N. 378 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 aprile 1989

                                 N. 378
       Ordinanza emessa il 26 aprile 1989 dal pretore di Firenze
   nel procedimento civile vertente tra Quaresima Maria Italia e Poli
                             Elio ed altra
 Separazione  di  coniugi  -  Assegnazione  della  casa  coniugale  di
 proprieta'   dell'altro   coniuge   -   Successiva   alienazione    -
 Inopponibilita'  ai  terzi  del  titolo  attribuente l'assegnazione -
 Deteriore trattamento rispetto al coniuge divorziato.
 (Cod. civ., art. 155, quarto comma, in relazione alla legge 27 luglio
 1978, n. 392, art. 6, secondo comma, modificato dalla sentenza  della
 Corte  costituzionale n. 404/1988 in relazione alla legge 1º dicembre
 1970, n. 898, art. 6, sesto comma, come novellato dalla legge 6 marzo
 1987, n. 74, art. 11).
 (Cost., artt. 2, 3 e 30).
(GU n.36 del 6-9-1989 )
                               IL PRETORE
    Visti gli atti di ausa, rileva ed osserva quanto segue.
    Con  atto  del  6  marzo  1989  Quaresima  Maria  Italia proponeva
 opposizione all'esecuzione nella procedura di rilascio del  quartiere
 posto  in Firenze, via A. Cecioni n. 119, iniziata nei suoi confronti
 dai signori Poli Elio e Temperino Rosa  e  chiedeva  che  il  pretore
 volesse: in via pregiudiziale sospendere l'esecuzione in oggetto; nel
 merito:
      1)  sospendere  il  presente giudizio di opposizione e rimettere
 gli atti  alla  Corte  costituzionale  ritenendo  non  manifestamente
 infondata  la  questione  di  legittimita' costituzionale relativa al
 diverso trattamento di cittadini in situazioni analoghe (art. 3 della
 Costituzione) per non essere stata prevista nella ipotesi del coniuge
 assegnatario del domicilio coniugale di proprieta' dell'altro coniuge
 e  successiva  alienazione da parte di questo ultimo, norma analoga a
 quella sancita dal primo comma dell'art.  6  della  legge  27  luglio
 1978,  n.  392,  e/o  per non aver previsto nella legge n. 11 (recte:
 art. 11 della legge) 6 marzo 1987, n. 74, una tutela per quei coniugi
 per  i  quali  era  gia'  stata  pronunciata  a tale data separazione
 personale;
      2)   dichiarare   illegittima  la  procedura  esecutiva  perche'
 proseguita nonostante la sospensione sino al 30 aprile 1989  prevista
 dall'art.  1  del d.-l. 30 dicembre 1988, n. 551, convertito in legge
 21 febbraio 1989, n. 61.
    Con  decreto  del  6  marzo  1989 era disposta in via d'urgenza la
 sospensione dell'esecuzione e fissata l'udienza per  la  comparizione
 delle parti.
    Costituitosi  il  contraddittorio, gli esecutanti Poli e Temperino
 conflittavano la domanda di controparte e ne  chiedevano  il  rigetto
 con  vittoria  di  spese  ed  onorari,  instando  per la revoca della
 sospensione dell'esecuzione e chiedendo fosse fissata altra data  per
 la medesima: cfr. comp. risposta.
    Sulle opposte conclusioni delle parti, era formulata la riserva di
 decidere che si scioglie con la presente ordinanza.
    In  punto  di fatto appare doveroso prendere atto di quanto segue.
 Come risulta dagli atti di causa e dalla documentazione prodotta,  in
 data 7 luglio 1981 il presidente del tribunale di Firenze, in sede di
 comparizione dei coniugi nella procedura  di  separazione  personale,
 disponeva,  fra  l'altro,  l'affidamento  alla  madre Quaresima Maria
 Italia della figlia minore e l'assegnazione alla stessa del domicilio
 coniugale  posto  in  via  Cecioni,  119, all'epoca di proprieta' del
 marito Monterosso Nicola. In  data  3  novembre  1982  la  Quaresima,
 venuta  a  conoscenza  di  trattative in corso fra il Monterosso ed i
 signori Poli Elio e Temperino Rosa per la compravendita del quartiere
 suddetto,   significava   a   costoro   l'esistenza  del  vincolo  di
 assegnazione da parte del presidente del tribunale di Firenze di tale
 abitazione,  come  domicilio di essa Quaresima e della figlia minore.
 Successivamente, realizzatosi l'acquisto, la Quaresima  provvedeva  a
 far  redigere  prospetto  di equo canone ed a corrispondere il canone
 mensile determinato da tale prospetto.
    Con  procedura iniziata innanzi al pretore e poi riassunta innanzi
 al tribunale di  Firenze,  il  Poli  e  la  Temperino  chiedevano  la
 condanna della Quaresima al rilascio del quartiere di via A. Cecioni,
 119, assumendo che la stessa ne fruiva a semplice titolo di comodato.
 La  Quaresima  conflittava  nel  merito  tale  domanda e chiedeva, in
 ipotesi, la remissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Con  sentenza  18  settembre-13  febbraio  1985  il  tribunale  di
 Firenze, pur escludendo la qualificazione del rapporto in termini  di
 comodato  e  ritenendo che l'abitazione della casa coniugale da parte
 del  coniuge  assegnatario  si  iscriveva  nell'ambito   assai   piu'
 complesso  delle relazioni fra coniugi disciplinate dagli artt. 155 e
 156 del codice civile, accogliva la domanda attrice,  condannando  la
 Quaresima al rilascio del quartiere in oggetto.
    La  corte  d'appello  di Firenze con sentenza 9 ottobre-4 dicembre
 1987, sia pure  con  argomentazioni  diverse  da  quelle  svolte  dal
 giudice  di  prie'me  cure,  respingeva  l'appello  della  Quaresima,
 disattendendo altresi' le eccezioni dalla medesima sollevate in punto
 di illegittimita' costituzionale della normativa applicata.
    I  signori  Poli  e Temperino, dopo aver notificato alla Quaresima
 precetto in data 19 febbraio 1988 e significazione di sfratto in data
 25  marzo  1988  davano inizio alla procedura esecutiva nei confronti
 della medesima, in ordine alla quale e' stata proposta  l'opposizione
 di che trattasi.
    La quaresima, con le conclusioni di merito precisate al capo primo
 del ricorso introduttivo, ripropone in  questa  sede  l'eccezione  di
 incostituzionalita'  (la  cui deliberazione appare assorbente ai fini
 del decidere) gia' avanzata senza fortuna in primo  e  secondo  grado
 del giudizio di merito.
    L'iniziativa  non appare preclusa ed anzi espressamente consentita
 dalla normativa vigente che, con  l'art.  24,  secondo  comma,  della
 legge  11  marzo  1953,  n. 87, da' facolta' alla parte di riproporre
 all'inizio di ogni  grado  ulteriore  del  processo,  l'eccezione  di
 illegittimita'  costituzionale  gia'  disattesa nelle precedenti fasi
 del medesimo.
    Detta  normativa, ispirata all'evidente finalita' di consentire la
 verifica della costituzionalita' delle leggi da parte della Corte con
 il  piu'  ampio  favore,  porta  a  far  ritenere  superati  limiti o
 preclusioni asseritamente derivanti da precedenti pronuncie  negative
 sul  punto  ovvero  propri  della  specifica procedura di opposizione
 oggetto di esame. A non diverse conclusioni deve indurre  la  portata
 (invero  eccezionale  ed  altrimenti incomprensibile) della norma che
 consente di riproporre eccezioni di incostituzionalita' in ogni  fase
 e grado del processo.
    Nel   merito,   l'eccezione   di  incostituzionalita'  appare  non
 manifestamente infondata.
    La  normativa  che  viene  in  discussione e' quella relativa alla
 separazione dei coniugi e precisamente l'art. 155, quarto comma,  del
 codice   civile   ("L'abitazione   nella  casa  familiare  spetta  di
 preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui  vengono  affidati  i
 figli")    nella    parte   in   cui   non   prevede   l'opportunita'
 dell'assegnazione della casa  coniugale  al  terzo  acquirente  della
 medesima,  nell'ipotesi  che  la  casa stessa fosse di proprieta' del
 coniuge non assegnatario.
    A  tal  fine  e'  doveroso registrare il diverso e piu' favorevole
 trattamento  assicurato  al  coniuge  in  caso  di  scioglimento   di
 matrimonio  giacche' in base all'art. 11 della legge 6 marzo 1987, n.
 74 (ed alla conseguente modifica apportata all'art. 6,  sesto  comma,
 della legge 1º dicembre 1970, n. 898) si dispone: "L'abitazione nella
 casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono  affidati
 i  figli...  L'assegnazione,  in  quanto trascritta, e' opponibile al
 terzo acquirente ai sensi dell'art. 1599 del codice civile".
    Sono  note  le  diverse  e  contrastanti  soluzioni prospettate in
 dottrina ed in giurisprudenza circa il problema degli effetti,  sulla
 disposta  assegnazione,  dell'alienazione  dell'immobile da parte del
 coniuge non assegnatario.
    Da  un  lato  infatti si e' sostenuto che l'assegnazione non priva
 l'altro coniuge, proprietario dell'immobile, della disponibilita' del
 diritto  dominicale sullo stesso e che il provvedimento giudiziale di
 assegnazione e' costitutivo di  un  diritto  meramente  personale  di
 abitazione,   destinato  ad  estinguersi  in  caso  di  trasferimento
 dell'immobile a terzi.
   D'altro  canto,  all'opposto, non si e' mancato di far rilevare che
 il  provvedimento  giurisdizionale  di  assegnazione  era  idoneo  ad
 acquistare efficacia di giudicato - sia pure rebus sic stantibus - ed
 era opponibile ex art. 111 del  c.p.c.  al  terzo  acquirente,  quale
 avente   causa   da  una  delle  parti.  Si  e'  d'altronde  rilevato
 opportunamente che se l'obbligato alla concessione dell'immobile  non
 puo' direttamente sottrarre all'altro coniuge il godimento della cosa
 riconosciuto   dal   giudice,   lo   stesso   non   puo'   conseguire
 indirettamente  tale resultato alienando a terzi l'immobile. Cio' non
 esclude il diritto dell'obbligato di disporre della propria casa,  ma
 impone  soltanto  che il vincolo di destinazione non possa venir meno
 se  non  per  il  mezzo  di  altro   provvedimento   giurisdizionale,
 modificativo del precedente.
    E'  da  segnalare  che  in  sede  penale in ordine al reato di cui
 all'art.  570  del  c.p.,   pur   non   affrontandosi   il   problema
 dell'opponibilita'  dell'assegnazione  al  terzo  acquirente,  si  e'
 comunque  registrata   l'illiceita'   del   comportamento   di   chi,
 proprietario   dell'immobile   assegnato,   si  spoglia  del  diritto
 relativo, vanificando in tal modo l'assegnazione disposta  in  favore
 dell'altro coniuge (Cass. pen. sez. sesta, 1º ottobre 1986, Giur. it.
 1987, II, 193).
    Appare  inoltre estremamente significativo segnalare che le ss.uu.
 Cass.  civ.,  decidendo  in  tema  di  separazione  fra  coniugi  con
 pronuncia  23  aprile  1982,  n.  2494, abbiano identificato la ratio
 della  norma  relativa  all'art.  155,   quarto   comma,   del   c.c.
 nell'esigenza  di  garantire la sistemazione abitativa della prole. E
 che sempre le ss.uu. Cass. civ., decidendo in tema di divorzio il  23
 aprile 1987 con sentenza n. 4089 (ancor prima della legge n. 74/1987)
 abbiano ritenuto che il "giudice del divorzio puo' assegnare la  casa
 familiare,  in  applicazione  della  norma  contenuta  nell'art. 155,
 quarto comma, del c.c., al  coniuge  affidatario  dei  figli  minori,
 ancorche'  non  titolare  di  diritto  reale o personale di godimento
 sulla casa stessa".  In  motivazione  viene  chiaramente  accolto  il
 principio   della  applicazione  della  regola  suddetta  tanto  alla
 separazione quanto al divorzio, posto che il problema  relativo  alla
 tutela  dei  figli ed alla salvaguardia degli interessi dei minori si
 presenta immutato in entrambi i casi.
    L'orientamento  dele  ss.uu.  della  Corte  di  cassazione  ha poi
 ricevuto conferma nel  dettato  legislativo  di  cui  alla  legge  n.
 74/1987, art. 11.
    Orbene,  in  presenza  di una riconosciuta eadem ratio e finalita'
 preminente (tutela della prole) e di una  identita'  di  soluzioni  a
 tale  scopo  rivolte  (assegnazione  della  casa familiare al coniuge
 affidatario della prole), appare di tutta evidenza la  disparita'  di
 trattamento  normativo  in  danno  del  coniuge  separato rispetto al
 coniuge divorziato, non essendo consentito al primo (  ex  art.  155,
 quarto  comma,  del  c.c.)  di opporre al terzo acquirente della casa
 coniugale il vincolo di  assegnazione  che  ben  puo'  invece  essere
 opposto dal secondo, ai sensi dell'art. 6, sesto comma, della vigente
 legge sul divorzio e del richiamo all'art.  1599  del  c.c.  in  essa
 contenuto.
    La   diversa,   deteriore,   condizione  del  coniuge  separato  -
 assegnatario  della  casa  coniugale  -  nei  confronti   del   terzo
 acquirente  espone  l'art.  155, quarto comma, del c.c., a censure di
 incostituzionalita' non manifestamente infondate.
    Viene  infatti in considerazione la violazione del precetto di cui
 all'art. 3 della Costituzione sia per la  sua  portata  eguagliatrice
 (disattesa  dalla  normativa in esame), sia per la non ragionevolezza
 (in presenza di identiche situazioni  e  soluzioni  normative)  della
 esclusione  del coniuge separato e della prole dalla tutela accordata
 invece - nei confronti del terzo acquirente della casa coniugale - al
 coniuge   divorziato   ed   alla   sua   prole.   Viene  altresi'  in
 considerazione la violazione del precetto di  cui  all'art.  2  della
 Costituzione per la mancata garanzia - nel caso di cui alla normativa
 di specie - del diritto sociale  all'abitazione,  collocabile  fra  i
 diritti inviolabili dell'uomo tutelati dall'art. 2 della Costituzione
 (cfr.  in  termini  la  recente  sentanza  n.  404/1988  della  Corte
 costituzionale, di cui piu' oltre).
    Viene  infine  in considerazione la violazione del precetto di cui
 all'art. 30 della  Costituzione  giacche'  la  normativa  di  cui  al
 ricordato  art.  155, quarto comma, del c.c., in palese contrasto con
 la regola costituzionale volta a garantire la tutela della prole,  in
 concreto  non attua tale garanzia ed anzi la vanifica, consentendo la
 privazione in danno dei  minori  del  bene  primario  dell'abitazione
 sulla  base di mere iniziative insindacabili del coniuge separato non
 affidatario.
    La  violazione  dei  precetti  costituzionali  sopra richiamati si
 realizza anche sotto diverso profilo.
    Secondo  l'interpretazione  che viene data all'art. 11 della legge
 n. 74/1987, l'opportunita' al terzo acquirente della  casa  familiare
 da  parte del coniuge assegnatario viene limitata al solo caso in cui
 questi fruisca di tale casa a titolo  di  locazione,  con  esclusione
 dell'opponibilita'  nel  caso  in cui la stessa sia di proprieta' del
 coniuge non assegnatario. In tale ultima ipotesi si  esclude  infatti
 l'attribuzione  al coniuge beneficiario di un diritto di natura reale
 (cfr. Cass. 16 ottobre 1985, n. 5082, in rep. F. it. 1985, col. 2853,
 m.   48)   e  per  conseguenza  si  consente  all'altro  coniuge  non
 assegnatario la piena potesta' di vendere la  casa  coniugale,  senza
 che  il  terzo  acquirente  possa  vedersi  opporre  la  trascrizione
 dell'assegnazione o altra conoscenza legale della  medesima.  In  tal
 senso e' appunto orientata l'interpretazione della corte d'appello di
 Firenze nella sentenza 9 ottobre-4 dicembre 1987  resa  nel  caso  di
 specie  (cfr.  copia  in  atti),  posta  a base - fra l'altro - della
 ritenuta  irrilevanza  nel  presente   processo   dell'eccezione   di
 illegittimita'    costituzionale   conseguente   la   disparita'   di
 trattamento fra coniuge separato e coniuge divorziato.
    A   prescindere   dalle  ricostruzioni  giuridiche  dell'istituto,
 oggetto di faticosi e non  convincenti  sforzi  ermeneutici,  occorre
 prendere atto che una interpretazione cosi' restrittiva della portata
 della  norma  risulta  lesiva  delle   regole   costituzionali   gia'
 enunciate.
    Non  puo'  infatti  non  apparire  addirittura  paradossale che il
 coniuge assegnatario della casa coniugale (ed affidatario della prole
 minorenne)  possa  vedere  impunemente vanificato tale suo diritto in
 caso di alienazione dell'immobile da parte del  coniuge  proprietario
 non  assegnatario,  mentre  al  converso  possa opporre il vincolo al
 terzo acquirente nel solo caso in cui fruisca del quartiere a  titolo
 locativo.
    Ne'   a   tale   macroscopica   disparita'   di  trattamento  puo'
 adeguatamente rimediarsi con l'eventuale ricorso  alla  procedura  di
 modifica  dei  provvedimenti  relativi alle modalita' di mantenimento
 (artt. 710 e  711  del  c.p.c.),  essendo  tale  procedura  di  esito
 aleatorio  ed  incerto  ove  il coniuge alienante versi in condizioni
 economiche non idonee (non di  rado  preordinate  con  malizia,  come
 l'esperienza largamente insegna) a compensare il coniuge assegnatario
 del bene essenziale (casa coniugale)  di  cui  l'ha  intenzionalmente
 privato.
    Ma v'e' di piu'.
    Il  trattamento  assicurato al coniuge separato assegnatario della
 casa  coniugale  di  proprieta'  dell'altro  coniuge   risulta   meno
 favorevole  anche  nei  confronti  di  quello  garantito dall'art. 6,
 secondo  comma,  della  legge  27  luglio  178,  n.   392,   laddove,
 disciplinando   la   successione   nel  rapporto  locatizio  a  parte
 conductoris,  dispone:  "in  caso  di   separazione   gidiziale,   di
 scioglimento  del  matrimonio  o  di  cessazione degli effetti civili
 dello stesso,  nel  contratto  di  locazione  succede  al  conduttore
 l'altro  coniuge,  se  il diritto di abitare nella casa familiare sia
 stato attribuito dal giudice a quest'ultimo".
    Di   rilevante   interesse   la  modifica  che  a  tale  norma  ha
 estensivamente apportato la recente sentanza n. 404 del 7 aprile 1988
 della  Corte  costituzionale,  pronunciata  successivamente  a quella
 emessa nel caso di specie dalla corte d'appello di  Firenze.  Con  la
 menzionata sentenza n. 404/1988 la Corte costituzionale ha dichiarato
 la illegittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge n.  392/1978
 nella  parte  in cui non prevede fra i successibili nella titolarita'
 del  contratto  locatizio,  in  caso  di  morte  del  conduttore,  il
 convivente more uxorio; nonche' nella parte in cui non prevede che il
 coniuge separato di fatto succeda al conduttore, se fra i due si  sia
 cosi'  convenuto;  nonche'  ancora  nella parte in cui non prevede la
 successione nel contratto  di  locazione  del  conduttore  che  abbia
 cessato  la  convivenza  in  favore del gia' convivente quando vi sia
 prole naturale.
    Estremamente significative appaiono poi le motivazioni addotte sia
 con riferimento a precedenti pronunzie  (sentenza  n.  217/1988:  "il
 diritto   all'abitazione   rientra   fra   i   requisiti   essenziali
 caratterizzanti la socialita' cui si conforma  lo  stato  democratico
 voluto  dalla  Costituzione":  capo  terzo) sia alla pronuncia de qua
 ("quando il legislatore, nel contesto della legge n. 392/1978,  detta
 l'art.  6,  rubricandolo successione nel contratto, esprime il dovere
 collettivo di impedire che delle persone possano  rimanere  prive  di
 abitazione, dovere che connota da un canto la forza costituzionale di
 Stato  sociale,   e   dall'altro   riconosce   un   diritto   sociale
 all'abitazione collocabile fra i diritti inviolabili dell'uomo di cui
 all'art. 2 della Costituzione: capo terzo).
    Orbene,  in  base  ai  principi  costituzionali  di  cui  e' fatta
 applicazione  nella  sentenza  n.  404/1988   sopra   menzionata   ed
 all'equiparazione  di trattamento con essa sancita anche in favore di
 persone non legate da vincoli  legali,  sembra  coerente  rivendicare
 piena  equiparazione alla posizione del coniuge assegnatario separato
 rispetto a quella del coniuge assegnatario divorziato  nei  confronti
 del terzo acquirente dell'immobile assegnato.
    Nonche'  non  limitare  tale tutela al solo caso in cui l'immobile
 assegnato sia frutto a titolo di locazione, estendendola invece anche
 all'ipotesi  in  cui  l'immobile  sia  si  proprieta' del coniuge non
 assegnatario e non affidatario della prole.
    Sotto  altro  profilo  appare  illogico  ed  incongruo subordinare
 l'opponibilita' del vincolo  di  assegnazione  della  casa  coniugale
 all'espletamento    della   pubblicita'   (trascrizione)   richiamata
 dall'art. 6, sesto comma, della legge sul divorzio e  non  consentire
 (almeno  per  il  periodo  in cui tale normativa non era stata ancora
 promulgata)  forme  equipollenti  o  addirittura  piu'  efficaci   di
 pubblicita'-notizia,  quale quella realizzata nella specie a mezzo di
 notifica personale di  atto  di  significazione  del  vincolo  e  del
 correlato  documento  giudiziario  che  lo  disponeva, effettuata nei
 confronti  dei  potenziali  acquirenti  (attuali  esecutanti-opposti)
 prima della stipula dell'acquisto.
    Tale  omissione  appare  viziata da illogicita' giacche' menoma la
 tutela dovuta a quei coniugi (assegnatari della casa familiare) per i
 quali  fosse gia' stata pronunciata sentenza di separazione personale
 alla data di entrata in vigore della nuova normativa sul divorzio.
    Quanto  alla  rilevanza  in  causa della questione di legittimita'
 costituzionale sopra enunciata, la valutazione non  puo'  che  essere
 positiva.  Giova  ricordare  in  proposito  che la Quaresima sostiene
 l'opponibilita' agli attuali  esecutanti  dell'atto  di  assegnazione
 della casa coniugale e la illegittimita' dell'esecuzione dai medesimi
 iniziata e che a tal fine ha ritualmente (come la  legge  conseguente
 anche   nella   presente  fase  processuale)  proposto  eccezione  di
 illegittimita' costituzionale dalla  cui  soluzione  dipende  l'esito
 della proposta opposizione.
    Sussistono   poi   gravi  motivi  per  confermare  la  sospensione
 dell'esecuzione  di  che  trattasi,  per  tali  ravvisandosi  la  non
 manifesta    infondatezza    delle    eccezioni   di   illegittimita'
 costituzionale proposte con riferimento alla norma  su  cui  si  basa
 l'esecuzione.
                                P. Q. M.
    Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata, per eventuale
 violazione degli artt. 2, 3 e 30 della Costituzione, la questione  di
 legittimita'  costituzionale sollevata in ordine all'art. 155, quarto
 comma, del codice civile:
       a)  in  relazione  all'art.  6,  secondo  comma, della legge 27
 luglio 1978, n. 392,  come  modificato  dalla  sentenza  della  Corte
 costituzionale n. 404/1988;
       b)  in  relazione  all'art.  6,  sesto  comma,  della  legge 1º
 dicembre 1970, n. 898 (come novellato  dall'art.  11  della  legge  6
 marzo  1987, n. 74), per la parte in cui non prevede - per il coniuge
 separato - la  possibilita'  di  opporre  l'assegnazione  della  casa
 familiare  al  terzo  acquirente dell'immobile assegnato, il quale ne
 abbia fatto acquisto diretto  dal  coniuge  non  assegnatario  e  non
 affidatario della prole;
    Conferma  la  sospensione  dell'esecuzione promossa da Poli Elio e
 Temperino Rosa contro Quaresima Maria Italia ed avente ad oggetto  la
 procedura  per  rilascio  del  quartiere posto in via Cecioni n. 119,
 Firenze;
    Dispone la sospensione del presente giudizio;
    Dispone  la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la
 notifica integrale della presente ordinanza alle parti in causa ed al
 Presidente  del Consiglio dei Ministri nonche' la comunicazione della
 stessa ai Presidenti delle due Camere del Parlamento;
    Manda alla cancelleria per tali adempimenti.
      Firenze, addi' 26 aprile 1989
                Il consigliere pretore dirigente: SERGIO

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