N. 522 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 settembre 1989
N. 522 Ordinanza emessa il 21 settembre 1989 dal tribunale militare di sorveglianza di Roma nel procedimento penale a carico di Tancredi Antonio Pena - Pena detentiva militare - Esecuzione in pendenza di domanda di grazia - Richiesta di sospensione - Competenza del Ministro della difesa - Irragionevole attribuzine di poteri concernenti la liberta' personale ad un organo amministrativo - Conseguente possibile disparita' di trattamento - Mancata previsione di garanzie giurisdizionali - Lamentato mantenimento di tale norma anche nel nuovo codice di procedura penale. (C.P.P., art. 589, quinto comma, in relazione al c.p. art. 147, primo comma, n. 1; c.p.m., art. 402). (Cost., artt. 3, 13 e 24).(GU n.46 del 15-11-1989 )
IL TRIBUNALE MILITARE DI SORVEGLIANZA Ha pronunciato la seguente ordinanza in tema di sospensione facoltativa dell'esecuzione della pena detentiva, nel procedimento instaurato, ai sensi degli artt. 2 e 4 del d.-l. 27 ottobre 1986, n. 700, convertito con la legge 23 dicembre 1986, n. 897, e degli artt. 71 e segg. della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nei confronti del condannato militare Tancredi Antonio, nato a San Marco in Lamis (Foggia) il 26 aprile 1964, in atto detenuto nel carcere giudiziario militare di Roma in espiazione della pena complessiva di anni tre e mesi undici di reclusione miliare, inflittagli con sentenze in data 5 giugno 1987 della corte militare di appello, sezione staccata di Napoli. SI OSSERVA 1. - Con istanza in data 13 settembre 1989 il condannato militare Tancredi Antonio ha richiesto a questo tribunale la sospensione dell'esecuzione della pena militare detentiva in espiazione, ai sensi dell'art. 147, primo comma, n. 1, del codice penale, avendo presentato in pari data domanda di grazia. Secondo gli artt. 589, quinto comma, del c.p.p. , e 402, del c.p.m.p., trattandosi di detenuto militare in servizio alle armi, il potere di sospendere l'esecuzione della pena militare detentiva nel caso in esame e' attribuito al Ministro della difesa, potendo la provvisoria liberazione dell'interessato essere ordinata esclusivamente dal medesimo organo amministrativo. In applicazione delle suddette norme questo tribunale militare di sorveglianza dovrebbe quindi dichiararsi sprovvisto di competenza al pari di ogni altro organo giudiziario - a pronunciarsi in merito alla istanza di cui trattasi e trasmettere, di conseguenza, gli atti al Ministro della difesa. Senonche', prima di declinare sic et simpliciter la competenza, il tribunale ritiene di dover prospettare il dubbio circa la conformita' agli artt. 3, 13 e 24 della Costituzione delle sopra richiamate disposizioni di legge, attributive ad un organo non apartenente all'ordine giudiziario di un potere sicuramente ed immediatamente incidente nella sfera della liberta' personale edi soggetti in espiazione di pena. 2. - In proposito appare opportuno ricordare, innanzi tutto, che con sentenza 6 agosto 1979, n. 114, la Corte costituzionale ha gia' dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 589, quinto comma, del c.p.p. nella parte in cui - nel caso previsto dall'art. 147, primo comma, n. 2, del c.p. (e cioe' di grave infermita' fisica del condannato) - attribuisce al Ministro di grazia e giustizia "il potere di sospendere l'esecuzione della pena, quando l'ordine di carcerazione del condannato sia gia' stato eseguito". Posto che tutte e tre le ipotesi contemplate nel primo comma dell'art. 147 del codice penale sono manifestazioni di un unico principio (ingerenza del potere amministrativo nei confronti di una sentenza definitiva di condanna) e che proprio di tale principio si e' appuntata la censura della Corte costituzionale, e' ragionevole attendersi che anche nel caso in esame sia destinato a venir meno il residuo potere di competenza "ministeriale" in ordine alla sospensione, sempre ai sensi dell'art. 589, quinto comma, del c.p.p., della iniziata esecuzione della pena detentiva (anche militare). Censure affatto coincidenti con quelle contenute nella sopra richiamata sentenza n. 114/1979 devono invero porsi nel caso di specie, ove si tratta appunto di applicare l'art. 589, quinto comma, del c.p.p. in relazione all'art. 147, primo comma, n. 1, del c.p. In primo luogo, si deve infatti ritenere che contrasta con l'art. 13, secondo comma, della Costituzione l'attribuzione ex art. 402 del c.p.m.p. al Ministro della difesa (oppure al Ministro delle finanze o a quello di grazia e giustizia, per il caso che il militare detenuto in espiazione di pena sia appartenente, rispettivamente, alla Guardia di finanza o al Corpo degli agenti di custodia) del potere - discrezionale e insindacabile - di concedere o negare, in pendenza di domanda di grazia, la sospensione della gia' iniziata esecuzione della pena detentiva militare, atteso peraltro che - per ammissione della stessa giurisprudenza costituzionale - detto potere "non trae alcun fondamento dalle regole costituzionali (artt. 107 e 110 della Costituzione". Anche per il caso in discorso deve necessariamente ritenersi che "si tratta di materia certamente sottratta alla competenza degli organi esecutivi, consacrata nella norma della quale e' denunziata la violazione, che esige l'atto motivato dell'autorita' giudiziaria per qualsiasi restrizione della liberta' personale". Come puntualizzato nella stessa sentenza n. 114/1979, a cio' deve poi aggiungersi che "il decidere intorno al rinvio dell'esecuzione della pena concerne per un verso le restrizioni della liberta' personale, e per l'altro l'attuazione della potesta' punitiva dello Stato". Conformemente al principio affermato nella sentenza n. 204/1974 e nella parallela sentenza n. 192 del 14 luglio 1976, riguardante, in particolare, la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 35 del r.d. 9 settembre 1941, n. 1023 (che attribuiva al Ministro della difesa il potere di concedere ai condannati militari la liberazione condizionale di cui all'art. 71 del c.p.m.p.), con la medesima sentenza n. 114/1979 la Corte costituzionale ha invero ripetuto esplicitamente che la suddetta potesta' punitiva "non puo' essere spostata in capo al Ministro, senza vulnerare la sfera degli organi ad essa istituzionalmente preposti" e, addirittura, senza porsi in contrasto "con il sistema della Costituzione, nonche' con il principio dell'esclusivita' della funzione propria dell'ordine giudiziario, e della sua distinzione dagli altri poteri dello Stato". 3. - Ritiene inolte il tribunale che sussiste anche la violazione del principio di uguaglianza, sancito nell'art. 3 della Costituzione. Nel nuovo ordinamento penitenziario ha trovato conferma la tendenza di porre sotto il controllo del giudice tutti i momenti piu' rilevanti di attuazione della sopraccennata pretesa punitiva statuale. All'uopo sono stati istituiti particolari uffici e organi giudiziari, con attribuzione soltanto ad essi del potere di intervenire in concreto, con le garanzie proprie della funzione e del procedimento giurisdizionale, nei confronti dell'esecuzione delle pene detentive e, piu' in generale, delle misure privative della liberta' personale. Con il d.-l. 27 ottobre 1986, n. 700, convertito con la legge 23 dicembre 1986, n. 897, la nuova normativa e' stata estesa all'ordinamento penitenizario militare. Pertanto, il tribunale militare di sorveglianza e' ora competente per il rinvio facoltativo dell'esecuuzione della pena detentiva militare nel caso previsto dall'art. 147, primo comma, n. 2, del c.p., e non pure per il caso di cui al n. 1 dello stesso art. 147, primo comma, del c.p., oggetto del presente procedimento. L'apparente diversita' dei rispettivi presupposti (grave infermita' fisica o presentazione di domanda di grazia) non puo' comunque ritenersi, di per se', motivo sufficientemente ragionevole per la diversificazione dell'organo (giurisdizionale o amministrativo) attributario del potere decisionale in proposito: infatti, il potere di concedere la grazia, attribuito al Capo dello Stato dal penultimo comma dell'art. 87 della Costituzione, deve mantenersi concettualmente distinto dal potere di sospendere, in via temporanea e anticipatoria, l'iniziata esecuzione del giudicato penale, ora esercitabile in base all'art. 589, quinto comma, del c.p.p. dall'organo amministrativo (Ministro) che, solo per prassi, ha la facolta' di proporre la concessione della grazia. L'attuale assetto delle competenze appare censurabile anche sotto il profilo della manifesta irragionevolezza, giacche' consente di pervenire a risultati difformi pur in presenza di identiche istuazioni, oggettive e soggettive. Posti, ad esempio, due condannati alla stessa pena detentiva ed affetti ambedue dalla stessa grave infermita' fisica, la competenza a decidere in merito all'eventuale sospensione dell'esecuzione della pena sara' dell'organo giudiziario (tribunale di sorveglianza) o di quello amministrativo (Ministro), a seconda che l'interessato abbia posto tale sua condizione personale a sostegno della (piu' appropriata) richiesta di rinvio dell'esecuzione della pena ex art. 147, primo comma, n. 2, del c.p. oppure a sostegno di una (magari strumentale) domanda di grazia e correlata richiesta di rinvio ex art. 147, primo comma, n. 1, del c.p., con corrispondente diversita' assoluta di procedure e di garanzie, rilevante anche sotto il profilo della violazione dell'art. 24 della Costituzione. Ma l'irragionevolezza puo' profilarsi anche nel caso che lo stesso condannato, dopo aver proposto con esito negativo domanda di sospensione ex art. 147, n. 2, del c.p., riproponga poi la domanda, basata sugli stessi motivi di salute, facendo ricorso al disposto del n. 1 dello stesso articolo e conseguendo, magari, un risultato favorevole, opposto al precedente giudicato. 4. - La prospettata irragionevolezza della disposizione, che si sospetta di illegittimita' costituzionale, e' peraltro destinata a sopravvivere all'imminente entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale. Nel primo comma dell'art. 684 di detto codice si continua ad attribuire al tribunale di sorveglianza la competenza a provvedere in ordine al differimento dell'esecuzione delle pene detentive nei casi previsti dagli artt. 146 e 147 del c.p., "salvo quello previsto dall'articolo 147, primo comma, n. 1, del c.p., nel quale provvede il Ministro di grazia e giustizia". In quest'ultimo caso e' quindi escluso che il magistrato di sorveglianza possa esercitare il potere di emettere il provvedimento provvisorio di differimento dell'esecuzione medesima o di liberazione del detenuto, previsto dal secondo comma dello stesso art. 684, quando vi sia "fondato motivo per ritenere che sussistono i presupposti perche' (il tribunale) disponga il rinvio" o per l'ipotesi che "la protrazione della detenzione puo' cagionare grave pregiudizio al condannato". E cio', nonostante che l'art. 69 della legge penitenziaria n. 354/1975 attribuisca a tale organo specializzato della giurisdizione la competenza ad esercitare la vigilanza sull'esecuzione in concreto della pena detentiva nell'ambito degli istituti penitenziari nonche' ad esprimere motivato parere sulle proposte e sulle istanze di grazia concernenti i detenuti. Disposizioni identiche alle precedenti vigono anche per l'ordinamento penitenziario militare, sia in forza dell'art. 20, primo comma, del r.d. 10 febbraio 1943, n. 306, sia in forza dell'art. 409, terzo comma, del c.p.m.p., novellato dalla legge n. 897/1986. Proprio l'attenta considerazione del succitato art. 69 della legge penitenziaria non consente di condividere la ragione per la quale anche nul nuovo codice di rito e' stata mantenuta la competenza dell'organo ministeriale a disporre, senza vincolo o limite di sorta, il rinvio o il differimento dell'iniziata esecuzione della pena detentiva in pendenza della domanda di grazia. In verita', con l'art. 675 del progetto preliminare del nuovo codice di procedura penale la competenza del tribunale di sorveglianza a provvedere in tema di rinvio dell'esecuzione della pena detentiva era stata opportunamente "estesa anche alla ipotesi dell'art. 147, primo comma, del c.p. (domanda di grazia), sembrando cio' coerente sia con le nuove attribuzioni della magistratura di sorveglianza in tema di grazia sia con il principio della giurisdizionalizzazione di tutti i provvedimenti che incidono sulla liberta' personale", assicurando peraltro la nuova disciplina, appunto in conseguenza della stessa giurisdizionalizzazione della procedura, "una piu' efficace tutela del diritto di difesa" (v. pag. 150 della relazione al progetto preliminare, pubblicata nel supplemento ordinario n. 2 alla Gazzetta Ufficiale - parte generale - n. 250 del 24 ottobre 1988). Pertanto, sorprende riscontrare che nella relazione al testo definitivo dello stesso codice (v. pag. 203 loc. ult. cit.), "la modifica apportata all'art. 684 (675), che tiene ferma in capo al ministro la competenza a disporre il differimento dell'esecuzione nel caso previsto dall'art. 147, primo comma, n. 1, del c.p." sia stata giustificata con la semplicistica considerazione che "la decisione al riguardo presuppone infatti una prognosi favorevole sulla concedibilita' del beneficio che puo' essere effettuata soltanto dall'organo che nella prassi costituzionale esercita il relativo potere". A parte ogni questione concernente il merito, per ci la magistratura di sorveglianza, in quanto competente ad esprimere il parere obbligatorio sulla domanda di grazia, non puo' non ritenersi altrettanto idonea a formulare una prognosi sulla concedibilita' del beneficio medesimo, all'anzidetta motivazione puo' opporsi la fondamentale obiezione che il riferimento della norma ad una mera "prassi costituzionale" non puo' pacificamente sovrapporsi ed eludere, come evidenziato dalla sentenza n. 114/1979 innanzi richiamata, precise norme costituzionali nonche' lo stesso sistema della Costituzione e i principi in essa affermati.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara di ufficio rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 13 e 24 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 589, quinto comma, del c.p.p. nella parte in cui - nel caso previsto dall'art. 147, primo comma, n. 1, del c.p. e per effetto dell'art. 402 del c.p.m.p. - attribuisce al Ministro da cui dipende il militare condannato, e non ad un organo della giurisdizione militare, il potere di sospendere l'esecuzione della pena militare, quando l'ordine di carcerazione del condannato militare sia gia' stato eseguito; Sospende il presente procedimento e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata all'interessato e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati. Roma, addi' 21 settembre 1989 Il presidente: ANTUOFERMO Il magistrato militare di sorveglianza: ROCCHI 89C1107