N. 67 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 17 agosto 1989

                                 N. 67
          Ricorso depositato in cancelleria il 17 agosto 1989
   (del presidente della giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia)
 Amministrazione  pubblica  -  Regioni  (nella  specie: Friuli-Venezia
 Giulia) ed enti da esse dipendenti -  Generico  potere  di  "verifica
 della  funzionalita',  dell'efficienza e della produttivita' di tutte
 le strutture della p.a.", attribuito al Dipartimento  della  funzione
 pubblica  -  Violazione  della  competenza  esclusiva della regione -
 Illegittima attribuzione ad un organo amministrativo dello  Stato  di
 un  potere  di  controllo  di  merito  sulle  strutture  regionali  -
 Reiterazione di d.-l. riproducente il d.-l. 26 maggio  1989  divenuto
 privo di efficacia per mancata conversione nei termini.
 (D.-L. 26 luglio 1989, n. 260, art. 3, secondo comma).
 ((Legge  costituzionale  31  gennaio  1963, n. 1, artt. 4, n. 1, e 58
 (stat. spec. Friuli-Venezia Giulia)).
(GU n.39 del 27-9-1989 )
  Ricorso  del  presidente  della giunta regionale del Friuli-Venezia
 Giulia, rappresentato e difeso dall'avv. Gaspare Pacia, con domicilio
 eletto  presso l'ufficio di Roma della regione Friuli-Venezia Giulia,
 in Roma, piazza Colonna n.  355,  come  da  mandato  a  margine,  nei
 confronti   del   Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri  per  la
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art.  3,  secondo
 comma,  del  d.-l.  26 luglio 1989, n. 260, pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale n. 174 del 27 luglio 1989.
   I.  -  Nella  Gazzetta Ufficiale n. 174 del 27 luglio 1989 e' stato
 pubblicato il d.-l. 26 luglio 1989, n.  260,  che,  sotto  lo  stesso
 titolo  ("Disposizioni  urgenti  in  materia  di  pubblico impiego"),
 riproduce il  d.-l.  26  maggio  1989,  n.  191,  divenuto  privo  di
 efficacia   per   mancata  conversione  entro  il  termine  stabilito
 dall'art. 77 della Costituzione.
    Interessa,  ai  fini della presente impugnativa, l'art. 3, secondo
 comma, che cosi' dispone:
    "Nell'ambito   dell'esercizio   dei   poteri  di  indirizzo  e  di
 coordinamento, previsti dall'art. 27 della legge 29  marzo  1983,  n.
 93,  la  Presidenza  del  Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
 funzione pubblica, puo' effettuare, periodicamente ed a campione,  la
 verifica  della  funzionalita', dell'efficienza e della produttivita'
 di tutte le strutture  della  pubblica  amministrazione,  tramite  un
 apposito  nucleo  ispettivo costituito con decreto del Presidente del
 Consiglio dei Ministri che ne disciplini l'attivita'  e  composto  da
 dirigenti in servizio presso le pubbliche amministrazioni e comandati
 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento  della
 funzione  pubblica.  Le  spese  per  l'accertamento dell'efficienza e
 della produttivita' delle pubbliche amministrazioni, per il  corrente
 anno,  sono  a  carico  dei  capitoli  2003  e  2004  dello  stato di
 previsione della Presidenza del Consiglio  dei  Ministri  per  l'anno
 finanziario  1989  e,  per  gli  anni  successivi,  nei  limiti degli
 appositi  stanziamenti  di  bilancio.  L'accertamento   puo'   essere
 realizzato  anche  attraverso  convenzioni  con  soggetti, pubblici e
 privati,  di  comprovata  competenza  in  materia  di  controllo   di
 gestione.  Le  amministrazioni  sono  tenute  a fornire le necessarie
 informazioni ai fini  della  valutazione  della  efficienza  e  della
 produttivita'".
    Il  comma appena trascritto corrisponde al secondo comma dell'art.
 3 del d.-l. n. 191/1989, contro il quale  la  regione  Friuli-Venezia
 Giulia,  con  ricorso  del  10  giugno  1989  (n. 49/1989 reg. ric.),
 sollevo' la questione di legittimita' costituzionale, per  violazione
 dell'art.  4,  n.  1,  e  dell'art.  58  dello  statuto  speciale  di
 autonomia.
    Notisi che anche l'originario del d.-l. 24 marzo 1989, n. 102, pur
 esso decaduto, fu impugnato  dalla  regione  ricorrente.  Il  ricorso
 iscritto  al n. 29/1989 fu dichiarato inammissibile, con ordinanza n.
 444/1989, per  effetto  della  sopravvenuta  decadenza  dello  stesso
 decreto-legge.
    I vizi di incostituzionalita' denunziati con il ricorso n. 49/1989
 (ed ancor prima con il ricorso n. 29/1989) non sono  stati  eliminati
 in  sede di reiterazione del decreto-legge, da ultimo, decaduto, e la
 regione Friuli-Venezia Giulia si trova, ora, costretta  ad  impugnare
 anche  il nuovo decreto-legge nella parte in cui (all'art. 3, secondo
 comma)  riproduce  l'analogo  art.  3,  secondo   comma,   di   detto
 decreto-legge, da ultimo, decaduto.
    Dichiaratamente,   la   disposizione  si  riferisce  a  "tutte  le
 strutture  della  pubblica  amministrazione":  quindi,   anche   alle
 strutture  delle amministrazioni regionali, che costituiscono uno dei
 settori piu' importanti della "pubblica amministrazione".
    Nella   parte   in   cui   il  riferimento  coinvolge  la  regione
 Friuli-Venezia Giulia e gli enti da essa dipendenti, la  disposizione
 e'  costituzionalmente  illegittima per violazione dell'art. 4 n. 1 e
 dell'art. 58 dello statuto speciale di  autonomia  (l.c.  31  gennaio
 1963, n. 1).
    All'esposizione  dei  profili  di  illegittimita'  costituzionale,
 giova premettere un breve  cenno  sugli  effetti  che  l'applicazione
 della   norma   puo'   produrre   e   sull'interesse   della  regione
 all'impugnativa.
    La  norma  prevede  l'attribuzione  di  un  indefinito  potere  di
 "verifica" ad un organo amministrativo dello Stato,  il  dipartimento
 della   funzione   pubblica,  costituito  presso  la  Presidenza  del
 Consiglio dei Ministri.
    Quale  che  sia  la  sua esatta portata, e' certo che il potere di
 "verifica" incide pesantemente sulla materia  dell'ordinamento  degli
 uffici  regionali e degli enti dipendenti dalla regione, essendo esso
 preordinato alla espressione di un giudizio di valore  sull'idoneita'
 di    codeste    strutture   (sotto   il   triplice   aspetto   della
 "funzionalita'", della  "efficienza"  e  della  "produttivita'").  Un
 giudizio  negativo  avrebbe  ripercussioni  gravissime, sia sul piano
 amministrativo, sia sul piano politico, sia sul piano  istituzionale.
 Si pensi alle ipotesi estreme di una crisi dell'esecutivo regionale o
 dello scioglimento del consiglio o della revoca della  giunta,  quali
 possibili  effetti  di  una  valutazione  di  non  idoneita',  che il
 dipartimento della funzione pubblica  ritenesse  di  dover  esprimere
 sulle strutture che a tali organi sono collegate.
    II. - Violazione dell'art. 4, n. 1, dello statuto speciale.
    L'ordinamento degli uffici regionali e degli enti dipendenti dalla
 regione e' materia di competenza esclusiva di quest'ultima.
    La  disposizione censurata interferisce in tale ordinamento, senza
 il supporto di una copertura costituzionale.
    L'affermazione  -  contenuta  nell'impugnato  art.  3 del d.-l. n.
 260/1989 -  che  il  potere  di  "verifica"  si  svolge  "nell'ambito
 dell'esercizio  dei  poteri di indirizzo e di coordinamento, previsti
 dall'art. 27 della legge 29 marzo 1983, n. 93", e'  una  precisazione
 ambigua  che sembrerebbe rivolta a ricondurre lo speciale potere (per
 legittimarne l'esercizio sul piano costituzionale) nell'orbita  della
 funzione  statale  di indirizzo e coordinamento delle attivita' delle
 regioni, cosi' come  tale  funzione  e'  venuta  a  delinearsi  nella
 giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte (cfr. sentenze n. 150/1982, n.
 340/1983, n. 195/1986, ecc.).
    Ma,  in  realta', i "poteri di indirizzo e coordinamento, previsti
 dall'art. 27 della legge 29 marzo 1983, n. 93", non  si  identificano
 con  quelli rientranti nella suddetta funzione statale di indirizzo e
 coordinamento. L'art. 27 si limita, infatti, ad  elencare  i  compiti
 demandati  al  dipartimento  della  funzione pubblica, comprendendovi
 "l'attivita' di indirizzo e di coordinamento generale in  materia  di
 pubblico  impiego".  Non  v'e' alcun riferimento alle attivita' delle
 regioni ed ancor meno  alle  attivita'  delle  regioni  speciali.  Si
 tratta,   in   sostanza,   dell'enunciazione  generica  di  una  mera
 competenza amministrativa, assegnata ad un ufficio  burocratico,  non
 gia'  della  previsione  di  un  potere  essenzialmente  di carattere
 politico, attribuito ad un organo di governo ed inteso ad indirizzare
 ed a coordinare attivita' regionali.
    Notisi  che la recente legge sulla Presidenza del Consiglio (legge
 23  agosto  1988,  n.  400),  significativamente,  include,   fra   i
 provvedimenti  da  sottoporre  alla  deliberazione  del Consiglio dei
 Ministri "gli atti di indirizzo  e  di  coordinamento  dell'attivita'
 amministrativa delle regioni": fermo restando quant'altro occorre per
 rendere legittima tale deliberazione  (osservanza  del  principio  di
 legalita', ecc.).
    Mancano,  in definitiva, nella disposizione impugnata, per potervi
 intravedere la prefigurazione di una funzione, in senso  proprio,  di
 indirizzo e coordinamento, tutti i requisiti che sarebbero richiesti,
 non ultimo il genere di attivita': che e' costituito da controllo  su
 comportamenti  pregressi,  non  gia'  da indirizzo e coordinamento di
 futuri comportamenti.
    Merita aggiungere che la riprova della carenza del supporto di una
 consimile prefigurazione e' data dallo stesso art.  3,  dove  non  e'
 contenuto   alcun   richiamo  alla  funzione  statale  d'indirizzo  e
 coordinamento, ma v'e'  soltanto  il  richiamo  ad  una  ben  diversa
 previsione (quella del piu' volte citato art. 27), costituzionalmente
 priva di significato, che  non  vale  a  giustificare  il  contestato
 potere  di  "verifica",  attribuito  al  dipartimento  della funzione
 pubblica.
    III. - Violazione dell'art. 58 dello statuto speciale.
    Il  potere  di  "verifica",  che l'impugnato art. 3 attribuisce al
 dipartimento della funzione pubblica, e' nient'altro (se non si vuole
 indulgere  agli  eufemismi)  che un potere di controllo, affidato, in
 realta', all'apprezzamento di  un  organo  straordinario  di  incerta
 composizione   (c.d.   nucleo   ispettivo)   od  anche  -  attraverso
 convenzioni - alla discrezionalita' tecnica di  imprecisati  soggetti
 pubblici  e privati "di comprovata competenza in materia di controllo
 di gestione".
    Trattandosi  di  un potere di controllo, la previsione relativa e'
 costituzionalmente illegittima per un molteplice ordine di motivi:
      1)  perche' il titolo quinto dello statuto speciale di autonomia
 (art.   58)   e'   esaustivo   di    ogni    forma    di    controllo
 sull'amministrazione regionale;
      2) perche' ulteriori controlli potrebbero essere introdotti solo
 con legge costituzionale, posto che "le regioni  sono  costituite  in
 enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principi fissati
 dalla Costituzione (art. 115 della Costituzione)";
      3)  perche'  il  controllo  ipotizzato e' un controllo di merito
 sull'ordinamento delle  strutture  regionali,  mentre  il  menzionato
 titolo  quinto  prevede  solo un controllo di legittimita' sugli atti
 amministrativi dell'amministrazione regionale;
      4)  perche'  il controllo sull'ordinamento degli enti dipendenti
 dalla regione si appartiene ad essa in via esclusiva, quale  che  sia
 la forma in cui si esprime.
   Per  le  considerazioni suesposte, che si fa riserva di illustrare,
 di precisare e di integrare nel corso del  giudizio,  si  chiede  che
 l'ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia  dichiarare  l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 3, secondo comma, del d.-l. 26 luglio  1989,
 n.  260,  per  la  parte in cui la previsione relativa sia riferibile
 alla regione Friuli-Venezia Giulia ed agli enti da essa dipendenti.
      Trieste-Roma, addi' 10 agosto 1989
                           Avv. Gaspare PACIA

 89C0964