N. 479 ORDINANZA 19 - 31 luglio 1989

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Religione - Reati contro la religione cattolica - Vilipendio di un
 ministro del culto cattolico - Indeterminatezza della fattispecie
 criminosa - Difetto di motivazione - Manifesta inammissibilita'.
 
 (C.p., art. 403, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 2 e 3, primo e secondo comma, 21, 25, secondo comma, e
 27, primo e terzo comma).
(GU n.33 del 16-8-1989 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Francesco SAJA;
 Giudici:  prof.  Giovanni  CONSO,  prof.  Ettore  GALLO,  dott.  Aldo
 CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco  GRECO,  prof.
 Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
 Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 403 del codice
 penale, promosso con ordinanza emessa il 29 dicembre 1988 dal Pretore
 di  Orvieto  nel  procedimento  penale  a  carico di Manciati Eloisa,
 iscritta al n. 184 del registro ordinanze  1989  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  14, prima serie speciale,
 dell'anno 1989;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  5 luglio 1989 il Giudice
 relatore Giovanni Conso;
    Ritenuto  che,  nel  corso  del  procedimento  penale  a carico di
 Manciati Eloisa, imputata del reato previsto dall'art.  403,  secondo
 comma,  del  codice  penale,  il  Pretore di Orvieto ha sollevato, in
 riferimento agli artt.2, 3, 21, 25, secondo  comma,  e  27,  primo  e
 terzo  comma, della Costituzione, questione di legittimita' dell'art.
 403, secondo comma, del codice penale, in forza del quale si  applica
 la  reclusione  da  uno  a  tre anni a chi offende la religione dello
 Stato mediante vilipendio di un ministro del culto cattolico;
      che  nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato,  chiedendo  che  la questione sia dichiarata infondata perche'
 sostanzialmente gia' dichiarata tale con la sentenza n. 188 del 1975;
    Considerato    che    la   questione   viene   proposta   muovendo
 dall'indimostrato  presupposto  che  la  fattispecie  all'esame   del
 Pretore,  integrata  com'e'  da  espressioni  ritenute  offensive nei
 confronti del Capo della Chiesa cattolica, il quale e' anche il  Capo
 dello  Stato della Citta' del Vaticano, sia riconducibile nell'ambito
 dell'art. 403, secondo comma, del codice penale (norma da  porre,  se
 del  caso, in relazione all'art. 406), anziche' nell'ambito dell'art.
 297 del codice penale, come si ricaverebbe dalla giurisprudenza della
 Corte di cassazione;
      che  a tale premessa si accompagna l'erroneo rilievo che, con la
 sentenza n. 925 del 1988,  questa  Corte  avrebbe  "riconosciuto...il
 principio della religione cattolica come sola religione dello Stato",
 mentre  nella  citata  decisione  e'  stato,   invece,   sottolineato
 "l'innegabile  venir meno del significato originario dell'espressione
 'religione dello Stato'", cosi' da averne "acquistato  uno  diverso",
 "cioe',  il  significato  di  'religione  cattolica',  in quanto gia'
 religione dello Stato,  qualificazione  il  cui  superamento  risulta
 formalmente  sancito  con  l'entrata  in  vigore della legge 25 marzo
 1985, n. 121";
      che  la legittimita' costituzionale della norma denunciata viene
 posta in dubbio in base alla constatazione che nelle  "manifestazioni
 integranti   vilipendio"   il  soggetto  non  sarebbe  "in  grado  di
 distinguere con sufficiente certezza il confine tra manifestazione di
 pensiero  consentita  e  manifestazione  di pensiero non consentita e
 quindi di  valutare  a  priori  la  liceita'  o  meno  della  propria
 condotta",   e   cio'  in  quanto  "la  progressiva  riduzione  della
 sensibilita'  della  pubblica   opinione   soprattutto   in   materia
 religiosa...ha indotto Giudici di merito ad espungere dall'ambito del
 vilipendio comportamenti che vi rientrano a pieno titolo";
      che,  comunque,  la lamentata indeterminatezza della fattispecie
 criminosa, donde  il  denunciato  contrasto  dell'art.  403,  secondo
 comma,  del  codice  penale,  con i princi'pi costituzionali invocati
 (alcuni, peraltro, senza la minima motivazione: cosi' si dica per gli
 artt.  2,  3,  1›  e  2›  comma, e 27), non sembra conciliarsi con la
 precedente affermazione che "il concetto  di  vilipendio  ricomprende
 etimologicamente  come  pure  nell'interpretazione  giurisprudenziale
 ogni manifestazione pubblica di disprezzo o  anche  semplicemente  di
 scherno  nei  confronti  dell'oggetto di tutela penale, a prescindere
 dalla volgarita' o meno delle espressioni dei  gesti  o  dei  disegni
 utilizzati  per  manifestarla,  rimanendone cosi' escluse soltanto la
 critica e la censura esposte in termini corretti";
      che,   di   conseguenza,   la   questione   prospettata  risulta
 manifestamente inammissibile;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 403, secondo comma, del  codice
 penale,  sollevata,  in  riferimento agli artt. 2, 3, primo e secondo
 comma, 21, 25, secondo  comma  e  27,  primo  e  terzo  comma,  della
 Costituzione dal Pretore di Orvieto con ordinanza 29 dicembre 1988.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 19 luglio 1989.
                          Il Presidente: SAJA
                          Il redattore: CONSO
                        Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 31 luglio 1989.
                        Il cancelliere: DI PAOLA
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