N. 463 ORDINANZA 19 - 27 luglio 1989

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Successione legittima - Donazione in danaro - Riunione fittizia -
 Rivalutazione monetaria - Esclusione - Richiesta di sentenza additiva
 - Discrezionalita' legislativa - Manifesta inammissibilita'.
 
 (Cod. civ., artt. 556, 564, secondo comma, e 751).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.33 del 16-8-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo  CASAVOLA,  prof.  Antonio  BALDASSARRE,  avv.  Mauro
 FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 556, 564,
 secondo comma e 451  del  codice  civile,  promosso  con  l'ordinanza
 emessa il 9 maggio 1985 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nel
 procedimento civile  vertente  tra  Gaglione  Margherita  e  Gaglione
 Giuseppe  ed  altri,  iscritta al n. 16 del registro ordinanze 1989 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  5,  prima
 serie speciale dell'anno 1989;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 12 aprile 1989 il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Ritenuto che, nel corso di un giudizio di riduzione per lesione di
 legittima, nel quale il coerede convenuto ha chiesto la rivalutazione
 di  una somma di danaro donata dal de cuius all'attore senza dispensa
 dall'imputazione, il Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha  sollevato
 questione  di  legittimita'  costituzionale  "degli  artt.  556, 564,
 secondo comma, cod. civ., nelle parti in cui richiamano l'art. 751, e
 dello stesso art. 751, in riferimento all'art. 3 della Costituzione";
      che il giudice remittente ritiene irrazionale l'applicazione del
 principio  nominalistico  in  materia  di  riunione  fittizia  e   di
 imputazione  del  danaro donato, ai fini del calcolo della legittima,
 oppure di collazione ereditaria, considerato che "il bene donato  non
 viene   in   considerazione   come   mezzo   di  adempimento  di  una
 obbligazione, ma come rappresentativo di  una  parte  del  patrimonio
 ereditario", attribuita al donatario a titolo di anticipo sulla quota
 ereditaria spettantegli, di guisa che la donazione  di  danaro,  come
 ogni  altra  donazione, non puo' sottrarsi a valutazione alla stregua
 del  valore  di  corso  della  specie  monetaria  donata  al  momento
 dell'apertura della successione;
      che nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura  dello
 Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata inammissibile,
 perche',  come  ha  gia'  rilevato  la  sentenza  n.  230  del   1985
 pronunziando  sulla  medesima  questione,  si  chiede  alla Corte una
 sentenza additiva non rientrante nei  suoi  poteri  istituzionali  in
 quanto  postula  una  scelta  tra varie possibilita' di modificazione
 della norma impugnata; e comunque  infondata,  perche'  "tra  i  beni
 mobili e immobili e il bene moneta non esiste alcuna omogeneita'";
    Considerato  che,  non  essendo ipotizzabile una soluzione rigida,
 che  nell'art.  751  cod.civ.  sostituisca   incondizionatamente   il
 principio   valoristico  al  principio  nominalistico,  la  sollevata
 questione non puo' essere interpretata se non  nel  senso  che  viene
 chiesta alla Corte una sentenza modulatrice della normativa di cui e'
 causa mediante l'inserimento della previsione di certe condizioni  di
 fatto   in  presenza  delle  quali  non  troverebbe  applicazione  il
 principio nominalistico;
      che  inoltre  una  simile  previsione comporterebbe, nella parte
 dispositiva,  l'ulteriore  scelta  tra  due  possibili   criteri   di
 commisurazione  del  valore  da  imputare,  l'uno riferito alla somma
 rivalutata secondo gli indici di deprezzamento della moneta,  l'altro
 riferito  al  valore  di mercato, al momento dell'aperta successione,
 dei beni in cui la somma e' stata investita;
      che  tali scelte tra varie soluzioni astrattamente possibili, le
 quali coinvolgono valutazioni  non  solo  di  equita',  ma  anche  di
 politica  monetaria  dello Stato, esulano dai poteri istituzionali di
 questa Corte, essendo riservate al legislatore;
    Visti  gli  artt.  26  della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle
 Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della  questione  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 556, 564,  secondo  comma,  e
 751  del  codice  civile,  sollevata, in riferimento all'art. 3 della
 Costituzione, dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere con  l'ordinanza
 indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 19 luglio 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                         Il redattore: MENGONI
                        Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 27 luglio 1989.
                        Il cancelliere: DI PAOLA
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