N. 430 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 giugno 1989

                                 N. 430
        Ordinanza emessa il 2 giugno 1989 dal pretore di Viterbo
    nel procedimento civile vertente tra Biaggioli Guido ed altro e
                               l'I.N.P.S.
 Previdenza  ed  assistenza  -  Pensioni  a carico della assicurazione
 generale obbligatoria - Determinazione  della  misura  Computabilita'
 della   retribuzione   imponibile  eccedente  il  limite  massimo  di
 retribuzione annua pensionabile prevista - Trattamento  riservato  ai
 pensionati  posti  in  quiescenza  dal  1º gennaio 1988 Disparita' di
 trattamento per i pensionati in  data  anteriore  per  i  quali  tale
 computabilita' e' esclusa.
 (Legge  11  marzo  1988,  n. 67, art. 21, sesto comma; d.-l. 21 marzo
 1988, n. 86, art. 3, comma 2-bis, convertito in legge 20 maggio 1988,
 n. 160).
 (Cost., art. 3).
(GU n.39 del 27-9-1989 )
                               IL PRETORE
    Sciogliendo la riserva che precede;
                             O S S E R V A
    Con  ricorso  depositato in data 8 novembre 1988 Biaggioli Guido e
 Meschini  Mario   -   premesso   che   erano   pensionati   I.N.P.S.,
 rispettivamente  dal  1º  settembre 1987 e dal 1º aprile 1986; che le
 loro   retribuzioni   erano   state   assoggettate   per   intero   a
 contribuzione;  che  le  pensioni  invece  erano state determinate in
 relazione al "tetto" di  cui  al  d.P.R.  n.  488/1968  e  successive
 modificazioni;  che,  con  legge 11 marzo 1988, n. 67, dal 1º gennaio
 1988 e' stata  resa  pensionabile  anche  la  parte  di  retribuzione
 eccedente il "tetto" - chiedevano che il pretore adito dichiarasse il
 loro diritto al computo  ai  fini  pensionistici  della  retribuzione
 eccedente  il  limite  massimo pensionabile, con conseguente condanna
 dell'I.N.P.S. al pagamento delle differenze maturate dal  1º  gennaio
 1988.
    In subordine chiedevano che il pretore dichiarasse rilevante e non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art.  21,  sesto  comma,  della  legge n. 67/1988 e dell'art. 3,
 comma 2- bis, della legge n. 160/1988, in riferimento agli  artt.  3,
 36 e 38 della Costituzione.
    L'I.N.P.S.,  nel  costituirsi in giudizio, chiedeva che il pretore
 respingesse  la   domanda,   dichiarando   manifestamente   infondata
 l'eccezione di incostituzionalita'.
    Cio'  premesso  in  fatto,  osserva  il pretore che l'eccezione di
 illegittimita' costituzionale delle norme anzidette  e'  rilevante  e
 non manifestamente infondata.
    Sotto il profilo della rilevanza, deve osservarsi anzitutto che la
 dichiarazione di illegittimita' delle norme  impugnate  avrebbe  come
 immediata conseguenza l'accoglimento della domanda dei ricorrenti.
    Sempre  in  merito alla rilevanza, deve osservarsi altresi' che le
 norme anzidette non possono essere interpretate cosi' come  sostenuto
 dai ricorrenti in via principale.
    Invero,  l'art.  21,  sesto  comma,  della  legge  n.  67/1988  si
 riferisce alle pensioni la cui misura  deve  essere  determinata  con
 decorrenza  dal  1º  gennaio 1988, e cioe' evidentemente a quelle che
 sono liquidate dopo tale data; la norma non contiene  invece  nessuna
 disposizione circa la riliquidazione delle pensioni aventi decorrenza
 anteriore,    come    sarebbe    stato    necessario,     ai     fini
 dell'interpretazione voluta dai ricorrenti.
    Nessun  argomento  in  contrario  puo' essere tratto dal fatto che
 l'art. 3, comma 2- bis, della legge n. 160/1988 non  contiene  alcuna
 limitazione  temporale:  trattandosi  di  norma  interpretativa e non
 sostitutiva della precedente, non vi sarebbe stata alcuna  necessita'
 di   fissare   un   limite  temporale,  gia'  contenuto  nella  norma
 interpretata.
    Quanto   alla   non   manifesta   infondatezza,  appare  evidente,
 anzitutto, il contrasto  con  il  principio  di  uguaglianza  di  cui
 all'art. 3 della Costituzione.
    Assai  rilevante  e'  infatti  la  differenza  tra le pensioni dei
 ricorrenti e quelle di chi, a parita' di anzianita' contributiva e di
 retribuzione imponibile, ha avuto la pensione liquidata il 1º gennaio
 1988: differenza che, in base ai  conteggi  proposti  dai  ricorrenti
 (che  appaiono rispondenti alla realta'), e' del 57% per il Biaggioli
 e addirittura del 93% per il Meschini.
    Il  principio di uguaglianza postula, oltre all'uguale trattamento
 di  fattispecie  uguali,  anche  il  trattamento   differenziato   di
 fattispecie  diverse:  ma  non  sembra  che  la  diversita',  atta  a
 giustificare una cosi' macroscopica disparita' di trattamento,  possa
 consistere nel mero elemento cronologico, nel diverso tempo in cui e'
 stata liquidata la  pensione;  cio'  anche  in  considerazione  della
 brevita'  del lasso di tempo tra il pensionamento dei ricorrenti e il
 1º gennaio 1988 (nel caso del Biaggioli, pensionato il  1º  settembre
 1987, si tratta solo di quattro mesi, che determinano, come riferito,
 una differenza di pensione del 57%).
    Questo  pretore  non  ignora che, secondo il costante insegnamento
 della  Corte,  l'esercizio  della  discrezionalita'  legislativa   si
 sottrae  al  sindacato  di  legittimita'  costituzionale, purche' non
 sconfini  dai  limiti  della  ragionevolezza;  ma  ritiene  di  poter
 affermare  l'irrazionalita' di una disciplina che prevede trattamenti
 pensionistici macroscopicamente differenziati in ragione  della  data
 del collocamento a riposo.
    La  pretesa  violazione  degli artt. 36 e 38 della Costituzione, a
 parere del pretore,  resta  assorbita  da  quella,  appena  rilevata,
 dell'art.   3:  invero,  una  questione  di  incostituzionalita'  per
 contrasto con le norme anzidette, potrebbe venire  in  considerazione
 in  relazione  all'art. 5, quarto comma, del d.P.R. n. 488/1968 (che,
 peraltro, e' stato gia' dichiarato legittimo dalla sentenza 7  luglio
 1986,  n. 173) e successive modificazioni, dal quale e' stata esclusa
 la rilevanza ai fini  del  computo  della  pensione  della  parte  di
 retribuzione  eccedente  il "tetto"; non in relaziione alle norme qui
 impugnate.
    In  ordine a queste ultime, non tanto si lamenta che e' violato il
 principio della proporzionalita' al  lavoro  prestato,  o  il  canone
 dell'adeguateza  alle  necessita'  vitali; si lamenta invece - e tale
 censura e' stata ritenuta  non  manifestamente  infondata  da  questo
 pretore  -  che  la  norma  impugnata,  sancendo  la  rilevanza delle
 retribuzioni eccedenti il tetto pensionistico, e quindi  ristabilendo
 la  proporzionalita',  ha indebitamente escluso taluni pensionati, in
 ragione esclusivamente della data  del  collocamento  a  riposo,  con
 conseguente  lesione,  non razionalmente giustificata, del princio di
 uguaglianza.
    Non  sembra  possa  invocarsi  come  fa la difesa dell'I.N.P.S., a
 sostegno della legittimita' della norma denunciata,  la  sentenza  n.
 173/1989 della Corte costituzionale.
    Detta  sentenza,  nella sua parte quantitativamente prevalente, e'
 dedicata alla declaratoria di legittimita'  della  normativa  che  ha
 sancito  il  "tetto"  pensionabile:  questione  che,  come gia' si e'
 osservato, e' estranea all'attuale thema decidendum.
    Quasi   in  margine,  dichiara  non  fondata  la  questione  della
 limitazione,   al   periodo   successivo   al   1º   gennaio    1983,
 dell'indicizzazione   del  massimale  di  retribuzione  pensionabile,
 affermando (v. punto 11) che "per quanto riguarda piu' specificamente
 la definizione della sfera temporale di applicazione della disciplina
 del'aumento e  dell'indicizzazione  del  tetto  pensionabile,  questa
 Corte ha gia' ritenuto che non sussiste sconfinamento dal ragionevole
 uso della discrezionalita' legislativa nel senso  che  i  trattamenti
 esclusi   restano,   dal  canto  loro,  assoggettati  ad  un  sistema
 perequativo meno utile".
    Nello stesso senso v. la sentenza della Corte n. 12/1986, la' dove
 si afferma (punto 5) che "giustificate del pari devono  ritenersi  le
 disposizioni...   le   quali  stabiliscono  il  termine  iniziale  di
 efficacia del regime di perequazione, disciplinato in altri commi dei
 suddetti  due  articoli.  La  definizione  della  sfera  temporale di
 applicazione della disciplina in esame non sconfina  dal  regionevole
 uso della discrezionalita' legislativa: nemmeno sotto il riflesso che
 i trattamenti pensionistici esclusi dall'anzidetta disciplina restano
 dal canto loro assoggettati ad altro sistema perequativo".
    A  parere  del  decidente  v'e'  invece  sconfinamento nel caso di
 specie, in cui non si verte in tema  di  sostituzione  (con  relativo
 termine  iniziale di efficacia) di un sistema perequativo ad un altro
 meno utile, o di adeguamento (mediante  aumento  e/o  indicizzazione)
 del  massimale  pensionabile:  si  tratta  invece,  come  gia'  si e'
 osservato, di soppressione del massimale, con esclusione di  tutti  i
 pensionati  collocati  a  riposo  prima  di  una determinata data, in
 funzione esclusivamente di tale elemento cronologico.
    A  parte  le  rilevantissime  differenze quantitative, che si sono
 gia' rilevate, anche dal punto di  vista  qualitativo  a  parere  del
 pretore  si  e' in presenza di una nuova e diversa strutturazione del
 trattamento pensionistico, e non appare ragionevole escludere ad essa
 le  pensioni  anteriori  al  1º  gennaio  1988,  con le macroscopiche
 differenze che si sono sopra riferite.
    Appaiono  sicuramente  applicabili  nel  caso  di  specie (mutatis
 mutandis: li' si trattava infatti di una nuova  strutturazione  delle
 retribuzioni,  cui  commisurare  il trattamento pensionistico; qui di
 una nuova e  diversa  strutturazione  del  trattamento  pensionistico
 stesso  e,  in  ultima  analisi,  della  retribuzione pensionabile) i
 principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza 5 maggio
 1988,  n.  501,  con  la  quale  si  decideva la questione relativa a
 "trattamenti pensionistici macroscopicamente differenziati in ragione
 della  data  del  collocamento  a  riposo":  che cioe' il legislatore
 avrebbe dovuto perequare  le  pensioni  dei  magistrati  collocati  a
 riposo  dal 1º luglio 1983 alle retribuzioni disposte con la legge n.
 425/1984 (nel caso di specie,  alle  retribuzioni  considerate  nella
 loro  interezza,  come  disposto dalla legge n. 67/1988) e non invece
 stabilire rivalutazioni percentuali di pensioni pregresse  del  tutto
 estranee   ai  criteri  adottati  per  la  strutturazione  dei  nuovi
 trattamenti retributivi, con conseguente vulnus degli artt. 3 e 36.
                                P. Q. M.
    Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata, per contrasto
 con  l'art.  3  della  Costituzione,  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art. 21, sesto comma, della legge 11 marzo 1988,
 n. 67, e dell'art. 3, comma 2- bis, del d.-l.  21 marzo 1988, n.  86,
 convertito,  con  modificazioni,  nella legge 20 maggio 1988, n. 160,
 nella parte in  cui  escludono  i  pensionati  dell'a.g.o.  posti  in
 quiescenza anteriormente al 1º gennaio 1988;
    Sospende  il  giudizio, e dispone trasmettersi gli atti alla Corte
 costituzionale;
    Dispone  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
 notificata alle parti costituite ed al Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri  e  comunicata  ai  Presidenti del Senato e della Camera dei
 deputati.
      Viterbo, addi' 2 giugno 1989
                         Il pretore: PASCOLINI

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