N. 476 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 maggio 1989

                                 N. 476
 Ordinanza emessa il 25 maggio 1989 dal giudice relatore del tribunale
 di Firenze nel procedimento di volontaria giurisdizione promosso  con
 ricorso  del  notaio  Mengacci  dott.ssa  Maria  per  la S.r.l. "M.T.
 Metalmeccanica Tavarnelle".
 Volontaria giurisdizione - Omologazioni societarie - Provvedimenti di
 minima  importanza  -  Necessaria  collegialita'  delle  decisioni  -
 Richiesta  alla  Corte  di  "riscrivere"  la  disciplina  del settore
 societario - Auspicata attribuzione di un giudizio esteso  al  merito
 delle delibere - Richiamo alla sentenza n. 18/1989.
 (Cod. proc. civ., art. 738).
 (Cost., art. 97).
(GU n.43 del 25-10-1989 )
                          IL GIUDICE RELATORE
    Nella  procedura  di volontaria giurisdizione promossa con ricorso
 12  gennaio  1989   dal   notaio   Mengacci   dott.ssa   Maria,   per
 l'omologazione  del  verbale  di  assemblea  straordinaria in data 20
 dicembre 1988 della "M.T. Metalmeccanica Tavernelle S.r.l.";
                           RITENUTO IN FATTO
    1.1.  -  che, col predetto rogito, l'assemblea straordinaria della
 predetta ha, a termini di statuto, deliberato  il  cambiamento  della
 sede sociale: sempre in Tavarnelle Val di Pesa, da via Donatello, 17,
 e via Donatello, 16;
    1.2.  -  che  di  detto  rogito  la  ricorrente  ha,  ritualmente,
 richiesta l'omologazione e trascrizione ai sensi  dell'art.  738  del
 c.p.c.;
    1.3.  -  che,  con  decreto  23  gennaio  1989,  il presidente del
 tribunale nominava relatore al collegio questo giudice;
                         CONSIDERATO IN DIRITTO
    2.1.  -  che  l'evidente elementarita' della delibera - che troppo
 disimpegna la formazione e la professionalita'  del  relatore  e  del
 previsto  collegio  decidente  - portano questo primo a domandarsi ex
 officio ancora una volta se il  meccanismo  procedimentale  in  corso
 (art.  738  del  c.p.c.)  sia coerente col principio di "efficienza e
 buon funzionamento" della p.a., specialmente "giudiziaria";
    2.2.  -  che,  in  primis,  questo  giudice  non ha dubbi circa la
 rilevanza della questione, la cui eventuale fondatezza  e'  destinata
 ad      incidere     proprio     sull'efficienza     del     processo
 societario-volontario;
    2.3.  -  che, subito dopo, questo stesso magistrato e' costretto a
 chiedersi se egli deve ritenersi giudice a quo in quest'incidente  di
 legittimita'   costituzionale,  che  e'  relativo  alla  disposizione
 dell'art. 738 del c.p.c. "ch'egli solo e' chiamato ad applicare";
    2.4.  -  che,  infatti,  proprio  codesta  Corte  e' oscillante in
 argomento perche', a fronte  di  ripetuti  rigetti  nel  merito  (che
 presupposero  la  legittimazione  di  questo  giudice:  ordinanze nn.
 116/1984  e  95/1987),  analoga  questione  e'   stata   recentemente
 rigettata,  soltanto  per  "difetto  di  poteri  decisori  propri del
 giudice", dall'ord. n. 157/1989;
    2.5.  -  che, pertanto, pare il caso di chiedere un nuovo giudizio
 sul punto, perche' sembra indiscutibile la natura giurisdizionale  di
 questo giudice e, sopratutto, l'utilita' della questione che, solo da
 lui esperimentata, puo' solo da lui principalmente pervenire;
    2.6.  -  che,  infatti,  piu'  che  altri magistrati, chi, come il
 sottoscritto sia da anni aduso a trattare quasi tutta la  VG  di  una
 grande  sede  giudiziaria,  piu' di altri deve lamentare la promiscua
 immissione delle omologazioni "societarie" nel coacervo di tutti  gli
 altri  affari  camerali,  rientranti nell'ampio e diverso genus della
 volontaria giurisdizione;
    2.7. - che, in merito, le prime piu' degli altri evidenziano (es.:
 costituzioni di societa' di capitali, aumenti, fusioni,  manovre  sul
 cap.  sociale,  prestiti.....)  maggiore rilevanza, anche in costanza
 dell'ingravescente rischio di "riciglaggio di denaro sporco";
    2.8.  -  che,  percio',  mal  si  comprende  il  controllo di mera
 "legittimita'" di quelle delibere: da un lato, esso e' perfin  troppo
 macchinoso;  ma,  dall'altro, deve proprio dubitarsi che esso serva a
 tutelare l'ordinamento circa la "liceita' dell'affare";
    3.1.  -  che,  quindi,  sembra  giunto il momento di chiedere alla
 Corte di ritenere ingiusto (perche' inefficiente) quel  procedimento,
 qui' applicato;
    3.2.   -   e   di   "riscriverne"  la  disciplina,  sulla  traccia
 metodologica della sent. n. 18/1989: perche' altrimenti, cosi' com'e'
 ora,  urterebbe  contro  l'art.  97  della  Costituzione, mai come in
 questo settore "societario" abbastanza da pretendersi come  effettivo
 controllo-garanzia del giudice "specialmente perpicace e competente";
    3.3.  -  che,  all'uopo,  questo  giudice  propone schematicamente
 l'introduzione normativa:
      a) del giudice monocratico, almeno per le delibere "minori" ed a
 suo responsabile giudizio;
      b)  di  un  breve  termine  a provvedere, in analogia ai termini
 notarili in materia, ed istituandosi ad hoc il silenzio-assenso;
      c)  un  solo (non doppio) visto del p.m., successivo soltanto al
 decreto d'omologazione;
      d)  in  luogo  dell'attuale controllo di "mera legittimita'", un
 penetrante giudizio esteso per legge "al merito della delibera";
      e) "efficacia immediata ex lege";
      f)  rigoroso,  moralizzatore  rispetto  del  "cronogico"  almeno
 dell'ufficio, a garantire sintonia fra delibera ed  omologazione:  ed
 imparzialita' della p.a. giustizia;
      g)   ipoteticamente  disponendo  d'adeguate  strutture,  infine,
 l'omologazione  anche  delle  delibere  prese  in  assemblea  sociale
 ordinaria;
    4.1.  -  che,  per  ultimo,  una completa strtegia antimaxicrimine
 porta a privilegiare questo "diritto degli affari", rispetto a cui  i
 fatti rilevanti penalmente sono certamente funzionali;
    4.2.  -  che,  allo  scopo, va pretesa per l'omologazione la piena
 trasparenza  della  delibera  per   appieno   conoscerne   genesi   e
 paternita', magari subito comunicandone tutti gli estremi oggettivi e
 soggettivi al commissariato antimafia ed alla sua banca-dati;
    4.3.  -  che,  rispetto  a quest'unico specialistico "occhio sugli
 affari",  sfumano  di  serieta'  le   recentissime   distribe   sulla
 opportunita' "superpenale" dello a.c. antimafia;
    4.4.   -  che,  finalmente,  i  giudici  "degli  affari"  potranno
 diventare, per legge, longa  manus  sul  posto  di  chi  apprezzi  la
 illeiceita'  di affari ed, essi stessi, controllori della pulizia dei
 traffici  societari:  avrebbe,  cosi',  un  significato   il   visto,
 finalmente non formale, del p.m. nel rito camerale;
    4.5.     -    che    recentissime    innovazioni    bancarie    ed
 amministrative-fiduciarie  appaiono  ancora  poca  cosa  rispetto  al
 maggio  obbiettivo di generale efficienza giudiziaria su omologazioni
 ed affari, qui' per seguito per dare un  senso  attuale  all'art.  97
 della Costituzione;
                                P. Q. M.
    Letto ed applicato l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva  d'ufficio la questione di costituzionalita', nei sensi di
 cui in  motivazione,  dell'art.  738  del  c.p.c.,  rilevante  e  non
 manifestamente   infondata,   nei   confronti   dell'art.   97  della
 Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina  che,  previa  notificazione  di  questa  al Presidente del
 Consiglio dei Ministri, ai Presidenti dei due  rami  del  Parlamento,
 gli atti siano immediatamente trasmessi a cura della cancelleria alla
 Corte costituzionale.
      Firenze, addi' 25 maggio 1989
                Il giudice relatore: (firma illeggibile)

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