N. 433 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 aprile 1989

                                 N. 433
  Ordinanza emessa il 19 aprile 1989 dal tribunale per i minorenni di
  Trieste nel procedimento concernente la dichiarazione dello stato di
               adottabilita' della minore Mutton Patrizia
 Adozione   -   Minore   in   "stato   di  abbandono"  -  Collocamento
 eterofamiliare - Affidamento quinquennale  presso  una  famiglia  con
 esito  soddisfacente, e tale da ambo le parti riconosciuto, pur nella
 comune intenzione di non avviare la procedura di adozione Conseguente
 automatica  declaratoria  di  adottabilita'  (presso  altra famiglia)
 quando (come nella specie) persista lo stato di abbandono  (da  parte
 degli  stretti  congiunti)  -  Ingiustificata  impossibilita',  nella
 suddetta situazione, di una prosecuzione sine die dell'affidamento  a
 discrezione del giudice - Denuncia di:  a) violazione del diritto del
 minore allo sviluppo della sua personalita'; b) ingiustificato eguale
 trattamento di situazione differenziate.
 (Legge 4 maggio 1983, n. 184, art. 8, secondo comma).
 (Cost., artt. 2, 3 e 31).
(GU n.40 del 4-10-1989 )
                      IL TRIBUNALE PER I MINORENNI
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Premesso che:
      con  decreto  dd.  24  marzo  1982  sono  stati  contestualmente
 disposti  l'allontanamento  della  minore   Mutton   Patrizia   dalla
 residenza  familiare  e  l'affidamento della stessa alla provincia di
 Trieste per un collocamento  eterofamiliare  presso  la  famiglia  di
 Musizza Giuliano in Trieste;
      con decreto dd. 9 marzo 1983 e' stata rigettata la istanza della
 madre legittima,  tendente  ad  ottenere  la  revoca  del  suindicato
 decreto;
      con successivi provvedimenti i genitori legittimi Mutton Antonio
 e Buracevic Dadizda Ndirika  sono  stati  dichiarati  decaduti  dalla
 potesta' dei genitori;
      con  altro  decreto dd. 11 luglio 1986 si e' ordinata l'apertura
 della procedura di adottabilita', sospesa con  provvedimento  dd.  12
 novembre  1986 al fine di verificare la possibilita' di rientro della
 minore nell'abitazione  della  madre  e  dell'attuale  convivente  di
 quest'ultima, viste le precedenti intenzioni in tal senso manifestate
 dalla Buracevic;
      nonostante  il  tempo  ulteriormente  intercorso,  la situazione
 della minore non ha registrato particolari evoluzioni, poiche'  tanto
 la  famiglia  affidataria  quanto  la  minore, sia pure dichiarandosi
 rispettivamente  soddisfatte  dell'inserimento  familiare  e  sociale
 della minore, e del trattamento ricevuto, hanno escluso la necessita'
 di procedere ad un  provvedimento  di  adozione,  cosi'  da  definire
 stabilmente i reciproci rapporti;
      la  madre  legittima,  d'altra  parte,  continua ad interessarsi
 della figlia in via del tutto precaria e con assoluta saltuarieta';
 cio' tutto premesso,
                             O S S E R V A
    Il  secondo  comma  dell'art. 8 della legge 4 maggio 1983, n. 184,
 stabilisce che "la situazione di abbandono sussiste  (sempre  che  il
 minore  si  trovi privo di assistenza morale e materiale da parte dei
 genitori o dei parenti tenuti  a  provvedervi,  salvo  che  cio'  sia
 dovuto  a  forza  maggiore  di  carattere transitorio) anche quando i
 minori siano ricoverati presso istituti di assistenza o si trovino in
 affidamento familiare.
    La   norma,   che   riproduce  sostanzialmente  il  secondo  comma
 dell'abrogato art.  314/4  del  c.c.  ("la  situazione  di  abbandono
 sussiste...  anche quando i minori sono ricoverati presso pubbliche o
 private istituzioni di protezione ed assistenza per l'infanzia"),  ha
 inteso  sottolineare,  con  l'aggiunta  dell'inciso  "o si trovino in
 affidamento familiare", che il minore ha necessita'  di  crescere  in
 una famiglia in cui sia stabilmente inserito, e che lo Stato non puo'
 ovviarvi con soluzioni di carattere  transitorio,  come  puo'  essere
 l'affidamento familiare.
    La delega dell'assistenza al minore a persone diverse dai genitori
 e' ammessa, in sostanza, nei  ristretti  limiti  previsti  dal  primo
 comma,  e  cioe'  "ai  parenti tenuti a provvedervi", vale a dire, in
 primis, agli ascendenti, ai fratelli e alle sorelle, nonche' piu'  in
 generale, ai parenti entro il quarto grado.
    Cio'  argomentando  dagli obblighi di segnalazione e di intervento
 che incombono altrimenti su chi accoglie minori abbandonati.
    Nel  sistema  cosi'  delineato,  pertanto, l'affidamento familiare
 sopperisce ad una  temporanea  carenza  dell'ambiente  familiare  del
 minore,  attribuendo  provvisoriamente  l'ufficio  di  assistenza del
 minore ad altra famiglia, persona o comunita' di tipo familiare.
    Quando  invece  non  trattasi  di  temporanea  mancanza  di idoneo
 ambiente familiare, ma si verifica una situazione di abbandono,  puo'
 essere disposto non l'affidamento familiare, ispirato all'effettivo e
 non simulato recupero della famiglia  di  origine,  ma  l'affidamento
 provvisorio del minore, in vista di futura adozione, a coniugi scelti
 dal Tribunale ed in grado di adottarlo perche' forniti dei  requisiti
 di legge (trib. min. Catania 11 settembre 1984).
    Va  da  se'  che un quadro normativo, cosi' delineato in astratto,
 non e' altrettanto facilmente riproducibile nella concreta esperienza
 quotidiana.
    La  sua rigorosa applicazione, anzi, puo' sollevare - ad avviso di
 questo tribunale - seri dubbi di costituzionalita', che  non  possono
 essere  superati  tramite  una  mera  elusione  del diritto positivo,
 elusione  che  traspare  da  alcune  pronunce  giurisprudenziali   in
 materia.
    La  lettera della norma, vale ricordarlo, pevede che "la situzione
 di abbandono sussiste... anche  quando  i  minori...  si  trovino  in
 affidamento familiare".
    Da  cio'  si  deve  ritenere  in  situazione di abbandono anche il
 minore che sia convenientemente assistito da persone che non siano  i
 genitori o parenti entro il quarto grado.
    Adottando    simile,    obbligata,    interpretazione,   qualsiasi
 affidamento  familiare,  in  cui   affidatari   non   siano   persone
 appartenenti  alle  ristrette categorie suindicate, integrerebbe - in
 presenza delle altre condizioni di cui al  primo  comma  dell'art.  8
 della  legge  n.  184/1983  -  quella  situazione di abbandono che si
 presenta   come   necessaria   premessa   della   dichiarazione    di
 adottabilita' del minore.
    Ma  cosi'  non  e', o, rectius, parte della giurisprudenza ritiene
 che cosi' non debba essere.
    Attesa la preminente rilevanza dell'interesse del minore a vedersi
 assicurata "la possibilita' di crescere in una  famiglia  accogliente
 ed  affettuosa"  (Cass.  31  gennaio  1986,  n. 613), app. Palermo 10
 febbraio 1984 ha affermato che "qualora un minore sia stato affidato,
 fin  dalla nascita, dai genitori ad una coppia di coniugi, che si sia
 rivelata pienamente  idonea,  avendo  instaurato  col  minore  validi
 rapporti  affettivi ed assicurandogli altresi' un'adeguata assistenza
 materiale, l'interesse del minore medesimo, per la  cui  salvaguardia
 va adottato qualsiasi idoneo provvedimento, esige che il rapporto con
 gli affidatari non venga troncato, per  cui  va  ritenuto  gravemente
 inopportuno e conseguentemente illegittimo il provvedimento, peraltro
 del  tutto  privo  di  motivazione,  con  il  quale  venga   disposto
 l'allontanamento  dagli  affidatari  del minore ed il suo ricovero in
 istituto". Altrettanto significativa per l'enunciazione di principio,
 piu'  che  la  soluzione  della  fattispecie  "esistendo  fra l'altro
 precise preclusioni di ordine anche penale (artt. 71 e 72 della legge
 n.  184/1983 e' la decisione del trib. min.  Roma 27 maggio 1985, con
 cui si e' statuito che, nel  caso  in  cui  due  coniugi  dopo  avere
 proceduto all'acquisizione illegittima di un neonato abbiano ottenuto
 dal  servizio  sociale,  a  distanza  di  cinque  anni   dal   fatto,
 l'affidamento familiare dello stesso ai sensi dell'art. 4 della legge
 n. 184/1983, ove risulti il sano  sviluppo  psicofisico  del  minore,
 l'ottimo  inserimento  presso  gli  affidatari  e  i  loro congiunti,
 nonche' la sua positiva  socializzazione  nella  scuola  materna,  il
 tribunale  dei  minorenni  (investito  della domanda del p.m. tesa ad
 ottenere la declaratoria dello  stato  di  adottabilita'  del  minore
 stesso,  con successivo affidamento di questi ad altra coppia idonea)
 deve limitarsi a prendere atto dell'irreversibilita' della situazione
 di  fatto  creatasi  e,  quindi,  lasciar evolvere quest'ultima al di
 fuori  di  qualsiasi  intervento  dell'autorita'   giudiziaria,   con
 conseguente  dichiarazione di non luogo a provvedere sulle domande ed
 ordine di  archiviazione  degli  atti,  dal  momento  che  attesa  la
 situazione    di   fatto   oramai   consolidata   ed   irreversibile,
 l'affidamento preadottivo andrebbe operato necessariamente in  favore
 degli affidatari che hanno, illecitamente, creato tale situazione.
    I  giudici  di merito hanno pertanto tenuto presenti situazioni di
 fatto ben difficilmente  riducibili  a  schemi  generali,  ricorrendo
 sostanzialmente,  per  giustificare le proprie decisioni, alla teoria
 del  fatto  compiuto  nel  preminente  interesse  del  minore  (cosi'
 espressamente  trib. min. Salerno 1 febbraio 1985). Nel caso portato
 all'esame   di   questo   collegio   l'affidamento    familiare    fu
 legittimamente  disposto  dalla  provincia  di  Trieste;  lo sviluppo
 psicofisico  della  minore  Mutton  Patrizia,   ora   dodicenne,   e'
 assolutamente soddisfacente; la progressiva maturazione della ragazza
 e' comprovata anche dai significativi  miglioramenti  nel  rendimento
 scolastico.
    D'altro  canto,  in  considerazione del comportamento della madre,
 non vi e' affatto la prova di una seria disponibilita' del genitore a
 prendersi  cura  della  figlia; ancora, tanto la famiglia affidataria
 quanto la minore hanno palesato  il  loro  dissenso  in  ordine  alla
 possibilita'  di  procedere  ad  una  regolare  adozione; il servizio
 sociale della provincia di Trieste, infine, ha  inteso  espressamente
 sottolineare  il  fatto  che  "non  e' pensabile che Patrizia possa e
 voglia inserirsi in un'altra famiglia".
    Caduta  in  tal  modo  la possibilita' di applicare, per manifesta
 volonta' contraria degli interessati,  l'art.  44,  lett.  c),  della
 legge  n.  184/1983  (norma  eccezionale  di sanatoria di particolari
 situazioni, in cui l'affidamento preadottivo si presenterebbe iniquo,
 in considerazione delle relazioni affettive instauratesi tra minore e
 famiglia "in qualche  modo"  affidataria),  al  giudice  si  presenta
 l'alternativa  di  disapplicare  la  norma,  o quantomeno di forzarne
 contra legem  l'interpretazione,  ovvero  di  rilevarne  la  sospetta
 illegittimita'  costituzionale  e  di  rimettere  gli atti alla Corte
 costituzionale.
    Ed e' normativamente imposta quest'ultima soluzione, attese la non
 manifesta infondatezza della questione e la sua rilevanza ai fini del
 decidere.
    Si  presenta  infatti  evidente  l'iniquita'  di una soluzione che
 contempli l'uscita della minore Mutton dalla famiglia affidataria per
 essere posta in stato di affidamento preadottivo.
    Un'ipotesi    del   genere   confliggerebbe   insanabilmente   con
 quell'interesse del minore ad una positiva evoluzione sociale e ad un
 progressivo  inserimento  nella  collettivita'.  D'altro  canto,  per
 evitare di giungere a simile risultato, non e' possibile ripercorrere
 l'iter argomentativo delle decisioni surriferite, in palese contrasto
 con la normativa vigente che prevede, appunto,  la  dichiarazione  di
 adottabilita'  del  minore in stato di abbandono (e, nella specie, la
 minore Mutton  Patrizia  e'  priva  della  benche'  minima  forma  di
 assistenza  morale  e  materiale da parte della famiglia del sangue),
 anche se il minore stesso trovasi in affidamento familiare.
    Ma  non  e'  neppure  praticabile  sic  et  sempliciter  la strada
 indicata dal sistema: nella fattispecie, e da cio' la rilevanza -  ai
 fini   della   decisione   -   della  risoluzione  dell'incidente  di
 costituzionalita'   che    questo    giudice    intende    sollevare,
 l'allontanamento    della    minore    dalla   famiglia   affidataria
 provocherebbe  alla  minore  medesima  un  trauma  notevole  e  forse
 irreversibile.  E  non  si  vede  come,  in tal modo, sia tutelato il
 preminente interesse del minore ad un'idonea sistemazione  affettiva.
    Gia'  il  servizio  sociale  della  provincia di Trieste indica la
 soluzione   piu'   ragionevole,   e   una   prosecuzione   sine   die
 dell'affidamento   familiare  della  minore  e,  contestualmente,  la
 chiusura della procedura di  adottabilita'.  Ma,  allo  stato  e  per
 motivi  su  esposti,  una definizione del genere appare contra legem,
 atteso che la ratio della legge n. 184/1983 postula la provvisorieta'
 dell'affidamento   familiare,   istituto   rivolto  al  reinserimento
 dell'affidato nella famiglia d'origine.
    Utilizzare    la    norma    per    altri   fini,   stravolgendone
 l'interpretazione  sistematica,  non  e'  operazione   giuridicamente
 ammissibile.
    Vero  e'  che  il legislatore, affermando, apoditticamente, che il
 minore,  anche  in  stato  di  affidamento  familiare,  si  trova  in
 situazione  di  abbandono,  qualora  sia privo di assistenza morale e
 materiale da parte dei piu' stretti parenti, ha detto una cosa giusta
 in  linea generale, ma - non tenendo conto che particolari situazioni
 esigono soluzioni differenziate - ha leso quel fondamentale principio
 di  parita'  di  trattamento  che  esige  si'  trattamento eguale per
 situazioni eguali, ma richiede  anche  che  a  fattispecie  tra  loro
 diverse corrisponda un trattamento adeguatamente differenziato.
    L'interesse  della  minore  Mutton sarebbe salvaguardato solamente
 con la permanenza della stessa nella famiglia affidataria, che  pero'
 non  intende provvedere all'adozione, sia pure assicurando la propria
 continua assistenza (assistenza che si protrae con  ottimi  risultati
 gia' da un quinquennio). Anche la minore non intende essere adottata,
 per cui - al fine di evitare pronunce contra legem - unica  soluzione
 corretta   appare   denunciare   alla   Corte   costituzionale,  come
 costituzionalmente illegittima, la norma  di  cui  al  secondo  comma
 dell'art.  8 della legge 4 maggio 1983, n. 184, nella parte in cui fa
 automaticamente  discendere  la  sussistenza  di  una  situazione  di
 abbandono  del  minore (necessario presupposto della dichiarazione di
 adottabilita') dal fatto che lo stesso sia privo di assistenza morale
 e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi,
 anche quando il minore medesimo si trovi  in  affidamento  familiare,
 senza  invece  prevedere  che  il  giudice  possa valutare le singole
 situazioni.
    Ad  avviso di questo giudice, nel caso si assume la violazione del
 secondo comma dell'art. 3 della Costituzione; per le medesime ragioni
 esposte,  appare  vulnerata  l'intera  disposizione di cui all'art. 2
 della Costituzione, in quanto la  norma  costituzionalmente  sospetta
 non sembra garantire affatto il diritto inviolabile del minore ad uno
 sviluppo armonico e compiuto della  personalita',  diritto  che  deve
 intendersi assolutamente preminente ed inderogabile.
    Il   secondo   comma   dell'art.   8   della  legge  n.  184/1983,
 conclusivamente, e' viziato anche in relazione all'art.  31,  secondo
 comma,  della Costituzione, atteso che l'infanzia e la gioventu', per
 mutuare l'espressione della Carta fondamentale, non possono ritenersi
 convenientemente   protette   da   una   disposizione   che   preveda
 automaticamente  la  declatoria  di  adottabilita'   di   un   minore
 "abbandonato"  in  stato  di  affidamento familiare, cosi' da esporre
 conseguentemente il minore ai gravissimi  rischi  di  un  affidamento
 preadottivo  ad  altra famiglia, quando ormai si siano instaurati con
 la  famiglia  affidataria  irreversibili  relazioni   affettive,   di
 comunanza  di  vita  e  di  solidarieta' spirituale. Come e' nel caso
 portato all'esame di questo tribunale per i minorenni.
                                P. Q. M.
    Letti   gli   artt.   134   della   Costituzione,  1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, 23 della legge 11  marzo  1953,
 n. 87;
    Ordina  la  trasmissione  alla Corte costituzionale degli atti del
 fascicolo n. 15/86 m.a. relativi a Mutton Patrizia, affinche'  valuti
 la  legittimita'  costituzionale  dell'art.  8,  secondo comma, della
 legge 4 maggio 1983, n. 184 (nei limiti di cui  in  motivazione),  in
 relazione  agli artt. 2, 3, secondo comma, e 31, secondo comma, della
 Costituzione, questione non manifestamente infondata e  rilevante  ai
 fini del decidere;
    Sospende il presente procedimento;
    Manda   alla   cancelleria  affinche'  notifichi  copia  autentica
 dell'ordinanza al  pubblico  ministero  presso  il  tribunale  per  i
 minorenni  di Trieste, agli interessati e al Presidente del Consiglio
 dei Ministri in Roma, e affinche' comunichi la predetta ordinanza  ai
 Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati in
 Roma.
      Trieste, addi' 19 aprile 1989
                           (Seguono le firme)

 89C1002