N. 428 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 aprile 1989

                                 N. 428
        Ordinanza emessa il 24 aprile 1989 dalla Corte dei conti
  sui ricorsi riuniti proposti dal p.g. contro Iovino Attilio ed altri
 Corte dei conti - Esclusione dal controllo preventivo di legittimita'
 della Corte dei conti dei decreti  del  Presidente  della  Repubblica
 adottati  su deliberazione del Consiglio dei Ministri, ai sensi degli
 artt.  76  e  77  della  Costituzione  -  Asserita  violazione  della
 competenza  costituzionalmente  attribuita  alla  Corte  dei conti in
 materia di controllo preventivo degli atti del Governo.
 (Legge 23 agosto 1988, n. 400, art. 16; d.-l. 24 marzo 1989, n. 102).
 (Cost., art. 100)
(GU n.39 del 27-9-1989 )
                           LA CORTE DEI CONTI
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sui ricorsi prodotti in via
 principale dal procuratore generale della Corte dei  conti  contro  i
 seguenti   decreti   del   Ministero   della  difesa  riguardanti  la
 riliquidazione di pensione nei  confronti  degli  ufficiali  appresso
 indicati;
      1)  decreto  n.  186/P  in data 7 aprile 1986 per Iovino Attilio
 (0128267);
      2)  decreto n. 32/P in data 16 gennaio 1986 per Berruti Battista
 (0128377);
      3)  decreto  n.  23/P  in  data 16 gennaio 1986 per Alterio Aldo
 (0128378);
      4) decreto n. 25/P in data 16 gennaio 1986 per Spagnolo Domenico
 (0128380);
      5)  decreto  n.  214/P in data 12 aprile 1986 per Barosini Bruno
 (0129072).
                               F A T T O
    Gli  ufficiali  in  epigrafe  indicati  sono  stati  collocati  in
 ausiliaria, a domanda, anticipatamente rispetto  al  limite  di  eta'
 raggiungibile,  in  relazione al grado, ai sensi dell'art. 17, quinto
 comma, della legge 10 dicembre 1973, n. 804.
    In  accoglimento  dei  ricorsi da loro proposti avverso il diniego
 del Ministero della difesa, il t.a.r. per il Lazio  con  sentenza  n.
 89  del  21 gennaio 1985 (relativa a Iovino Attilio e Barosini Bruno)
 ed il t.a.r. per il Piemonte con sentenza n.  58  del  6  marzo  1984
 (relativa  a  Spagnolo  Domenico,  Berruti  Battista  e Alterio Aldo)
 hanno, tra  l'altro,  riconosciuto  il  diritto  dei  prenominati  al
 trattamento di pensione che sarebbe loro spettato ove fossero rimasti
 in servizio sino al limite di eta' e, per l'effetto,  hanno  ritenuto
 che  il  trattamento  economico  doveva  essere loro rideterminato in
 relazione alla retribuzione corrisposta al personale in  servizio  e,
 in  particolare,  alla  retribuzione  concessa  dal 1º gennaio 1979 a
 favore dei generali e dei colonnelli ai sensi del combinato  disposto
 degli  artt. 52 e 44 del d.-l. 29 maggio 1979, n. 163 (non convertito
 in legge, ma dei cui effetti e' stata data sanatoria con la legge  13
 agosto  1979,  n.   374)  e  successivamente  determinata, sempre con
 decorrenza dal 1º gennaio 1979, secondo il combinato  disposto  degli
 artt. 142 e 113 della legge 11 luglio 1980, n. 312.
    Tali  decisioni  sono state seguite da altre sentenze dei medesimi
 t.a.r. che  hanno  accolto  i  ricorsi  dei  predetti  ufficiali  per
 ottenere  che  il  Ministero  della  difesa  adempisse  l'obbligo  di
 conformarsi alle sentenze nn.  89  e  58  prima  citate,  passate  in
 giudicato.
    Con  i  decreti  indicati in epigrafe il Ministero della difesa ha
 provveduto   nei   confronti   degli   ufficiali   in   parola   alla
 rideterminazione  del  trattamento  di  quiescenza in relazione ed in
 base agli incrementi  della  retribuzione  ed  agli  emolumenti  resi
 pensionabili  successivamente  al  congedo,  previsti  dalla legge 11
 luglio 1980, n. 312 e 6 agosto 1981, n.  432,  per  il  personale  in
 servizio con riserva di nuova e diversa liquidazione sulla base delle
 attribuzioni stipendiali da rideterminare  alle  varie  scadenze  con
 riferimento agli aumenti periodici gia' attribuiti in unica soluzione
 all'atto del collocamento a riposo.
    Il  procuratore  generale  ha  impugnato i citati decreti con vari
 singoli ricorsi ritenendo che l'art. 1- bis, terzo comma, della legge
 n.  52  del  1979  non  debba  essere  interpretato nel senso che gli
 ufficiali sfollati hanno diritto alla riliquidazione del  trattamento
 pensionistico   in  occasione  degli  incrementi  della  retribuzione
 concessi al  personale  in  servizio  ovvero  in  base  ad  eventuali
 maggiori benefici pensionistici sopravvenuti.
    Secondo  il  procuratore  generale l'accennata norma doveva essere
 intesa nel senso che in base ad essa  i  predetti  ufficiali  avevano
 titolo  a  fruire  dell'anzianita'  teoricamente  maturabile, nonche'
 della  progressione  economica  individuale,  pure  in  via   teorica
 conseguibile fino al limite di eta'.
    Lo stesso procuratore generale ha rilevato che i decreti impugnati
 erano illegittimi, perche' inesattamente pretendevano di  ottemperare
 all'obbligo  di  eseguire  giudicati  emanati  in  contrasto  con  la
 concorde affermazione della giurisdizione esclusiva della  Corte  dei
 conti in materia di pensione statale.
    Il  procuratore  generale ha concluso chiedendo l'annullamento dei
 decreti in ordine alla rideterminazione della pensione.
    I  ricorsi  del  p.g.  sono  stati notificati a ciascun rispettivo
 interessato ed al Ministero della difesa presso l'Avvocatura generale
 dello Stato.
    Si   sono  costituiti  in  giudizio  i  signori  Iovino,  Berruti,
 Spagnolo, Barosini Bruno, nonche' la signora Barbera Angelina, vedova
 del  col.  Alterio Aldo, deducendo preliminarmente l'inammissibilita'
 dei ricorsi del procuratore generale sia per l'esistenza nei casi  in
 esame del giudicato in ordine al trattamento economico spettante agli
 ufficiali al termine della loro carriera sia per avere egli impugnato
 atti posti in essere dal commissario ad acta, ausiliario del giudice,
 senza avere preliminarmente impugnato l'atto presupposto.
    Nel  merito  i  resistenti  hanno fatto riferimento alla decisione
 delle sezioni riunite della  Corte  dei  conti  n.  69/C  in  data  3
 febbraio  1988  e  alla decisione numeri 72540/72572 in data 4 luglio
 1988  di  questa  sezione  per  chiedere  la  reiezione  dei  ricorsi
 principali  del  procuratore  generale,  in  quanto, sulla base delle
 argomentazioni delle citate sentenze giuridicamente infondati.
    I  signori  Iovino  e  Barosini hanno proposto ricorso incidentale
 affinche' la Corte riconosca loro il diritto a  fruire  dei  benefici
 economici  derivanti  dall'applicazione delle norme sopravvenute alla
 decisione del t.a.r., dei quali benefici  essi  resistenti  avrebbero
 fruito ove fossero rimasti in servizio fino al limite di eta'.
    In  via  di ricorso incidentale i resistenti hanno chiesto inoltre
 il riconoscimento del  diritto  alla  rivalutazione  monetaria  delle
 somme   gia'   attribuite   loro   in  seguito  al  provvedimento  di
 riliquidazione impugnato.
    I signori Berruti e Spagnolo, nonche' la signora Barbera, ved. del
 col. Alterio Aldo, nelle memorie di costituzione in  giudizio,  hanno
 richiamato  la  decisione  in  data  4  luglio 1988 di questa sezione
 relativamente  a  quanto  vi  si  afferma  in  tema  di  svalutazione
 monetaria  e  di  interessi  legali  per  rilevare che in tal modo la
 giurisprudenza  di  questa  Corte  veniva   a   coincidere   con   le
 affermazioni del t.a.r. nella sentenza n. 58/1984.
    I  resistenti hanno poi osservato che con le leggi 19 maggio 1986,
 n. 224, del 14 novembre 1987  n.  468,  sono  stati  attribuiti  agli
 ufficiali   in   servizio  miglioramenti  economici  con  decorrenza,
 rispettivamente, dal 1º gennaio 1980, e dal 1º gennaio 1979, per  cui
 anche detti benefici debbono essere loro corrisposti.
    I  resistenti  hanno precisato al riguardo di avere gia' richiesto
 l'applicazione dei cennati miglioramenti al Ministero della difesa.
    Poiche' i relativi provvedimenti non risultavano emanati alla data
 di costituzione in giudizio, i resistenti  hanno  ritenuto  che  tale
 silenzio   debba  essere  interpretato  come  rifiuto  da  parte  del
 Ministero a concedere i benefici in parola.
    Conseguentemente, i signori Berruti, Spagnolo e la signora Barbera
 hanno  dichiarato  di  proporre  ricorso  in  via  incidentale   per,
 l'accertamento  da parte della Corte in ordine alla spettanza di tali
 benefici.
    Nella   odierna   pubblica  udienza  il  procuratore  generale  ha
 preliminarmente ricordato che con d.-l. 24 marzo  1989,  n.  102,  e'
 stata   data   l'interpretazione   autentica  dell'art.  1-  bis  del
 decreto-legge   23   dicembre   1978,   n.   814,   convertito,   con
 modificazioni,  dalla legge 19 febbraio 1979, n. 52, nel senso che il
 computo degli anni intercorrenti tra la data di cessazione  effettiva
 dal servizio permanente degli ufficiali dell Forze armate e dei Corpi
 di polizia dello Stato e la data del  raggiungimento  dei  limiti  di
 eta'   previsti   per   il  collocamento  in  congedo  va  effettuato
 considerando il trattamento  economico  spettante  al  momento  della
 suddetta cessazione dal servizio.
    Quanto  alla  eccezione  di  giudicato  il  p.m. si e' riportato a
 quanto gia' ampiamente esposto nel ricorso ed ai  principi  affermati
 dalle   stesse  pronunce  di  questa  Corte  che  hanno  riconosciuta
 l'ammissibilita' del ricorso del p.g. in materia di pensione statale,
 per trarne motivo di richiesta di reiezione della stessa eccezione.
    Relativamente,   poi,   ai   ricorsi   incidentali   proposti  dai
 resistenti, il p. g. ne ha chiesto l'inammissibilita' per  decorrenza
 dei  termini,  ai  sensi  dell'art. 75, ultimo comma, del regolamento
 approvato con r.d. 13 agosto 1933, n. 1038.
    Ha  concluso  insistendo  nella  declaratoria  di annullamento dei
 decreti impugnati.
    L'avv.  Antonio  Cochetti  ha  sostenuto  che  in base all'art. 4,
 ultimo comma, del recente d.-l. n.  102/1989,  i  resistenti  da  lui
 rappresentati   avrebbero   titolo   di   conservare  il  trattamento
 attribuito loro con il decreto impugnato, dacche' tale norma consente
 la conservazione delle somme a tale titolo in godimento o spettanti e
 pertanto il ricorso del p.g. dovrebbe essere respinto.
    Ha  sottolineato,  altresi',  il  difensore  che l'atto impugnato,
 esecutivo di una decisione  su  giudizio  di  ottemperanza  e'  stato
 emesso  da  commissario  ad acta per cui rivestirebbe il carattere di
 atto vincolato tutelato dal doppio giudicato  nei  cui  confronti  il
 ricorso del p.g. sarebbe inammissibile.
    Nel merito l'avv. Cochetti ha insistito nella interpretazione data
 dalle sezioni riunite di questa Corte alla normativa in  materia  con
 la  nota decisione prima richiamata anche in presenza dell'art. 4 del
 d.-l. n. 102/1989, mentre, in accoglimento  del  ricorso  incidentale
 proposto,  ha  insistito affinche' la sezione interpreti le norme nel
 senso  dichiarativo  della  spettanza  degli  ulteriori  benefici   e
 conceda,   altresi',   la   rivalutazione   monetaria   delle   somme
 riconosciute dovute dal decreto impugnato, rimettendosi alla  sezione
 l'opportunita'  di  sospendere il giudizio in attesa della definitiva
 conversione in legge del d.-l. n. 102/1989.
    In  proposito  ha  osservato  che, come emerge dal resoconto della
 seduta  del  19  aprile  1989,  il  Senato  della  Repubblica  -   in
 conformita'   del  parere  della  prima  commissione,  condiviso  dal
 Ministro del tesoro - ha soppresso, in sede di conversione  in  legge
 del  d.-l.  n.  102/1989,  il  secondo comma dell'art. 4 del ripetuto
 decreto-legge.
    L'avv.  Mario  Contaldi  si  e'  richiamato agli argomenti esposti
 nella memoria di costituzione in giudizio  ed  ha  posto  in  risalto
 l'aticipita'  del d.-l. n. 102/1989, sotto il profilo dell'organo che
 ha dato l'interpretazione autentica  della  legge  n.  52/1979.  Tale
 organo, secondo il difensore, avrebbe dovuto essere il Parlamento che
 emano' la legge citata, non gia' il Governo.
    Si  e'  poi  soffermato sulla circostanza che il decreto-legge non
 era stato sottoposto al controllo preventivo  di  legittimita'  della
 Corte  dei  conti ed al riguardo ha richiamato la deliberazione della
 sezione del controllo della Corte dei conti n. 2095 del 6 marzo 1989,
 con  la quale ha sollevato il conflitto di attribuzione nei confronti
 delle Camere e del Governo, previa  risoluzione  della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 16, primo comma, della legge 23
 agosto 1988, n. 400 (che ha  soppresso  il  controllo  preventivo  di
 legittimita'  della  Corte  dei  conti  sui decreti legislativi e sui
 decreti-legge) per contrasto con l'art. 100 della Costituzione.
    IL difensore ha insistito nella richiesta di reiezione del ricorso
 del procuratore generale, rimettendosi alla  Corte  sull'opportunita'
 di sospendere i giudizi.
                             D I R I T T O
    La  sezione  ritiene  innanzi  tutto di procedere alla riunione in
 rito dei ricorsi ai sensi dell'art. 274 del c.p.c. (reso  applicabile
 in  virtu'  dell'art.  26  del regolamento di procedura per i giudizi
 innanzi  alla  Corte  dei  conti)  essendo  manifesta  l'esigenza  di
 decidere   contemporaneamente   le   pendenti   controversie,   tutte
 incentrate nella soluzione del medesimo quesito giuridico.
    Passando  alla  richiesta  di  sospensione del giudizio in ragione
 dell'opportunita' di attendere la conversione in legge del  d.-l.  24
 marzo   1989,  n.  102,  la  Sezione  deve  respingerla,  perche'  il
 decreto-legge, ancorche' soggetto  a  modifiche  od  anche  alla  sua
 eventuale  caducazione  in  sede di conversione in legge da parte del
 Parlamento, e' pur sempre legge dello Stato  nel  periodo  della  sua
 vigenza  e,  come  tale, deve trovare piena applicazione da parte del
 giudice.
    Ancora e' da respingere l'altra eccezione relativa ad una sorta di
 incompetenza del Governo di dare un'interpretazione autentica ad  una
 norma  di  legge  emanata  dal  Parlamento:  a  parte ogni altra piu'
 sottile considerazione dibattuta in dottrina,  e'  ovvio  che,  nelle
 verificatesi o addotte ipotesi di necessita' e di urgenza, il Governo
 e' autorizzato,  secondo  Costituzione,  ad  adottare  provvedimenti,
 quali  i  decreti-legge, aventi "forza di legge", e quindi equiparati
 alla   legge   senza   limitazione   alcuna,   non   esclusa    anche
 l'interpretazione  autentica  di una precedente norma legislativa. La
 natura oggettiva del decreto-legge che  lo  rende  equiparabile  alla
 legge  non  puo' essere sminuita dalla diversita' dei soggetti da cui
 promanano sia l'uno che l'altro provvedimento normativo.
    Cio'  premesso,  si  osserva che l'art. 4, comma secondo e quarto,
 del quale la sezione deve fare applicazione per  la  soluzione  delle
 controversie iniziate dal procuratore generale e' contenuto nel d.-l.
 n.  102/1989,  entrato  in  vigore  il  24  marzo   1989,   data   di
 pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
    La difesa dei ricorrenti, con il sottolineare le singolarita' e le
 manchevolezze, delle  quali  a  suo  dire  il  decreto-legge  sarebbe
 inficiato,  sollecita  la  verifica  -  che  in  ogni caso si sarebbe
 imposta - della regolarita' formale dell'atto di  normazione  emanato
 dal Governo in via d'urgenza.
    Trattasi, come e' evidente, di provvedimento provvisorio con forza
 di  legge  adottato  dal  Governo,  ai  sensi  dell'art.   77   della
 Costituzione, quindi, di un atto del Governo.
    Come  tale,  esso  avrebbe dovuto essere assoggettato al controllo
 preventivo di legittimita' della Corte dei conti, ai sensi  dell'art.
 100, secondo comma, della Costituzione.
    Cio'  non  e'  avvenuto  perche'  la legge 23 agosto 1988, n. 400,
 sulla disciplina dell'attivita' di Governo e  sull'ordinamento  della
 Presidenza  del  Consiglio  dei Ministri, ha statuito, con l'art. 16,
 che "non sono soggetti al controllo preventivo di legittimita'  della
 Corte  dei  conti i decreti del Presidente della Repubblica, adottati
 su deliberazione del Consiglio dei Ministri, ai sensi degli artt.  76
 e 77 della Costituzione".
    La  sezione  non  ignora il dibattito dottrinario sul contenuto da
 attribuire alla locuzione "atti del Governo" enunciato nell'art.  100
 della Costituzione ed in particolare sul se in tale categoria di atti
 debbono essere compresi quelli mediante i quali il Governo  partecipa
 alla  funzione  legislativa,  tuttavia  e'  certo,  in base ai lavori
 preparatori e alle dichiarazioni dei  costituenti,  che  l'art.  100,
 citato,  non  ha innovato alle disposizioni precedenti che imponevano
 la presentazione alla Corte dei conti  dei  decreti  del  Capo  dello
 Stato  qualunque  ne  fosse  l'oggetto,  eccezion  fatta  per  quelli
 elencati nel regio decreto 27 luglio 1934, n. 1332.
    In  tale  contesto vanno ricordati l'art. 13 della legge 14 agosto
 1862, n. 800 "tutti i decreti reali, qualunque sia  il  Ministero  da
 cui  emanano e qualunque ne sia l'obietto, sono presentati alla Corte
 perche' vi si apponga il visto e ne sia fatta registrazione" e l'art.
 17,  avente  il  medesimo contenuto, del testo unico approvato con il
 r.d. 12 luglio 1934, n. 1214.
    Sulla  base  della  enunciata  interpretazione dell'art. 100 della
 Costituzione,  la  mancata  sottoposizione  del  d.-l.  n.  102/1989,
 costituendo  violazione  della ricordata norma statutaria, renderebbe
 invalido l'intero atto di normazione  in  via  d'urgenza  e,  quindi,
 inapplicabile   l'art.   4  alle  fattispecie  dedotte  nel  presente
 processo.
    Tuttavia,  la  verifica  della  valida formazione dell'atto avente
 forza di legge e' riservata alla Corte costituzionale, come  e'  reso
 evidente  dall'art.  134  della  Costituzione a mente del quale detta
 magistratura giudica "sulle controversie relative  alla  legittimita'
 costituzionale...  degli  atti  aventi forza di legge", i quali vanno
 precipuamente individuati nei  decreti  legislativi  (art.  76  della
 Costituzione) e nei decreti-legge (art. 77 della Costituzione).
    Ne'   la   particolare   natura   dei  decreti-legge,  soggetti  a
 conversione del Parlamento entro i brevi  termini  fissati  dall'art.
 77, citato, e' ostativa all'ammissibilita' della impugnativa, perche'
 nella  prospettazione  qui  enunciata  non  si  fa  questione   della
 sopravvivenza  o  meno  del ripetuto art. 4, bensi' della regolarita'
 formale dell'intero atto  di  normazione,  affinche'  ad  esso  possa
 riconoscersi  il  carattere dell'obbligatorieta' generale nel periodo
 della sua vigenza.
    Poiche',  come  prima  si  e'  detto, la mancata sottoposizione al
 controllo  preventivo   di   legittimita'   discende   dall'esistenza
 dell'art.  16 della legge n. 400/1988, pure tale norma e' sospetta di
 illegittimita' costituzionale per contrasto con l'art.  100,  secondo
 comma, della Costituzione.
    Per  quanto  sopra  esposto  la sezione ritiene di dover sollevare
 d'ufficio, perche'  rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  la
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 16 della legge 23
 agosto 1988, n.  400,  laddove  dispone  che  non  sono  soggetti  al
 controllo  preventivo di legittimita' della Corte dei conti i decreti
 del  Presidente  della  Repubblica  adottati  su  deliberazione   del
 Consiglio  dei  Ministri  ai  sensi  dell'art.  77 della Costituzione
 nonche' il d.-l. 24 marzo 1989, n. 102,  perche'  in  conformita'  al
 citato  art.  16  non  e' stato sottoposto al controllo preventivo di
 legittimita', in  riferimento  all'art.  100,  secondo  comma,  della
 Costituzione.
                                P. Q. M.
    Visti   gli   artt.   134   della   Costituzione,  1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11  maro  1953,
 n. 87;
    Ordina   la   immediata   trasmissione   degli   atti  alla  Corte
 costituzionale affinche' venga risolta la questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art. 16 della legge 23 agosto 1988, n. 400 e del
 d.-l. 24 marzo 1989, n. 102, non sottoposto al  controllo  preventivo
 di  legittimita'  della  Corte  dei conti, in relazione all'art. 100,
 secondo comma, della Costituzione;
    Ordina  la  notificazione, a cura della segreteria, della presente
 ordinanza alle parti in causa ed al pubblico  ministero,  nonche'  al
 Presidente  del  Consiglio dei Ministri e sia, inoltre, comunicata ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento;
    Ordina  la sospensione del presente giudizio fino alla definizione
 della proposta questione di legittimita' costituzionale.
       Cosi'  deliberato  in  Roma,  nella  camera di consiglio del 24
 aprile 1989.
                        Il presidente: PISCIOTTA

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