N. 84 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 ottobre 1989
N. 84 Ricorso depositato in cancelleria il 27 ottobre 1989 (della regione Emilia-Romagna) Statistica - Norme sul sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica - Mancata collaborazione e partecipazione regionale nella fase di formazione e approvazione del programma - Previsione di un potere di indirizzo e coordinamento assolutamente generico e non corrispondente a nessun interesse nazionale. (D. Lgs. 6 settembre 1989, n. 322, artt. 3, quarto e quinto comma, 5, secondo comma, 13, terzo e quarto comma, e 21, primo comma, lett. c). (Cost., artt. 117, primo comma, e 118, primo comma).(GU n.45 del 8-11-1989 )
Ricorso per la regione Emilia-Romagna, in persona del presidente della giunta regionale pro-tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 5233 del 17 ottobre 1989, rappresentata e difesa, come da mandato a margine, dall'avv. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto nello studio di quest'ultimo, in Roma, via Confalonieri, 5, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, per l'annullamento dell'art. 3, quarto e quinto comma, del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, dell'art. 5, secondo comma, dello stesso decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, dell'art. 13, terzo e quarto comma, dello stesso decreto legislativo, anche in connessione con gli artt. 15, primo comma, lett. e), e 21, primo comma, lettere a) e b), dell'art. 21, primo comma, lett. c), dello stesso decreto legislativo. F A T T O La legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), all'art. 24 ha delegato il Governo alla riforma degli enti pubblici di informazione statistica. Nell'esercizio del potere delegato e' stato emanato il decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, recante Norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica. La legge di delega prevede l'instaurazione di un "sistema interconnesso di uffici statistici", composto da tutte le fonti pubbliche preposte alla raccolta e alla elaborazione dei dati statistici a livello centrale e locale: sistema che codesta ecc.ma Corte costituzionale ha gia' avuto modo di considerare nella sentenza n. 242/1989, e che la regione ricorrente non censura affatto nel suo principio ispiratore. La censura di illegittimita' costituzionale riguarda invece il modo - irrispettoso delle garanzie costituzionali dell'autonomia regionale - nel quale tale sistema e' stato realizzato dal legislatore delegato. In effetti, il ruolo riconosciuto alle regioni (e tra esse la ricorrente) ed il trattamento che esse hanno avuto in tale sistema risultano lesivi della loro autonomia, assicurata dagli artt. 117, primo comma, e 118, primo comma, della Costituzione. La lesione deriva da un lato dal fatto che le regioni si trovano sottoposte a numerosi ed estesi poteri di "indirizzo e coordinamento", diversi ed ulteriori da quelli di coordinamento tecnico riconosciuti legittimi dalla ricordata sentenza n. 242/1989; dall'altro dalla circostanza che ad esse e' assegnato nella programmazione statistica nazionale e nei suoi atti di attuazione (programmazione ed atti dai quali derivano vincoli rilevanti per le regioni) un ruolo meramente passivo senza essere poste in grado di portare ad essi il proprio apporto collaborativo. Piu' precisamente, le regioni si trovano, nel sistema del decreto legislativo impugnato, a subire vincoli da almeno quattro diversi ordini di atti. In primo luogo si pongono i poteri specificamente relativi alle autonomie regionali previsti dall'art. 5, secondo comma, secondo il quale "il Consiglio dei Ministri adotta atti di indirizzo e coordinamento ai sensi dell'art. 2, terzo comma, lett. d), della legge 23 agosto 1988, n. 400, per assicurare unicita' di indirizzo dell'attivita' statistica di competenza delle regioni e delle province autonome". In secondo luogo, si pongono i vincoli derivanti dal programma statistico nazionale, previsto dall'art. 13, il quale stabilisce le "rilevazioni statistiche di interesse pubblico affidate al sistema statistico nazionale" e specifica in questo modo i compiti degi uffici di statistica del sistema (del quale anche gli uffici regionali sono parte, ai sensi dell'art. 2, lett. c). In terzo luogo, il comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica (organo dell'Istat) emana atti di indirizzo nei confronti di tutti gli uffici (non statali) facenti parte del sistema statistico, i quali hanno ad oggetto da una parte "atti di esecuzione" o "iniziative per l'attuazione" del programma nazionale (art. 21, primo comma, lettere a) e b), dall'altra "i criteri organizzativi e la funzionalita'" degli uffici stessi (lett. c), oltre alle "modalita' per l'interscambio dei dati" (lett. d). Infine, un quarto ed ultimo livello di intervento, questa volta "tecnico", e' previsto da un lato dall'art. 5, terzo comma, secondo il quale l'Istat esercita sugli uffici statistici regionali "poteri di indirizzo e coordinamento tecnici, allo scopo di renderne omogenee le metodologie", dall'altro dall'art. 15, primo comma, lett. e), in base alla quale sempre l'Istat provvede alla "predisposizione delle nomencalture e metodologie di base per la classificazione e la rilevazione dei fenomeni di carattere demografico, economico e sociale", nomenclature e metodologie "vincolanti per gli enti ed organismi facenti parte del sistema statistico nazionale". Si aggiunga che, al livello locale, gli uffici statistici degli enti locali - ivi compresi quelli delle Camere di commercio e delle Unita' sanitarie locali - sono sottoposti ad ulteriori "atti di indirizzo" del predetto comitato dell'Istat (art. 3, quinto comma) e che in relazione a "tutte le fonti pubbliche preposte alla raccolta ed alla elaborazione dei dati statistici, come individuate dall'Istat", il decreto legislativo n. 322/1989 affida agli uffici di statistica costituiti presso le prefetture il compito di assicurare "il coordinamento, il collegamento e l'interconnessione a livello provinciale". Ora, pur accogliendosi pienamente il concetto di base dell'unicita' del sistema statistico, e tutte le conseguenze che ne derivano, e' pero' innegabile, ad avviso della regione ricorrente, che la particolare organizzazione e strumentazione data al sistema dal decreto legislativo n. 322/1989, e sopra sommariamente descritta, risulta in piu' punti lesivo dell'autonomia regionale, cosi' come assicurata dagli artt. 118, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, sotto i profili e per le ragioni di seguito illustrati. D I R I T T O 1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 13, terzo e quarto comma, del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, in quanto, a fronte del pieno inserimento delle regioni nel programma statistico nazionale e nella sua attuazione, non garantisce la collaborazione e la partecipazione regionale nella fase di formazione e approvazione del programma stesso. Come detto in narrativa, il programma statistico nazionale coinvolge pienamente le regioni. Non solo infatti esso stabilisce in generale "le rilevazioni statistiche di interesse pubblico" ed i "relativi obbiettivi" - disponendo ed organizzando evidentemente anche le indagini statistiche nelle materie affidate all'autonomia regionale - ma esso coinvolge (a termini dell'art. 6) la stessa attivita' degli uffici statistici delle regioni (in quanto facenti parte del sistema nazionale): attivita' che risulta inoltre sottoposta, per la stessa ragione, ai poteri di indirizzo del comitato Istat circa gli "atti di esecuzione" e le "iniziative per l'attuazione" del programma stesso. Ora, pare evidente che, a fronte di un cosi' pieno coinvolgimento nel programma e nella sua realizzazione, con l'assunzione dei conseguenti vincoli, non puo' non riconoscersi alle regioni - anche sulla base del principio di leale collaborazione piu' volte confermato nella giurisprudenza di codesta Corte - la garanzia di una misura di partecipazione e collaborazione dei soggetti regionali nella fase di formazione ed approvazione del programma nazionale. Ma proprio questo manca invece nelle disposizioni dell'art. 13, terzo comma, del decreto legislativo n. 322/1989: alla cui stregua il programma predisposto dall'Istat e' sottoposto al parere della commissione per la garanzia dell'informazione statistica ed approvato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del C.I.P.E. (mentre identica procedura, in virtu' del comma successivo, seguono gli "aggiornamenti" del programma). In questi termini, il sistema che ne risulta e' gravemente sbilanciato, dato che le regioni si trovano a non poter influire in nessun modo sulle decisioni relative alle indagini statistiche anche inerenti alle materie di loro interesse ed attribuzione, e sulle decisioni relative alla attuazione delle stesse indagini, attuazione cui pure esse sono chiamate a partecipare. In altre parole, manca completamente nella disposizione qui impugnata, la previsione di meccanismi idonei a comporre, pru in un sistema unico, le "istanze unitarie con quelle dell'autonomia", la cui necessita' corrisponde a principi affermati piu' vote da codesta Corte (cfr. ad esempio sent. n. 195/1986). Di qui la conseguente lesione degli artt. 118, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione. 2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, secondo comma, del decreto legislativo n. 322/1989, in quanto prevede un potere di indirizzo e coordinamento assolutamente generico, e non corrispondente a nesssun interesse nazionale. L'art. 5, secondo comma, del decreto legislativo stabilisce che "il Consiglio dei Ministri adotta atti di indirizzo e coordinamento ai sensi dell'art. 2, terzo comma, lett. d), della legge 23 agosto 1988, n. 400, per assicurare unicita' di indirizzo dell'attivita' statistica di competenza delle regioni e delle province autonome". Ora, la ricorrente regione e' perfettamente consapevole che la disposizione concernente la competenza del Consiglio dei Ministri prevista dall'art. 2, terzo comma, lett. d), della legge 23 agosto 1988, n. 400, e' gia' stata ritenuta conforme a Costituzione da codesta Corte con sentenza n. 242/1989: ma proprio le ragioni poste a base di quella sentenza inducono a maggiormente dubitare della legittimita' costituzionale dell'art. 5 del decreto legislativo n. 322/1989. In effetti, nella predetta sentenza fu accertato che l'art. 2, terzo comma, lett. d), della legge 23 agosto 1988, n. 400, ha carattere meramente procedurale, e si limita a stabilire o ricordare la competenza del Consiglio dei Ministri, senza disporre affatto specifici poteri di indirizzo e coordinamento (che rimangono quelli previsti dalla vigente legislazione). Lo stesso pero' non sembra potersi dire del secondo comma dell'art. 5 del decreto legislativo in questione: il quale risulterebbe del tutto vuoto di contenuto, se non lo si riferisse alla concreta istituzione di poteri governativi. In questi termini, tuttavia, tali poteri rimangono assolutamente generici ed indeterminati, dato che la relativa normativa, ben lungi dal determinarne in qualche modo l'oggetto o la portata, si limita a "finalizzare" il potere statale al conseguimento della "unicita' di indirizzo dell'attivita' statistica di competenza delle regioni e delle province autonome". Ora, e' da osservare in primo luogo che - se lo si dovesse intendere in senso assoluto - la stessa idea della "unicita' di indirizzo" si porrebbe in contrasto con la garanzia costituzionale della autonomia regionale: autonomia che si manifesta, come codesta Corte ha statuito nella sentenza n. 242/1989, sopra ricordata, anche nel "programmare, dirigere e gestire l'attivita' dei propri uffici statistici secondo i propri bisogni" (punto 11 in diritto). Ma anche ad intendere l'"unicita' di indirizzo" in senso puramente relativo, come corrispondente ad un livello minimo di unicita', rimane ugualmente che il potere cosi' conferito e' del tutto privo di riferimenti oggettivi: a discapito di quelle esigenze di legalita' dell'esercizio di in via amministrativa della funzione di indirizzo, il cui rango costituzionale fu riconosciuto da codesta Corte sin dalla sentenza n. 150/1982. Ma il cennato potere governativo appare anche, in realta', del tutto privo di utilita', e percio' non corrispondente ad alcun interesse, se considerato all'interno del sistema complessivo creato dal decreto legislativo n. 322/1989. Infatti, quanto alle scelte di fondo sulle rilevazioni da attuare, e sul modo di attuarle, l'intero ambito delle decisioni da prendere e' esaurito dal programma statistico nazionale, con i suoi caratteristici contenuti, procedura (in relazione alla quale s'e' sopra lamentato il mancato coinvolgimento delle regioni), e strumentazione esecutiva (direttive e indirizzi concernenti le iniziative attuative e gli atti di esecuzione). Quanto poi all'unicita' delle metodologie e procedure tecniche, essa e' ampiamente assicurata dai "poteri di indirizzo e coordinamento tecnico" di cui all'art. 5, terzo comma (espressamente rivolti alla omogeneizzazione delle metodologie), nonche' dalla predisposizione delle nomenclature e metodologie di base per la classificazione e la rilevazione dei fenomeni di carattere demografico, economico e sociale, di cui all'art. 15, primo comma, lett. e). In questo contesto, nessuna funzione di indirizzo rimane da svolgere in relazione alle regioni, che non consista in una mera interferenza invasiva negli ambiti di autonomia garantiti dalla Costituzione. Ne' sono immaginabili interessi alla cui tutela tali poteri di indirizzo si debbano dire posti, dato che le scelte politico-amministrative sono riservate al programma, le scelte tecniche agli atti dell'Istituto centrale. Non solo quindi per le sue genericita', ma altresi' per il difetto di un interesse tutelato, la disposizione si rivale costituzionalmente illegittima, per lesione degli artt. 118, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione. 3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 21, primo comma, lett. c), in connessione con l'art. 17, sesto comma, e con l'art. 15, primo comma, lett. c). L'art. 21, primo comma, lett. c), prevede che gli atti di indirizzo emanati dal comitato dell'Istat ai sensi dell'art. 17, sesto comma, abbiano ad oggetto, tra l'altro "i criteri organizzativi e la funzionalita' degli uffici di statistica": non solo delle amministrazioni statali, ma anche di quelli "degli enti e degli uffici facenti parte del sistema statistico nazionale". Ora, poiche' gli uffici di statistica delle regioni e delle province autonome fanno parte a pieno titolo del sistema statistico (art. 2, primo comma, lett. c), se ne deduce che, in base alla citata disposizione dell'art. 21, anche tali uffici regionali sarebbero sottoposti al potere di indirizzo del comitato Istat in relazione agli aspetti organizzativi e funzionali. Ma e' agevole innanzitutto osservare che gli aspetti organizzativi e funzionali degli uffici costituiscono il fulcro dell'autonomia organizzativa assicurata alla regione dall'esplicita assegnazione ad essa della materia "ordinamento degli uffici" operata dall'art. 117, primo comma, della Costituzione (tanto piu' significativa in quanto la potesta' legislativa e amministrativa in tale materia avrebbe comunque potuto ritenersi implicita nelle disposizioni costituzionali). Va poi in secondo luogo rilevato che nessun apprezzabile interesse unitario si intravvede a giustificazione di una simile ingerenza. Infine, e piu' ancora, si deve affermare che un simile potere di indirizzo fuoriesce completamente da quei compiti di "coordinamento tecnico, che ha il solo scopo di unificare o di rendere omogenee le metodologie", o, se si vuole, dall'esigenza che "i vari fruitori delle statistiche pubbliche siano messi in condizione di operare raffronti e integrazioni dei dati ottenuti": compiti ed esigenze che costituiscono il contenuto e la ragion d'essere dei poteri che codesta Corte costituzionale ha ritenuto legittimamente assegnabili all'Istat (sent. n. 242/1989). Del tutto inammisibile e' invece un'inframmettenza dell'Istat, anziche' nello svolgimento dell'attivita' di indagine statistica, nell'organizzazione regionale pura e semplice: la quale non puo' essere soggetta a poteri di indirizzo di un ente pubblico strumentale dello Stato, secondo un principio gia' espressamente enunciato nella sentenza di codesta Corte n. 924/1989. 4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, quarto e quinto comma, del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322. Specifici rilievi richiedono il quarto e quinto comma dell'art. 3 del decreto legislativo n. 322/1989. Il primo di essi affida agli uffici statistici presso le prefetture il compito di assicurare "il coordinamento, il collegamento e l'interconnessione a livello provinciale" di "tutte le fonti pubbliche preposte alla raccolta ed alla elaborazione dei dati statistici, come individuate dall'Istat". Ora, anche in questo caso non si tratta certo di negare la legittimita' e la stessa opportunita' del principio della interconnessione, ma piuttosto di verificare l'adeguatezza della previsione alle esigenze dell'autonomia, almeno quando essa goda di tutela costituzionale. In particolare, quando le "fonti pubbliche" da coordinare o interconnettere siano direttamente fonti regionali, o appartengano a strutture operanti nelle materie assegnate all'autonomia regionale (quali le unita' sanitarie locali, la cui attivita' di assistenza sanitaria pienamente rientra nelle attribuzioni regionali), il coordinamento ed il collegamento non possono essere che consensuali: ed invasiva deve ritenersi una disposizione che ometta tale precisazione. Il quinto comma dell'art. 3 dispone poi che "gli uffici di statistica di cui al secondo, terzo e quarto comma" (tra i quali gli uffici degli enti locali, ed anche gli uffici di enti operanti integralmente nell'ambito di attribuzioni regionali - pur se il loro attuale profilo ordinamentale li avvicina agli enti locali - quali le unita' sanitarie) "esercitano le proprie attivita' secondo le direttive e gli atti di indirizzo" emanati dal comitato di coordinamento dell'Istat. Ma anche questa disposizione non puo' non ritenersi illegittimamente invasiva, in quanto esclude la facolta' per la regione di dettare essa, per le indagini statistiche di proprio interesse, norme ed indirizzi: una facolta' che codesta Corte costituzionale ha gia' riconosciuto esistente per le regioni - anche in relazione agli stessi comuni - ogni volta che essa si colleghi a funzioni proprie della regione (sent. n. 730/1988).
Tutto cio' premesso, la ricorrente regione Emilia-Romagna, ut supra rappresentata e difesa. Chiede voglia l'eccellentissima Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli artt. 3, quarto e quinto comma, 5, secondo comma, 13, terzo e quarto comma, 21, primo comma, del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, in riferimento agli artt. 117, primo comma, e 118, primo comma, della Costituzione, nei sensi detti. Padova-Roma, addi' 18 ottobre 1989 Avv. prof. Giandomenico FALCON - Avv. Luigi MANZI 89C1090