N. 452 SENTENZA 19 - 27 luglio 1989

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.  Sanita'
 pubblica- Contenimento della spesa sanitaria- Eccedenza di spesa-
 Impossibilita' di porle a carico dello Stato - Illegittimita'
 costituzionale parziale.
 
 (Legge 1› febbraio 1989, n. 37, art. 2, primo comma).
 
 (Cost., artt. 81, 117, 118 e 119; statuto speciale T.-A.A. artt.   9,
 n. 10, e 16 e l'intero titolo VI).
 
 Sanita' pubblica - Potere di adottare misure dirette a rendere piu'
 specifiche le prescrizioni per la diagnostica strumentale di
 laboratorio - Competenza del Ministro della sanita' - Non e' violata
 l'autonomia regionale - Infondatenza della questione.
 
 (Legge 1› febbraio 1989, n. 37, art. 2, secondo comma, lettere a), b)
 e  c)).
 
 (Cost., artt. 117, 118 e 119).
 
 Sanita' pubblica - Accesso presso le unita' sanitarie locali Potesta'
 di effettuare ispezioni amministrative per la vigilanza  sulle
 UU.SS.LL. e sull'attuazione del piano sanitario nazionale  -
 Competenza del Ministro della sanita' - Non sono violate le norme che
 affidano alle regioni il controllo sugli enti locali  Non fondatezza
 della questione.
 
 (Legge 1› febbraio 1989, n. 37, art. 4, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 125 e 130; statuto speciale T.-A.A. art. 54, n.  5).
 
 Sanita' pubblica - Accesso presso le unita' sanitarie locali -
 Ispezioni amministrative per la vigilanza sulle UU.SS.LL. e per
 l'attuazione del piano sanitario nazionale - Possibilita' per il
 Ministro di valersi di personale comandato - Asserita violazione del
 principio di buon andamento della p.a. e delle competenze regionali -
 Insussistenza - Non fondatezza della questione.  (Legge 1› febbraio
 1989, n. 37, art. 4, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 97, 117 e 118).
(GU n.31 del 2-8-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO,
    dott.  Francesco  GRECO,  prof.  Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele
 PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI,
    prof.  Francesco  Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.
 Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 2, primo e
 secondo comma, e 4, secondo comma, della legge 1› febbraio  1989,  n.
 37  (Contenimento  della spesa sanitaria), promossi con ricorsi delle
 Regioni Emilia-Romagna e Lombardia  e  della  Provincia  autonoma  di
 Trento, notificati l'11 marzo 1989, depositati in cancelleria il 17 e
 il 21 successivi ed iscritti ai nn. 17, 18 e 19 del registro  ricorsi
 1989;
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 4 luglio 1989 il Giudice relatore
 Antonio Baldassarre;
    Uditi gli Avvocati Alberto Predieri per la Regione Emilia-Romagna,
 Gualtiero Rueca per la Regione Lombardia e per la Provincia  autonoma
 di  Trento  e l'Avvocato dello Stato Giorgio Zagari per il Presidente
 del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ricorso ritualmente notificato e depositato la Regione
 Emilia-Romagna ha sollevato questione di legittimita'  costituzionale
 degli artt. 2, primo e secondo comma, e 4, secondo comma, della legge
 1› febbraio 1989, n. 37 (Contenimento  della  spesa  sanitaria),  per
 violazione  degli  artt. 117, 118, 119, 125 e 130 della Costituzione,
 nonche' in relazione al combinato disposto degli ultimi due  articoli
 menzionati e gli artt. 3, primo comma, e 97 della Costituzione.
    L'art. 2, primo comma, della legge impugnata, violerebbe gli artt.
 117, 118 e 119 Cost., in quanto, nel porre  a  carico  delle  regioni
 l'eventuale  sfondamento  del  tetto previsto per la spesa causata da
 prestazioni specialistiche in  regime  di  convenzionamento  esterno,
 addosserebbe  alle  regioni stesse, in contrasto con quanto stabilito
 da  questa  Corte  con  sentenza  n.   245   del   1984,   anche   la
 responsabilita'  di  spese  da  esse  non  governabili, dipendenti da
 centri decisionali statali o da prescrizioni  di  medici  adottate  a
 tutela del diritto alla salute dei cittadini.
    Ad  avviso  della ricorrente, anche l'art. 2, secondo comma, della
 legge n. 37 del 1989 lederebbe le competenze  regionali,  in  quanto,
 nel prevedere l'intervento del Ministro della sanita' sulle scelte di
 merito, sul coordinamento, sulle prescrizioni per  la  diagnostica  e
 sulla    razionalizzazione   della   diagnostica   strumentale,   gli
 attribuirebbe poteri di estrema genericita', comportanti sia atti  di
 carattere  puntuale,  sia  atti  normativi,  sia misure sostitutive o
 sanzionatorie nei confronti delle regioni.
    Infine,  l'art. 4, secondo comma, della legge impugnata violerebbe
 gli artt. 125 e 130 della Costituzione e, in connessione con  questi,
 gli  artt.  3  e 97 della Costituzione. Nel disciplinare il potere di
 accesso presso le unita' sanitarie locali  disposto  dal  Ministro  e
 nell'integrare  tale potere con quello di effettuare ispezioni per la
 vigilanza della  gestione  delle  predette  unita'  sanitarie  e  per
 l'attuazione  del  piano sanitario nazionale, l'art. 4, per un verso,
 contemplerebbe forme di controllo la cui disciplina dovrebbe spettare
 alle   regioni  e,  per  altro  verso,  violerebbe  l'art.  97  della
 Costituzione, giacche' configurerebbe il Ministro della sanita'  come
 un  superiore  gerarchico  delle  unita'  sanitarie  locali  o  delle
 regioni.
    Secondo   la   ricorrente,   l'articolo   impugnato  comporterebbe
 un'ulteriore lesione delle competenze regionali a partire dal momento
 dell'adozione  del  piano  sanitario  nazionale  e  della conseguente
 estensione dei poteri di vigilanza ministeriale ai piani regionali di
 attuazione.  Esso,  infatti,  configurerebbe  una  potesta' del tutto
 libera, per nulla "funzionale a scelte operate  dala  legge"  (contro
 quanto  affermato  dalla  sent.  n.  64  del 1987 di questa Corte) ed
 aggiuntiva rispetto al sistema dei controlli previsto dagli artt. 125
 e  130 della Costituzione. Ed anche se la potesta' prevista dall'art.
 4  fosse  considerata,  non  gia'  come  attivita'  di  controllo   o
 strumentale,  bensi'  come  potere  autonomo  e  finale,  si  sarebbe
 comunque in presenza di  una  norma  illegittima,  in  quanto  questa
 prevede  un  potere  che  non avrebbe i requisiti di validita' propri
 della funzione statale di indirizzo e di coordinamento.
    Da  ultimo,  la  ricorrente  ravvisa  una lesione delle competenze
 regionali sulla disciplina  degli  organici  delle  unita'  sanitarie
 locali allorche' l'art. 4 prevede la sottrazione di duecentocinquanta
 unita' di personale delle stesse unita'  sanitarie  locali  comandato
 presso il Ministero della sanita'.
    2. - Con un ricorso ritualmente notificato e depositato la Regione
 Lombardia ha impugnato gli  stessi  articoli  di  legge  oggetto  del
 precedente  ricorso  per  violazione  degli artt. 117, 118, 119 e 130
 della Costituzione, anche in relazione all'art. 27 della legge n. 468
 del  1978,  agli artt. 5, 6, 11, 15, 19, 25, 43, 48-50, 51 e 55 della
 legge n. 833 del 1978, all'art. 13  della  legge  n.  181  del  1982,
 all'art.  19,  primo  comma, della legge n. 67 del 1988 e all'art. 2,
 lett. d, della legge n. 400 del 1988.
    L'art.  2,  primo  comma, e' impugnato dalla Regione Lombardia con
 motivi analoghi a quelli addotti dal ricorso esaminato in precedenza.
 Piu'  in  particolare,  la  ricorrente  sottolinea come esso violi il
 principio di copertura finanziaria  (art.  81,  quarto  comma,  della
 Costituzione) che, in forza dell'art. 27 della legge n. 468 del 1978,
 si estende anche alle spese accollate da leggi statali  ad  enti  del
 settore  pubblico allargato. Oltre alla ricordata sentenza n. 245 del
 1984, porterebbe a tale conclusione la circostanza che la legge n. 37
 del  1989  non  avrebbe  adottato  una  disciplina  sostanziale delle
 prestazioni sanitarie in questione vo'lta a contenere  la  spesa  nei
 limiti  delle  assegnazioni  stabilite. E, poiche' per le prestazioni
 specialistiche - a  differenza,  ad  esempio,  delle  prestazioni  di
 diagnostica  strumentale  e di laboratorio - trova piena esplicazione
 il diritto del cittadino alla libera  scelta  del  medico  (art.  19,
 secondo  comma, della legge n. 833 del 1978), la regione non potrebbe
 costringere  gli  assistiti  ad  avvalersi  dei  presidi  dell'unita'
 sanitaria  locale  anziche'  di  quelli  convenzionati.  Analogamente
 sfuggirebbero al governo regionale anche le spese per le  prestazioni
 specialistiche  richieste  dagli  assistiti o per quelle in regime di
 convenzionamento  esterno,  regime  che,  insieme  alle  tariffe,  e'
 disciplinato da leggi statali.
    In  relazione  all'art.  2,  secondo  comma, la Regione Lombardia,
 oltre a formulare motivi d'illegittimita' analoghi a  quelli  esposti
 nel  precedente  ricorso,  osserva  che  i  poteri  ministeriali  ivi
 previsti non rispetterebbero le forme e le  procedure  proprie  della
 funzione  di indirizzo e di coordinamento, previste dall'art. 5 della
 legge n. 833 del 1978 e dall'art. 2, lett. d, della legge n. 400  del
 1988.
    Quanto  all'art.  4,  secondo  comma,  la ricorrente osserva che i
 poteri ivi contemplati potrebbero dar luogo a interventi collegati  a
 interessi  non provvisti di un sufficiente grado di infrazionabilita'
 o di non localizzabilita',  contrariamente  a  quanto  richiesto,  in
 particolare, dalla sent. n. 177 del 1986 di questa Corte.
    Infine, sempre secondo la ricorrente, la previsione di un apposito
 corpo   comandato,   sovrapponendosi   alle   disposizioni   relative
 all'attivita'  di  vigilanza  regionale sulle unita' sanitarie locali
 tramite comando di personale tratto dalle unita'  sanitarie  medesime
 (art. 13, terzo comma, della legge n. 181 del 1987) violerebbe l'art.
 97 della Costituzione,  sia  perche'  darebbe  luogo  a  una  inutile
 duplicazione   dello   stesso  potere,  in  conseguenza  della  quale
 Ministero e regioni  si  contenderebbero  il  suddetto  personale  da
 comandare  per  i  servizi  ispettivi, sia perche' ne deriverebbe una
 confusione di competenze e di  ruoli  con  esiti  negativi  tanto  in
 termini di spreco delle risorse, quanto in termini di inefficienza di
 risultati.
    3.  -  La Provincia autonoma di Trento ha ritualmente notificato e
 depositato un ricorso  sostanzialmente  identico  a  quello  proposto
 dalla  Regione Lombardia, invocando la violazione dell'art. 9, n. 10,
 dell'art. 16 e dell'art. 54, n. 5  (concernente  la  vigilanza  e  la
 tutela  sugli  enti o istituti locali), nonche' dell'intero titolo VI
 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R.  31  agosto
 1972, n. 670).
    4.  -  In  tutti  i  giudizi  si  e'  costituito il Presidente del
 Consiglio dei Ministri per chiedere il rigetto dei ricorsi.
    Premesso  che  l'insieme  delle  norme impugnate si inseriscono in
 un'organica  manovra   di   contenimento   della   spesa   sanitaria,
 l'Avvocatura  dello  Stato  osserva  che,  in  particolare,  le norme
 contenute nell'art. 2, primo e secondo comma, mirano a porre un freno
 all'enorme  incremento  delle  spese  per  prestazioni specialistiche
 erogate attraverso il convenzionamento esterno,  incremento  avvenuto
 anche a seguito della soppressione della partecipazione alle spese da
 parte degli utenti, la quale e' stata disposta dalla legge n. 531 del
 1987. Tutte le norme impugnate, comunque, essendo dirette a stimolare
 le regioni e gli enti locali  a  contenere  la  spesa  sanitaria  nel
 settore  considerato,  sarebbero  finalizzate  al perseguimento di un
 interesse unitario  e  non  frazionabile,  come  quello  relativo  al
 governo  della  spesa  sanitaria, in armonia con i principi stabiliti
 dalla sentenza n. 245 del 1984 di questa Corte, secondo la  quale  la
 materia  sanitaria  ha una peculiarita' tutta sua rispetto alle altre
 materie di competenza regionale.
    In   particolare,   poi,   l'art.   2,   primo  comma,  ad  avviso
 dell'Avvocatura dello Stato non contrasterebbe con  l'art.  27  della
 legge n. 468 del 1978, dato che la disposizione cardine dell'articolo
 denunciato sarebbe quella che predetermina l'ammontare della spesa in
 ambito  regionale e che impone agli enti interessati di dispiegare la
 propria attivita' istituzionale nel senso del rispetto  della  misura
 di   contenimento.  In  altre  parole,  secondo  l'Avvocatura,  dalla
 puntuale applicazione di  tale  norma  non  deriverebbe  alcun  onere
 finanziario a carico delle regioni.
    Riguardo  all'art.  2,  secondo  comma,  l'Avvocatura  dello Stato
 sostiene che i  poteri  ivi  previsti  rientrerebbero  nel  legittimo
 ambito  della  funzione  statale  di indirizzo e di coordinamento, in
 quanto avrebbero un fondamento legislativo nelle norme finalizzate  a
 reprimere  l'abuso  del ricorso a prestazioni specialistiche a regime
 convenzionato  e  sarebbero  frutto  di  una  specifica   investitura
 legislativa del relativo potere al Ministro della sanita'. Del resto,
 ove tale autorita', nell'esercizio dei suoi poteri,  esorbitasse  dai
 limiti propri della funzione, le regioni non sarebbero prive di mezzi
 per tutelarsi di fronte ad eventuali illegittimita'.
    Infine,  riguardo  all'art. 4, l'Avvocatura dello Stato, dopo aver
 sottolineato  che  tale  norma  e'  stata  adottata   in   attuazione
 dell'istituto  dell'accesso  previsto dall'art. 2, sesto comma, della
 legge n. 733 del 1984, osserva che integrare i  poteri  di  vigilanza
 regionali  al  fine  del miglior funzionamento del servizio sanitario
 nazionale sarebbe un preciso compito dello Stato in base al principio
 di "leale cooperazione".
    5.  -  In  prossimita'  dell'udienza  la  Regione  Lombardia  e la
 Provincia autonoma di Trento hanno presentato due distinte memorie di
 identico  contenuto, con le quali, sul piano generale, contestano che
 si sia in presenza di una manovra  organica  sul  contenimento  della
 spesa  sanitaria  e  affermano  che  si  abbia, invece, un insieme di
 misure estemporanee e frammentarie comportanti limiti e vincoli  alle
 regione  e  alle  unita'  sanitarie  locali  cosi' estesi e rigidi da
 impedire a queste ultime qualsiasi  azione  autonoma  programmata  ed
 efficace sul contenimento della spesa sanitaria.
    In  particolare, le ricorrenti contestano che vi sia un legame fra
 l'art. 2, primo  comma,  della  legge  impugnata  e  le  norme  sulla
 partecipazione  degli  assistiti  alla spesa sanitaria (art. 1, primo
 comma, della legge n. 531 del 1987; art. 12 della legge  n.  181  del
 1982)  in  quanto  sono  estranee  a  queste ultime le prestazioni di
 medicina specialistica in senso  stretto,  che  pure  possono  essere
 fornite  in  regime  di  convenzionamento  esterno  (art.  25,  comma
 settimo, della legge n. 833 del 1978). E  del  resto,  aggiungono  le
 ricorrenti,  se la situazione fosse quella descritta dall'Avvocatura,
 verrebbe  automaticamente  dimostrato  che  le   regioni   dovrebbero
 addossarsi  un  onere  derivante dalle scelte statali di sopprimere i
 ticket e di fissare un tetto massimo di spesa parametrato sull'ultimo
 esercizio finanziario (1986) nel quale questi erano ancora in vigore.
 Inoltre, secondo le ricorrenti, si puo' ben dire che  l'obiettivo  di
 contenimento della spesa sanitaria risponda a un interesse unitario e
 generale. Ma qui, a loro avviso, non si discute di questo: si discute
 di  una  particolare  misura  in  base  alla quale sono addossate sul
 bilancio regionale spese derivanti da scelte statali o da prestazioni
 frutto  di  un'insindacabile valutazione medica a tutela della salute
 dei cittadini che gravano obbligatoriamente  sulle  unita'  sanitarie
 locali.
    Riguardo  all'art.  2,  secondo  comma,  le  ricorrenti  replicano
 all'Avvocatura che le procedure d'indirizzo e  di  coordinamento  ivi
 previste  derogano  a  tutte  le  norme di legge preesistenti e che i
 relativi poteri non rispettano il principio di legalita'  sostanziale
 in  quanto  sono  "vincolati"  soltanto  da  una generica indicazione
 finalistica che potrebbe giustificare in concreto  le  piu'  svariate
 misure.
    Riguardo   all'art.   4   le   ricorrenti   contestano  l'opinione
 dell'Avvocatura  sul  preteso  legame  di  attuazione   della   norma
 impugnata  con  l'art.  2,  sesto comma, della legge n. 733 del 1984,
 poiche', mentre in quest'ultimo si parla soltanto  di  un  potere  di
 accesso  agli  uffici  e  alla  documentazione delle unita' sanitarie
 locali in relazione  alle  esigenze  della  programmazione  sanitaria
 nazionale,  nella  norma  impugnata,  invece,  si prevede un ben piu'
 ampio potere di vigilanza,  peraltro  aggiuntivo  rispetto  a  quello
 previsto   dalla   legge   n.   833   del  1978  e  dalle  successive
 modificazioni,  potere  che  e'  del  tutto  scisso  dalla   predetta
 programmazione.
    6.  -  Nel  corso dell'udienza pubblica le parti hanno per lo piu'
 ribadito i loro argomenti. L'Avvocatura  dello  Stato  ha,  tuttavia,
 precisato,  relativamente  all'art. 2, primo comma, della legge n. 37
 del 1989, che l'addossamento alle regioni (o alle province  autonome)
 degli  oneri  derivanti  da  eventuali sfondamenti del tetto di spesa
 prefissato dovrebbe intendersi ristretto alle decisioni  prese  dalle
 regioni stesse nell'ambito delle competenze loro attribuite.
                         Considerato in diritto
    1.  -  I ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna e Lombardia e quello
 della  Provincia  autonoma  di  Trento  contestano  la   legittimita'
 costituzionale  degli  artt.  2,  primo e secondo comma, e 4, secondo
 comma, della legge 1› febbraio 1989, n. 37 (Contenimento della  spesa
 sanitaria) ponendo le seguenti questioni:
       a)   se  l'art.  2,  primo  comma,  nello  stabilire  che  "per
 l'esercizio 1989 la spesa relativa alle prestazioni specialistiche in
 regime  di  convenzionamento  esterno  e'  finanziata  con vincolo di
 destinazione  per  quote  trimestrali  corrispondenti,  in  complesso
 regionale,  agli  oneri  sostenuti  allo stesso titolo nell'esercizio
 finanziario  1986,  integrati  con  le   variazioni   nel   frattempo
 intervenute alle tariffe di convenzione, maggiorati del 10 per cento"
 e nel disporre che "eventuali eccedenze di spesa  non  possono  esser
 poste a carico dello Stato o del Fondo sanitario nazionale", violi il
 principio di ragionevolezza e quello di autonomia  finanziaria  delle
 regioni   in   materia  di  sanita'  (artt.  117,  118  e  119  della
 Costituzione per le regioni a statuto ordinario; artt. 9,  n.  10,  e
 16,  nonche'  l'intero  titolo  VI  dello  Statuto  speciale  per  il
 Trentino-Alto Adige per la Provincia autonoma di Trento),  in  quanto
 pone comunque a carico del bilancio regionale spese di cui le regioni
 (o le province autonome) non hanno in alcun modo il  governo;  ovvero
 se  lo  stesso  art.  2, primo comma, violi il principio di copertura
 finanziaria stabilito  dall'art.  81  della  Costituzione  ed  esteso
 dall'art.  27  della legge n. 468 del 1978 anche alle spese accollate
 dallo Stato agli enti del c.d. settore pubblico allargato;
       b)  se  l'art.  2,  secondo comma - nell'attribuire al Ministro
 della sanita' il potere di adottare varie misure  dirette  a  rendere
 piu'  specifiche  le prescrizioni per la diagnostica strumentale e di
 laboratorio, a razionalizzare e a  coordinare  l'utilizzazione  delle
 strutture  pubbliche  con  compiti  di  diagnostica  strumentale e di
 laboratorio e, infine, a stabilire indirizzi per  la  definizione  da
 parte delle regioni "delle attivita' di day hospital alternative alla
 degenza ospedaliera e all'effettuazione di indagini strumentali e  di
 laboratorio  esulanti  di  norma  dalla  competenza  delle  strutture
 pubbliche extra-ospedaliere" - sia in contrasto con  i  requisiti  di
 validita'  propri  della  funzione  governativa  di  indirizzo  e  di
 coordinamento, in quanto  non  rispetterebbe  le  procedure  previste
 dalle  leggi  statali  per  la  deliberazione  dei relativi atti, non
 osserverebbe il principio di legalita' "sostanziale" e  potrebbe  dar
 luogo  a  misure  concrete  e puntuali che vanificherebbero del tutto
 l'autonomia regionale (o provinciale);
      c) se l'art. 4, secondo comma, integrando il potere ministeriale
 di accesso presso le unita' sanitarie locali per  le  esigenze  della
 programmazione  sanitaria  "con  la  potesta' di effettuare ispezioni
 amministrative per la vigilanza sulla gestione delle unita' sanitarie
 locali  e sull'attuazione del piano sanitario nazionale", si ponga in
 contrasto: con il sistema dei controlli previsto dagli  artt.  125  e
 130  della  Costituzione e, in particolare, con l'art. 130 Cost., che
 affida alle regioni il controllo sugli atti degli  enti  locali;  con
 l'art.  54, n.  5, dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige,
 che assegna alle Province autonome la vigilanza  e  la  tutela  sugli
 enti locali; con il principio del buon andamento dell'amministrazione
 regionale (art. 97 della Costituzione); ovvero, laddove le  attivita'
 contestate  dovessero essere interpretate come attivita' a se' stanti
 e finali (cioe' non di  controllo),  con  i  requisiti  di  validita'
 propri  della  funzione  governativa  di indirizzo e di coordinamento
 (strumentalita' a interessi infrazionabili,  principio  di  legalita'
 sostanziale, etc.);
       d)  se  l'art.  4,  secondo  comma, disponendo nella sua ultima
 proposizione normativa che, al fine di svolgere le ispezioni indicate
 nel  precedente  punto,  il  Ministro della sanita' e' autorizzato ad
 avvalersi  "di  personale   comandato,   fino   a   un   massimo   di
 duecentocinquanta   unita',   da   reperire  prioritariamente  tra  i
 dipendenti delle unita' sanitarie locali", violi le competenze  delle
 regioni  a  statuto  ordinario  sulla disciplina degli organici delle
 unita' sanitarie locali (artt. 117 e 118  della  Costituzione)  o  il
 principio  del  buon  andamento  delle  amministrazioni pubbliche, in
 quanto darebbe luogo a inutili duplicazioni di competenze comportanti
 inefficienze e sprechi di risorse.
    Poiche'  tutti  e  tre  i  ricorsi  esaminati  hanno ad oggetto le
 medesime norme di legge, i relativi giudizi vanno riuniti per  essere
 decisi con un'unica sentenza.
    2.  -  Merita  accoglimento  la  prima delle questioni poste dalle
 ricorrenti (v. sopra, punto 1, sub a),  relativa  all'art.  2,  primo
 comma,  della legge n. 37 del 1989, nella parte in cui prevede che le
 eccedenze di spesa ivi previste non  possano  essere  addossate  allo
 Stato.
    Nell'ambito  di  una  nuova  disciplina concernente le prestazioni
 specialistiche in regime di convenzionamento esterno - vale a dire le
 prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio che le unita'
 sanitarie locali non sono in grado di soddisfare entro quattro giorni
 dalla  richiesta  (art.  25, ottavo e nono comma, come modificati dal
 decreto legge n. 678 del 1981 e dalla legge n.  67  del  1988)  e  le
 prestazioni   specialistiche   che  i  cittadini  possono  richiedere
 indifferentemente  ai  medici  dipendenti  dal   Servizio   sanitario
 nazionale  e  ai  medici convenzionati (art. 19, secondo comma, della
 legge n. 833 del  1978)  -,  la  disposizione  impugnata  prevede  un
 complesso di misure dirette al contenimento delle spese relative alle
 suddette prestazioni. In  particolare,  tali  misure  consistono:  a)
 nello  scorporo delle anzidette spese dal Fondo sanitario nazionale e
 nel loro finanziamento mediante  quote  trimestrali  con  vincolo  di
 destinazione;  b)  nella fissazione di un tetto massimo relativo alle
 stesse spese, il quale corrisponde agli oneri sostenuti  allo  stesso
 titolo  nell'esercizio  finanziario  1986 integrati con le variazioni
 nel frattempo intervenute alle  tariffe  di  convenzione  e  con  una
 maggiorazione  del 10 per cento; c) nella previsione che le eventuali
 eccedenze di spesa non possono essere poste a carico  dello  Stato  o
 del Fondo sanitario nazionale.
    Appare  evidente  che l'ultima delle misure menzionate (sub c), la
 quale e' oggetto della specifica contestazione in esame, parte da  un
 duplice  e  distinto  presupposto giustificativo: per quanto riguarda
 l'esclusione  dell'imputazione  al  Fondo  sanitario   nazionale   di
 eventuali  eccedenze di spesa, si tratta di una misura consequenziale
 allo scorporo dal Fondo stesso delle spese relative alle  prestazioni
 specialistiche  in  regime  di  convenzionamento  esterno; per quanto
 riguarda, invece, l'esclusione  dell'addossamento  allo  Stato  delle
 medesime   eventuali  eccedenze,  la  giustificazione  non  puo'  non
 poggiare sulla valutazione che la responsabilita' di quelle eccedenze
 ricada  per intero sulle regioni (o sulle province autonome). Orbene,
 mentre il motivo che sta a base della prima delle norme ora ricordate
 non  e'  affatto  illogico  e  incoerente  rispetto  alla  disciplina
 predisposta, al contrario la giustificazione che sorregge la  seconda
 norma non puo' ritenersi in armonia con i principi costituzionali che
 regolano la materia.
    Sin  dalla  sentenza  n.  245  del  1984, questa Corte ha tenuto a
 sottolineare che  la  sanita',  sebbene  sia  ricompresa  nell'elenco
 predisposto  dall'art. 117 della Costituzione, "non si risolve in una
 materia pienamente assimilabile  agli  altri  settori  di  competenza
 regionale,  sia  per la particolare intensita' dei limiti cui sono in
 tal  campo  sottoposte  la  legislazione  e  l'amministrazione  delle
 Regioni,  sia  per  le  peculiari  forme e modalita' di finanziamento
 della  relativa  spesa  pubblica,  sia,  soprattutto,  per  i  tipici
 rapporti  che l'ordinamento vigente stabilisce fra le varie specie di
 enti ed organismi cooperanti ed interagenti nella materia  medesima".
 Su  questa base, dopo aver affermato che non si puo' presupporre "che
 le    amministrazioni    regionali    portino    (...)    l'effettiva
 responsabilita'  degli  eventuali  disavanzi delle U.S.L.", in quanto
 gran parte della spesa sanitaria e, fra questa, gli  oneri  derivanti
 dalle prescrizioni mediche, si formano indipendentemente dalle scelte
 regionali (e dalle stesse  deliberazioni  degli  organi  di  gestione
 delle  unita'  sanitarie  locali),  essendo prevalentemente legati al
 soddisfacimento di diritti costituzionalmente  garantiti  e,  quindi,
 essenzialmente  a  scelte di ordine generale degli organi centrali di
 governo dettate dall'esigenza di assicurare  parita'  di  trattamento
 fra  i cittadini, la stessa Corte ha concluso che doveva considerarsi
 costituzionalmente illegittima una norma che imponeva  comunque  alle
 regioni  il  ripiano  del  disavanzo  delle unita' sanitarie locali a
 prescindere dai fattori che l'avessero prodotto.
    La  disciplina  legislativa intervenuta successivamente alle norme
 di legge giudicate con la sentenza  appena  ricordata  non  ha  certo
 spostato  a  favore  delle  regioni  la  responsabilita'  della spesa
 sanitaria,  ivi  compresa  quella  per  le  spese   derivanti   dalle
 prescrizioni mediche. In particolare, il legislatore statale, al fine
 di tentare di far fronte a un considerevole aumento delle  spese  per
 prestazioni  specialistiche  in regime di convenzionamento esterno in
 seguito all'abolizione (a partire dal 1› gennaio 1987) dei ticket, ha
 provveduto,  per  un verso, a reintrodurre questi ultimi e, per altro
 verso, ad affidare, con la legge impugnata, al Ministro della sanita'
 nuovi  poteri finalizzati al contenimento della predetta spesa, fra i
 quali l'adozione di varie  misure  dirette  ad  eliminare  gli  oneri
 derivanti  dalla  prescrizione  incongrua di prestazioni diagnostiche
 (art. 2, secondo comma) e il potere di vigilare sulla gestione  delle
 unita'  sanitarie  locali  utilizzando anche il mezzo delle ispezioni
 amministrative (art. 4, secondo comma). In breve, la legge n. 37  del
 1989   conferma  che,  anche  nella  specifica  materia  sulla  quale
 insistono le norme oggetto della contestazione ora in esame, si e' in
 presenza  di un complesso di responsabilita' in ordine alle decisioni
 pubbliche incidenti  sulla  spesa  che  coinvolge  tanto  gli  organi
 centrali  di  governo  e,  in particolare, il Ministro della sanita',
 quanto le regioni e le unita' sanitarie locali.
    Pertanto,  in  base  ai  principi  gia'  affermati da questa Corte
 (sent. n. 245 del 1984), la previsione contenuta nell'art.  2,  comma
 primo,  della legge n. 37 del 1989, la quale espressamente esclude di
 porre comunque a carico dello Stato le spese eventualmente  eccedenti
 il tetto fissato dallo stesso articolo di legge, e' irragionevolmente
 lesiva dell'autonomia finanziaria  delle  regioni  e  delle  province
 autonome.  La  garanzia  di tale autonomia, infatti, comporta che non
 possano essere addossati al bilancio regionale  (o  provinciale)  gli
 oneri  derivanti  da  decisioni non imputabili alla regione stessa (o
 alla provincia autonoma) o che, comunque, dipendono dall'esigenza  di
 tutelare  interessi  pubblici o diritti costituzionali dei cittadini,
 la cui cura e' affidata dalla Costituzione soltanto in parte - e  non
 certo quella essenziale - alla regione.
    Del resto, la validita' del principio ora ribadito e' riconosciuta
 anche dalla difesa del Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  la
 quale  sembra  richiedere  a  questa  Corte una pronuncia adeguatrice
 diretta a limitare in via interpretativa  l'imputazione  al  bilancio
 regionale  delle  sole  eccedenze  di  spesa  derivanti  da decisioni
 adottate dalle regioni nell'esercizio delle loro competenze.  Ma,  in
 realta',  tale  via  e'  preclusa  dall'assenza di qualsiasi elemento
 testuale o sistematico che possa indurre a siffatta  restrizione  del
 significato  della  disposizione in esame. Sicche' non resta a questa
 Corte che dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2,
 comma   primo,   della   legge   n.  37  del  1989,  in  quanto  pone
 indiscriminatamente a carico del bilancio regionale  (o  provinciale)
 le  eccedenze  di  spesa  relative alle prestazioni specialistiche in
 regime di convenzionamento esterno.
    Resta   consequenzialmente   assorbito   ogni   altro  profilo  di
 legittimita' costituzionale prospettato dalle ricorrenti.
    3.   -  Vanno,  invece,  respinte  le  questioni  di  legittimita'
 costituzionale riguardanti l'art. 2, comma secondo, lett. a), b), c),
 della legge n. 37 del 1989 (v., sopra, punto 1, sub b).
    Per  quanto riguarda il potere del Ministro della sanita' indicato
 nella  lettera  a),  vale  a  dire  il  potere  di  adottare   misure
 finalizzate  "a  specificare  nelle  prescrizioni  per la diagnostica
 strumentale  e  di  laboratorio  le  ipotesi  diagnostiche  cui  sono
 dirette", va innanzitutto escluso che si sia in presenza di un potere
 riconducibile  alla  funzione  (governativa)  di   indirizzo   e   di
 coordinamento,  in quanto, a norma degli artt. 47 e 48 della legge 23
 dicembre 1978, n. 833, la determinazione dei compiti dei medici esula
 dalle  materie  assegnate  alle competenze regionali (o provinciali).
 Per tale motivo cadono le censure  prospettate  dalle  ricorrenti  in
 relazione  alla pretesa invasivita' dell'autonomia regionale da parte
 dei poteri ministeriali ivi previsti, nonche' quelle  attinenti  alla
 pretesa  inosservanza  da  parte dei medesimi poteri dei requisiti di
 validita'  procedurali  e  sostanziali  propri  della   funzione   di
 indirizzo e di coordinamento.
    A quest'ultima funzione, intesa nel suo senso proprio, non possono
 essere  ricondotti  neppure  i  poteri  del  Ministro  della  sanita'
 previsti  nella  lettera  b),  vale  a dire quelli di adottare misure
 finalizzate  "a  razionalizzare   l'utilizzazione   delle   strutture
 pubbliche  con  compiti  di diagnostica strumentale e di laboratorio,
 ospedaliero ed extraospedaliero, e a coordinarle al fine  di  evitare
 duplicazioni  di  strumentazione e di personale addetto e di indagini
 diagnostiche". In tal caso, infatti, si tratta di  interventi  vo'lti
 alla  razionalizzazione  dell'utilizzazione  di  mezzi e di strutture
 aventi compiti di  diagnostica  strumentale  e  di  laboratorio  onde
 evitare  duplicazioni  di strumentazioni, di personale e di indagini,
 che, come questa Corte ha gia' precisato (v. sent. n. 560 del  1988),
 attengono  a  forme  di  coordinamento  aventi  "natura spiccatamente
 tecnica", le quali possono essere esercitate anche dal Ministro della
 sanita',  non  applicandosi  ad esse le regole valide per l'esercizio
 della funzione governativa di indirizzo e di coordinamento (v.  anche
 sentt. nn. 924 del 1988 e 242 del 1989).
    Una conclusione identica a quella raggiunta per le disposizioni da
 ultimo esaminate deve trarsi anche in ordine al potere  del  Ministro
 della  sanita'  di  adottare misure finalizzate "alla definizione, da
 parte  delle  regioni,  (...)  delle  attivita'   di   day   hospital
 alternative  alla  degenza ospedaliera, all'effettuazione di indagini
 strumentali e di laboratorio che di norma  esulano  dalla  competenza
 delle  strutture  pubbliche  extraospedaliere"  (lett.  c).  Con tale
 norma, mentre si impone alle regioni (e alle  province  autonome)  di
 stabilire,  all'atto  in  cui  procederanno alla ristrutturazione dei
 presidi ospedalieri (in base al decreto legge 8 febbraio 1988, n. 27,
 convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1988, n. 109), la
 definizione delle attivita' di day hospital poste in alternativa alla
 degenza  ospedaliera  e all'effettuazione delle indagini diagnostiche
 prima ricordate, nello stesso tempo si attribuisce al Ministro  della
 sanita'   il   potere   di   adottare  "le  misure  finalizzate  alla
 definizione" anzidetta. E' evidente che tali "misure" non possono non
 consistere  in  indirizzi  vo'lti  a  stabilire  i  criteri  generali
 necessari alla definizione  di  quelle  attivita'  secondo  parametri
 tecnici  uniformi.  Pertanto,  poiche',  sulla  base  della ricordata
 giurisprudenza di questa  Corte,  al  coordinamento  tecnico  non  si
 applicano le regole valide per la funzione governativa di indirizzo e
 di coordinamento,  cadono  consequenzialmente  le  censure  poste  al
 riguardo dalle ricorrenti.
    4.  -  E'  infondata  la  questione  concernente l'art. 4, secondo
 comma, nella parte in cui integra il  potere  di  accesso  presso  le
 unita'  sanitarie locali, gia' previsto dall'art. 2, sesto comma, del
 decreto-legge 29 agosto 1984, n. 528 (convertito, con  modificazioni,
 dalla  legge 31 ottobre 1984, n. 733), con "la potesta' di effettuare
 ispezioni  amministrative  per  la  vigilanza,  fra  l'altro,   sulla
 gestione  delle unita' sanitarie locali" (v., sopra, punto 1, sub c).
    Anche  ad  ammettere  che  i  poteri  di  ispezione amministrativa
 rientrino nelle nozioni di controllo fatte proprie dagli artt. 125  e
 130  della  Costituzione,  non  v'e'  dubbio  che, comunque, essi non
 possono essere minimamente ricondotti alla  pur  ampia  tipologia  di
 controlli contenuta nei predetti articoli. Questi ultimi, infatti, si
 riferiscono unicamente a controlli (di legittimita' e di  merito)  su
 atti,  mentre  la  norma  impugnata prevede controlli su attivita' o,
 piu' precisamente, sulla gestione delle unita' sanitarie locali.
    Nel  caso,  in  particolare,  si  e'  in  presenza  di  un  potere
 ispettivo, legato a una piu' ampia  funzione  di  vigilanza,  che  lo
 Stato  puo' giustificatamente esercitare in vista dell'attivazione di
 meccanismi diretti  ad  accertare  la  responsabilita'  delle  unita'
 sanitarie locali per la lesione di interessi pubblici attribuiti alla
 cura  dello  Stato  medesimo.  Poiche',  come  si  e'  precisato   in
 precedenza,  lo  Stato  ha una responsabilita' concorrente con quella
 delle regioni (e delle province autonome) in ordine  al  contenimento
 della  spesa  sanitaria  relativa  alle prestazioni specialistiche in
 regime  di  convenzionamento  esterno,  non   e'   costituzionalmente
 illegittima  una  disposizione,  come  quella impugnata, che consente
 all'amministrazione sanitaria dello Stato di procedere  ad  ispezioni
 onde   intervenire   tempestivamente,   nei  limiti  degli  interessi
 attribuiti alla sua cura, al fine  di  prevenire  o  porre  riparo  a
 situazioni di consumo abnorme.
    Del  resto,  che  in  ipotesi  ricorra  un  interesse  generale di
 spettanza statale non e'  contestato  neppure  dalle  ricorrenti,  le
 quali  paventano,  piuttosto,  che  il  potere  previsto  dalla norma
 impugnata possa essere esercitato anche in casi nei  quali  ricorrano
 interessi  meramente locali. Ma e' evidente che tale eventualita' non
 puo' portare a una  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
 della  norma  che  prevede  il  relativo  potere,  tanto piu' che non
 mancano certo alle regioni mezzi ulteriori di tutela  giuridica,  ove
 siano poste in essere modalita' di esercizio di quel potere contrarie
 alle ripartizione delle competenze fra lo Stato e le  regioni  (o  le
 province autonome).
    Ne'  si  puo' ritenere che, prevedendo un potere statale parallelo
 ad un analogo potere regionale, la norma impugnata sia  irragionevole
 in  quanto  puo'  esser  causa  di duplicazioni, di inefficienze e di
 sprechi,  con  violazione  del  principio  costituzionale  del   buon
 andamento  delle  amministrazioni  pubbliche (art. 97). Va precisato,
 innanzitutto, che i poteri  di  cui  si  discute  hanno  ciascuno  un
 proprio  raggio  di azione, potendo essere esercitati soltanto per la
 tutela di fini affidati alla cura dell'ente  (Stato  o  regione)  cui
 quei poteri sono attribuiti.
    Puo'  darsi,  tuttavia,  che  il concreto esercizio dei poteri ora
 definiti avvenga in modo  tale  da  dar  luogo  a  duplicazioni  o  a
 parziali  sovrapposizioni.  Ma,  in  proposito,  questa Corte ha piu'
 volte  affermato  che   quando   ricorrano   ipotesi   di   possibile
 interferenza  tra  poteri  regionali  e poteri statali, questi devono
 esser esercitati  nel  rispetto  del  principio  generale  di  "leale
 cooperazione"  e,  quindi,  sulla  base  di  accordi (nel caso che il
 potere ispettivo abbia ad oggetto anche attivita' di competenza delle
 regioni),  di  pareri o di contatti, vo'lti ad evitare duplicazioni o
 inefficienze. Del resto,  ove  nell'applicazione  della  disposizione
 impugnata non si seguissero le procedure di raccordo ora indicate, le
 regioni (e le province autonome) potrebbero  avvalersi  di  ulteriori
 mezzi di tutela giuridica.
    5.  -  Il  potere  del  Ministro  della  sanita'  di avvalersi del
 personale comandato al fine di  svolgere  le  predette  ispezioni  e'
 oggetto  di  una specifica contestazione (v., sopra, punto 1, sub d),
 che deve, tuttavia, ritenersi non fondata.
    Non  si puo' individuare una lesione delle competenze regionale (e
 provinciali) in materia di organici delle unita' sanitarie locali  in
 relazione  a  una  disposizione,  come  quella impugnata, la quale si
 limita a prevedere la possibilita' che il Ministro della  sanita'  si
 avvalga  di  personale  comandato,  fino  a un contingente massimo di
 duecentocinquanta  unita',  da  reperire   prioritariamente   tra   i
 dipendenti  delle  unita'  sanitarie  locali,  al fine di svolgere le
 ispezioni  previste  dallo  stesso  art.  4,  secondo   comma.   Tale
 disposizione,  infatti,  non  tocca minimamente ne' la disciplina dei
 comandi, ne' la materia degli organici delle unita' sanitarie  locali
 e, pertanto, lascia intatte le relative competenze regionali.
    Le  considerazioni  svolte  nel punto precedente della motivazione
 portano ad escludere anche la fondatezza  dell'ulteriore  profilo  di
 legittimita'  costituzionale,  sollevato  dalla  Regione  Lombardia e
 dalla Provincia autonoma di  Trento,  relativo  alla  violazione  del
 principio del buon andamento delle amministrazioni pubbliche (art. 97
 della Costituzione).
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
      dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  primo
 comma, della legge 1› febbraio 1989, n. 37 (Contenimento della  spesa
 sanitaria),  nella  parte  in  cui dispone che eventuali eccedenze di
 spesa non possono essere poste a carico dello Stato;
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 2, secondo comma, della predetta  legge  n.  37  del  1989,
 sollevata,   con  i  ricorsi  indicati  in  epigrafe,  dalle  Regioni
 Emilia-Romagna e Lombardia, in riferimento agli artt. 117 e 118 della
 Costituzione,  come  attuati  dagli artt. 4 (recte: 5) della legge 23
 dicembre 1978, n. 833 e dall'art. 2, lettera d, della legge 23 agosto
 1988,  n.  400,  e dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento
 agli artt. 9 e 16 dello Statuto speciale per il  Trentino-Alto  Adige
 (d.P.R.  31  agosto  1972, n. 670), nell'attuazione avuta dalle leggi
 prima menzionate;
      dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
 dell'art. 4, secondo comma, della predetta  legge  n.  37  del  1989,
 sollevate,   in   riferimento   agli   artt.  97,  117  e  118  della
 Costituzione, dalla Regione Emilia-Romagna; in riferimento agli artt.
 117  e  118 della Costituzione, come attuati dagli artt. 11, 15, 43 e
 49 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, nonche'  all'art.  97  della
 Costituzione,  dalla  Regione  Lombardia;  in riferimento all'art. 97
 della Costituzione, all'art. 54, n. 5 dello Statuto speciale  per  il
 Trentino-Alto  Adige  (d.P.R.  31  agosto 1972, n. 670), nonche' agli
 artt. 9 e 16 dello stesso Statuto, come  attuati  dalle  leggi  prima
 indicate, dalla Provincia autonoma di Trento.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 19 luglio 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                       Il redattore: BALDASSARRE
                        Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 27 luglio 1989.
                        Il cancelliere: DI PAOLA
 89C0886