N. 371 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 aprile 1989
N. 371 Ordinanza emessa il 10 aprile 1989 dalla commissione tributaria di primo grado di Verbania sul ricorso proposto da Girardello Antonio e l'ufficio imposte dirette di Arona Imposte in genere - Commissioni tributarie di primo grado - Mancata imposizione legislativa di mantenere il segreto della camera di consiglio - Lamentata inesistenza di una condizione di indipendenza del giudice - Disparita' di trattamento tra i giudici tributari e tutti gli altri giudici ai quali, invece, tale segreto e' imposto - Riferimento a ordinanza (di restituzione di atti) n. 146/1989. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 20, terzo comma, 28, primo comma, modificato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739). (Cost., artt. 3 e 108).(GU n.35 del 30-8-1989 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso prodotto da Girardello Antonio, residente in Milano, via De Sanctis n. 74, avverso l'uffico imposte dirette di Arona; Letti gli atti; Sentito il dott. Francesco Pinzino per l'ufficio imposte dirette di Arona; Udito il relatore Mario Piscitello; RITENUTO IN FATTO Girardello Antonio, residente in Milano, via De Sanctis, 74, in data 9 febbraio 1989 proponeva ricorso contro le iscrizioni a ruolo - relative alla dichiarazione integrativa di cui alla legge 7 agosto 1982, n. 516 (condono) dallo stesso presentata al centro di servizio delle imposte dirette di Milano in data 16 novembre 1982 - di complessive L. 246.558.000 per Irpef ed Ilor 1979 e 1980, di cui alla cartella esattoriale n. 9005143, notificatagli in data 1ยบ febbraio 1989. Il riccorrente eccepiva l'esistenza di un errore materiale nella liquidazione delle imposte da lui dovute e la violazione di alcuni articoli del d.-l. n. 429/1982, convertito nella legge 7 agosto 1982, n. 516, e chiedeva, in via principale, l'annullamento delle anzidette iscrizioni a ruolo e, in via subordinata, la trasmissione degli atti al centro di servizio di Milano per la riliquidazione della sua domanda di condono. L'ufficio imposte dirette di Arona non presentava deduzioni scritte. La decisione del presente ricorso, a parere di questo collegio, deve essere preceduta dalla soluzione di una questione di leggittimita' costituzionale, gaia' sollevata da questa stessa commissione tributaria, e per la quale la Corte costituzionale (ordinanza n. 146/1989) ha disposto la restituzione degli atti per un riesame della questione alla stregua di nuove norme (art. 16, secondo e terzo comma, della legge 13 aprile 1988, n. 117 "Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilita' civile dei magistrati"). Con l'ordinanza emessa il 21 marzo 1988 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 31/1988) questa commissione tributaria di primo grado aveva sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 20, terzo comma, e 28, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nel testo novellato dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, nella parte in cui non prevedono per i componenti delle commissioni tributarie l'obbligo del segreto sulla camera di consiglio, ed in particolare, sul processo di formazione della decisione del collegio, in riferimento all'art. 108, secondo comma, e all'art. 3, primo comma, della Costituzione, in quanto risulterebbe leso il principio dell'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali e si verificherebbe disparita' di trattamento nei confronti di tutti gli altri giudici per i quali vige il rispetto del segreto della camera di consiglio. Questo collegio, accogliendo l'invito ad un nuovo esame della questione alla stregua delle nuove norme, deve preliminarmente ripetere quanto e' stato affermato nella ordinanza del 21 marzo 1988. A tutti i giudici, ma non anche ai giudici tributari, e' espressamente imposto il dovere di mantenere il segreto sulla camera di consiglio ed, in particolare, sul processo di formazione della decisione del collegio. Per il giudice penale l'art. 473 del c.p.p. stabilisce che "la deliberazione e' sempre segreta..." e per il giudice civile l'art. 276 del c.p.c. afferma che "la decisione e' deliberata in segreto nella camera di consiglio". E disposizioni analoghe sono previste per gli altri giudici. Per quanto riguarda, invece, i giudici tributari le norme sul contenzioso tributario prevedono soltanto che le decisioni debbano essere adottate in camera di consiglio (e quindi non nella sala di udienza), ma non vi e' alcuna norma che imponga ai suddetti giudici di mantenere il segreto su quanto e' avvenuto in camera di consiglio e quindi sui voti espressi dai componenti il collegio (art. 20, terzo comma; art. 28, primo comma, del d.P.R. n. 636/1972, nel testo novellato dal d.P.R. n. 739/1981). E' pur vero che l'art. 39 del d.P.R. n. 636/1972 dichiara applicabili ai procedimenti che si svolgono davanti alle commissioni tributarie quasi tutti le norme contenute nel libro primo del codice di procedura civile, ma il citato art. 276 e' compreso tra gli articoli del libro secondo del suddetto codice. Pertanto, in base alle anzidette norme, ancora in vigore per quanto risulta a questo collegio, il giudice tributario che rimanesse in minoranza potrebbe pubblicamente manifestare la sua opinione di dissenso dalla decisione adottata dal collegio, senza con cio' incorrere nel reato previsto dall'art. 326 del c.p. (rivelazione di segreti di ufficio) ne' in sanzioni disciplinari. E dovrebbe anche ritenersi lecita - in quanto non vietata da alcuna norma - l'indicazione in calce al provvedimento, che la decisione e' stata adottata dalla commissione tributaria all'unanimita' o a maggioranza con la menzione, in questa seconda ipotesi, dei giudici favorevoli e dei giudici contrari. E' pur vero - come ha rilevato la Corte costituzionale nell'ordinanza n. 146/1989 - che anche i provvedimenti delle commissioni tributarie, in base la terzo comma dell'art. 16 della legge n. 117/1988, si applicano le norme di cui al secondo comma dell'articolo anzidetto, il quale prevede che "Dei provvedimenti collegiali puo', se uno dei componenti dell'organo collegiale lo richiede, essere compilato sommario processo verbale, il quale deve contenere la menzione dell'unanimita' della decisione o del dissenso, succintamente motivato che qualcuno dei componenti del collegio, da indicare nominativamentee, abbia eventualmente espresso su ciascuna delle questioni decise. Il verbale... sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso, e' conservato a cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell'ufficio". Queste norme, a parere di questo collegio, non solo non hanno abrogato, neppure tacitamente, le disposizioni sopra citate (art. 473 del c.p.p.; art. 276 del c.p.c.; art. 20, terzo comma, art. 28, primo comma, del d.P.R. n. 636/1972, nel testo novellato con il d.P.R. n. 739/1981) e quindi non disciplinato ex novo la camera di consiglio, ma non impongono ai componenti il collegio l'obbligo della segretezza sulla camera di consiglio ed, in particolare, sul processo di formazione della decisione ne' vietano di indicare in calce al provvedimento che la decisione e' stata adottata all'unanimita' o a maggioranza con la menzione, in questa seconda ipotesi, dei giudici favorevoli e dei giudici contrari. La norma di cui all'art. 16, secondo comma, della legge n. 117/1988, a parere di questo collegio, prevede soltanto, ai fini dell'eventuale responsabilita' civile dei magistrati, che venga redatto un sommario processo verbale - e non sempre ma soltanto quando almeno uno dei componenti dell'organo collegiale lo richieda - il quale dovra' contenere la menzione dell'unanimita' della decisione o del dissenso succintamente motivato. Il verbale, dopo essere stato sottoscritto da tutti i componenti del collegio, dovra' essere conservato in un plico sigillato. Questo e non altro, a parere di questo collegio, e' il significato dell'art. 16, secondo comma, della legge n. 117/1988. Le norme sul contenzionso tributario (art. 20, terzo comma, e 28, primo comma, del d.P.R. n. 636/1972, nel testo novellato dal d.P.R. n. 739/1981), in quanto non prevedono la segretezza della camera di consiglio - se la segretezza della camera di consiglio e' una condizione di indipendenza del giudice - come e' stato scritto da questa commissione tributaria nell'ordinanza emessa il 21 marzo 1988, potrebbero essere in contrasto con l'art. 108, secondo comma, della Costituzione. Questo collegio, pero', conosce il recente insegnamento della Corte costituzionale (sentenza n. 18/1989) secondo la quale "nessuna norma costituzionale stabilisce il segreto delle deliberazioni degli organi giudiziari quale garanzia della loro indipendenza; ne' a tal fine impone il segreto sull'esistenza di opinioni dissenzienti all'interno del collegio... Tale segreto costituisce materia di scelta legislativa e nulla ha a che vedere con la garanzia dell'indipendenza dei giudici. E' da ribadire, al riguardo, che l'indipendenza e' un valore morale, che si realizza in tutta la sua pienezza, proprio quando si esplica nella trasparenza del comportamento". La presente questione di legittimita' costituzionale, pertanto, almeno in relazione all'art. 108, secondo comma, della Costituzione, potrebbe essere ritenuta infondata, ma questo collegio, data l'importanza della questione, ritiene di doverla riproporre. Sussiste, pero', il dubbio che le citate norme sul contenzioso tributario possano essere illegittime in relazione all'art 3, primo comma, della Costituzione, in quanto vi e' disparita' di trattamento, senza alcuna razionale giustificazione, tra i componenti delle commissioni tributarie e tutti gli altri giudici per i quali vige, invece, il dovere del segreto sulla camera di consiglio. Questa disparita' di trattamento potrebbe e dovrebbe essere rimossa, o introducendo anche per i giudici tributari il dovere del segreto sulla camera di consiglio o estendendo a tutti gli altri giudici il principio che la stessa Corte ha suggerito secondo il quale "l'indipendenza e' un valore morale, che si reallizza in tutta la sua pienezza, proprio quando si esplica nella trasparenza del comportamento" (sentenza n. 18/1989). Le suddette questioni di legittimita' costituzionale, per le argomentazioni esposte, sono, a parere di questo collegio "non manifestamente infondate" ed anche "rilevanti".
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara, d'ufficio, non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20, terzo comma, e dell'art. 28, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nel testo modificato dal d.P.R. n. 739/1981, in relazione all'art. 108, secondo comma, e all'art. 3, primo comma, della Costituzione, e rilevante per quanto in motivazione; Sospende il processo in corso ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza venga nofificata alle parti in causa (ricorrente ed ufficio imposte dirette di Arona) e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Verbania, addi' 10 aprile 1989 Il presidente: SIMONE 89C0927