N. 519 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 agosto 1989
N. 519 Ordinanza emessa il 7 agosto 1989 dal pretore di La Spezia, sezione distaccata di Aulla, nel procedimento civile vertente tra la S.r.l. Lunicar e l'esattoria comunale di Aulla ed altra Riscossione delle imposte - Esclusione del potere del giudice ordinario di sospensione del procedimento di riscossione coattiva fiscale - Violazione del diritto di difesa e del principio della tutela giurisdizionale contro gli atti illegittimi della p.a. - Riferimento alla decisione della Corte n. 63/1982 (non fondatezza dell'analoga questione sollevata riguardo alle commissioni tributarie) ritenuta superabile dal giudice rimettente. (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15, 39, 53 e 54). (Cost., artt. 24 e 113).(GU n.46 del 15-11-1989 )
IL PRETORE A scioglimento della riserva che precede; R I L E V A che la Lunicar S.r.l., con ricorso ex art. 700 del c.p.p. a questo giudice, esponeva che l'esattoria comunale di Aulla le notifico', a seguito di avvisi di accertamento emessi dall'ufficio delle ii.dd. di Aulla, cartella esattoriale, portante la richiesta di pagamento di L. 28.018.668, relativa alla iscrizione provvisoria a ruolo generale di un terzo delle imposte accertate dall'ufficio, inerenti gli esercizi 1984-85. Contro tali avvisi di accertamento la ricorrente aveva proposto ricorsi alla commissione tributaria di primo grado di La Spezia in data 17 luglio 1987 ed in data 20 luglio 1987 richiedendo lo sgravio totale della suddetta cartella esattoriale, notificata in data 2 febbraio 1988, per una serie di motivi: in primis la illegittimita' costituzionale dell'art. 38 del d.P.R. n. 600/1973 in rapporto agli artt. 3, 23, 24 e 53 della Costituzione; secondariamente la errata applicazione dell'art. 15 del d.P.R. n. 602/1973 per inesistenza di una norma che preveda l'iscrizione a ruolo generale di un terzo dell'imposta accertata dall'ufficio nei confronti del contribuente che abbia gia' presentato ricorso. Dopo la presentazione dei ricorsi, la Lunicar, S.r.l. aveva chiesto con esito negativo la sospensione della riscossione dell'imposta, provvisoriamente e parzialmente iscritta a ruolo, all'Intendente di finanza, ai sensi dell'art. 39 del d.P.R. n. 602/1973. Nel ricorso ex art. 700 del c.p.c. la ricorrente Lunicar S.r.l. sostiene che attraverso tale sistema in cui e' negato alla commissione tributaria ogni potere sospensivo dell'esecutivita' della riscossione della imposta accertata e parzialmente e provvisoriamente iscritta a ruolo ed in cui, invece, tale potere sospensivo e' demandato all'Intendente di finanza, ai sensi degli artt. 39 e 53 del d.P.R. n. 602/1973, non si garantisce alcuna tutela giurisdizionale anche se di tipo cautelare, al cittadino, in violazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione; cio' in quanto l'Intendente di finanza non puo' considerarsi evidentemente organo giurisdizionale, bensi' organo della p.a. (amministrazione finanziaria), ed in quanto tale parte in causa nel processo. La Lunicar S.r.l. sostiene anche che attraverso tale sistema si reintroduce nell'ordinamento, anche se in modo "mascherato", il principio del solve ed repete, gia' dichiarato illegittimo costituzionalmente. La ricorrente motiva la sua richiesta di sospensione nel fatto che la imminenza del pregiudizio e del grave e irreparabile danno esistono in re ipsa, senza bisogno di alcuna particolare motivazione circa la propria soggettiva situazione patrimoniale. Venne disposta la sospensione della riscossione dell'eventuale esecuzione coattiva e la comparizione delle parti. Costituendosi in contraddittorio l'Amministrazione finanziaria, per mezzo dell'avvocatura dello Stato eccepisce: il difetto di giurisdizione dell'autorita' giudiziaria ordinaria, in quanto il potere di sospensione, in materia tributaria, non e' attribuito dalla legge ad alcun giudice, ne' ordinario ne' speciale; la non ammissibilita', per il costante orientamento della giurisprudenza di legittimita', della tutela cautelare ex art. 700 del c.p.c., quando la materia del contendere non rientri nell'ambito della giurisdizione ordinaria (nel caso specifico alle commissioni tributarie); il contemperamento attuato dal legislatore con l'art. 15 del d.P.R. n. 602/1973 delle contrapposte esigenze del debitore, che vuole evitare una esecuzione in ipotesi illegittima, e del creditore che tente a non ritardarne la conclusione, nel timore che il ritardo possa pregiudicare la effettiva riscossione del credito; l'importo non elevato della richiesta dell'amministrazione finanziaria in rapporto al patrimonio ed al capitale della societa' ricorrente, nonche' la non sussistenza di alcun danno irreparabile discendente da svalutazione monetaria, in quanto il rimborso da parte del fisco avviene con corresponsione di interessi in misura superiore alla somma della attuale svalutazione monetaria e degli interessi legali. Il Ministero conclude in comparsa per la revoca del decreto di sospensione de per la reiezione del ricorso. L'esattoria rileva la improponibilita' del ricorso ex art. 700 del c.p.c. per sospendere l'esecuzione esattoriale, in quanto, ai sensi dell'art. 54 del d.P.R. n. 602/1973, solo l'intendente puo' decretare la sospensione oppure il pretore a seguito di opposizione di terzo. Inoltre, quando sia gia' stato presentato ricorso alla commissione tributaria di primo grado, per la sospensione e' competente solo ed esclusivamente l'Intendente di finanza ai sensi dell'art. 39 del d.P.R. n. 602/1973 e la giurisdizione ordinaria esiste contro l'esattoria solo per il risarcimento dei danni. All'udienza di p.c. la ricorrente produceva copia delle decisioni della commissione tributaria di primo grado di La Spezia relative ai ricorsi presentati, che avevano avuto esito parzialmente favorevole e concludeva per la conferma della sospensione della esecuzione e della riscossione coattiva e per la concessione di un termine per la radicazione di eventuale procedimento di merito, dato atto che all'esito delle decisioni della commissione tributaria di primo grado, la materia del contendere era parzialmente cessata. In subordine concludeva perche' venisse proposta questione di legittimita' costituzionale. L'esattoria precisava, riportandosi a quanto gia' sostenuto a verbale, per la revoca del decreto di sospensione e per la reiezione del ricorso. Cosi' anche l'amministrazione finanziaria. Questo giudice rileva come non sia affatto pacifico in dottrina e in giurisprudenza, in mancanza di una esplicita disposizione legislativa negativa al riguardo, l'applicazione della tutela cautelare ex art. 700 del c.p.c. nei confronti degli atti amministrativi, anche in considerazione del fatto che per altri provvedimenti cautelari previsti dal codice di rito, quale i sequestri, e' concesso al giudice ordinario la loro emissione anche quando questi sia incompetente a conoscere del merito per ragioni di materia (artt. 672, terzo comma, e 673, ultimo comma, del c.p.c.). In considerazione del fatto che il sistema apprestato dall'ordinamento in materia di ricorsi alle commissioni tributarie contro le iscrizioni, a titolo provvisorio, delle imposte, accertate dall'amministrazione finanziaria, nei ruoli, non preveda per il ricorrente alcuna forma di tutela cautelare, ed in considerazione del fatto che il potere di sospensione della riscossione dell'imposta, cosi' provvisoriamente iscritta a ruolo, spetti unicamente ex art. 39 del d.P.R. n. 602/1973 al fisco, attuandosi una ingiustificata disparita' processuale tra Stato e cittadino, dobbiamo ritenerci in presenza di una vera e propria "lacuna" nell'ordinamento giuridico; lacuna ingiustificata alla luce dell'art. 24 della Costituzione, in cui si garantisce a tutti il diritto di agire in giudizio per la tutela delle proprie posizioni soggettive "attive" nonche' l'inviolabilita' del diritto di difesa, e particolarmente alla luce dell'art. 113 della Costituzione, laddove si sancisce il diritto alla tutela giurisdizionale delle proprie posizioni soggettive attive contro gli atti della p.a., tutela che non puo' soffrire limiti di alcun genere ne' in ordine al tipo di mezzo di impugnazione, ne' in ordine al tipo di atto amministrativo da impugnarsi. Di fronte ad una portata cosi' "comprensiva" delle norme costituzionali, ed anche alla luce dell'art. 113, ultimo comma, della Costituzione, che rinvia alla legge circa la determinazione degli organi di giurisdizione aventi il potere di "annullare" gli atti della p.a., lasciando impregiudicata la questione relativa al potere di sospendere tali atti, non appare sostenibile a livello costituzionale la carenza di potere sospensivo dei provvedimenti amministrativi da parte del giudice ordinario. Sul piano della legge ordinaria, la legge fondamentale del 20 marzo 1865, n. 2248, all. E (abolitiva del contenzioso amministrativo), precisando, agli artt. 4 e 5, i poteri di cognizione e di decisione del giudice nei riguardi della pubblica amministrazione, stabilisce che il sindacato dell'a.g.o. e' limitato alla legittimita' del provvedimento amministrativo, con conseguente potere di disapplicazione di tale provvedimento, nonche' il divieto, per la stessa a.g.o., di annullamento o di revoca del provvedimento amministrativo. Anche alla luce di tale legge, introducendo nel nostro ordinamento la c.d. "doppia tutela", non appare affatto escluso il potere sospensivo dell'a.g.o. nei riguardi dei provvedimenti della p.a. Alla base della tesi negativa sostenuta dalla maggioranza della dottrina e dalla giurisprudenza di legittimita', sta l'assunto che non sussista alcun ostacolo all'esperibilita' nei confronti della p.a. di azioni aventi carattere dichiarativo, mentre, escludendosi che il giudice possa "sostituirsi" all'autorita' amministrativa, improponibili sarebbero tutte le azioni aventi carattere costitutivo, in esse compresi, essendo pacificamente riconosciuto che i provvedimenti cautelari abbiano efficacia costitutiva, i provvedimenti di urgenza. Tale tesi appare tuttavia troppo rigida; maggiormente conforme alla ratio del principio che vieta al giudice di "sostituirsi" all'autorita' amministrativa, sarebbe lo statuire la inammissibilita' assoluta delle sole azioni e dei correlativi provvedimenti dell'a.g.o. che comportino l'annullamento, la revoca o la modifica del provvedimento amministrativo, perche' solo attraverso tali strumenti si attua una vera e propria "sostituzione" del primo alla seconda; quando, invece, il provvedimento del giudice ordinario si concreta in una semplice sospensione dell'esecutorieta' del provvedimento amministrativo non pare ricorrere l'ipotesi di "revoca o modifica" contemplata nell'art. 4, legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. Per cui l'esperibilita' nei confronti della p.a. di azioni costitutive aventi carattere cautelare non dovrebbe essere preclusa. Cio' soprattutto in settori dell'ordinamento, come quello tributario, in cui nessuna tutela giurisdizionale cautelare e' prevista dalle leggi speciali; cio' incomprensibilmente alla luce dei principi dello stato di diritto in cui deve essere riconosciuta e garantita la pienezza della giurisdizione ad ogni cittadino nei riguardi di qualunque amministrazione dello Stato, anche di quella finanziaria, attribuendo al soggetto privato nei riguardi della p.a. analoghi mezzi di difesa e di tutela delle proprie posizioni soggettive attive a quelli esperibili nei riguardi degli altri cittadini. Come e' noto la riforma tributaria, attuata con varie leggi delegate, emanate a seguito della legge 9 ottobre 1971, n. 825, entrata in vigore il 1º gennaio 1974, pur modificando sotto vari profili il sistema del contenzioso tributario, non ha introdotto nessuna innovazione per quanto concerne il potere di sospensione da parte del giudice di merito (commissione tributaria) dell'esecutorieta' del provvedimento dell'ufficio finanziario, confermando sostanzialmente nell'art. 39 del d.P.R. n. 602/1973 la precedente disciplina contenuta negli artt. 208 e 209 del testo unico 29 gennaio 1958, n. 645. Non esiste nessuna ragione giuridicamente rilevante perche' il legislatore debba accordare all'amministrazione finanziaria tale posizione di privilegio processuale in rapporto a tutte le altre amministrazioni dello Stato convenute dinnanzi agli organi della giurisdizione amministrativa, nei riguardi delle quali e' riconosciuto al giudice (t.a.r. Consiglio di Stato) il potere di sospendere l'esecutorieta' del provvedimento amministrativo impugnato, garantendo pertanto al privato l'invocata tutela giurisdizionale cautelare. La Corte costituzionale con sentenza 1º aprile 1982, n. 63, ha deciso negativamente la questione di illegittimita' costituzionale degli artt. 15, 39, 53 e 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, tuttavia le motivazioni adotte sono state quasi unanimemente accolte con sfavore dagli studiosi della materia e dagli operatori del diritto con argomentazioni ritenute valide da questo giudice. La pienezza ed effettivita' della tutela giurisdizionale, garantita dall'art. 24 della Costituzione in via generale, e dall'art. 113 della Costituzione in particolare nei riguardi dei provvedimenti della p.a., imporrebbe che il giudice tributario, al pari degli altri giudici amministrativi dotati di giurisdizione di annullamento, abbia la potesta' di sospendere l'esecutorieta' degli atti della amministrazione finanziaria. Non condivisibile appare il rilievo sostenuto anche dalla Corte di cassazione che il giudizio tributario darebbe luogo ad un giudizio sul rapporto, e cioe' sull'esistenza o meno dell'obbligo tributario, e che solo formalmente il ricorso del contribuente si indirizzerebbe contro l'atto della amministrazione finanziaria. Cio' in quanto il risultato dell'accoglimento del ricorso tributario e' quello del rimborso totale o parziale, da parte dell'amministrazione finanziaria, dell'imposta gia' iscritta a ruolo, con corresponsione degli interessi, e tale effetto non puo' discendere da una semplice decisione avente solo carattere dichiarativo, ed in base alla quale viene accertata l'inesistenza dell'obbligo tributario per il contribuente, ma scaturisce dal venir meno, quindi in sostanza dall'annullamento, dell'atto di accertamento il quale altrimenti non perderebbe la propria esecutorieta' intrinseca. Parimenti non convincente, per carenza di riferimenti normativi, appare l'affermazione secondo cui la potesta' cautelare non costituirebbe una componente essenziale della tutela giurisdizionale ex artt. 24 e 113 della Costituzione ma che la disciplina di tale potesta' sarebbe demandata alla legge ordinaria. Per tutto quanto sopra, ritenuto nella presente controversia sussistere i presupposti del fumus boni iuris, in quanto la commissione tributaria di primo grado di La Spezia ha dimostrato, seppure parzialmente, la fondatezza nel merito delle ragioni della ricorrente, e del periculum in mora in quanto il pregiudizio per il contribuente, odierno ricorrente, deve considerarsi, nella situazione prospettata, in re ipsa, indipendentemente dalle sue reali condizioni economiche. Ritenuto parimenti che le questioni di costituzionalita' degli artt. 15, 39, 53 e 54 del d.P.R. n. 602/1973 in relazione agli artt. 24 e 113 della Costituzione, non appare manifestamente infondata, e sia rilevante ai fini del presente giudizio, va disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. In considerazione dei gravi dubbi di costituzionalita' sopra esposti va confermato il provvedimento di sospensione di riscossione e di esecuzione coattiva emesso da questo giudice.
P. Q. M. Visti gli artt. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 134 della Costituzione; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata con riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione e nei limiti di cui in motivazione la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 15, 39, 53 e 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602; Ordina la sospensione del presente procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata alle parti ed ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Aulla, addi' 7 agosto 1989 (Seguono le firme) 89C1096