N. 76 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 15 settembre 1989

                                 N. 76
         Ricorso depositato in cancelleria il 15 settembre 1989
                       (della regione Lombardia)
 Previdenza  - Contributi assicurativi per gli apprendisti artigiani -
 Prevista imposizione per le regioni a statuto ordinario di  stipulare
 convenzioni  ex  art.  16,  terzo comma, della legge n.  845/1978 con
 istituti previdenziali - Autoritativa determinazione del contenuto di
 tali convenzioni, effettuate con d.-l., secondo le pretese degli enti
 assicurativi in danno della regione Fiscalizzazione di oneri  sociali
 il cui ammontare e' deciso da un soggetto terzo - Indebito accollo di
 contributi   assicurativi   e   previdenziali   senza   corrispettivo
 trasferimento  di  fondi - Omesso coordinamento della finanza statale
 con quella  regionale  Illegittima  lesione  dell'autonomia  e  delle
 competenze  regionali  Abuso  di  uno  strumento normativo (d.-l.) in
 assenza dei presupposti costituzionali che  lo  giustifichino  ed  in
 contrasto  con  l'art.  15  della  legge  n. 400/1988 - In subordine:
 illegittima interferenza nelle funzioni dell'autorita' giudiziaria  -
 Compressione  del  diritto  alla  tutela  giudiziaria  spettante alle
 regioni.
 (D.L. 5 agosto 1989, n. 279, art. 8).
 (Cost.,  artt.  77,  anche  in  relazione  all'art. 15 della legge n.
 400/1988, 81, quarto comma, 117, 118 e 119, anche in  relazione  agli
 artt.  16  e  22  della  legge  n.  845/1978  e legge n. 160/1975; in
 subordine: Cost, artt. 24, 101 e 113).
(GU n.39 del 27-9-1989 )
    Ricorso  della  regione  Lombardia in persona del presidente della
 giunta regionale pro-tempore ing.  Giuseppe  Giovenzana,  autorizzato
 con  delibera  n.  46059 del 4 settembre 1989, rappresentato e difeso
 dagli avvocati prof.  Valerio  onida  e  Gualtiero  Rueca,  e  presso
 quest'ultimo  elettivamente  domiciliato in Roma, largo della Gancia,
 1, come da mandato a margine del presente atto, contro il  Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri  pro-tempore,  per  la dichiarazione di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 8 del d.-l. 5 agosto 1989, n.
 279,   recante   "Disposizioni   urgenti   in   materia  di  evazione
 contributiva, di  fiscalizzazione  degli  oneri  sociali,  di  sgravi
 contributivi nel Mezzogiorno e di finanziamento dei patronati".
                               F A T T O
    La   legge   19   gennaio   1955,   n.   25,  recante  "Disciplina
 dell'apprendistato",  prevede  per  gli  apprendisti,  all'art.   21,
 l'assistenza  sociale  obbligatoria  per gli infortuni sul lavoro, le
 malattie, l'invalidita' e vecchiaia, la TBC.
    I contributi dovuti per tali assicurazioni dovevano essere versati
 (art. 22) tramite acquisto di un'apposita marca settimanale.
    Al  pagamento dei contributi in favore degli apprendisti artigiani
 provvedeva, "senza onere e formalita' alcuna per  gli  imprenditori",
 il Fondo per l'addestramento professionale dei lavoratori (F.A.P.L.),
 istituito dall'art. 62 della legge 29 aprile 1949, n. 264 (art.  28);
 l'erogazione delle somme avveniva con decreto del Ministro del lavoro
 e della previdenza sociale, secondo contratti da  stipularsi  tra  il
 Fondo e gli istituti previdenziali.
    Nel  quadro  della riforma della formazione professionale, attuata
 con la legge 21 dicembre 1978, n.  845,  e  della  attribuzione  alle
 regioni  di  competenze  legislative  e amministrative nella materia,
 l'art. 16 della stessa legge n. 845/1978 stabili'  che  "la  regione,
 per  i  fini  di  cui all'art. 21 della legge 19 gennaio 1955, n. 25,
 stipulano con gli istituti assicuratori convenzioni per il pagamento,
 a  valere  su  fondi  di cui all'art. 22, primo comma" della medesima
 legge, "delle somme occorrenti per le assicurazioni in  favore  degli
 apprendisti artigiani".
    A  sua  volta  l'art.  22  della  legge n. 845/1978 prevede che le
 attivita' promosse dalle regioni  sono  finanziate  "nell'ambito  del
 fondo  comune di cui all'art. 8, della legge 16 maggio 1970, n. 281",
 al quale sono conferiti gli stanziamenti statali gia' attinenti  alle
 attivita'  trasferite  nonche'  la  disponibilita'  del  F.A.P.L. per
 l'anno 1979.
    Nella   stessa   legge   si  prevede  la  soppressione  del  Fondo
 addestramento professionale lavoratori, la soppressione  di  tutti  i
 contributi  a  carico  di enti diversi previsti a favore del F.A.P.L.
 (art. 23), e l'abrogazione degli artt. 20 e 28 della legge n. 25/1955
 (art. 16 ultimo comma).
    L'onere  per  il  pagamento  dei contributi a carico della regione
 scatta dunque, secondo il chiaro tenore  dell'art.  16  solo  con  la
 stipula  delle convenzioni, in base e nei limiti delle stesse. A tali
 convenzioni tra regioni e istituti  assicurativi  non  si  e'  finora
 potuti   addivenire   sia   per   le  pretese  eccessive  degli  enti
 assicurativi (le stesse cifre  sugli  apprendisti  artigiani  fornite
 dall'I.N.P.S.   non  sono  mai  state  univoche,  essendosi  talvolta
 scambiato  il  numero  degli  apprendisti  artigiani  con  quello   -
 chiaramente maggiore - di tutti gli apprendisti), sia per la sordita'
 del Governo di fronte all'esigenza di trovare  soluzioni  ragionevoli
 alla vicenda.
    Le ragionevoli richieste regionali sono cosi' sintetizzabili:
       a)  una  convenzione  tipo  valida  per  tutte  le  regioni, da
 determinarsi negli stessi termini in cui vigeva il rapporto tra  enti
 e Stato;
       b)  un  criterio,  riconosciuto  valido  da  tutte le parti, di
 certezza statistica sul numero degli apprendisti artigiani;
       c) una definizione univoca delle tariffe;
       d)  procedure  atte a garantire una semplificazione dei sistemi
 di conteggio.
    Tali  richieste non sono mai state ascoltate, e si e' lasciato che
 il problema diventasse incandescente, specie  tenendo  conto  che  il
 fondo  comune  regionale,  in  cui  confluirono le disponibilita' del
 F.A.P.L. per il 1979, e' andato  col  tempo  decrescendo  in  termini
 reali,  e  talora  addirittura e' stato decurtato in termini nominali
 (art. 2, comma primo, del d.-l. n. 677/1981), e che quindi le risorse
 a  disposizione  della Regione sono andate in sostanza diminuendo nel
 tempo.
    Per  tutta  risposta  il  Governo ha iniziato ad utilizzare l'arma
 impropria della decretazione di  urgenza:  dopo  un  primo  tentativo
 effettuato con il d.-l. 20 novembre 1985, n. 649 (art. 3), il Governo
 e' tornato alla carica con il "decretone" del 31  dicembre  1988,  n.
 548  (art.  11),  poi i decreti-legge n. 110/1989 e n. 196/1989, gia'
 impugnati, e infine, adesso - nonostante le contestazioni regionali -
 con il d.-l. n. 279/1989 il cui art. 8 recita:
    "1.  - Le regioni a statuto ordinario comunicano, entro il mese di
 agosto 1989, ai Ministri del lavoro e della previdenza sociale e  del
 tesoro  la stipula delle convenzioni di cui all'art. 16, terzo comma,
 della legge 21 dicembre 1978, n. 845.
    2.  -  Le  convenzioni  di  cui  al  comma 1 stabiliscono anche il
 pagamento in cinque annualita' costanti dei contributi per  gli  anni
 1988  e precedenti, senza gravami di interessi ed oneri accessori per
 i  contributi  e  la  rateizzazione.  Il  limite  massimo  di   dette
 annualita'  e'  fissato,  per  ogni regione e per ciascuno degli anni
 interessati alla rateizzazione, al 4% della quota del fondo comune ad
 essa spettante, ai sensi dell'art. 1 della legge 1º febbraio 1989, n.
 40, al netto delle somme di cui all'art.  9  della  legge  10  aprile
 1981,   n.   151,   a  carico  delle  singole  regioni.  In  caso  di
 insufficienza della rateizzazione rispetto ai contributi  dovuti,  il
 numero  delle  annualita'  e'  con i suddetti criteri, automaticamene
 aumentato.
    3.  - In mancanza della stipula delle convenzioni il Ministero del
 tesoro provvede ad accantonare, a valere sulle  erogazioni  spettanti
 alle  regioni  per  gli  anni 1989 e successive, ai sensi dell'art. 8
 della legge 16 maggio 1970, n. 281, importi annuali corrispondenti  a
 quelli dovuti in forza del secondo comma.
    Le  somme  accantonate  vengono  calcolate  sulla base dei crediti
 comunicati al Ministero del tesoro, entro il 20 settembre  1989,  dal
 Ministero del lavoro e della previdenza sociale e vengono corrisposte
 agli istituti assicuratori entro il temine di ogni esercizio.
    4.  - Fino all'intervenuta stipula delle convenzioni, i contributi
 dovuti da ogni regione  per  gli  anni  1989  e  successivi  verranno
 trattenuti  sulle  quote spettanti a titolo di ripartizione del fondo
 comune sulla base dei crediti annualmente comunicati,  dal  Ministero
 del  lavoro  e  della  previdenza  sociale  ai  fini della successiva
 erogazione a favore degli istituti assicuratori".
    Cosi'  facendo,  il  Governo ha inopinatamente abbracciato le tesi
 degli istituti assicuratori, facendo proprie  incondizionatamente  le
 pretese  da  essi  sostenute  circa  l'  an ed il quantum delle somme
 richieste  alle  regioni,  e  scaricando  su  queste   ultime   oneri
 insopportabili  (ad  esempio  per  la Lombardia si parla di oltre 150
 miliardi, per le Marche di oltre 30 miliardi), a cui non  corrisponde
 nessun  contributo  statale,  e per di piu' oneri attinenti a materia
 (la  previdenza  sociale)  in  cui  non  vi  e'  nessuna   competenza
 regionale;   anticipando   altresi'   e   anzi   sostituendo  con  il
 decreto-legge le soluzioni giudiziarie che l'I.N.P.S. e  l'I.N.A.I.L.
 avevano piu' volte prospettato di voler promuovere.
    L'art.  8 del d.-l. n. 279/1989 e' peraltro gravemente illegittimo
 e lesivo dell'autonomia regionale per le seguenti ragioni di
                             D I R I T T O
    1. - Violazione dell'art. 77 della Costituzione.
    Come   si   e'   ricordato,  la  vicenda  relativa  ai  contributi
 assicurativi per gli apprendisti artigiani si trascina dal 1979; gia'
 si   era   tentato   di  intervenire  nel  dicembre  1988;  l'urgenza
 dell'intervento normativo e' dunque totalmente assente, e difettano i
 presupposti costituzionali per il ricorso al decreto-legge.
    Di  fronte  al  problema dell' an e del quantum dei contributi per
 gli apprendisti artigiani, sarebbe stato, a dir poco,  piu'  corretto
 che   l'intervento  seguisse  l'ordinario  procedimento  legislativo,
 nell'ambito del quale,  fra  l'altro,  le  regioni  avrebbero  potuto
 esporre compiutamente le proprie ragioni.
    Sotto  altro  profilo,  non si puo' non sottolineare come il d.-l.
 impugnato difetti, in contrasto con l'art. 15 della legge n. 400/1988
 e quindi con l'art. 77 della Costituzione, di un contenuto specifico,
 omogeneo, e corrispondente al titolo.
    Queste violazioni dell'art. 77, come risultera' anche da quanto si
 esporra' in seguito, si riverberano  immediatamente  in  una  lesione
 delle competenze regionali.
    2. - Violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione.
    L'art.  8  del  d.-l.  n.  279/1989  accolla  alle  regioni  oneri
 previdenziali ed assicurativi la cui corresponsione le regioni stesse
 hanno  sempre  contestato,  non corrispondendo tale obbligo ad alcuna
 competenza   regionali   in   materia,   e   traducendosi   in    una
 fiscalizzazione  di  oneri  sociali  operata  in  danno delle finanze
 regionali,  con  palese  violazione  degli  artt.  117  e  119  della
 Costituzione.
    Alle  regioni  infatti  non  spetta  alcuna  competenza in materia
 previdenziale  e  tanto  meno  spettano  competenze  in  ordine  alla
 fissazione della misura dei contributi, che rimane affidata, ai sensi
 della legge n. 160 del 1975, a decreti del Ministro del lavoro:  ora,
 la  fiscalizzazione degli oneri sociali per gli apprendisti artigiani
 e'  sicuramente  misura  legittima  e  ammissibile,  ma  deve  essere
 sopportata dalla collettivita' generale (e non a caso la misura degli
 oneri e' determinata a livello centrale),  non  certo  dalle  regioni
 (che peraltro hanno solo limitate competenze in materia di finanza, e
 nessuna in materia previdenziale).
    3.  -  Violazione  degli  artt.  81,  quarto  comma,  e  119 della
 Costituzione.
    La  giurisprudenza  della  Corte costituzionale ha sempre ritenuto
 che l'art. 81, quarto comma, trovi applicazione anche  per  le  leggi
 che  pongono  nuove  spese  a  carico  di enti pubblici diversi dallo
 Stato, e in particolare  delle  regioni:  (giur.  costante  da  Corte
 cost.,  sent.  n.  1/1966; v. da ultimo sentt. n. 92/1981; 307/1983);
 una legge non puo' accollare nuovi oneri alle regioni, senza  fornire
 ad  esse  gli  strumenti  finanziari per farvi fronte. Cio' invece e'
 quanto succede con d.-l. n. 279/89, che accolla ex lege alle  finanze
 regionali contributi assicurativi e previdenziali, il cui pagamento -
 comunque contestato nell' an e nel quantum -  avrebbe  dovuto  essere
 disciplinato  da  apposite  convenzioni  (si  noti  che  cio' avrebbe
 consentito  fra  l'altro  alle  regioni  di  poter   quantificare   e
 programmare  il  numero  delle  persone interessate e le modalita' di
 erogazione delle somme).
    Da  una situazione in cui l'obbligo del versamento e la sua misura
 dipendevano dalla stipula di apposite convenzioni tra regioni ed enti
 assicuratori,  e  quindi  dalla  libera  volonta'  contrattuale delle
 parti, si pretende di passare ad una imposizione ex lege dell'obbligo
 di  pagamento,  in  misura unilateralmente determinata dagli istituti
 assicuratori,  addebitando  direttamente  alle   regioni   le   quote
 comunicate dal Ministero del lavoro.
    A  tale  obbligo  di pagamento, precedentemente non esistente, sia
 perche' contestato nell' an e  nel  quantum,  sia  perche'  derivante
 eventualmente   solo  dalle  convenzioni,  non  fa  riscontro  alcuna
 corresponsione di mezzi da parte  dello  Stato:  alle  regioni  viene
 imposto,  per  un  numero  di anni indeterminato, di rinunziare al 4%
 della  propria  quota  del  fondo  comune  per  coprire  l'onere  dei
 contributi  presuntivamente dovuti per gli anni passati, oltre che ad
 un ulteriore quota  percentuale  del  fondo,  totalmente  sconosciuta
 perche' l'I.N.P.S. e l'I.N.A.I.L. non sono in grado calcolarla, per i
 contributi futuri.
    La  disposizione cosi' congegnata comporta per la regione un onere
 cospicuo e non esattamente quantificabile (se non a  posteriori),  di
 fronte al quale non sussiste un adeguato trasferimento di risorse per
 il passato, ne' una garanzia di accrescimento del  fondo  comune  per
 gli esercizi futuri.
    In   ogni   caso,  sarebbe  stato  corretto,  quanto  meno,  prima
 determinare   l'entita'   dell'onere   addossato   alla   regione   e
 confrontarlo  con  le  somme trasferite dallo Stato per la formazione
 professionale.
    E'  vero  che,  ai  sensi dell'art. 22 della legge n. 845/1978, al
 fondo   comune   fu   conferito   "l'importo   corrispondente    alla
 disponibilita'  del  fondo addestramento professionale lavoratori per
 l'anno  1979":  ma  tale  somma  gia'  nel  1979  era   assolutamente
 insufficiente  a coprire i contributi che ogni regione avrebbe dovuto
 pagare, e inoltre - soppresso il fondo e  soppressi  i  contributi  a
 favore di esso - essa non e' stata in seguito accresciuta.
    Su questo punto fondamentale della controversia, sulla congruita',
 cioe', delle risorse  assegna  alle  regioni  e  con  le  quali  esse
 dovrebbero far fronte ai pagamenti dei contributi per gli apprendisti
 artigiani, ben potrebbe la Corte, se del caso, utilizzare - senza che
 cio'  significhi  sconfinare  in valutazioni di merito - lo strumento
 dell'ordinanza istruttoria, al  fine  di  ottenere  dalle  competenti
 amministrazioni  statali  e regionali dati certi e attendibili su cui
 fondare le successive valutazioni.
    E' comunque certo, come si e' accennato, che l'entita' delle somme
 confluite nel fondo a seguito della soppressione del F.A.P.L. non  e'
 mai stata rivalutata dopo il 1979.
    Le  previsioni  di  spesa del F.A.P.L. tra il 1972/73 e il 1977/78
 (cioe' tra l'anno di passaggio delle  competenze  per  la  formazione
 professionale  alle  Regioni  e  la soppressione del F.A.P.L. stesso)
 sono state:
      1972/73 - 134.483.545.378;
      1973/74 - 157.186.872.743;
      1974/75 - 157.955.805.209;
      1975/76 - 131.502.838.735;
      1976/77 - 105.407.000.000;
      1977/78 - 117.355.000.000.
    Nella  composizione del fondo comune di cui all'art. 8 della legge
 n. 281/1970, la  componente  costituita  dai  trasferimento  previsti
 dall'art.  34  della  legge  n.  845/1978 e' tenuta evidenziata ed e'
 inalterata dal 1979: non subisce cioe' nessuna rivalutazione.
    Una  fortissima  rivalutazione hanno invece subito i contributi da
 versare  all'I.N.P.S.  per  gli  apprendisti,  che  non   sono   piu'
 determinati  dalle  aliquote  previste  dall'art.  22  della legge 19
 gennaio 1955, n. 25, ma sono fissati annualmente mediante un  decreto
 del  Ministro  del  lavoro  ai  sensi della legge n. 160 del 3 giugno
 1975.
    I  contributi  sono  cosi'  passati  dalle  920  lire  settimanali
 (comprensive dell'I.N.A.I.L.) del 1976 alle 1271 del 1979  fino  alle
 3800 lire del 1988.
    Si e' venuta cosi' a deterinare una situazione per cui il Ministro
 del lavoro  con  proprio  decreto  rincara  annualmente  delle  spese
 considerate  obbligatorie  per  le regioni, ma non viene incrementata
 quella aliquota di dotazione finanziaria destinate a farvi fronte.
    E  -  si  noti  -  il numero degli apprendisti e' aumentato, ed e'
 destinato ad aumentare in ragione  della  convenienza  che  hanno  le
 imprese a servirsi di questo tipo di forza-lavoro.
    Dell'intero  contributo I.N.P.S. per gli apprendisti gravano sugli
 imprenditori solo 32 lire: e tale cifra e' rimasta  invece  invariata
 dal 1976.
    L'accollo  del  contributo  I.N.P.S. per gli apprendisti artigiani
 sulle finanze pubbliche e' una classica misura di fiscalizzazione  di
 oneri  sociali:  ma  se  tale e' la sua natura, a sopportarne l'onere
 deve essere tutta la  collettivita'  e  non  la  regione  (e  il  suo
 bilancio).
    Il  d.-l.  n.  279  viola dunque gli artt. 81, quarto comma, e 119
 (che impone alla legge di coordinare la finanza  statale  con  quella
 regionale)   della   Costituzione   nella   misura   in  cui  accolla
 autoritativamente (e non in seguito a convenzioni)  il  peso  di  una
 fiscalizzazione di oneri sociali sul bilancio di enti esponenziali di
 collettivita' parziali, quali le regioni.
    Alla   regione,  dunque,  tocca  pagare  cifre  relative  a  oneri
 fiscalizzati, il cui ammontare e' deciso da un soggetto terzo, ed  e'
 aumentato  di  circa  3 volte dal 1979, senza che il fondo relativo a
 tali pagamenti sia mai stato rivalutato³
    La   violazione   dell'art.   81,   quarto   comma,  si  sostanzia
 nell'accollo alle regioni di spese il cui ammontare non solo  e'  nel
 tempo  assolutamente  indeterminato,  ma  cresce  in  relazione a due
 fattori  (aumento   degli   apprendisti;   aumento   dei   conributi)
 assolutamente  non  controllabili dalla regione: uno dei due fattori,
 anzi, e' determinato direttamente dallo Stato (su evidente  pressione
 degli istituti assicuratori).
    Cio'  che  stupisce  comunque,  e' che il Governo abbia sposato in
 pieno il punto il vista  degli  enti  assicuratori:  di  fronte  alla
 contestazione  regionale  sull'  an  e  soprattutto  sul  quantum del
 dovuto, lo Stato ha deciso che le somme  dovute  dalle  regioni  sono
 "calcolate sulla base dei crediti comunicati al Ministero del tesoro,
 entro il  20  settembre  1989,  dal  Ministero  del  lavoro  e  della
 previdenza sociale..."³
    Si  tratta  di  una  tecnica  singolare: contestandosi un credito,
 nella sua esistenza e nella sua quantita', invece che  perseguire  le
 normali  vie giudiziarie, si e' ritenuto miglior partito (piu' rapido
 e piu' sicuro) quello di ottenere dal Governo un  decreto  legge  col
 quale  si  impone  che  le somme contestate siano in via autoritativa
 trattenute nella misura vantata dal presunto creditore,  sulle  somme
 spettanti al presunto debitore³
    4. - Violazione degli artt. 24, 101 e 113 della Costituzione.
    Come  si e' accennato, la disposizione impugnata viene in sostanza
 a regolare autoritativamente  un  rapporto  fra  regioni  e  istituti
 assicurativi, definendone il contenuto in conformita' alle pretese di
 questi ultimi e a danno delle regioni.
    Ora,  se  si  riconoce  -  come  deve riconoscersi - che l'obbligo
 corrispondente alle somme che  oggi  si  vorrebbero  trattenere  alle
 regioni  in  precedenza  non  sussisteva,  almeno  nella  misura oggi
 imposta, e' inevitabile constatare  la  violazione  degli  artt.  81,
 quarto comma, e 119 della Costituzione.
    Ma  se,  in  denegata ipotesi, dovesse ritenersi che tale obbligo,
 benche' contestato,  gia'  sussistesse,  egualmente  la  disposizione
 impugnata  sarebbe  illegittima,  in quanto essa avrebbe la portata e
 l'effetto  di  sostituire  unilateralmente  e  autoritativamente  una
 determinazione  legislativa  ad  un  accertamento,  effettuato  nella
 competente  sede  giurisdizionale  e  sulla  base  di  una   corretta
 ricognizione  dei  presupposti,  dell'esistenza  e  dell'entita'  del
 presunto obbligo.
    In  tal  modo  l'art.  8  del d.-l. n. 279/1989 verrebbe a violare
 palesemente gli artt. 24, 101 e 113 della Costituzione,  traducendosi
 in   una   indebita   interferenza   nelle   funzioni  dell'autorita'
 giudiziaria nonche' in  una  illegittima  compressione  del  diritto,
 spettante  alle  regioni, alla tutela giudiziaria nei confronti delle
 pretese degli istituti assicurativi.
                                P. Q. M.
    La  regione  Lombardia  chiede  che  l'ecc.ma Corte costituzionale
 voglia dichiarare l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  8  del
 d.-l.  5  agosto  1989,  n.  279,  in riferimento agli artt. 77 della
 Costituzione, anche in relazione all'art. 15 della legge n. 400/1988,
 agli  artt. 81, 117, 118 e 189 della Costituzione, anche in relazione
 agli artt. 16 e 22 della legge n. 845/1978 e alla legge n.  160/1975,
 nonche',  in subordine, in riferimento agli artt. 24, 101 e 113 della
 Costituzione.
      Milano, addi' 5 settembre 1989.
                        Avv. prof. VALERIO ONIDA

 89C1000