiterare l'esercizio della potesta' di controllo, poiche', qualora quest'ultime fossero dichiarate illegittime assumerebbe automaticamente rilevanza anche la declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma in tema di c.d. offerte anomale, in questo caso, infatti, l'organo di controllo potrebbe annullare la deliberazione comunale per il venir meno della norma che la sorregge. Ma la questione di legittimita' costituzionale della normativa in tema di controlli, dalla cui fondatezza viene ad essere cosi' condizionata la fondatezza dell'altra questione, e' a sua volta irrilevante ai fini della definizione del giudizio a quo. Questo non riguarda affatto l'aspetto della reiterabilita' dell'atto di controllo dopo il suo annullamento in sede giurisdizionale, essendo questa una evenienza estranea all'ambito del giudizio che, circoscritto dal petitum, non richiede al giudice alcuna diretta applicazione di tale normativa. L'irrilevanza della questione riguardante la normativa statale e regionale in tema di controlli, rende a sua volta irrilevante, anche dal punto di vista di questa prospettazione alternativa, la questione di legittimita' costituzionale della norma in tema di c.d. offerte anomale, subordinata dal giudice a quo all'accoglimento dell'altra.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Riuniti i giudizi, dichiara inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto legge 23 settembre 1987, n. 393 (Norme in materia di locazione di immobili a uso non abitativo, di alloggi di edilizia agevolata e di prestiti emessi dalle Ferrovie dello Stato, nonche' interventi per il settore distributivo) e dell'art. 17, comma secondo, della legge 11 marzo 1988, n. 67 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988)), nonche' la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 59 e 60 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 (Costituzione e funzionamento degli organi regionali), 18 e 19 della legge regionale del Piemonte 12 agosto 1976, n. 42 (Norme per il funzionamento dell'organo regionale di controllo), sollevate in riferimento all'art. 97 della Costituzione con le ordinanze indicate in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella Sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 luglio 1989. Il Presidente: SAJA Il redattore: CAIANIELLO Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 18 luglio 1989. Il cancelliere: DI PAOLA 89C0841